È perentorio il termine per la notificazione del decreto di accoglimento della domanda di equa riparazione
13 Febbraio 2017
Massima
In tema di equa riparazione, il termine di trenta giorni previsto per la notificazione del ricorso e del decreto di accoglimento della domanda ha carattere perentorio; in caso di omessa notificazione entro tale scadenza, quindi, l'inefficacia del decreto può essere accertata in sede di opposizione, ove resta precluso l'esame del merito della domanda di equa riparazione, salvo che ricorrano i presupposti per rimessione in termini. Il caso
Il Consigliere delegato della Corte di appello di Perugia accoglie la domanda di equa riparazione per la durata irragionevole di un processo civile; il Ministero della giustizia propone opposizione deducendo che il ricorso originario ed il decreto di accoglimento, benchè immediatamente comunicato all'istante, sono stati, tuttavia, notificati dopo la scadenza del termine legale di trenta giorni; la Corte di appello, in composizione collegiale, accoglie l'opposizione dichiarando inefficace il decreto impugnato. Avverso tale decisione è proposto ricorso per cassazione per due motivi: il termine in questione, a differenza di quello previsto per l'opposizione, non è qualificato dalla norma come perentorio e tale non è, del resto, l'analogo termine vigente nel procedimento monitorio; l'imposizione di un termine perentorio è incompatibile con i principi costituzionali inerenti al diritto di difesa ed al giusto processo in quanto pregiudica la proponibilità della domanda di equa riparazione e, quindi, la tutela del diritto soggettivo destinato a compensare la lesione ad un diritto fondamentale della persona. Entrambi i motivi sono ritenuti infondati, con conseguente rigetto del ricorso. Le questioni
L'art. 5, comma 2, l. 24 marzo 2001, n. 89 – come modificato dall'art. 55, comma 1, lett. e), d.l. 22 giugno 2012 n. 83 conv. in l. 7 agosto 2012 n. 134 del 2012 - prevede che il decreto di accoglimento della domanda di equa riparazione diviene “inefficace” ove non sia notificato, unitamente al ricorso originario, nel termine di trenta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria, con espressa preclusione alla successiva riproposizione della domanda. Questo termine è perentorio? Le soluzioni giuridiche
Al riguardo la giurisprudenza di legittimità ha precisato, in primo luogo, che il rimedio esperibile al fine di far dichiarare inefficace il decreto è quello della tempestiva opposizione avanti alla Corte di appello in composizione collegiale ai sensi dell'art. 5-ter l. n. 89/2001; il termine di trenta giorni per la notificazione decorre, inoltre, ove il decreto di accoglimento non sia depositato nel termine di legge – trenta giorni dal deposito del ricorso: art. 3, comma 4, l. cit. – soltanto dalla comunicazione dell'avvenuto deposito del decreto in cancelleria. Si è, altresì, chiarito che le “sanzioni” in questione – inefficacia del decreto ed improponibilità della domanda - non sono automaticamente applicabili ove la notificazione sia tempestivamente eseguita in relazione al solo decreto, senza il pregresso ricorso, in quanto si è ritenuto che il vizio sia sanabile in sede di opposizione avanti al giudice collegiale mediante la rinnovazione della notificazione del solo ricorso ai sensi dell'art. 291 c.c.. La Corte di Cassazione, dopo aver richiamato i suindicati orientamenti, ritiene che, quando la notificazione nel termine legale di trenta giorni sia radicalmente omessa in relazione ad entrambi gli atti – ricorso e decreto – le “sanzioni” siano pienamente applicabili in sede di opposizione avanti al giudice collegiale, con conseguente preclusione dell'esame del merito della domanda; argomenta, al riguardo, che non rileva la mancata espressa qualificazione, come “perentorio”, del termine di notificazione, in quanto è la stessa norma a precisare le gravi conseguenze che derivano dal mancato rispetto di tale scadenza, avuto riguardo, in particolare, alla non riproponibilità della domanda. In tal senso la disciplina si differenzia sia da quella del procedimento monitorio – ove l'art. 644 c.p.c. si limita a sancire l'inefficacia del decreto di ingiunzione – sia da quella relativa all'instaurazione del contraddittorio nel procedimento ex l. n. 89/2001, nella versione vigente anteriormente alle modifiche del 2012, laddove nessuna sanzione era prevista per l'omessa notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza camerale. Coerente con tali sanzioni è, altresì, l'alternativa imposta ex lege al ricorrente nel caso di accoglimento parziale della domanda, vale a dire per una somma minore di quella richiesta: l'opposizione al giudice collegiale ex artt. 3, comma 6, e 5-ter l.cit. – con conseguente esonero dalla notificazione del decreto di accoglimento parziale – oppure la notificazione del decreto stesso e del pregresso ricorso, con conseguente preclusione del rimedio dell'opposizione ed acquiescenza al provvedimento pur non integralmente satisfattorio (art. 5, comma 3, l.cit.). Anche sotto tale profilo la disciplina si differenzia, quindi, da quella del procedimento monitorio, ove gli artt. 640, comma 3, e 644 c.p.c., secondo l'interpretazione invalsa nella nomofilassi, non precludono la riproposizione della domanda in via ordinaria anche nel caso di accoglimento parziale del ricorso e successiva notificazione del decreto ingiuntivo. La Corte Suprema richiama, inoltre, un recente precedente di legittimità nel quale è formulato un principio di diritto apparentemente in contrasto con quanto argomentato con la sentenza in commento, quello cioè secondo cui l'opposizione ex art. 5 ter l.cit. «instaurando il contraddittorio tra le parti, impone alla Corte di appello di esaminare non solo l'eccezione d'inefficacia del decreto ma anche la domanda giudiziale introdotta con il ricorso .…in relazione al quale detta Corte deve emettere la sua pronuncia di merito sulla fondatezza o meno della pretesa». Nel caso scrutinato in tale precedente, tuttavia, la notificazione del decreto era effettivamente avvenuta nel termine di legge anche se con modalità tali da determinarne la nullità e, quindi, era possibile sanare il vizio con efficacia retroattiva ex art. 291 c.p.c.. Ove, invece, la notificazione non sia affatto eseguita nel termine ex lege la Corte ritiene, pertanto, che sia pienamente operativa la sanzione dell'improponibilità della domanda conseguente alla declaratoria di inefficacia del decreto decisorio, sicchè il giudice dell'opposizione è esonerato dall'esame del merito del giudizio di equa riparazione. Non sono, poi, condivisi i dubbi prospettati in relazione alla compatibilità del termine perentorio ex art. 5, comma 2, l. cit. con gli artt. 24 e 111 Cost., posto che al ricorrente è consentito, alternativamente al rimedio dell'opposizione, di fruire di un lasso di tempo di trenta giorni «che non si palesa giugulatorio o ingiustificatamente restrittivo», mentre le differenze disciplinari rispetto al procedimento monitorio obbediscono a scelte rientranti nella discrezionalità del legislatore. Resta, comunque, salva l'applicabilità dell'istituto generale della rimessione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c. al fine di sopperire ad eventuali obiettive difficoltà nella osservanza del termine perentorio. Osservazioni
La Corte di Cassazione evidenzia taluni profili disciplinari che segnano evidenti differenze tra il procedimento ex l. n. 89/2001 e quello monitorio, il quale ha pur costituito il modello della riforma del giudizio di equa riparazione, avviata nel 2012, con il differimento del contraddittorio in sede di opposizione al decreto emanato ex actis dal giudice monocratico. Si tratta di profili inerenti ad oneri procedimentali, successivi all'emanazione del decreto inaudita altera parte, che implicano conseguenze gravi, in quanto suscettibili di pregiudicare – diversamente da quanto si verifica nel procedimento monitorio - l'esame del merito della pretesa di equo indennizzo. Un ruolo determinante è assolto, ancora una volta, dalla distinzione tra inesistenza e nullità della notificazione in quanto il termine, pur ritenuto perentorio, di cui all'art.5, comma 2, l.cit., si considera osservato ove la notificazione, originariamente invalida, sia tempestivamente rinnovata, in sede di opposizione al decreto decisorio, ai sensi dell'art. 291 c.p.c., mentre nessuna sanatoria è ammissibile nel caso di radicale omissione, entro il suindicato termine perentorio, della notificazione del ricorso e del successivo decreto. Al riguardo, tuttavia, è da considerare che di recente la Cassazione, al massimo livello nomofilattico, ha ridefinito il confine tra l'ambito delle nullità e quello dell'inesistenza della notificazione estendendo apprezzabilmente proprio lo spazio riservato ai vizi suscettibili di essere sanati: in estrema sintesi la notificazione è, infatti, da ritenere sempre esistente ogni volta che l'atto sia stato trasmesso dal soggetto legittimato ex lege e sia stato effettivamente consegnato e non restituito al mittente. |