Le opposizioni esecutive avverso il pignoramento diretto promosso dall'agente della riscossione ai sensi degli artt. 72 e 72-bis del d.P.R. n. 602/1973

Giuseppe Lauropoli
10 Giugno 2016

Alcuni recenti arresti della Suprema Corte hanno apportato delle significative ed importanti indicazioni sull'ampliamento dell'ambito di esperibilità delle opposizioni agli atti esecutivi avverso il pignoramento diretto avviato dall'agente della riscossione.
Il quadro normativo

Gli art. 72 e 72-bis del D.P.R. n. 602/73 prevedono una forma di esecuzione forzata, proponibile da parte dell'agente della riscossione, che si traduce nell'ordine impartito dall'esecutante al terzo pignorato di provvedere, entro un certo termine, al pagamento di quanto dovuto al debitore esecutato direttamente nelle mani del creditore procedente.

Si tratta di una forma di esecuzione forzata che, come evidenziato, di regola non prevede l'intervento e la supervisione del giudice dell'esecuzione, svolgendosi interamente in sede stragiudiziale.

Resta intatta, tuttavia, la possibilità per il debitore che si veda notificare tale atto di pignoramento - deve precisarsi che la necessità di una tale notifica del pignoramento anche al debitore, sebbene non espressamente prevista dalle menzionate norme, è stata da ultimo affermata dalla Suprema Corte con sentenza n. 2857 del 2015 - di proporre tanto l'opposizione all'esecuzione, quanto l'opposizione agli atti esecutivi: opposizioni che saranno, nel caso di specie, necessariamente successive all'inizio dell'esecuzione, venendo le stesse proposte successivamente alla notifica dell'atto di pignoramento.

Come noto, mentre con l'opposizione all'esecuzione, che trova la sua disciplina generale negli artt. 615 e 616 c.p.c., il debitore contesta la stessa esistenza del diritto del creditore procedente di agire in executivis (ad esempio deducendo di aver già provveduto al pagamento prima dell'inizio dell'esecuzione forzata, ovvero eccependo in compensazione un proprio credito nei confronti del creditore procedente, o ancora per intervenuta prescrizione del diritto fatto valere dal creditore), ovvero la pignorabilità dei beni attinti dalla procedura, con l'opposizione agli atti esecutivi, che trova le sue disposizioni codicistiche di riferimento negli artt. 617 e 618 c.p.c., vengono contestate le modalità attraverso le quali si svolge l'esecuzione forzata (rilevandosi, ad esempio, la omessa notifica del titolo o del precetto, ovvero la mancanza di un requisito essenziale dell'atto di pignoramento).

Mentre l'opposizione all'esecuzione è esperibile in ogni tempo, purché sia ancora in corso l'esecuzione, l'opposizione agli atti esecutivi è sottoposta ad uno stringente termine, dovendo essere esperita entro venti giorni dal compimento dell'atto la cui regolarità si intenda contestare o entro venti giorni dalla sua comunicazione.

Non v'è dubbio che avverso l'esecuzione intrapresa dall'agente della riscossione ai sensi degli artt. 72 e 72-bis del d.P.R. n. 602/73 possa essere formulata opposizione tanto ai sensi dell'art. 615 c.p.c., quanto ai sensi dell'art. 617 c.p.c.

In questo caso necessariamente dovrà essere investito un giudice della cognizione di tale opposizione, dal momento che la stessa si svolgerà, in punto di rito, secondo le forme tratteggiate.

Quanto all'opposizione all'esecuzione, dagli artt. 615 e 616 c.p.c., e quindi con una prima fase sommaria, dinanzi al giudice dell'esecuzione, il quale assumerà gli eventuali provvedimenti sulla sospensione e assegnerà termine per la prosecuzione o per la riassunzione del giudizio di merito. Potrebbe seguire una seconda fase, eventuale appunto, di merito, dinanzi al giudice competente per materia e per valore.

Quanto alla opposizione agli atti esecutivi, dagli artt. 617, 618 e 618-bis c.p.c. e dunque con una prima fase sommaria dinanzi al giudice dell'esecuzione che adotterà gli eventuali provvedimenti sulla sospensione dell'esecuzione o gli eventuali provvedimenti ritenuti indifferibili, assegnando termine per la prosecuzione o per la riassunzione del giudizio di merito. Seguirà una seconda fase dinanzi al giudice competente individuato secondo gli ordinari criteri.

Quanto alla individuazione del giudice territorialmente competente per la introduzione della opposizione, i criteri ai quali fare riferimento, trattandosi di una opposizione avverso una esecuzione avviata mediante pignoramento presso terzi, saranno quelli ricavabili dal combinato disposto degli artt. 27 e 26-bis c.p.c. (articolo, quest'ultimo, introdotto per effetto del d.l. n. 132 del 2014, mentre in precedenza la competenza in materia di pignoramento di crediti era individuata sulla base dell'art. 26 c.p.c.), con l'effetto che ordinariamente sarà competente il giudice del luogo nel quale il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

La tradizionale impostazione in tema di limiti alla esperibilità di opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi avverso l'esecuzione diretta intrapresa dall'agente della riscossione

Non tutte le opposizioni esecutive, tuttavia, secondo una tradizionale impostazione ermeneutica, dovrebbero ritenersi esperibili avverso l'esecuzione avviata ai sensi degli artt. 72 e 72-bis del D.P.R. n. 602/73.

A riguardo, l'art. 57 del D.P.R. n. 602/73 prevede espressamente, al suo primo comma, che, avverso l'esecuzione esattoriale intrapresa ai sensi di tale testo normativo, non siano ammesse le opposizioni all'esecuzione (eccezion fatta per quelle concernenti la impignorabilità dei beni o dei crediti) e, inoltre, che siano ammesse le opposizioni agli atti esecutivi, fatta eccezione per quelle concernenti la regolarità formale e la notifica del titolo.

Si tratta di limiti, a ben vedere, piuttosto stringenti; tali, cioè, che ove una tale disposizione dovesse trovare una applicazione letterale, gli stessi finirebbero per frustrare, in concreto, la maggior parte dei motivi di opposizione esperibili avverso una esecuzione esattoriale.

Per tale ragione ha avuto luogo un progressivo intervento della giurisprudenza di merito e, da ultimo, di legittimità, finalizzato ad attenuare, su un piano interpretativo, la portata dei vincoli e delle limitazioni sancite dal citato art. 57.

Per dare conto di tale progressivo ridimensionamento della portata precettiva dell'art. 57 del d.P.R. n. 602/73, deve innanzi tutto osservarsi come la drastica riduzione delle possibilità di esperire opposizioni esecutive dinanzi al giudice ordinario, trovasse giustificazione, nell'assetto della riscossione coattiva esattoriale ricavabile dal d.P.R. n. 602/73, alla luce della esistenza della giurisdizione tributaria, dinanzi alla quale erano esperibili i rimedi impugnatori avverso gli atti notificati prima dell'avvio dell'esecuzione (si pensi così alla possibilità per il contribuente di impugnare dinanzi alla competente Commissione Tributaria dapprima l'avviso di accertamento, poi la cartella di pagamento, poi l'avviso di intimazione).

E, tuttavia, proprio in ragione del fatto che una tale limitazione alle opposizioni esecutive, imposta dall'art. 57 del d.P.R. n. 602/73, trovasse la sua ragion d'essere nei numerosi presidi e rimedi apprestati in favore del contribuente dinanzi alla giurisdizione tributaria, si era ritenuto che una tale limitazione non potesse trovare applicazione laddove l'esecuzione avesse ad oggetto crediti che, seppure oggetto di iscrizione a ruolo, avevano natura diversa da quella tributaria (si veda, a conferma di una tale impostazione - peraltro evincibile sul piano normativo dal comma 1 dell'art. 29 del d.lgs. n. 46/99 - Cass. civ., 9 novembre 2009 n. 23667).

Tuttavia, anche una volta riconosciuto che i limiti imposti dall'art. 57 del d.P.R. n. 602/73 potessero trovare applicazione con riferimento soltanto alle opposizioni esecutive proposte avverso esecuzioni intraprese per la riscossione di crediti tributari, permaneva la tensione, quanto meno in una parte della giurisprudenza di merito, verso soluzioni interpretative che consentissero un più ampio ricorso alla tutela giurisdizionale dinanzi al giudice ordinario.

Appariva infatti incongrua la circostanza che non fosse consentita all'esecutato sostanzialmente alcuna possibilità di opposizione neppure in casi in cui l'esecuzione fosse palesemente ingiustificata (si pensi, così, al caso in cui l'esecutato adducesse e documentasse di aver già assolto al pagamento di quanto dovuto, oppure al caso in cui il debitore documentasse l'avvenuto annullamento, dinanzi alla giurisdizione tributaria, della cartella di pagamento sulla quale risultava fondata la pretesa esecutiva).

Con riguardo a tali casi, a ben vedere, non risultava affatto sufficiente ad evitare il completamento dell'esecuzione forzata (specie nelle forme previste dall'art. 72-bis del d.P.R. n. 602/73) la possibilità di esperire un rimedio impugnatorio dinanzi alla giurisdizione tributaria. Per un verso, infatti, non era affatto scontato che la decisione del giudice tributario potesse giungere entro i ristretti termini temporali imposti dall'art. 72-bis per l'adempimento del pagamento da parte del terzo pignorato; d'altro canto, quand'anche la Commissione Tributaria avesse tempestivamente provveduto alla sospensione dell'efficacia del ruolo (o all'adozione del provvedimento cautelare richiesto), non necessariamente una tale decisione avrebbe avuto effetto, in mancanza di una pronuncia del giudice dell'esecuzione o in mancanza di una spontanea conformazione dell'agente della riscossione ad una tale pronuncia giurisdizionale, sull'attività esecutiva in essere.

In tal modo posti i termini della questione, al debitore esecutato per la riscossione di crediti tributari non rimaneva, nella maggior parte dei casi, che fare riferimento al rimedio previsto dall'art. 59 del d.P.R. n. 602/73, il quale consente, al debitore che si ritenga danneggiato dall'esecuzione intrapresa dall'agente della riscossione, di agire per il risarcimento del danno.

Proprio per tale ragione, non sono mancate - nonostante le prese di posizione della giurisprudenza costituzionale che a più riprese ha ritenuto manifestamente infondate questioni di costituzionalità concernenti l'art. 57 del d.P.R. n. 602/73 (si veda, da ultimo, C. Cost. 13 aprile 2011 n. 133) - prese di posizione della giurisprudenza di merito, finalizzate a fornire una interpretazione meno rigorosa dell'art. 57 del d.P.R. n. 602/73.

Si segnala, a riguardo, una pronuncia del Tribunale di Salerno con la quale si precisava che l'opposizione all'esecuzione avverso l'esecuzione esattoriale doveva reputarsi sempre esperibile allorché si facessero valere fatti estintivi del credito successivi alla formazione del titolo esecutivo (ossia del ruolo) o, comunque, la totale inesistenza del titolo (Trib. Salerno, 11 febbraio 2013 n. 406).

Ma si segnala, pure, sempre nell'ottica di una rimeditazione della portata precettiva dell'art. 57 del d.P.R. n. 602/73, quell'orientamento della giurisprudenza di merito che valorizzava la cartella di pagamento non solo in termini di atto che veicola il ruolo, ma anche in termini di intimazione ad adempiere e, dunque, di provvedimento avente contenuto equivalente all'atto di precetto: in tal senso, si affermava, il motivo di opposizione mediante il quale si contestava la omessa notifica della cartella di pagamento poteva ricondursi nell'ambito della opposizione agli atti esecutivi per omessa notifica dell'atto di precetto e, dunque, ritenersi sottratto ai ristretti limiti imposti dall'art. 57 del d.P.R. n. 602/73 per la proposizione di opposizione agli atti esecutivi.

Alcune indicazioni interpretative fornite dalla recente giurisprudenza di legittimità.

Rispetto ad un tale quadro, appare utile dare conto di alcune recentissime pronunce della Suprema Corte che sembrano aver fornito una meno rigida interpretazione dell'art. 57 del d.P.R. 602/73, consentendo un più ampio ricorso alle opposizioni esecutive contro i pignoramenti esattoriali intrapresi per la riscossione di tributi.

Viene in rilievo, così, Cass. civ., sez. U, 7 maggio 2015 n. 9246, mediante la quale la Suprema Corte ha affermato che in materia di riscossione coattiva di crediti tributari è ammissibile l'opposizione agli atti esecutivi con la quale si lamenti la nullità derivata del pignoramento per omessa notificazione degli atti presupposti, ossia tanto della cartella di pagamento, quanto dell'intimazione ad adempiere.

Viene così precisato, sulla base di tale sentenza, come non sempre e non necessariamente la omessa notifica della cartella di pagamento sia un motivo di opposizione agli atti esecutivi inammissibile ai sensi dell'art. 57 del d.P.R. n. 602/73.

Sotto un primo profilo, i giudici di legittimità sottolineano come, essendo la riscossione coattiva delle imposte una sequenza procedimentale di atti tale che il vizio di un atto presupposto necessariamente inficia l'atto successivo, deve ritenersi che il vizio di omessa notifica della cartella di pagamento finisca per integrare, sia pure in via derivata, un motivo di nullità dell'atto di pignoramento, con l'effetto che ogni volta che si denunci la omessa notifica della cartella di pagamento sottesa al pignoramento, tale motivo di opposizione dovrà ritenersi ammissibile ove si deduca che per effetto di tale omissione risulti viziato l'iter amministrativo finalizzato alla riscossione dei tributi e risulti nullo l'eseguito pignoramento.

Con una successiva pronuncia, poi, la Suprema Corte ha avuto modo di ulteriormente precisare e delimitare la portata della precedente pronuncia.

È stato infatti affermato che il vizio di notifica della cartella di pagamento sottesa all'esecuzione esattoriale sia tale da inficiare il pignoramento, rendendolo nullo, soltanto laddove la notificazione della cartella di pagamento sia stata totalmente omessa, ovvero sia da ritenere inesistente. Ove, invece, sia ravvisabile soltanto un vizio di nullità della notifica, il giudice sarà chiamato a valutare l'eventuale sanatoria di una tale nullità per avvenuto raggiungimento dello scopo, alla stregua dei consolidati principi già dettati dalla Cassazione con riferimento all'ipotesi di opposizione agli atti esecutivi proposta avverso la nullità della notifica del titolo o del precetto (si veda Cass. civ., 27 novembre 2015 n. 24235).

In conclusione

Un'ultima questione merita di essere esaminata.

Ci si potrebbe chiedere se anche in tema di opposizione avverso l'esecuzione avviata ai sensi dell'art. 72-bis del d.P.R. n. 602/73 possa trovare applicazione l'art. 624, comma 3, c.p.c.

Tale disposizione prevede, infatti, che nel caso in cui il giudice dell'esecuzione, a seguito di opposizione, disponga la sospensione dell'esecuzione e il giudizio di merito non venga introdotto entro il termine assegnato, né venga interposto reclamo avverso un tale provvedimento di sospensione, la procedura esecutiva possa, anche d'ufficio, essere dichiarata estinta.

Alcuni argomenti, piuttosto stringenti militano per una inapplicabilità di una tale disposizione alla ipotesi di sospensione dell'esecuzione esattoriale.

Come esposto in precedenza, infatti, la procedura esecutiva di cui all'art. 72-bis del d.P.R. n. 602/73 si svolge ordinariamente in sede stragiudiziale, e non prevede l'intervento del giudice dell'esecuzione, salvo l'ipotesi in cui venga spiegata opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi.

Si potrebbe allora ragionevolmente sostenere che il giudice dell'esecuzione non abbia alcun potere di disporre l'estinzione di una procedura che neppure risulta formalmente introdotta innanzi al Tribunale e relativamente alla quale non esiste alcun fascicolo dell'esecuzione.

Un tale dato formale si scontra, tuttavia, con il dato fattuale che il terzo pignorato, in assenza di un provvedimento di formale estinzione della procedura, potrebbe ritenersi legittimato, ed anzi obbligato, a mantenere il vincolo sulle somme attinte dal pignoramento indefinitamente, in tal modo pregiudicando le ragioni della parte esecutata.

Si tratta di questione tutt'ora aperta e affrontata dalla giurisprudenza di merito con soluzioni non sempre univoche.

Per concludere, non resta che ribadire la sicura problematicità di un istituto, quello del pignoramento diretto dell'agente della riscossione, che se da un lato offre sicuri vantaggi in termini di rapidità ed efficacia della riscossione esattoriale, dall'altro pone indubbi problemi interpretativi, legati al non agevole coordinamento di tale disciplina con quella generale dettata in materia di esecuzione forzata e di pignoramento presso terzi.

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