La mancata notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza del giudizio di cassazione costituisce error in procedendo e non errore revocatorio
11 Giugno 2016
Massima
La mancata notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione ai sensi dell'art. 377 c.p.c. costituisce "error in procedendo" che non rientra nelle ipotesi di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, di cui agli artt. 395 n. 4 e 391-bis c.p.c. non potendosi considerare come errore su un fatto processuale su cui è fondata la decisione, attesa la mancanza del requisito della decisività dell'errore e l'inesistenza di un nesso causale diretto fra l'omessa notificazione dell'avviso dell'udienza di discussione ed il contenuto della sentenza adottata dalla Suprema Corte. Il caso
Tizio propone ricorso per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione con cui erano stati dichiarati inammissibili i ricorsi per cassazione proposti dallo stesso congiuntamente a Caio avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma. Nella relazione scritta depositata ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., il relatore ha concluso per la declaratoria di inammissibilità della spiegata revocazione atteso che il denunciato errore - omesso rilievo della carenza di rituale comunicazione dell'avviso di fissazione della pubblica udienza (di cui all' art. 377 c.p.c., comma 2 e art. 135 disp. att. c.p.c.) da parte della cancelleria- non rientra, secondo la prevalente giurisprudenza della Suprema Corte, nell'ambito delle ipotesi di cui all'art. 395 c.p.c., n. 4 e art. 391-bis c.p.c. La questione
Il ricorrente per revocazione denuncia l'omissione del rilievo della carenza di rituale comunicazione dell'avviso di fissazione della pubblica udienza del giudizio di cassazione (di cui all'art. 377 c.p.c., comma 2 e art. 135 disp. att. c.p.c.) da parte della cancelleria. La Suprema Corte investita del giudizio di revocazione della propria sentenza di inammissibilità si trova a vagliare il seguente quesito giuridico:la mancata notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione ex art. 377 c.p.c.si può qualificare come un errore di fatto idoneo a determinare la revocazione della sentenza impugnata? Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte ritiene di condividere le motivazioni in fatto e in diritto esposte nella relazione ex art. 380-bis c.p.c e di doverne fare proprie le conclusioni. Il motivo dedotto con la revocazione, come detto, consiste nella violazione dell'art. 377, comma 2 c.p.c., non essendo stata data comunicazione dell'udienza camerale; per cui, secondo la prospettazione del ricorrente, l'errore revocatorio consisterebbe nel rilievo che la sentenza di inammissibilità della Corte di cassazione impugnata si fonda su un fatto (l'avvenuta regolare comunicazione della fissazione dell'udienza a tutte le parti costituite) incontestabilmente mai avvenuto. Orbene, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, occorre rammentare come originariamente la revocazione delle sentenze della cassazione era ammessa solo per errore di fatto (art. 395 n. 4 c.p.c.) e relativamente alle sentenze della cassazione pronunciate per nullità della sentenza o del procedimento (art. 360 n. 4 c.p.c.). Successivamente, alcune sentenze della Corte Costituzionale concordarono nel ritenere illegittima tale limitazione; così l'art. 391-bis c.p.c., introdotto dalla l. n. 353/1990, ha recepito varie censure della Consulta così come la riforma del processo di cassazione di cui al d.lgs. n. 40/2006. Pertanto, ad oggi, la revocazione può essere richiesta sempre e solo per errore di fatto ai sensi dell'art. 395 n. 4 c.p.c. per le sentenze della Cassazione (di qualunque contenuto) e per le ordinanze pronunciate ai sensi dell'art. 375, comma 1, nn. 1, 4 e 5. Inoltre, la revocazione è proponibile anche nei confronti del provvedimento con il quale la Corte di cassazione decide la causa nel merito (art. 384 c.p.c.) per i motivi di cui ai nn. 1,2,3 e 6 del comma 1 dell'art. 395 c.p.c. Ciò detto, al quesito suindicato il Collegio ritiene che debba darsi risposta negativa, facendo propria la relazione ex art. 380-bis c.p.c., la quale argomenta dalla giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto. In particolare, la Suprema Corte, premette che l'errore revocatorio si individua nell'errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti del giudizio di legittimità e tale da aver indotto la stessa Corte di Cassazione a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati (Cass. civ., sez. U., sent., 30 ottobre 2008 n. 26022). In sostanza, a detta della prevalente giurisprudenza di legittimità, la configurabilità dell'errore di fatto, ai sensi dell'art. 395 c.p.c., n. 4, presuppone che la decisione appaia fondata, in tutto o in parte, sull'affermazione di esistenza o inesistenza di un fatto che, per converso, la realtà obiettiva ed effettiva (quale documentata in atti) induce, rispettivamente, ad escludere od affermare, così che il fatto in questione sia posto a fondamento dell'argomentazione logico-giuridica conseguentemente adottata dal giudice di legittimità (Cass. civ, sez. II, sent., 31 gennaio 2012 n. 1383). In tal modo, dall'ambito della revocazione resta esclusa, quindi, qualunque erroneità della valutazione di fatti storici o della loro rilevanza ai fini della decisione. Ancora, al fine di non trasformare la revocazione in un improprio ulteriore grado di giudizio sulla stessa controversia già definita, è indispensabile che l'errore revocatorio cada su di un fatto materiale interno al giudizio di legittimità ed afferente ai suoi stessi atti. In definitiva, secondo i giudici di legittimità, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, non può ritenersi inficiata da errore di fatto la sentenza della quale si censuri la valutazione di uno dei motivi del ricorso, ritenendo che sia stata espressa senza considerare le argomentazioni contenute nell'atto d'impugnazione, perché in tal caso è dedotta un'attività valutativa e non percettiva Cass. civ., sez. II, sent., 31 marzo 2011, n. 7488). Alla luce di ciò, la Corte ribadisce, con la decisione in commento, che la mancata notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione costituisce un error in procedendo, interno al procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione, ma che esso non può dar luogo a revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, per mancanza del requisito della decisività, non sussistendo un nesso causale diretto fra l'omessa notificazione dell'avviso dell'udienza di discussione e il contenuto della decisione adottata dalla Suprema Corte. La Suprema Corte dà anche atto di una precedente ed isolata pronuncia di segno contrario (Cass.civ., sez. U., sent., 30 dicembre 2004 n. 24170), ma, ciononostante, sottolinea come sia stato ripetutamente esplicitato dalla giurisprudenza di legittimità che la mancata notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione costituisce si un error in procedendo (incontestabilmente interno al procedimento dinanzi appunto a questa Corte), il quale però non può dare luogo a revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, per mancanza del requisito della decisività; ciò in quanto non sussiste un nesso causale diretto fra l'omessa notificazione dell'avviso dell'udienza di discussione e il contenuto della sentenza adottata dalla Suprema Corte (Cass. civ., sez. VI, ord., 15 maggio 2012, n. 7625). Osservazioni
La pronuncia in esame appare coerente con la distinzione enucleata all'interno della giurisprudenza di legittimità tra errores in procedendo ed errore revocatorio, quest'ultimo, soltanto, rilevante ai fini della revocazione delle decisioni della S.C. Invero, sebbene in apparenza il vizio denunciato, i.e. l'omesso rilievo della carenza di rituale comunicazione dell'avviso di fissazione della pubblica udienza (di cui all'art. 377 c.p.c., comma 2 e art. 135 disp. att. c.p.c.) da parte della cancelleria, avrebbe potuto ricondursi ad errore di fatto ai sensi del combinato disposto degli artt. 395 c.p.c., n. 4 e 391-bis c.p.c., nondimeno detto errore, per condurre alla revocazione della sentenza impugnata, deve essere stato decisivo per la definizione del giudizio, circostanza che non ricorreva nella fattispecie processuale esaminata dalla Corte di legittimità. |