Perizia contrattuale e revoca per giusta causa dell'incarico conferito ai periti

13 Ottobre 2016

Nella perizia contrattuale la revoca, ad opera di alcuni soltanto dei mandanti, del mandato collettivo conferito ai periti è, in presenza di una giusta causa, immediatamente produttiva dell'effetto estintivo.
Massima

Nella perizia contrattuale la revoca, ad opera di alcuni soltanto dei mandanti, del mandato collettivo conferito ai periti è, in presenza di una giusta causa, immediatamente produttiva dell'effetto estintivo, che si produce ex nunc e che, in caso di contestazione, spetta al giudice accertare con sentenza dichiarativa, senza che tuttavia la proposizione di tale azione costituisca condizione di efficacia della revoca stessa.

Il caso

Tizio e Caio, nell'ambito di una più ampia operazione negoziale, conferivano ad un collegio di esperti l'incarico di stimare un'azienda farmaceutica. Successivamente, Tizio proponeva innanzi al Tribunale azione di annullamento della decisione dei periti e di risoluzione del mandato, facendo valere, tra l'altro, l'applicazione di criteri erronei nella stima dell'azienda e la violazione dei limiti del mandato.

Il Tribunale, previa qualifica della fattispecie come perizia contrattuale, accoglieva la domanda di risoluzione del mandato per superamento dei limiti di quest'ultimo e di annullamento per errore essenziale da parte del collegio di periti.

Caio proponeva appello avverso la sentenza di primo grado, assumendo l'erroneità della medesima per aver ritenuto sussistente un errore essenziale ed il superamento dei limiti del mandato.

La Corte d'Appello, accogliendo l'impugnazione, rigettava la domanda di annullamento, affermando che non vi era stato errore essenziale da parte del collegio dei periti, ed escludeva che vi fosse stata violazione dei limiti del mandato.

Tizio proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza della corte territoriale per violazione e falsa applicazione, tra l'altro, degli artt. 1711, 1717 e 1726 c.c., per aver ritenuto che i periti potessero nominare un consulente d'ufficio al quale delegare la stima, senza incorrere nell'eccesso di potere. Inoltre, Tizio affermava l'erroneità della sentenza impugnata ai sensi degli artt. 1711 e 1726 c.c. per non aver ritenuto valida la revoca del mandato conferito al collegio di periti senza che fosse necessario a tale fine proporre un'azione giudiziaria.

La questione

Le questioni in esame sono due: è possibile, in caso di perizia contrattuale, che il collegio dei periti, nominato proprio al fine di integrare il contenuto negoziale mediante una valutazione di natura essenzialmente tecnica, deleghi, senza il consenso delle parti, tale compito ad un altro soggetto ritenuto esperto? Ed inoltre: è necessario proporre un'azione giudiziaria affinché la revoca per giusta causa esercitata da una delle parti possa produrre effetto?

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in esame ribadisce, in via preliminare, la distinzione tra arbitrato irrituale e perizia contrattuale: il primo, caratterizzato dal conferimento a terzi dell'incarico di risolvere una controversia giuridica; la seconda, caratterizzata dal conferimento a terzi, scelti in virtù della loro particolare competenza tecnica, del compito di formulare un apprezzamento di natura tecnica che le parti si impegnano ad accettare come espressione diretta della loro volontà e che, conseguentemente, è destinato ad integrare il contenuto contrattuale. Ciò al fine di evidenziare la differenza di fondo con l'arbitrato rituale, in cui, invece, le parti vogliono addivenire alla risoluzione della controversia mediante l'adozione di un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 c.p.c. con conseguente necessità di osservare le regole del procedimento arbitrale (Cass. civ., 19 agosto 2013, n. 19182) e, soprattutto, con rilevanti ricadute sul piano dei rimedi azionabili contro le decisioni degli arbitri-periti: infatti, nel caso di perizia contrattuale e di lodo emesso nell'ambito di un arbitrato irrituale, non sono azionabili i rimedi previsti dal codice di procedura civile per i lodi rituali, ma solo i rimedi di annullamento del contratto, come affermato da giurisprudenza di legittimità consolidata (Cass. civ., 16 marzo 2005 n. 5678; Cass. civ., sez. I, 27 settembre 2002 n. 14015; Cass. civ., 18 febbraio 1998 n. 1721; Cass. civ., n. 3791/1995). Da tale premessa consegue, quindi, che gli eventuali errori in procedendo o in iudicando commessi dagli arbitri-periti in tanto possono assumere rilievo, in quanto si risolvano in vere e proprie cause di invalidità, ossia siano espressione di incapacità o di vizi del consenso.

Connessa a tale questione - perché espressione del fatto che nella perizia contrattuale il rapporto tra parti del contratto che conferiscono l'incarico ai periti e questi ultimi va inquadrato nella figura del mandato - è quella relativa all'individuazione dei limiti che incontrano i periti nell'espletamento dell'incarico - in particolare in ordine alla possibilità o meno di delegare l'incarico ad essi conferito a terzi -, ed alle conseguenze dell'eventuale superamento di tali limiti, specie con riferimento alla possibilità per le parti contrattuali di revocare, in conseguenza di ciò l'incarico, anche unilateralmente, purché in quest'ultimo caso, trattandosi di mandato collettivo, la revoca avvenga per giusta causa come previsto dall'art. 1726 c.c.

In ordine ad entrambi questi due profili - limiti da rispettare nell'esecuzione dell'incarico e possibilità di revocare l'incarico per giusta causa - la sentenza in commento conclude per la fondatezza del ricorso: sotto il primo, infatti, afferma che non è possibile per il perito, che è nominato nell'ambito di una perizia contrattuale, presumibilmente proprio in considerazione delle specifiche competenze tecniche di cui è dotato, delegare a terzi il compito ad egli demandato qualora non ritenga di essere in grado di svolgerlo, salvo che sia a ciò autorizzato dai contraenti. Diversamente, infatti, qualora proceda ad una delega senza essere autorizzato, egli da luogo ad un vero e proprio inadempimento contrattuale, tale da costituire una giusta causa di revoca del mandato.

Sotto il secondo profilo, la decisione in commento afferma l'erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto che, ai fini dell'esercizio della revoca per giusta causa, fosse necessario agire giudizialmente. Infatti, secondo la Suprema Corte, analogamente a quanto avviene in altri casi di autotutela negoziale e di recesso in particolare, l'esercizio di quest'ultimo - e della revoca per giusta causa nel caso di specie - con effetto ex nunc paralizza l'efficacia del rapporto per il futuro, salvo poi l'esito del successivo accertamento da parte del giudice, al quale è demandato il compito di verificare ex post la sussistenza o meno di una giusta causa e, quindi, di stabilire se si sia o meno verificato l'effetto estintivo del rapporto.

Osservazioni

Il rapporto tra le parti di un contratto, che decidono di avvalersi dell'ausilio di terzi per integrarne il contenuto di natura più strettamente tecnica, ed il perito nominato a tale fine va inquadrato nello schema del mandato collettivo.

Si tratta, quindi, di un rapporto fiduciario in cui il perito/mandatario, proprio perché scelto nel presupposto che abbia le specifiche competenze tecniche necessarie per poter integrare il contenuto contrattuale, non può, autonomamente, senza essere a ciò autorizzato dai mandanti, delegare a terzi l'incarico. Eventualmente, qualora ritenga di non avere le capacità tecniche per eseguire il compito che ad esso si intende demandare, può rifiutare l'incarico. Con la conseguenza che, qualora invece deleghi altri soggetti per svolgere l'incarico, tale comportamento costituirà una giusta causa di revoca, come tale idonea a legittimare quest'ultima anche se azionata da uno solo dei contraenti, in applicazione della regola di cui all'art. 1726 c.c.

In un caso del genere, quindi, la revoca esercitata da uno dei contraenti sarà efficace, nel senso di paralizzare per il futuro l'esecuzione del contratto, ossia lo svolgimento dell'incarico da parte del perito, fermo restando la successiva verifica giudiziale circa la presenza o meno in concreto della giusta causa che potrebbe vanificare gli effetti della revoca ex post, qualora il giudice escluda la sussistenza in concreto di un'ipotesi di giusta causa. O, diversamente, nel caso in cui il giudice accerti l'effettiva sussistenza di una giusta causa alla base della revoca - quale è la delega a terzi di svolgere l'incarico demandato ai periti nominati con la perizia contrattuale - la conferma dell'effetto estintivo del rapporto contrattuale, con tutte le ulteriori conseguenze, come la declaratoria di nullità di tutti gli atti posti in essere dai periti successivamente alla revoca medesima, compresa la determinazione peritale finale.

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