La tutela processuale del debitore nel pegno non posessorio

12 Settembre 2017

Il d.l. 3 maggio 2016, n. 50, conv. con modif. nella l. 30 giugno 2016, n. 119, ha introdotto nel nostro sistema processuale l'istituto del pegno mobiliare non possessorio. Nell'articolo vengono analizzati i profili processuali della relativa disciplina con specifico riguardo alla tutela del debitore.
Premessa

L'art. 1 d.l. 3 maggio 2016, n.59, convertito con modificazioni in l. 30 giugno 2016 n. 119, ha introdotto nell'ordinamento una nuova figura di garanzia, i.e. il pegno mobiliare non possessorio, diretta a coniugare l'esigenza di finanziamento dell'impresa con la tutela del creditore pignoratario (in arg. M. Di Marzio, Il pegno non possessorio, in Ilprocessocivile.it).

Caratteristica principale del nuovo istituto è il venir meno del tradizionale presupposto dello “spossessamento” del bene mobile da parte del debitore, considerato modalità, nell'ottica di un contratto reale, di costituzione della garanzia, costituzione che oggi viene prevista in generale, almeno per i crediti inerenti l'esercizio dell'attività d'impresa, in forma consensuale, ossia mediante la stipula di un contratto avente forma scritta ad substantiam.

Il sistema dei rimedi

Il comma 7-bis dell'art. 1, d.l. n. 59/2016 stabilisce che, a fronte dell'atto scritto con il quale il creditore comunica allo stesso la propria volontà di procedere all' escussione della garanzia, il debitore può proporre opposizione entro il termine di cinque giorni nelle forme del procedimento sommario di cognizione, di cui agli artt. 702-bis e 702-quater.

Si prevede, inoltre, al comma 9 della stessa previsione normativa, che entro tre mesi dalla comunicazione del creditore mediante la quale lo stesso lo rende edotto che procederà all'escussione della garanzia, il debitore può agire in giudizio per il risarcimento del danno quando l'escussione e' avvenuta in violazione dei criteri e delle modalità di cui alle predette lettere a), b), c) e d) e non corrispondono ai valori correnti di mercato il prezzo della vendita, il corrispettivo della cessione, il corrispettivo della locazione ovvero il valore comunicato a norma della disposizione di cui alla lettera d).

La tesi per la quale tali rimedi hanno valenza residuale

Alcuni tra gli Autori che si sono già confrontati con la problematica in esame, tendono a svilire in concreto il riferimento compiuto dal legislatore, mediante l'art. 1, d.l. n. 59/2016, a specifici rimedi esperibili da parte del debitore.

Più in particolare, con riguardo all'azione risarcitoria proponibile ai sensi del comma 9, facendo leva sull'utilizzo del verbo “può” e non “deve” si ritiene che il termine di tre mesi per esperire detta azione sia limitato ai motivi di doglianza ivi specificamente previsti, mentre potrebbero, entro il termine ordinario decennale di prescrizione, farsi valere tutte le altre ipotesi di responsabilità contrattuale del creditore pignoratizio.

Tale considerazione porta con sé l'ulteriore assunto per il quale l'opposizione all'intimazione del creditore che intende procedere all'escussione della garanzia, da esperire entro 5 giorni dalla comunicazione in questione, sia limitata ad una contestazione dell'inadempimento ovvero dei presupposti per l'escussione della garanzia (ovvero di una particolare forma di essa: cfr. Murino, § 9), ferma restando la possibilità per il debitore che tale opposizione non abbia esperito di agire onde far valere la responsabilità contrattuale del creditore e di dedurre il proprio adempimento, ipotesi nella quale non potrebbe aversi alcuna limitazione della tutela giurisdizionale (Ambrosini, § 8; Brogi 5).

La soluzione proposta

A nostro sommesso parere invece il legislatore, mediante l'art. 1, d.l. n. 59/2016, ha apprestato un sistema “chiuso” di tutela per il debitore nel pegno mobiliare non possessorio per l'ipotesi nella quale il creditore intenda procedere all'escussione della garanzia.

Invero, l'azione esperibile entro cinque giorni dalla comunicazione di cui al comma 7, non è che una sorta di azione negativa di accertamento del dedotto inadempimento del debitore mediante la quale devono farsi valere, onde non incorrere secondo i principi generali in una preclusione pro iudicato, tutte le questioni correlate e, quindi, anche l'eventuale circostanza che l'inadempimento non sussiste per una responsabilità contrattuale del creditore.

In sostanza, non possono essere disapplicati in mancanza di una specifica previsione normativa i principi generali per i quali proposta un'azione di accertamento opera la preclusione del dedotto e del deducibile.

Peraltro, l'azione prevista dal comma 9 dello stesso art. 1, d.l. n. 59/2016, ci sembra un'ulteriore facoltà – rispetto all'actio principale da esperire entro il breve termine di cinque giorni – concessa al debitore al solo fine di evitare che l'istituto in esame possa confliggere con il generale divieto del patto commissorio.

In sostanza, intendiamo la locuzione “può” nel senso di possibilità, per i limitati motivi enucleati dal comma 9, di proporre un'azione di responsabilità contrattuale, altrimenti preclusa entro il termine di cinque giorni previsto per l'opposizione di cui al comma 7.

Invero, la ratio di tale più ampio termine è volta a consentire al debitore di ottenere la differenza tra la somma cui il bene è stato valutato in sede contrattuale tra le parti e l'eventuale valore maggiore effettivo dello stesso e ciò, come detto, per evitare che la possibilità per il creditore di “appropriarsi” del bene (ossia la forma di escussione di cui alla lettera d) del comma 7) possa incorrere nella violazione del generale divieto di cui all'art. 2744 c.c..

Osservazioni conclusive

Peraltro, si è consapevoli che l'interpretazione proposta, che pure ci pare quella ragionevolmente da trarre mediante criteri sia letterali che sistematici, solleva alcune perplessità generali sul nuovo istituto.

Sotto un primo profilo, ci si potrebbe infatti interrogare in ordine alla compatibilità con l'art. 24 Cost. e l'art. 6 Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali di un diritto di azione del debitore compresso al punto da dover essere esercitato entro il termine “capestro” di cinque giorni, termine che potrebbe risultare inidoneo ad assicurare una tutela effettiva di detto diritto di azione ed, al contempo, essere troppo breve rispetto a quello previsto per situazioni simili (cfr., sull'eccessiva brevità del termine, anche Ambrosini, § 8).

Inoltre, non si può trascurare di osservare che, sebbene sia concessa la possibilità al debitore, mediante l'azione di cui al comma 9, di ottenere ex post la differenza tra il valore concordato del bene e quello effettivo, per come disciplinato, l'istituto del pegno mobiliare non possessorio non appare in linea con il divieto di patto commissorio, pur nella accezione “minimale” ormai affermata anche nella giurisprudenza di legittimità.

Infatti, si prevede che il creditore possa riservarsi, in caso di inadempimento, la possibilità di “appropriarsi” del bene oggetto della garanzia purché ne sia indicato il valore nel contratto ovvero i criteri oggettivi per determinarlo.

Peraltro, la stessa Suprema Cassazione, nel tracciare qualche anno fa la distinzione tra pattuizione marciana lecita e pattuizione commissoria illecita, aveva evidenziato che la stessa poggia sulla valutazione, prevista solo nel primo caso, del bene ad opera di un terzo imparziale al momento dell'inadempimento – e non già in quello di conclusione del contratto nel quale il debitore è in una situazione di particolare debolezza – e sulla previsione di un conguaglio a favore del debitore per l'ipotesi in cui il valore del bene risulti maggiore rispetto a quello del credito (cfr. Cass., n. 1625/2015).

Ciò posto, a nostro sommesso parere non appare pienamente conforme all'istituto del patto marciano lecito la mera possibilità per il debitore di proporre un'azione risarcitoria ex post rispetto all'avvenuta perdita del bene, magari ad un valore irrisorio, azione da proporsi entro un termine molto breve e nella quale sarà proprio il debitore ad avere l'onere – difficile da esercitarsi a fronte di un valore convenzionale del bene attribuito anche dallo stesso – di dimostrare un valore della res superiore a quello attribuito.

Guida all'approfondimento
  • Ambrosini, Il pegno non possessorio ex lege n. 119/2016, in www.ilcaso.it;
  • BROGI, D.l. 59/2016: prime annotazioni sul pegno mobiliare non possessorio, in Il Quotidiano giuridico, 6 maggio 2016;
  • M. DI MARZIO, Il pegno non possessorio, in IlProcessoCivile.it;
  • MURINO, Prime considerazioni sul c.d. pegno non possessorio, in Banca borsa tit. cred., 2017, n. 2, 231.

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