Compensazione spese, le disarmonie della Cassazione sui rapporti tra domanda principale e domanda ex art. 96 c.p.c.

10 Novembre 2016

In tema di spese processuali, il rigetto di parte della domanda ovvero di alcune delle domande proposte dalla stessa parte configura l'ipotesi di soccombenza reciproca che giustifica, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., la compensazione delle spese.
Massima

In tema di spese processuali, il rigetto di parte della domanda ovvero di alcune delle domande proposte dalla stessa parte configura l'ipotesi di soccombenza reciproca che giustifica, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., la compensazione delle spese: detto principio opera anche, a fronte dell'accoglimento della domanda principale della medesima parte, nell'ipotesi di rigetto di quella di condanna per lite temeraria, costituendo, quest'ultima, un'autonoma domanda.

Il caso

Tizio ricorreva dinanzi ad un tribunale in appello avverso la decisione del giudice di pace su un'opposizione a cartella esattoriale.

Il giudice d'appello riteneva di accogliere la domanda principale di opposizione a detta cartella, mentre rigettava la domanda, proposta nei confronti di Equitalia, di condanna per lite temeraria ex art. 96 c.p.c..

In ragione della soccombenza reciproca rispetto alle due domande proposte dall'opponente, il tribunale compensava le spese di lite.

Ricorreva quindi la parte vittoriosa dinanzi alla Suprema Corte per lamentare, con un unico motivo, la violazione dell'art. 92 c.p.c., denunciando che, nella specie, non ricorreva un'ipotesi di soccombenza reciproca.

La questione

La questione processuale che viene in rilievo è se possa, in generale, configurarsi soccombenza reciproca ai fini della compensazione delle spese del giudizio laddove una parte risulti vittoriosa su alcune domande e soccombente su altre ed, in particolare, ove si risponda affermativamente a tale quesito, se detta soluzione è “esportabile” laddove una delle domande sia quella di responsabilità aggravata per lite temeraria ex art. 96 c.p.c..

Le soluzioni giuridiche

Mediante la pronuncia in esame, la S.C. richiama, sulla generale problematica, l'orientamento pressoché consolidato nella giurisprudenza più recente in omaggio al quale la regolazione delle spese di lite può avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell'unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (art. 91 c.p.c.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalità degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (art. 92, comma 2, c.p.c.).

La Corte ha chiarito che, a quest'ultimo riguardo, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell'unica domanda proposta, tanto allorché quest'ultima sia stata articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento (v., tra le più recenti, Cass., sez. III, 22 febbraio 2016, n. 3438).

Sulla scorta di siffatto orientamento, con riguardo alla fattispecie in considerazione, la Cassazione ritiene che detto principio implichi la legittimità della compensazione delle spese processuali per soccombenza reciproca anche ove una parte risulti integralmente vittoriosa nel merito e soccombente rispetto alla sola domanda ex art. 96 c.p.c..

Osservazioni

La soluzione alla quale è pervenuta la Suprema Corte non convince.

Difatti, sebbene la tesi per la quale, in generale, la nozione soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, sottende, anche in relazione al principio di causalità, una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero l'accoglimento parziale dell'unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, tuttavia quello che non è condivisibile è trasporre tale generale principio avendo riguardo alla domanda di responsabilità processuale aggravata per lite temeraria.

Tale domanda, infatti, ha un proprio specifico regime processuale, in ragione della natura sanzionatoria della stessa verso la parte che agisce o resiste nel processo con dolo o colpa grave, che la differenzia significativamente dalle altre.

Invero, nella medesima giurisprudenza di legittimità, è stato affermato, tra l'altro, che:

  • nel procedimento innanzi al giudice di pace, quando una controversia abbia ad oggetto un credito contenuto nei limiti del giudizio di equità, la relativa sentenza è impugnabile (secondo il regime processuale anteriore all'entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, nella specie applicabile "ratione temporis") con il ricorso per cassazione e non con l'appello, senza che assuma rilievo il fatto che sia stata avanzata domanda riconvenzionale di condanna per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., perché essa attiene al regolamento delle spese processuali senza incidere sul valore della controversia (Cass., sez. III, 4 aprile 2013, n. 8197);
  • la domanda per responsabilità aggravata per lite temeraria non è soggetta alle preclusioni previste per le altre domande giudiziali e può essere, ad esempio, proposta all'udienza di precisazione delle conclusioni.

Questo regime peculiare non deve sorprendere, sol che si rifletta sulla circostanza che la domanda di cui all'art. 96 c.p.c. non ha, come le altre, ad oggetto un bene della vita di carattere sostanziale, essendo invece strettamente correlata alla condotta processualmente scorretta dell'altra parte.

In questa prospettiva – considerato che il più delle volte le domande di cui all'art. 96, primo comma, c.p.c. sono rigettate per la difficoltà di dimostrazione del danno conseguente – l'orientamento oggi affermato dalla Corte di Cassazione finisce, in buona sostanza, per legittimare una violazione dell'art. 91 c.p.c., che la stessa S.C. riconosce quando le spese vengano poste, anche solo parzialmente, a carico della parte integralmente vittoriosa nel merito (cfr., tra le tante, Cass., sez. lav., 25 marzo 1999, n. 2858).

Guida all'approfondimento
  • Bongirno, Responsabilità aggravata, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 2 ss);
  • Grasso, Note sui danni da illecito processuale, in Riv. dir. proc., 1959, 270 ss;
  • Calvosa, La condanna al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1954, 378 ss., nonché, più di recente,
  • Giordano, Le spese nel processo, Milano 2012.

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