Onorari Ctu: quando è escluso il ricorso al criterio della vacazione e al cumulo di più voci tariffarie

Redazione scientifica
10 Novembre 2016

La Cassazione ha chiarito che in caso di nomina del ctu per verifiche circa la contabilità prodotta in atti, la congruità dei prezzi praticati e l'accertamento dell'esistenza dei denunciati vizi, la liquidazione del compenso deve operarsi ex art. 12 D.M. 30 maggio 2002.

Il caso. La società Alfa, proprietaria di un complesso immobiliare storico, affidava alla società Beta l'esecuzione di lavori di restauro. Ritenendo mal eseguiti i lavori, la società Alfa conveniva in giudizio il direttore e il progettista, per sentirli condannare a risarcimento dei danni patiti. Di contro, il progettista, con separato atto di citazione, conveniva in giudizio la società Alfa per ottenere il pagamento del compenso per l'attività professionale svolta oltre al risarcimento del danno all'immagine.

La nomina del consulente e la liquidazione degli onorari. Il Giudice di merito, riuniti i due giudizi, disponeva una CTU al fine di verificare la contabilità prodotta in atti, la congruità dei prezzi praticati e accertare l'esistenza dei denunciati vizi. Con decreto di liquidazione il giudice quantificava l'importo del compenso dell'ausiliare in 30.000 € per onorari.

Successivamente il Giudice dell'opposizione dichiarava la nullità del decreto e rideterminava il compenso tenuto conto: da un lato dell'effettiva complessità ed importanza dei lavori di ristrutturazione e quindi della corretta applicazione degli onorari nella misura massima ex D.M. 30 maggio 2002, dall'altro del deposito tardivo della relazione oltre il termine massimo; sicchè veniva quantificato lo spettante in € 1.455,63.

Veniva quindi adita la Suprema Corte.

Litisconsorzio necessario? Preliminarmente, la Cassazione rileva che «il ricorso, sebbene relativo all'impugnazione di un'ordinanza emessa all'esito di un'opposizione avverso decreto di liquidazione dei compensi ad un ctu, che imponeva la partecipazione al giudizio di tutte le parti del processo di merito, nel quale è stata svolta l'attività del consulente, non risulta essere stato notificato a tutti i soggetti interessati». Tuttavia, benchè nella fattispecie si versi in un caso di litisconsorzio necessario per cui, anche nel grado di impugnazione, sarebbe indispensabile l'impugnazione dell'ordinanza nei confronti di tutte le parti, si deve bilanciare questo principio – spiega la Suprema Corte – con l'esigenza di rispettare il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (art. 111 Cost. e artt. 6 e 13 Cedu). Tale principio «impone al giudice di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecitata definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare dal rispetto del principio del contraddittorio (art. 101 c.p.c.), da sostanziali garanzie di difesa (art. 24 Cost.) e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (art. 111, comma 2 Cost.) dei soggetti nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti» (Cass., n. 15106/2013).

Applicando questo principio ed essendo il presente ricorso prima facie infondato, «appare superflua la fissazione di un termine per l'integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre parti, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio delle spese, in un allungamento dei termini» ingiustificato.

Errata liquidazione? Il consulente, con i motivi di ricorso, contestava la correttezza dell'impugnata sentenza per aver limitato la liquidazione dei compensi alla sola applicazione dell'art. 12 D.M. 30 maggio 2002, escludendo il concorso di varie voci tariffarie e del metodo delle vacazioni.

La Cassazione chiarisce che l'impugnata pronuncia ha correttamente interpretato ed applicato gli artt. 1 e 29 D.M. 20 maggio 2002 ribandendo il principio per cui «gli onorari a vacazione sono destinati a trovare applicazione per le sole attività che non appaiono riconducibili in alcuna delle ipotesi specificatamente contemplate dallo stesso Decreto e per le quali sia previsto un diverso metodo di determinazione dei compensi».

Il giudice di merito aveva quindi correttamente applicato l'art. 12 D.M. 30 maggio 2002, escludendo il ricorso al criterio della vacazione.

Altrettanto infondata la censura del ricorrente circa la natura plurima dell'accertamento e quindi della necessaria liquidazione mediante cumulo di varie previsioni tariffarie.

La fattispecie deve infatti ricondursi all'art. 12 d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352, che per giurisprudenza consolidata, si applica per la liquidazione dell'onorario di un consulente o perito d'ufficio, incaricato di accertare la congruità dei prezzi richiesti per la costruzione di un impianto, per l'effettiva esecuzione dei lavori commissionati, per l'impiego dei materiali concordati e che prevede un onorario variabile da un minimo ad un massimo; mentre non deve applicarsi l'art. 11 d.P.R. cit. che, invece, prevede un onorario a percentuale, calcolato per scaglioni.

Sulla base di tali argomenti, la Cassazione ha rigettato il ricorso.

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