Arriva il “patentino” per i professionisti delegati?
11 Luglio 2016
L'elenco disciplinato dall'art. 179-ter disp. att. c.p.c. fornisce i nominativi dei professionisti – avvocati, commercialisti e notai – abilitati a ricevere dal giudice la delega delle operazioni di vendita mobiliare (art. 534-bis c.p.c.) o immobiliare (art. 591-bis c.p.c.), ma anche ad esaminare, su designazione dell'ufficiale giudiziario, le scritture contabili dell'imprenditore debitore al fine dell'individuazione di cose e crediti pignorabili (art. 492 c.p.c.). Nel regime normativo previgente l'elenco ex art. 179-ter disp. att. c.p.c. era a sua volta costituito da tre elenchi, formati dai Consigli degli ordini professionali dei notai, degli avvocati e dei commercialisti; con frequenza triennale (a decorrere dall'1 marzo 2006), questi ultimi provvedevano a compilare le liste al Presidente del Tribunale, unitamente – per i soli avvocati e commercialisti – alle schede in cui ciascun professionista riportava le “specifiche esperienze maturate nello svolgimento di procedure esecutive ordinarie o concorsuali”. Secondo la prevalente interpretazione della norma, al Presidente competeva solamente un'opera di collage degli elenchi ricevuti per la compilazione di un elenco unitario, da trasmettere poi ai giudici dell'esecuzione insieme con le schede informative degli avvocati e dei commercialisti. In alcuni (rari) casi si è invece affermato che al Presidente del Tribunale doveva essere riconosciuta la facoltà di operare valutazioni discrezionali, quantomeno con riguardo ai professionisti tenuti a dichiarare le specifiche esperienze pregresse, non essendo coerente con la funzione giurisdizionale del Presidente il ruolo di mero “passacarte” (Presidente del Trib. Reggio Emilia, decreto del 22 dicembre 2009). La Legge n. 119 del 2016, di conversione del d.l. 59/2016, ha completamente riscritto l'art. 179-ter disp. att. c.p.c., ma le novellate disposizioni troveranno applicazione soltanto dopo dodici mesi dall'emanazione del decreto del Ministro della Giustizia – da adottare entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione – relativo agli obblighi di formazione (art. 179–ter, comma 1, disp. att. c.p.c.): sino a tale momento «le operazioni di vendita continuano ad essere delegate ad uno dei professionisti iscritti nell'elenco di cui al predetto art. 179-ter nel testo vigente prima» della modifica normativa (art. 5-bis, comma 5, legge n. 119 del 2016). Le novellate norme prevedono che l'iscrizione nell'elenco avvenga con provvedimento di una commissione distrettuale la cui composizione sarà individuata dal succitato decreto, fermo restando che l'incarico di membro del predetto consesso (senza compenso, indennità e nemmeno rimborso spese) dovrà avere durata triennale. Costituisce requisito per l'inserimento nell'elenco la dimostrazione di aver assolto specifici – ma ancora indefiniti – obblighi formativi. Esautorati i Consigli degli Ordini professionali e anche il Presidente del Tribunale, il compito di formare l'elenco dei professionisti presso ciascun ufficio giudiziario del distretto spetta, dunque, alla commissione istituita presso ciascuna Corte d'appello. In via eccezionale – e, cioè, “quando ricorrono speciali ragioni” (non meglio precisate) – sarà comunque possibile conferire incarichi a soggetti non iscritti in alcun elenco, ma un simile provvedimento richiederà un significativo sforzo motivazionale, poiché devono essere esplicitati “analiticamente” le ragioni di tale opzione. Se prima della novella legislativa competeva al Capo dell'ufficio cancellare dall'elenco i professionisti destinatari di revoche degli incarichi a causa di negligenza (mancato rispetto dei termini e delle istruzioni del giudice dell'esecuzione), la nuova disposizione attribuisce esplicitamente alla commissione distrettuale la tenuta dell'elenco. Questa si attua con la valutazione delle domande di iscrizione e con l'adozione dei provvedimenti di cancellazione dall'elenco, ovviamente attraverso l'esercizio della vigilanza sugli iscritti, la quale si estende anche all'esame dei rapporti riepilogativi trasmessi dai professionisti delegati (art. 16-bis d.l. n. 179 del 2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012); la revoca dell'incarico non comporta più l'automatica esclusione, essendo invece ammesso un sindacato della commissione sui motivi che l'hanno determinata; in caso di cancellazione, resta ferma la sanzione del divieto di reiscrizione per il triennio in corso e per quello successivo. La formazione del professionista delegato
Nella sua originaria formulazione l'art. 179-ter disp. att. c.p.c. non conteneva ostacoli all'iscrizione negli elenchi (salvo che nelle isolate interpretazioni presidenziali di cui si è prima parlato), dato che anche la mancanza di pregresse esperienze nelle procedure individuali o concorsuali poteva al più giustificare la decisione del giudice di non attribuire la delega a professionisti inesperti o impreparati. La riforma, invece, individua quale condizione essenziale per l'iscrizione la “prima formazione” dei professionisti, totalmente obliterando il criterio dell'esperienza, magari acquisita con il decennale esercizio delle funzioni di alter ego del giudice: l'aver assolto agli obblighi di prima formazione è condizione necessaria – e apparentemente anche sufficiente – per ottenere l'inserimento nell'elenco; la permanenza nello stesso richiede, oltre alla diligenza nello svolgimento degli incarichi (secondo i criteri che saranno chiariti dalle singole commissioni), che il professionista si presti a una periodica formazione. Nell'attesa del decreto del Ministro della Giustizia, non è possibile allo stato ipotizzare quali saranno concretamente gli obblighi da assolvere ai sensi dell'art. 179-ter disp. att. c.p.c.: ci sarà un “patentino” per i professionisti, rilasciato all'esito della frequenza di uno o più corsi e del superamento dell'esame finale? Dall'art. 179-ter disp. att. c.p.c. e dall'art. 5-bis della legge n. 119 del 2016 si desume che i corsi saranno organizzati e gestiti dal Ministero della Giustizia, non potendosi dare altro significato alla disposizione che stabilisce che le quote di partecipazione individuale – determinate «in misura tale da garantire l'integrale copertura delle spese connesse all'organizzazione ed al funzionamento dei corsi» – siano versate all'Erario. La didattica dei corsi sarà individuata dalla Scuola Superiore della Magistratura, ex lege tenuta a elaborare le linee guida dei programmi, sentiti i Consigli Nazionali degli Ordini professionali. La disciplina legislativa non fissa un numero di crediti formativi o un numero minimo di ore di frequenza, né chiarisce il/i luogo/hi e le modalità con cui si terranno i corsi, né impone il superamento di un esame di abilitazione. Probabilmente, il decreto del Ministro e successive norme di rango inferiore specificheranno i dettagli degli obblighi formativi; sembra difficile, però, che possa essere introdotto un “esame finale”, sia perché lo stesso costituirebbe un limite all'iscrizione non previsto dal legislatore, sia perché le attività del delegato sono molto variegate e una prova troppo specialistica potrebbe essere penalizzante per alcune categorie di professionisti e, di contro, favorirne altre: si pensi, a titolo di esempio, alla redazione di un progetto di ripartizione particolarmente complesso (che vedrebbe avvantaggiati i commercialisti) oppure alla predisposizione della bozza di un decreto di trasferimento di un immobile gravato da vincoli peculiari (materia di competenza prettamente notarile) oppure, ancora, alla stesura di un complicato ricorso ex art. 591-ter c.p.c. su questioni di rito (certamente meglio conosciute dagli avvocati). In conclusione
Soltanto dopo l'emanazione dei provvedimenti necessari al funzionamento della disposizione e, soprattutto, dopo il varo dei corsi di formazione potrà formularsi un ragionato giudizio sulla radicale modifica dell'art. 179-ter disp. att. c.p.c. È certamente positivo che il legislatore pretenda dai professionisti interessati allo svolgimento di questo tipo di incarichi un investimento professionale e personale (per la formazione iniziale e periodica), scongiurando il rischio che a sostituire il giudice nella procedura siano chiamati soggetti che “improvvisano”. Tuttavia, sin d'ora può esprimersi qualche perplessità sulla novellata disposizione per aver pretermesso, tra i requisiti per l'iscrizione nell'elenco, la pratica svolta “sul campo” negli anni passati; un po' di scetticismo suscita l' “accentramento” alla struttura ministeriale della formazione dei delegati, posto che la stessa dipende in gran parte da prassi locali e da concrete esperienze e non soltanto da nozioni teoriche di procedura civile impartite in corsi di cui sinora nulla si può sapere.
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