Il potere del giudice di rilevare d'ufficio l'inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator

10 Giugno 2016

L'importante sentenza Cass. civ., sez. U., 3 giugno 2015 n. 11377 ha risolto la questione di massima importanza circa natura giuridica dell'inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator, vale a dire se essa costituisca un'eccezione in senso stretto, come tale proponibile solo ed esclusivamente dal soggetto falsamente rappresentato e nella fase iniziale del giudizio di primo grado, oppure se essa integri un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio dal giudice e sollevabile dalle parti per tutta la durata del processo, sia in primo grado che in appello.
Il quadro normativo

La risoluzione della questio iuris sottoposta all'attenzione delle Sezioni Unite Civili impone una previa disamina degli istituti della disciplina del contratto concluso dal falsus procurator e dei poteri d'ufficio del giudice.

Preliminarmente occorre evidenziare che la rappresentanza è il potere di un soggetto (rappresentante) di compiere atti giuridici in nome e per conto di un altro (rappresentato), dando vita così ad una dissociazione tra parte formale (dell'atto) e parte sostanziale (del rapporto). La rappresentanza quanto alla fonte può essere legale, ove trovi il suo fondamento direttamente nella legge per ragioni di tutela dei soggetti incapaci (es. interdizione, inabilitazione), oppure volontaria, quante volte sia il rappresentato a conferire il potere rappresentativo al rappresentante tramite il negozio unilaterale, recettizio e con forma per relationem di procura (art. 1392 c.c.).

Mediante la procura il rappresentato autorizza il rappresentante a spendere il proprio nome nella conclusione di contratti con i terzi (cd. contemplatio domini): di talché può dirsi che la procura è l'atto a carattere latamente autorizzatorio che, oltre a fondare il potere rappresentativo del rappresentante, delimita l'area dei suoi poteri ed i relativi limiti.

Laddove accada che il rappresentante agisca in carenza del potere rappresentativo, o superando i limiti dello stesso, l'art. 1399, comma 1, c.c. sancisce l'inefficacia del contratto nei confronti del soggetto falsamente rappresentato, come si desume da una lettura “a contrario” della norma, che attribuisce a quest'ultimo il potere di ratifica e, dunque, di appropriarsi comunque ex post degli effetti negoziali.

L'inefficacia negoziale costituisce dunque la conseguenza immaginata dal legislatore per il caso di contratto concluso dal falsus procurator, conformemente al difetto di legittimazione in capo a questi e, dunque, al falso rappresentato.

Al contempo l'art. 1398 c.c. pone a carico del falso rappresentante l'obbligo di risarcire il danno nei confronti del terzo contraente, che questi abbia patito per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto.

Occorre anche evidenziare che l'art. 1399, comma 4, c.c. prevede la possibilità per il terzo contraente di invitare l'interessato a pronunziarsi sulla ratifica, assegnandogli un termine, scaduto il quale, nel silenzio, la ratifica si intende negata (cd. actio interrogatoria).

Quanto ai poteri officiosi del giudice, invece, occorre evidenziare che essi costituiscono un'eccezione nel sistema ordinamentale, in quanto possono porsi in frizione con il principio della domanda (art. 99 c.p.c.) e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.).

Ne consegue che il giudice civile può esercitare poteri d'ufficio soltanto nei casi tassativi in cui la legge lo preveda (artt. 101, comma 2 e 183, comma 4, c.p.c.), vale a dire quante volte ci si trovi al cospetto di «eccezioni in senso lato», che non necessitano indefettibilmente dell'attività delle parti, come ad esempio in punto di nullità del contratto ai sensi dell'art. 1421 c.c.

Orientamenti a confronto

L'orientamento dominante della giurisprudenza ha sempre ritenuto che l'inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator – cioè in assenza di poter o in eccesso rispetto ai limiti della procura – non è rilevabile d'ufficio ma soltanto su eccezione di parte, in quanto volta a tutelare il falso rappresentato può dunque essere invocata solo da quest'ultimo e non anche dal terzo contraente. A quest'ultimo, infatti, l'ordinamento consegna unicamente la tutela risarcitoria di cui all'art. 1398 c.c. e la possibilità di provocare l'intervento del falso rappresentato mediante l'actio interrogatoria ex art. 1399, comma 4, c.c.

Da quest'impostazione deriva che il giudice non può rilevare l'inefficacia del contratto concluso dal falso rappresentante, seppur emergente dagli atti e dai fatti di causa e non vi sia stata ratifica, laddove lo pseudorappresentato non sollevi quest'eccezione, oppure la sollevi in ritardo rispetto al momento in cui era tenuto a sollevarla.

Questa ricostruzione muove dall'assunto che l'inefficacia del contratto costituisca un'eccezione in senso stretto, poiché, non trattandosi di nullità, non è applicabile l'art. 1421 c.c., che prevede il potere officioso del giudice. A ben vedere, poi, l'inefficacia de qua è asimmetrica, poiché il terzo contraente è vincolato (verso il falsus procurator), mentre il falsamente rappresentato no.

Un'altra ricostruzione ermeneutica, minoritaria, è stata nel tempo però proposta dalla dottrina: secondo quest'impostazione, infatti, il giudice ben potrebbe (anzi dovrebbe) rilevare d'ufficio l'inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator.

Ciò perché l'inefficacia contrattuale in questi casi va inquadrata nell'alveo delle eccezioni in senso lato, come tale rilevabile d'ufficio, che comprendono tutti i fatti modificativi, impeditivi od estintivi del diritto, mentre vanno considerate eccezioni in senso stretto solo quelle rispetto alle quali sia la legge a prevederlo espressamente (art. 2938 c.c. per la prescrizione), oppure in cui l'effetto si ricollega all'esercizio di un diritto potestativo che si risolve nell'esercizio di un'azione costitutiva.

In altri termini il contratto concluso in assenza del potere rappresentativo – o in eccesso rispetto ai suoi limiti – si connota per la sua non vincolatività per il falso rappresentato, che si fonda sullo schema norma-fatto-effetto e, come tale, non necessita dell'esercizio di un potere sostanziale da parte del falsamente rappresentato per assumere rilevanza giuridica.

In questo senso, dunque, l'inefficacia del contratto a valle costituirebbe un'eccezione in senso lato, toccando fatti impeditivi od estintivi del diritto, come tale suscettibile di essere rilevata ex officio dal giudice, ove emerga dagli atti e dai fatti allegati e provati in giudizio, dopo aver provocato il contraddittorio tra le parti.

Una diversa opzione interpretativa che non ammettesse il potere-dovere del giudice di rilevare d'ufficio l'inefficacia del contratto, peraltro, si risolverebbe in una ratifica «tacita» processuale, in totale antitesi con l'actio interrogatoria di cui all'art. 1399, comma 4, c.c., che in caso di silenzio del falso rappresentato comporta automaticamente il diniego della ratifica.

La sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 11377/2015

Le Sezioni Unite (Cass. civ., sez. U., 3 giugno 2015, n. 11377) chiamate a risolvere la questione di massima importanza così come ricostruita dalla prevalente giurisprudenza e da una parte della dottrina, hanno superato l'orientamento finora prevalente, accogliendo invece quello minoritario secondo cui l'inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator è rilevabile d'ufficio.

Le SS.UU. hanno innanzitutto evidenziato che in caso di rappresentanza volontaria la sussistenza del potere rappresentativo, con l'osservanza dei relativi limiti, costituisce una circostanza costitutiva della possibilità di imputare il contratto concluso (ed i relativi effetti) dal rappresentante in capo al rappresentato.

Elementi costitutivi della validità (e conseguente efficacia) del contratto concluso dal rappresentante sono, dunque, lo scambio dei consensi tra le parti, la spendita dell'altrui nome e la legittimazione rappresentativa.

Ne deriva che si verifica un fatto impeditivo dell'efficacia negoziale in mancanza di un presupposto di validità, e come fatto impeditivo dev'essere considerata l'assenza del potere rappresentativo in capo al rappresentante.

Pertanto il terzo che propone domanda nei confronti del falsamente rappresentato invoca in giudizio i fatti costitutivi della domanda, tra cui rientra proprio la sussistenza della legittimazione rappresentativa.

Secondo le Sezioni Unite, quindi, va superato l'orientamento tradizionale, dovendosi considerare l'inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator non già come un'eccezione in senso stretto, bensì come una mera difesa, proponibile dalla parte anche in appello e rilevabile d'ufficio dal giudice laddove emerga dai fatti allegati e provati.

Ulteriori argomenti vengono individuati dalla Suprema Corte nella sua composizione allargata per sostenere la soluzione della rilevabilità d'ufficio.

In primo luogo il fatto che la presenza della legittimazione rappresentativa del falsus procurator integra un elemento costitutivo della domanda avanzata dal terzo nei confronti del falsus dominus, per cui il giudice non può non rilevare la sua carenza.

Una diversa soluzione, del resto, si porrebbe in insanabile contrasto con l'art. 1399, comma 4, c.c., che attribuisce al silenzio serbato dal falso rappresentato a fronte dell'actio interrogatoria del terzo significato legale di rifiuto, non di accettazione della ratifica.

Ove il giudice non potesse rilevare d'ufficio l'inefficacia del contratto, infatti, il silenzio del dominus negotii si risolverebbe sul piano processuale in un'accettazione tacita di ratificare il contratto concluso dal falso rappresentante.

L'accoglimento della ricostruzione secondo cui la mancanza del potere rappresentativo in capo al rappresentante costituisce non già un'eccezione in senso stretto, bensì una mera difesa, comporta importanti conseguenze sul terreno applicativo.

Per la giurisprudenza costituiscono «mere difese» tutti i comportamenti con cui il convenuto in giudizio si limita a contestare l'esistenza dei fatti costitutivi della domanda, senza allegare alcun fatto diverso e nuovo rispetto a quelli già indicati dall'attore, per cui non risulta ampliato il thema decidendum.

Essa, infatti, non potrà soltanto essere rilevata ex officio dal giudice adito, ma sarà anche suscettibile di essere dedotta in giudizio senza limiti temporali o preclusioni di alcun tipo.

Le Sezioni Unite hanno poi individuato una serie di ipotesi paradigmatiche che possono verificarsi in concreto in giudizio in relazione al caso del contratto inefficace perché concluso dal falsus procurator.

a) Il soggetto falsamente rappresentato, convenuto in giudizio, non contesta il difetto del potere rappresentativo del falsus procurator: in ossequio al principio di non contestazione (introdotto con l. 69/2009 all'art. 115, comma 1, c.p.c.), il giudice può valutare la condotta processuale del convenuto come una ratifica tacita o per facta concludentia.

b) Il soggetto falsamente rappresentato, convenuto in giudizio, non contesta la carenza del potere rappresentativo del falsus procurator: il giudice può rilevarlo d'ufficio, ove merga dai fatti allegati e provati, posto che la sussistenza di tale potere è un fatto costitutivo della domanda di parte attrice (ad es., in caso di nullità della procura per difetto della forma per relationem richiesta dall'art. 1392 c.c.).

c) Il soggetto falsamente rappresentato assume la qualifica di attore attraverso la citazione del terzo contraente in giudizio: il giudice dovrà ritenere inevitabilmente che il falsus dominus abbia tacitamente ratificato il contratto, dal momento che questi ha tenuto un contengo del tutto incompatibile con la volontà di conservare l'inefficacia del contratto concluso dal falso rappresentante.

In conclusione

Le Sezioni Unite della Cassazione Civile con la sentenza 11377 del 2015 (Cass. civ., sez. U., 3 giugno 2015 n. 11377) hanno sconfessato un orientamento granitico – quasi tralatizio – della giurisprudenza stessa di legittimità, sposando invece una soluzione interpretativa di matrice prettamente dottrinaria, che di fatto non era mai stata applicata nelle aule di giustizia.

In tal senso, dunque, la pronuncia che si commenta rappresenta senza dubbio un piacevole (e sempre più raro) esempio di un dialogo virtuoso e costruttivo tra giurisprudenza e dottrina, con quest'ultima che si impone alla prima in forza di argomentazioni e ragionamenti non solo di tipo speculativo e teorici ma, anzi, assolutamente convincenti.

La pronuncia delle Sezioni Unite sui rapporti tra poteri officiosi del giudice civile ed inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator, infatti, sembra poggiare su argomenti solidi, difficilmente contestabili e, soprattutto, perfettamente in linea con i principi generali dell'ordinamento civilistico e processualcivilistico.

La soluzione fino a questo momento fatta propria dalla giurisprudenza civile, infatti, rischiava di dare vita ad irriducibili aporie tra le disposizioni normative che regolamentano il fenomeno della rappresentanza volontaria.

Come evidenziato prima dalla dottrina e poi dalle Sezioni Unite, infatti, se è vero che l'esistenza del potere rappresentativo integra un fatto costitutivo della validità ed efficacia del contratto stipulato dal rappresentante nei confronti del dominus, allora non è immaginabile in alcun modo che il giudice non possa rilevarne la carenza, anche senza eccezione di parte.

Diversamente, infatti, si sarebbe consentito ad un contratto invalido, dunque inefficace, di produrre i suoi effetti a causa di una sorta di sanatoria processuale fondata sul silenzio del soggetto falsamente rappresentato, in aperto contrasto con i presupposti legali necessari per la validità del contratto rappresentativo.

Ma non solo.

Una siffatta impostazione, infatti, si sarebbe posta in chiara rottura (come rilevato in modo critico dalla dottrina e confermato dalle Sezioni Unite) con il disposto dell'art. 1399, comma 4, c.c., vanificando la disciplina prevista in materia di actio interrogatoria proposta dal terzo contraente nei confronti del falsus dominus.

Appare altresì d'interesse rilevare come la sentenza ampli i poteri officiosi del giudice in sede processuale, seguendo «il fil rouge» inaugurato di recente dalla Sezioni Unite di in tema di nullità nelle pronunce (Cass. civ., sez. U., 4 febbraio 2012 n. 14828, Cass. civ., sez. U., 12 dicembre 2014 n. 26242 e Cass. civ., sez. U., 12 dicembre 2014 n. 26243); la sentenza Cass. civ., sez. U., 3 giugno 2015 n. 11377 realizza quest'operazione attraverso un percorso argomentativo che è opportuno chiarire.

Nell'ambito della nullità negoziale, infatti, la legge riconosce al giudice civile poteri d'ufficio attraverso l'art. 1421 c.c., in deroga ai principi della domanda e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, con la precisa intenzione di evitare che il contratto in contrasto con interessi sovraindividuali possa sprigionare e conservare i suoi effetti nella realtà giuridica.

Nel caso dell'inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator, invece, il giudice può rilevare d'ufficio l'inidoneità del contratto di produrre i suoi effetti giuridici non già per esigenze di protezione di interessi generali, bensì per esigenze di tipo operativo, perfettamente in linea coi principi e le regole che disciplinano il processo civile.

In tale prospettiva, infatti, se la sussistenza del potere rappresentativo integra un elemento costitutivo della domanda attorea che si basa a sua volta sulla validità e sull'efficacia del contratto invocato dall'attore a fondamento della sua pretesa, il giudice non può non rilevare l'assenza di un elemento costitutivo della domanda.

Peraltro l'eventuale contestazione dell'inefficacia del contratto costituisce una «mera difesa», poiché con essa il falso rappresentato si limita a contestare i fatti costitutivi posti alla base della domanda dell'attore, per cui essa è proponibile anche in appello, oltre ad essere rilevabile d'ufficio dal giudice, purché emergente ex actis e previa provocazione del contraddittorio, in ossequio agli artt. 101 e 183, comma 4, c.p.c. e, più in generale, del principio costituzionale del contraddittorio sancito dall'art. 111 Cost.

Guida all'approfondimento

MIRABELLI, Dei contratti in generale, in Comm. cod. civ., libro IV, Torino, 1991, p. 394;

PAGLIANTINI, L'eccezione di inefficacia ex art. 1398 nella fattispecie complessa della falsa rappresentanza, in Riv. dir. civ., 6/2014, p. 1429 e ss.;

PAGLIANTINI, Nuovi profili del diritto dei contratti, Torino, 2014, p. 63;

ROPPO, Il contratto, in Trattato di diritto privato, Milano, p. 284 e ss..

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