Il termine per la proposizione del riesame avverso l'ingiunzione di pagamento europea

Giuseppe Fiengo
11 Maggio 2017

La Cassazione si è occupata di stabilire quando possa considerarsi tempestiva e quindi ammissibile la domanda di riesame dell'ingiunzione di pagamento europea, per i casi disciplinati all'art. 20.1 del regolamento n. 1896/2006.
Massima

Il termine per la proposizione del riesame disciplinato all'art. 20.1 reg. CE n. 1896/2006 è quello previsto all'art. 650 c.p.c. e coincide quindi con il termine previsto per l'opposizione tempestiva al decreto ingiuntivo se l'esecuzione non sia ancora iniziata, ovvero, con quello previsto all'art. 650, comma 3, c.p.c., per il caso in cui sia già stata intrapresa l'esecuzione.

Il caso

Tizio, creditore, sulla base di contratto di prestazione d'opera professionale avente ad oggetto la progettazione di un edificio realizzato in Austria, della società Alfa Gmbh chiede ed ottiene dal Tribunale di Udine ingiunzione di pagamento (IPE) ai sensi del reg. CE n. 1896/2006.

Alfa Gmbh propone domanda di riesame dell'ingiunzione ai sensi dell'art. 20 reg. CE n. 1896/2006 deducendo, tra l'altro, la nullità della notifica del decreto (sia per la mancata individuazione della sede legale della debitrice, sia per la violazione delle norme relative alla notifica all'estero dell'ingiunzione) ed il difetto di giurisdizione del giudice italiano.

Il Tribunale di Udine, premesso che il regolamento, all'art. 20, ammette il riesame solo in “casi eccezionali” e sempre che la parte “agisca tempestivamente”, ritenuto, nel dubbio, di dover applicare gli articoli 26 e 29 del medesimo regolamento, dichiara inammissibile la domanda di riesame in quanto proposta oltre il termine previsto dall'art. 650 c.p.c..

Alfa Gmbh propone ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte di Appello di Trieste (confermativa della sentenza di primo grado) lamentando, con quattro distinti motivi, il mancato esame delle doglianze relative ai vizi della notifica dell'ingiunzione di pagamento, nonché il difetto di giurisdizione del giudice italiano avuto riguardo ai criteri di giurisdizione individuati dal reg. n. 44/2001 e dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 (richiamata dall'art. 57, l. n. 218/1995) e, infine, la violazione dell'art. 26 reg. CE n. 1896/2006, non potendo trovare applicazione, nel caso di specie, l'art. 650 c.p.c. Con riferimento a tale ultimo motivo la ricorrente osserva come l'applicazione (sulla base dell'art. 26 del regolamento) dell'art. 650 c.p.c. non tiene conto delle significative differenze esistenti, quanto all'attività prodromica all'inizio dell'esecuzione forzata, tra la legislazione austriaca e quella italiana. La legge austriaca, infatti, non prevede l'obbligo di notifica del precetto, ma, solo, la richiesta del creditore di autorizzazione all'esecuzione alla quale segue l'emissione di un'ordinanza di autorizzazione all'esecuzione che è il primo atto conoscibile dal debitore. Ancora, secondo la ricorrente, l'applicazione dell'art. 650 c.p.c. attribuirebbe un termine eccessivamente breve (stante anche la necessità di conseguire la traduzione di un titolo non precedentemente conosciuto e la necessità di svolgere le difese in una lingua diversa dalla propria) per esercitare la facoltà di riesame. Pertanto, conclude Alfa Gmbh, la decisione impugnata ha attribuito al cittadino straniero oneri maggiori e più gravosi rispetto a quelli a carico di un cittadino italiano, con conseguente violazione del diritto di difesa; ne consegue, secondo la parte, che il richiamo all'art. 650 c.p.c. deve ritenersi corretto con riferimento al rito ed alla procedura, non anche in relazione al termine previsto da tale disposizione.

La questione

Quando la domanda di riesame dell'ingiunzione di pagamento europea può considerarsi tempestiva (e, quindi, per i casi disciplinati all'art. 20.1 del reg. n. 1896/2006, ammissibile)?

Le soluzioni giuridiche

Le Sezioni Unite premettono che la ricorrente svolge le proprie difese avendo riguardo al solo termine fissato all'art. 650, comma 3, c.p.c., il quale, tuttavia, è termine ultimo, destinato ad essere applicato ove non possa operare il termine per la proposizione dell'opposizione in via ordinaria (termine implicitamente previsto al primo comma dell'art. 650 c.p.c. e decorrente dall'effettiva conoscenza del decreto ingiuntivo). Ancora, la decisione che si commenta precisa che i diversi casi di riesame previsti ai commi 1 e 2 dell'art. 20 hanno quale comune presupposto il fatto che circostanze estranee alla formazione dell'ingiunzione di pagamento hanno precluso il rispetto del termine fissato dall'art. 16 per l'opposizione “ordinaria”. Peraltro, la Corte ritiene che nel caso concreto può essere invocato il solo comma 1 dell'art. 20 e che il riferimento (di entrambe le lettere di tale comma) all'iniziativa “tempestiva” deve essere inteso alla luce delle norme nazionali (stante l'art. 26 del regolamento, che ha natura di “metanorma”, cioè di disposizione che disciplina l'interpretazione delle norme dello stesso regolamento) e non alla luce dell'interpretazione sistematica, estensiva o analogica delle medesime norme del regolamento n. 1896.

Del resto, prosegue la Corte, ove pure si volesse negare la natura di metanorma dell'art. 26, non potrebbe non considerarsi che, in ottemperanza all'art. 29, co. 1, lett. b) del regolamento, lo Stato italiano, nel comunicare alla Commissione il procedimento di riesame ed i giudici competenti al fine dell'applicazione dell'art. 20, par. 1, ha fatto riferimento proprio all'art. 650 c.p.c. ed al giudice che ha emesso l'ingiunzione.

Da ultimo, le Sezioni Unite ritengono che una diversa soluzione non potrebbe essere affermata –come invece sostenuto dalla ricorrente- alla luce della lesione del diritto di difesa in considerazione della disciplina austriaca in materia di inizio dell'esecuzione forzata. In verità, prosegue la Corte, pur non giungendo la ricorrente ad una simile prospettazione, un dubbio di conformità dell'art. 650 c.p.c. con il diritto europeo (comprensivo della Cedu) potrebbe in astratto ravvisarsi nel caso di notifica di ingiunzione di pagamento in un ordinamento che non preveda un atto assimilabile al precetto (che ha un'oggettiva funzione di garanzia di uno spatium deliberandi prima dell'inizio dell'esecuzione e, quindi, assicura un termine a difesa ulteriore rispetto a quello previsto dall'art. 650, comma 3, c.p.c.). Tale dubbio va tuttavia fugato considerando che, anche nell'ordinamento italiano, non sempre l'inizio dell'esecuzione è differito a dieci giorni dalla notifica del precetto (si pensi, ad esempio, a quanto previsto dall'art. 482 c.p.c.). Del resto, una lesione del diritto di difesa deve essere esclusa alla luce della natura rescindente del riesame il quale è destinato a trovare accoglimento (con conseguente nullità dell'ingiunzione) a fronte della mera ricorrenza dei presupposti dell'art. 20 (i quali, soli, devono pertanto essere oggetto di deduzione), senza necessità, come accade invece nel caso dell'opposizione tardiva disciplinata nell'ordinamento italiano, di prender posizione sulla fondatezza dell'ingiunzione.

Osservazioni

Con la decisione che si commenta la Suprema Corte torna a pronunciarsi sull'art. 20 reg. CE n. 1896/2006; norma in base alla quale alcuni autori (LUPOI, ROMANO, contra, DI COLA), argomentano, pur in assenza di esplicita previsione normativa, l'efficacia di giudicato dell'ingiunzione di pagamento europea non opposta (secondo Cass., Sez.Un., 26 maggio 2015, n. 10799 la mancata opposizione ai sensi dell'art. 16 del regolamento comporta la produzione della c.d. “preclusione pro iudicato”).

Se, con la sentenza da ultimo citata, le Sezioni Unite avevano esaminato (con particolare riferimento all'ipotesi regolata all'art. 20.2) i presupposti legittimanti il riesame, la recente pronuncia esamina un profilo particolarmente delicato della disposizione: quello della tempestività dell'istanza di riesame.

Secondo alcuni autori, tempestiva deve ritenersi l'istanza proposta nel termine dell'art. 16.2 del regolamento (ROMANO, GHIGNONE, CATALDI); termine decorrente dal venir meno delle situazioni che impediscono l'opposizione “ordinaria” disciplinate alle lettere a) e b) dell'art. 20. Una simile conclusione è stata, tuttavia, condivisibilmente, ritenuta dalle Sezioni Unite in contrasto tanto con la lettera della norma, quanto con il vincolo interpretativo derivante dall'art. 26 dello stesso regolamento.

Con riferimento al primo profilo, la sentenza che si commenta osserva come non può non ritenersi che l'avverbio “tempestivamente” non individui un termine entro il quale va proposto il rimedio, ma, solo, descriva una qualificazione dell'azione che deve ricercarsi aliunde e che presuppone l'individuazione del momento a partire dal quale la domanda di riesame può essere proposta.

Di portata più generale è il secondo profilo evocato.

La Suprema Corte ritene infatti che l'art. 26 precluda la possibilità di risolvere le questioni procedurali non specificamente trattate dal regolamento alla luce dell'interpretazione sistematica, estensiva o analogica delle norme del medesimo regolamento e che la soluzione contraria, accolta dagli autori da ultimo citati, si traduca in un'interpretazione sistematica delle norme in materia di ingiunzione di pagamento europea. Il vincolo ermeneutico derivante dall'art. 26 (che costituisce la premessa del ragionamento della Cassazione) è stato ritenuto esistente anche da autorevole dottrina (BIAVATI) secondo la quale la disposizione da ultimo citata è tesa ad impedire, al di fuori di quanto strettamente ed espressamente previsto dal legislatore comunitario, la costruzione di regole di procedura comuni. Un simile obiettivo, prosegue l'autore da ultimo citato, è del resto inevitabile ove si consideri la natura del reg. CE n. 1896/2006 (che rientra tra i regolamenti di seconda generazione non elaborati sulla base dell'esperienza di precedenti convenzioni internazionali), la finalità principale del medesimo regolamento (teso a favorire la rapida formazione di un titolo esecutivo che agevoli la realizzazione essenzialmente dei crediti non contestati –in proposito, anche per l'esame degli elementi in comune e delle differenze esistenti tra il reg. CE n. 1896/2006 ed il reg. CE n. 805/2004 che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati, si veda LUPOI) e la non praticabilità, ad oggi, di soluzioni normative che, sia pur a livello embrionale, costituiscano la premessa per un codice processuale dell'Unione.

Le conclusioni alle quali perviene la decisione qui in esame appaiono complessivamente condivisibili.

Qualche dubbio, avuto riguardo alle peculiarità del caso concreto, tuttavia sorge con riferimento al passaggio motivazionale nel quale la Corte (incentrando la propria valutazione sulla difesa dell'ingiunta, fondata sulle peculiarità della disciplina austriaca in materia di esecuzione forzata) esclude il pregiudizio del diritto di difesa del destinatario dell'IPE tenuto a proporre la domanda di riesame nel breve termine previsto all'art. 650, comma 3, c.p.c. Le Sezioni Unite escludono una violazione dell'ordinamento comunitario sul rilievo della natura meramente rescindente del riesame e, pertanto, sull'esistenza di un onere di allegazione e di prova assai più ridotto rispetto al corrispondente onere esistente in caso di opposizione tardiva avverso un decreto ingiuntivo nazionale. Tale soluzione desta qualche perplessità circa la conformità al principio di tutela effettiva del diritto di difesa (inteso quale diritto in sé e non come diritto strumentale alla tutela di ulteriori situazioni giuridiche) riconosciuto all'art. 47 della Carta di Nizza (applicabile al caso concreto che è relativo all'attuazione del diritto dell'Unione – art. 51 Carta di Nizza - venendo in rilievo il regolamento n. 1896/2006). Un termine tanto breve, anche considerati gli ostacoli derivanti dalla necessità di comprendere un atto e svolgere le proprie difese in una lingua straniera e dalla necessità di verificare quale sia lo strumento processuale da adoperare per il riesame nello stato di emissione dell'ingiunzione di pagamento, può costituire fattore che rende eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento comunitario (e, pertanto, che pregiudica la tutela effettiva di tali diritti).

Né, in senso contrario, pare convincente (al fine di superare le peculiarità della disciplina dello Stato dell'esecuzione dell'IPE) il richiamo (svolto in considerazione degli argomenti sollevati dall'ingiunta) all'art. 482 c.p.c., atteso che tale norma, oltre ad essere assolutamente eccezionale (e, tra l'altro, a prevedere la possibilità di subordinare l'esecuzione immediata alla prestazione di cauzione) è concepita con riferimento ad ingiunzioni destinate ad essere eseguite nello stesso Stato di emissione.

Le peculiarità del caso concreto e la valorizzazione dell'effettività del diritto di difesa nell'accezione accolta dall'art. 47 Carta di Nizza avrebbero probabilmente reso non del tutto peregrino il ricorso allo strumento del rinvio pregiudiziale (considerata anche la natura di giudice di ultima istanza della Suprema Corte).

Da ultimo, la natura “meramente rescindente” che, secondo la sentenza qui esaminata, ha il giudizio di riesame, sembra consentire di ritenere che vi sia coincidenza tra la posizione della Suprema Corte e quella di autorevole dottrina (Lupoi) secondo la quale, in caso di accoglimento del rimedio disciplinato all'art. 20 reg. n. 1896/2006, il giudice del riesame non può esaminare il merito del credito, ma deve impartire le disposizioni processuali idonee ad assicurare la prosecuzione del giudizio di merito analogamente a quanto accade in caso di opposizone tempestiva.

Guida all'approfondimento
  • Biavati, art. 26,in Reg. CE n. 1896/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce un procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento, in NLCC, 2010;
  • Cataldi, Il regolamento n. 1896/2006 sul decreto ingiuntivo europeo, in Scarafoni (a cura di), Il processo civile e la normativa comunitaria, Milano, 2012;
  • Di Cola, L'efficacia dell'ingiunzione di pagamento europea, in Carratta (a cura di), Verso il procedimento ingiuntivo europeo, Milano, 2007;
  • Ghignone, art. 20, in Reg. CE n. 1896/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce un procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento, in NLCC, 2010;
  • Lupoi, Di crediti non contestati e procedimenti di ingiunzione: le ultime tappe dell'armonizzazione processuale in Europa, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2008;
  • Romano, Il procedimento europeo di ingiunzione di pagamento, Milano, 2009.

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