Talune recenti questioni in tema di intervento sostitutivo di cui all'art. 511 c.p.c.

Giuseppe Lauropoli
10 Giugno 2016

Una particolare forma di intervento è quella prevista dall'art. 511 c.p.c., che disciplina l'ipotesi in cui il creditore di un creditore avente diritto alla distribuzione (sia esso il creditore procedente, ovvero un creditore intervenuto) intervenga nella procedura esecutiva chiedendo di essere sostituito a tale creditore già presente nella procedura esecutiva. Si esplica nelle stesse forme dell'intervento previsto dall'art. 499 c.p.c. pur presentando alcune peculiarità tali da renderlo una forma di intervento del tutto singolare.
Il quadro normativo

È opportuno prendere le mosse dal contenuto dell'art. 511 c.p.c., rubricato «domanda di sostituzione».

Tale norma prevede, al suo primo comma, che «i creditori di un creditore avente diritto alla distribuzione possono chiedere di essere a lui sostituiti, proponendo domanda a norma dell'art. 499 c.p.c., comma 2».

La norma in questione disciplina, come noto, la possibilità, per il creditore di uno dei creditori che partecipano all'esecuzione (sia esso un creditore procedente, ovvero un creditore intervenuto) di intervenire nella procedura esecutiva per partecipare alla distribuzione del ricavato della stessa, mediante distrazione in favore del creditore sostituito delle somme che sarebbero spettate all'originario creditore.

Particolarmente problematica è la questione, che sarà approfondita nel successivo paragrafo, concernente i presupposti per proporre intervento sostitutivo.

Una differenza sostanziale, infatti, fra il comune intervento proposto ai sensi dell'art. 499 c.p.c. e quello sostitutivo proposto ai sensi dell'art. 511 c.p.c., viene individuata dalla maggioranza degli interpreti e dalle prevalente giurisprudenza di legittimità e di merito nel fatto che ai fini di un tale intervento non occorra affatto disporre di un titolo esecutivo nei confronti del proprio debitore.

L'intervento sostitutivo può essere proposto in ogni momento del processo espropriativo, finché la fase distributiva non sia conclusa con l'attribuzione delle somme agli aventi diritto.

Tale intervento si formalizza mediante deposito di un ricorso, nelle forme previste dall'art. 499, comma 2, c.p.c., fermo restando che non si ritiene applicabile a tale ipotesi di intervento quanto previsto da tale comma in merito alla necessità di notifica al debitore dell'intervento non titolato (nel caso di cui all'art. 511 c.p.c., infatti, l'intervenuto non si afferma creditore nei confronti del debitore esecutato, bensì nei confronti del creditore procedente, ovvero nei confronti di un creditore intervenuto).

All'esito dell'esame di tale intervento sostitutivo, il giudice dell'esecuzione procede, in assenza di contestazioni circa l'esistenza e l'entità del credito vantato da tale parte intervenuta ai sensi dell'art. 511 c.p.c., alla attribuzione o all'accantonamento delle somme spettanti a tale creditore, disponendo la distrazione delle somme in favore di tale creditore che abbia proposto domanda di sostituzione, nei limiti della pretesa dallo stesso fatta valere.

Le eventuali contestazioni insorte fra il creditore sostituito ed il suo creditore diretto in merito alla esistenza e alla entità del credito azionato in via esecutiva saranno trattate secondo le modalità disciplinate dall'art. 512 c.p.c., fermo restando che i provvedimenti sospensivi adottati sul punto non potranno pregiudicare le pretese degli altri creditori concorrenti.

La possibilità di effettuare intervento sostitutivo in assenza di titolo esecutivo

Non agevole, invero, si presenta il coordinamento fra il contenuto dell'art. 511 c.p.c. e quello del pur in esso richiamato art. 499 c.p.c.

In particolare, un problema di coordinamento fra le due disposizioni si pone con riguardo alla possibilità o meno di svolgere intervento sostitutivo non fondato su titolo esecutivo.

A tal proposito, deve infatti precisarsi come, a seguito delle modifiche apportate all'art. 499 c.p.c. nel corso del 2005 (per effetto dapprima del d.l. n. 35/2005, poi della legge di conversione n. 80/2005 e, infine, della L. n. 263/2005, recante misure correttive ad una tale riforma), l'intervento nella procedura esecutiva sia ordinariamente ammesso soltanto se ed in quanto supportato da un titolo esecutivo (le poche eccezioni sono quelle attualmente elencate nella seconda parte del primo comma dell'art. 499 c.p.c.).

Ci si è quindi domandati se anche in tema di intervento sostitutivo debba ritenersi applicabile la medesima regola generale tratteggiata dal primo comma dell'art. 499, comma 1, c.p.c., dovendosi per l'effetto ritenere tendenzialmente preclusa la possibilità di intervento sostitutivo non fondato su titolo esecutivo.

In ordine ad una tale questione, un orientamento della giurisprudenza di legittimità formatosi con riguardo alla previgente formulazione dell'art. 499 c.p.c. (ossia con riferimento a quella anteriore alle modifiche apportate per effetto del d.l. n. 35/2005, stando alla quale doveva ritenersi ammesso l'intervento ex art. 499 c.p.c. in assenza di titolo esecutivo) aveva ammesso senz'altro la possibilità di intervento sostitutivo non fondato su titolo esecutivo (si vedano Cass. civ., 14 marzo 2008 n. 6885 e Cass. civ., 19 luglio 2005 n. 15219).

Sulla questione in esame, tuttavia, ha avuto modo di svolgere le proprie riflessioni, anche a seguito della riforma introdotta per effetto delle modifiche normative introdotte nel corso del 2005, una estesa parte della dottrina, evidenziando come, anche a seguito della rinnovata formulazione dell'art. 499 c.p.c., debba senz'altro ammettersi un intervento sostitutivo non fondato su titolo esecutivo.

È stato così sottolineato come la domanda svolta ai sensi dell'art. 511 c.p.c. non possa essere assimilata ad un ordinario intervento nel processo esecutivo ed è stato inoltre rilevato come il richiamo contenuto nell'art. 511 c.p.c. alle disposizioni sull'intervento (non a caso espressamente limitato, dal legislatore, al solo comma 2 dell'art. 499 c.p.c.) debba intendersi limitato alle sole modalità e alla forma della domanda di sostituzione.

A riguardo deve osservarsi come una tale soluzione abbracciata da vasta parte della dottrina, se per un verso appare supportata da efficaci e solidi argomenti, dall'altro potrebbe apparire in discontinuità con il disegno perseguito dal legislatore con la riforma dell'esecuzione forzata posta in essere nel 2005, finalizzato certamente a dare maggiore snellezza ed efficienza al processo esecutivo, ma anche ad ancorare stabilmente la procedura esecutiva alla esistenza di un valido titolo esecutivo.

Deve poi osservarsi come su tale questione sia recentemente intervenuta la Suprema Corte, la quale, prendendo in esame un caso di intervento sostitutivo riguardo al quale doveva trovare applicazione la normativa successiva al d.l. n. 35 del 2005 (e, dunque, la nuova formulazione dell'art. 499 c.p.c.) ha ritenuto senz'altro ammissibile l'intervento sostitutivo non fondato su titolo esecutivo.

A tal proposito, i giudici di legittimità hanno precisato che «presupposto per la presentazione della domanda di sostituzione esecutiva è l'affermazione di un diritto di credito nei confronti del creditore presente nel processo esecutivo (come pignorante o come intervenuto), a prescindere dal fatto che il credito del creditor creditoris sia o meno fondato su un titolo esecutivo» (si veda Cass. civ., 20 aprile 2015 n. 8001).

Altra questione di non poco rilievo in punto di ammissibilità dell'intervento sostitutivo è quella concernente i requisiti che il credito posto a base di tale intervento deve rivestire ai fini del legittimo subingresso.

A riguardo, deve segnalarsi come tanto l'indirizzo giurisprudenziale espressosi con riferimento alla legislazione vigente anteriormente alle riforme del 2005, quanto una parte della dottrina espressasi, successivamente a tale riforma, in merito alla ammissibilità dell'intervento sostitutivo «non titolato», fossero orientati nel senso di ritenere che l'intervento svolto ai sensi dell'art. 511 c.p.c. dovesse quanto meno rivestire i caratteri della certezza, liquidità ed esigibilità del credito e che, in assenza di tali requisiti, un tale intervento dovesse reputarsi radicalmente inammissibile.

Significativo, a riguardo, appare il contenuto della già menzionata sentenza n. 6885 del 2008, nella quale i giudici di legittimità chiarivano che «secondo la normativa previgente al d.l. n. 35 del 2005, convertito in l. n. 80 del 2005, applicabile nella specie "ratione temporis", per intervenire nell'espropriazione non occorre che il credito risulti da un titolo esecutivo, ma è sufficiente che esso sia, oltre che liquido nel senso di determinato nel suo ammontare, anche esigibile ossia non soggetto a termine o condizione - eccezion fatta per l'espropriazione immobiliare - e certo nel senso generico di individuato in tutti i suoi elementi, sommariamente accertabile e non contestato», precisando ulteriormente che «la certezza, liquidità ed esigibilità assumono rilievo (…) come requisiti di ammissibilità della domanda».

Un tale esame circa la sussistenza di tali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito, richiesti a pena di inammissibilità, rilevabile anche d'ufficio, dell'intervento sostitutivo, non sempre si rivela invero agevole, specie ove il credito vantato con l'intervento spiegato ai sensi dell'art. 511 c.p.c. venga contestato dal creditore procedente o intervenuto al quale ci si vorrebbe sostituire.

Anche su tale specifico profilo (quello concernente i requisiti che deve possedere il credito dell'intervenuto ex art. 511 c.p.c. per potersi reputare ammissibile e per poter costituire oggetto di distribuzione) è intervenuta la pronuncia della Suprema Corte già segnalata (la n. 8001 del 2015), affermando: «quanto ai requisiti di certezza e liquidità del credito, che la Corte d'Appello ha ritenuto mancanti nel caso di specie, si ritiene che essi non siano necessari ai fini della ammissibilità della domanda di subcollocazione, in ragione del fatto che questa non è l'equivalente di un intervento ordinario in sede esecutiva».

Nella menzionata pronuncia, inoltre, viene ulteriormente precisato che «la sussistenza dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito va verificata dal giudice dell'esecuzione quando il processo sia giunto nella fase distributiva, al fine di corrispondere in tutto o in parte al sostituto le somme spettanti al sostituito», così precisando come l'esame in merito alla quantificazione del credito fatto valere in sede di intervento sostitutivo debba essere effettuato dal giudice dell'esecuzione, in caso di contestazione, nel corso del sub-procedimento disciplinato dall'art. 512 c.p.c., se del caso avvalendosi dei poteri istruttori consentiti in relazione ad una tale fase processuale.

In conclusione

I segnalati recenti approdi della giurisprudenza di legittimità in punto di ammissibilità dell'intervento sostitutivo (si tratta, è bene precisarlo, di un'unica pronuncia intervenuta sulla materia con riferimento all'impianto normativo risultante all'esito della introduzione della novellata formulazione dell'art. 499 c.p.c.) costituiscono l'ultimo tassello di un processo di progressiva rivisitazione dell'istituto previsto dall'art. 511 c.p.c.

La soluzione prospettata dai giudici di legittimità in punto di requisiti del credito oggetto di intervento sostitutivo ha il sicuro vantaggio di evitare un vaglio di ammissibilità dell'intervento che non sempre si presenta agevole, specie in presenza di una contestazione del credito vantato ai sensi dell'art. 511 c.p.c.

E, tuttavia, anche la soluzione da ultimo prospettata dalla Cassazione non manca di manifestare una sua possibile criticità, laddove affida alla sede distributiva (e dunque ai provvedimenti da assumersi, in caso di contestazione, nelle forme dell'art. 512 c.p.c.) l'accertamento in merito alla esistenza e alla entità del credito vantato in sede di intervento: accertamento che, a seconda della natura del credito azionato con l'atto di intervento sostitutivo, può assumere caratteri anche estremamente articolati e complessi.

Guida all'approfondimento

P. CASTORO, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2015, in A.M. SOLDI, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova, 2015, in A. CRIVELLI (a cura di), Esecuzione Forzata e Processo Esecutivo, Torino, 2012.

PICARDI, La domanda di sostituzione, in Riv. dir. proc., 1959, 587 ss.

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