Legittimazione del condomino ad impugnare la sentenza emessa in tema di delibere sui servizi comuni

10 Giugno 2016

Nella giurisprudenza di legittimità si è formato un contrasto concernente la necessità, ai fini della sussistenza della legittimazione del condomino ad impugnare la sentenza sfavorevole pronunciata nei confronti del condominio sull'impugnazione di una delibera in tema di gestione di un servizio comune, che la decisione incida direttamente sull'interesse esclusivo del detto condomino.
Il quadro normativo

La problematica sulla quale sussiste una divergenza di orientamenti nell'attuale giurisprudenza della S.C. trae fondamento dalla circostanza che, con riferimento alle delibere afferenti la gestione dei servizi comuni, si ritiene che la legittimazione attiva e passiva spetti al condominio – e, per esso, al suo amministratore – sulla scorta del disposto dell'art. 1131 c.c.

Tale assunto è espresso da lungo tempo mediante l'affermazione per la quale la rappresentanza in giudizio del condominio spetta inderogabilmente a norma dell'art. 1131 c.c., all'amministratore nominato dall'assemblea dei condomini, nei limiti delle attribuzioni indicate dalla legge o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento o dall'assemblea. Pertanto, il giudicato formatosi all'esito di un processo in cui sia stato parte l'amministratore di un condominio, fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti nel giudizio, atteso che il condominio è ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini (Cass. civ., sez. III, 24 luglio 2012, n. 12911).

In detta prospettiva è stato precisato che resta ferma la facoltà del singolo condomino di intervenire nella lite solo ad adiuvandum come portatore di un interesse proprio, e non come rappresentante del condominio ancorché delegato dall'assemblea condominiale (Cass. civ., sez. II, 8 agosto 1989, n. 3646). In realtà detta affermazione – almeno in generale, con le precisazioni che seguiranno - deve essere correttamente intesa, poiché l'intervento in causa del condominio non può configurarsi alla stregua di un intervento adesivo dipendente, come pure sembrerebbe trarsi dalla richiamata decisione, bensì come intervento adesivo autonomo di cui al primo comma dell'art. 105 c.p.c., in quanto supportato da un diritto soggettivo e non già da un mero interesse giuridicamente rilevante, dei singoli condomini di aderire e quindi “coadiuvare” sotto il profilo istruttorio la difesa del condominio.

La circostanza che il condominio sia un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, i quali sono rappresentati dall'amministratore e non costituiscono un'entità diversa da quest'ultimo, implica, poi, che ove la sentenza di primo grado emessa in un giudizio di impugnazione di una delibera assembleare sia stata notificata all'amministratore, tale notifica è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione anche rispetto ai condomini che non erano costituiti nel giudizio di primo grado, né la sentenza d'appello è censurabile per non aver disposto l'integrazione del contraddittorio, non essendo configurabile alcuna ipotesi di litisconsorzio processuale (cfr. Cass. civ., sez. VI, ord. 11 gennaio 2012, n. 177).

Legittimazione del condomino ad impugnare in generale

Costituisce jus receptum, nonostante la legittimazione esclusiva dell'amministratore ad agire nelle liti condominiali, il principio in virtù del quale, poiché il condominio si configura come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l'esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l'amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa degli interessi, esclusivi e comuni, inerenti all'edificio condominiale, con la conseguenza che essi sono legittimati ad impugnare personalmente, anche in cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività condominiale ove non vi provveda l'amministratore (cfr., tra le altre, Cass. civ., sez. III, 18 febbraio 2010, n. 3900, la quale ha precisato che, in tali casi, tuttavia, il gravame deve essere notificato anche all'amministratore, persistendo la legittimazione del condominio a stare in giudizio nella medesima veste assunta nei pregressi gradi, in rappresentanza di quei partecipanti che non hanno assunto individualmente l'iniziativa di ricorrere in cassazione).

Legittimazione del condomino ad interporre gravame avverso le decisioni su delibere che incidono solo in via mediata sui suoi diritti o interessi. La soluzione negativa

Rispetto al generale principio enunciato nel precedente paragrafo, non può trascurarsi l'importante precisazione di una parte della recente giurisprudenza di legittimità.

In particolare, la S.C., ribadito in generale l'assunto secondo cui nel condominio di edifici, il principio secondo cui l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa di diritti connessi alla detta partecipazione, né, quindi, del potere di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore del condominio e di avvalersi dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunziata nei confronti del condominio, ha tuttavia precisato che lo stesso non trova applicazione relativamente alle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione di deliberazioni della assemblea condominiale che, come quella relativa alla nomina dell'amministratore, perseguono finalità di gestione di un servizio comune e tendono ad soddisfare esigenze soltanto collettive, senza attinenza diretta all'interesse esclusivo di uno o più partecipanti, sicché in tali controversie la legittimazione ad agire, e quindi ad impugnare, spetta in via esclusiva all'amministratore, con esclusione della possibilità di impugnazione da parte del singolo condomino (Cass. civ., Sez. II, 21 settembre 2011, n. 19223).

Come evidenziato in altra decisione, tale tesi non si porrebbe in contrasto con la generale impostazione di cui si è dato conto nel precedente paragrafo, poiché tale principio opererebbe nelle sole controversie afferenti azioni reali, incidenti sul diritto pro quota di ciascun condomino sulle parti comuni o esclusivo sulla singola unità immobiliare od anche personali, se aventi efficacia immediata e diretta sui loro diritti, mentre non può operare nelle cause aventi ad oggetto non i diritti su un servizio comune, quanto la gestione di esso, volte a soddisfare « esigenze soltanto collettive della comunità condominiale, o l'esazione delle somme dovute in relazione a tale gestione da ciascun condomino, nelle quali non v'è correlazione immediata con l'interesse esclusivo d'uno o più partecipanti, bensì con un interesse direttamente collettivo e solo mediatamente individuale al funzionamento ed al finanziamento corretti dei servizi stessi» (Cass. civ., sez. II, 4 maggio 2005, n. 9213).

Sembra, pertanto, che, con riferimento alle delibere condominiali in tema di servizi comuni che non incidano direttamente sui diritti esclusivi di ciascun condonino, la legittimazione autonoma ad impugnare degli stessi venga esclusa da tale giurisprudenza per la ricostruzione della posizione processuale dei condomini in questione alla stregua di intervenienti adesivi dipendenti.

È noto, invero, che coloro i quali spiegano intervento ai sensi del comma 2 dell'art. 105 c.p.c., facendo valere soltanto un interesse giuridicamente rilevante, non possono richiedere l'emanazione di provvedimenti autonomi (Liebman) rispetto a quelli richiesti dalla parte adiuvata e sono, pertanto, privi della legittimazione ad impugnare.

Segue. La soluzione affermativa

La stessa seconda sezione civile della Corte di Cassazione in una più recente decisione si è discostata dall'indirizzo espresso nel 2011, affermando che nel giudizio di impugnazione della delibera dell'assemblea di condominio, il singolo condomino è legittimato ad impugnare la sentenza emessa nei confronti dell'amministratore e da questi non impugnata, anche qualora la delibera controversa persegua finalità di gestione di un servizio comune ed incida sull'interesse esclusivo del condomino soltanto in via mediata (Cass. civ., sez. II, 6 agosto 2015, n. 16562).

A fondamento di tale decisione, in un consapevole contrasto con l'altro orientamento, la S.C. – oltre a richiamare il generale indirizzo interpretativo in forza del quale la legittimazione attiva e passiva dell'amministratore ex art. 1131 c.c. nei giudizi di impugnazione delle delibere assembleari non priva i condomini della facoltà di intervenire in causa né di impugnare – osserva che non vi è alcun fondamento normativo nella distinzione tra incidenza immediata o mediata sulla sfera patrimoniale del singolo derivante dalla caducazione di una decisione sulla gestione della cosa comune, al fine di individuare i soggetti legittimati, nell'inerzia del condominio, alla relativa impugnativa.

In conclusione

Il contrasto che si è formato all'interno della seconda sezione civile della Corte di Cassazione rende senz'altro opportuno – anche per la ricorrenza di controversie come quelle in tema di impugnazione di delibere condominiali incidenti su servizi comuni – un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.

In attesa di una soluzione uniforme, riteniamo che quella più garantista nei confronti dei condomini, approfondita dalla decisione n. 16562 del 2015, sia da approvare (analogamente, Dogliotti, per il quale non si giustificherebbe una disparità tanto evidente rispetto alle altre controversie).

Invero, proprio la circostanza, sempre ribadita dalla S.C., in virtù della quale il condominio è un ente di gestione sfornito di autonoma personalità giuridica, comporta che non possa venir meno, per effetto della previsione dell'art. 1131 c.c., la possibilità dei singoli condomini di intervenire nelle controversie incardinate dall'amministratore o nelle quali è convenuto in sede di impugnazione delle delibere dell'assemblea.

In tutte le ipotesi, peraltro, tale intervento deve essere ricostruito, alla stregua di quanto insegna la migliore dottrina (Luiso) in termini di intervento adesivo autonomo con la conseguenza che i condomini potranno proporre, facendo valere un vero e proprio diritto, domande ed istanze indipendenti da quelle del condominio e saranno legittimati, anche nell'inerzia dell'amministratore, ad impugnare la decisione sfavorevole.

Sotto quest'ultimo profilo, oggetto di precipua attenzione in questa sede, non può ritenersi che, per contro, ove si tratti di delibere afferenti la gestione della collettività dei servizi comuni, la posizione del condomino “degradi” con le relative conseguenze sul piano processuale, a quella di un interventore adesivo dipendente. A riguardo, invero, è evidente che ciascuna decisione può avere effetti significativi, se non altro sul piano economico, per ogni condomino, effetti che non possono ritenersi peraltro “riflessi” dal giudicato inter alios, in ragione della mancanza di personalità giuridica autonoma del condominio rispetto ai singoli condomini.

Guida all'approfondimento

DOGLIOTTI, Comunione e condominio, Torino 2006, 400;

LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, Principi, 6a ed., Milano, 2002, spec. 103 ss ;

LUISO, Diritto processuale civile, I, Milano 2015;

TRIOLA, Condominio e contenzioso, Milano 1995.

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