L'interesse ad impugnare nel giudizio di cassazione e il principio di autosufficienza

10 Giugno 2016

Anche nel giudizio di cassazione deve essere presente l'interesse ad impugnare che, in detto procedimento, si atteggia come possibilità di conseguire un risultato pratico favorevole. Data la particolarità di tale giudizio, la parte che propone ricorso per cassazione dovrà, inoltre, ottemperare al cosiddetto principio di autosufficienza del ricorso, ovvero a quel principio secondo il quale il ricorso per cassazione deve contenere tutti gli elementi utili e necessari per pervenire ad una decisione senza che si possano operare rimandi ad altre fonti, anche contenute in atti processuali del procedimento impugnato.
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione

L'autosufficienza del ricorso per cassazione rappresenta uno dei temi più delicati del giudizio civile.

Esso coinvolge direttamente l'ambito dei poteri di cognizione del giudice di legittimità.

Il concetto è di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale; infatti non vi è una norma espressa che affermi tale principio, se non il riferimento dell'art. 366 c.p.c. al contenuto del ricorso.

Esso compare, in ambito giurisprudenziale, per la prima volta, nella sentenza della Corte di Cassazione(Cass. civ., 18 settembre 1986, n. 5656).

Ivi si rinviene che, con il termine autosufficienza, la Corte intendesse esprimere la necessità che fossero indicati gli elementi posti a base della censura proposta col ricorso; in altre parole si affermava la necessità che il motivo (o i motivi) di ricorso presentasse quell'autonomia indispensabile per consentire, senza il sussidio di altre fonti, l'individuazione delle questioni da risolvere.

Nella motivazione della citata sentenza si legge: «… è parimenti certo che non può darsi ingresso alla corrispondente censura in sede di legittimità se il ricorso sia privo di idonee specificazioni sulle prove non ammesse, sui fatti che ne costituiscono l'oggetto e sul nesso di causalità tra l'omissione dedotta e la decisione, poiché, in una situazione siffatta, da un lato non sono direttamente individuabili gli elementi necessari per stabilire la decisività del punto cui si riferisce il vizio motivazionale denunciato e, dall'altro, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione non consente di sopperire alle sue lacune mediante indagini integrative che vadano al di là della semplice verifica delle deduzioni contenute nell'atto e che si presentino in sé compiute.».

Nell'elaborazione giurisprudenziale successiva, tale principio prende sempre più sostanza affermandosi che l'autosufficienza si esaurisce nella necessità che il ricorrente indichi specificamente i fatti e le circostanze di cui trattasi, onde consentire al giudice di legittimità il controllo sulla loro decisività (Cass. civ., 18 giugno 2003, n. 9712, in Mass. Giur. It. 2003).

Sempre la giurisprudenza, con un'interpretazione più rigorosa, di stampo formalistico, ha avuto modo di affermare che il giudice deve essere in grado, attraverso la semplice lettura del ricorso, senza essere costretto ad esaminare direttamente gli atti dei pregressi gradi del merito, non solo di comprendere la portata della censura, ma anche di decidere (così si desume dalle motivazione di Cass. civ., 23 marzo 2005, n. 6225; Cass. civ., 21 maggio 2004, n. 9711; Cass. civ., 25 agosto 2006, n. 18506; Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21621).

Il contenuto minimo del ricorso per cassazione

Orbene la dottrina, in merito all'applicazione di tale principio, che pure riconosce, ha sempre mostrato un certo distacco nella sua applicazione meramente formalistica (Montaldo, Note sul c.d. principio di autosufficienza dei motivi in Cassazione, in Giust. civ., 2006, I, 2086 ss.).

Tuttavia l'art. 366 c.p.c., al n. 6 del comma 1, come riformato dal d.lgs.n. 40/2006, potrebbe far virare l'interpretazione del principio dell'autosufficienza in senso più rigoroso e formale, ove pretende l'indicazione degli atti processuali, dei documenti, dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda.

A far chiarezza sul punto sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione con un importante sentenza del 2012 (Cass. civ., sez. U., 22 maggio 2012, n. 8077), ove si evidenzia la portata del principio di autosufficienza, che non deve essere letto in senso prettamente formalistico: «Quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, ed in particolare un vizio afferente alla nullità dell'atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell'oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all'esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall'art. 366 c.p.c. , comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c. , comma 2, n. 4)».

In conclusione

Dalle considerazioni svolte si può agevolmente rilevare la complessità del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che, si ripete, non è espressamente posto dal legislatore quale requisito ulteriore rispetto a quanto previsto dall'art. 366 c.p.c. .

Rappresenta, piuttosto, una esigenza dettata dalla natura stessa dell'esame di legittimità teso a valutare le doglianze in diritto poste dalla parte ricorrente.

Esso mira, da un lato, a garantire una sufficiente specificità dei motivi esposti in ricorso e, dall'altro, a far sì che siano indicati gli atti e documenti ai quali il ricorso fa riferimento.

Si potrebbe riassumere come un onere del ricorrente a collaborare con la Corte al fine di pervenire ad una decisione, decisione che si sostanzia nell'interessa ad agire proprio del ricorrente, interesse che può, appunto, essere valutato solamente attraverso una sufficiente specificità delle argomentazioni poste ed al loro riferimento ai fatti ed atti di causa.

Tale esigenza, quindi, non potrà spingersi fino alla trascrizione integrale, nel ricorso, dell'atto o del documento implicato dalla singola censura, posto che nulla impedisce alla Corte di esaminare direttamente gli atti di causa, precisamente indicati dal ricorrente a norma del n. 6 dell'art. 366 c.p.c. .

Il principio dell'autosufficienza, quindi, deve essere inquadrato nella sua esigenza sostanziale e non meramente formale.

Guida all'approfondimento

ATTARDI, Interesse ad agire, in Digesto civ., X, Torino, 1993, 521;

LOMBARDI, Interesse ad agire, in Comm. Verde, Vaccarella, Torino, 2001, 747;

MONTALDO, Note sul c.d. principio di autosufficienza dei motivi in Cassazione, in Giust. civ., 2006, I, 2086 ss..

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