Liquidazione del ctu e poteri istruttori del giudice dell'opposizione

Vito Amendolagine
13 Marzo 2017

Il giudice investito dell'opposizione al decreto di liquidazione del ctu ha il potere-dovere di richiedere a chi ha provveduto alla liquidazione od a chi detiene gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione causa cognita.
Massima

Il giudice investito dell'opposizione al decreto di liquidazione del ctu ha il potere-dovere di richiedere ex comma 3 art. 170 D.P.R. n.115/2002 così come trasfuso nell'art. 15 D.Lgs. n.150/2011 a chi ha provveduto alla liquidazione od a chi detiene gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione causa cognita.

Il caso

Con ordinanza n. 406/2012, La Cassazione in accoglimento del ricorso proposto avverso l'ordinanza del Tribunale di Pescara (con la quale era stata dichiarata improcedibile l'opposizione proposta ex art. 170 D.P.R. n. 115/2002, il cui comma 3 è stato successivamente abrogato dall'art. 34, comma 17, lett. b), D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150 e, trasfuso, con identico tenore nell'art. 15 della stessa fonte normativa da ultimo citata), nei confronti del decreto di liquidazione del compenso disposto in favore del ctu, cassa la decisione impugnata, ritenendo che a seguito della mancata comparizione delle parti all'udienza in camera di consiglio fissata per la decisione del ricorso, il Tribunale avrebbe dovuto rinviare la causa ad una nuova udienza ai sensi del combinato disposto degli artt. 181 e 309 c.p.c..

All'esito del giudizio di rinvio, il Tribunale di Pescara con ordinanza del 10 luglio 2012 rigetta l'opposizione mancando agli atti la documentazione necessaria per valutare la correttezza della decisione del giudice che aveva proceduto alla liquidazione. Quest'ultimo provvedimento viene quindi impugnato dinanzi al giudice di legittimità in quanto a giudizio del ricorrente non poteva compiersi una acritica applicazione del principio dell'onere della prova, ma era piuttosto necessario attivare i poteri officiosi che la norma attribuisce al giudice.

La questione

Il giudice di merito ha ritenuto preclusa la disamina delle censure mosse al decreto di liquidazione avendo imputato al ricorrente l'omessa produzione del provvedimento impugnato e dell'istanza di liquidazione, ritenendo che l'onere di fornire la prova delle proprie pretese incombe sulla parte opponente, come si evince dalle norme in tema di procedimento speciale di liquidazione di cui agli artt. 29 e 30, L. n.794/1942.

La quaestio juris sollevata dinanzi al giudice di legittimità attiene quindi alla corretta interpretazione dell'art. 170 D.P.R. n.115/2002, il quale, al comma 1 dispone che l'opposizione è disciplinata dall'art. 15, D. Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, laddove prevede che il giudice dell'opposizione possa chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione od a chi la detiene gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione accoglie il ricorso ritenendo che debba darsi continuità a quanto già affermato dalla giurisprudenza di legittimità in relazione all'art. 170, comma 3 del D.P.R. n.115/2002 il cui tenore è identico a quello inserito nell'art. 15 del D.Lgs. n. 150/2011.

Infatti, con riferimento ad una questione rilevante in tema di gratuito patrocinio, si è affermato il principio che il giudice dell'opposizione al decreto di liquidazione del compenso al difensore ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, essendo la locuzione "può" contenuta nel comma 3 dell'art. 170 del citato D.P.R. n. 115/2002 da intendersi non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere del giudice di decidere "causa cognita" (Cass. pen., sez. IV, 10 ottobre 2007, n. 41263).

I giudici di legittimità precisano che l'assenza di un'analoga previsione nell'art. 14 del citato D.Lgs. n. 150/2011 che attualmente disciplina il procedimento di liquidazione degli onorari degli avvocati, non consente di trarre argomenti a favore della rigida applicazione del principio dell'onere della prova, così come compiuta nella fattispecie esaminata dal giudice del merito, ritenendo invece che l'interpretazione del potere di richiedere informazioni, atti e documenti al giudice che ha provveduto alla liquidazione, vada intesa in termini di un vero e proprio dovere, in linea anche con quanto autorevolmente sostenuto dal consolidato orientamento emerso nella stessa giurisprudenza di legittimità in tema di esercizio dei poteri istruttori d'ufficio (Cass., Sez. Un., 17 giugno 2004, n. 11353).

Osservazioni

Il procedimento di opposizione al decreto di liquidazione del ctu è attualmente disciplinato dal rito indicato nell'art. 702-bis c.p.c. come previsto dall'art. 15, D.Lgs. n. 150/2011, il quale, al comma 1 dispone che le controversie previste dall'art. 170, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sono regolate dal rito sommario di cognizione.

La decisione in commento muove dall'esame della disciplina de qua condotto in precedenza da Cass. pen., sez, IV, 10 ottobre 2007, n.41263, che a sua volta aderisce a quanto affermato in una precedente pronuncia della stessa sezione (Cass. pen., sez. IV, 13 marzo 2004, n. 12205), laddove si è affermato il principio che il giudice dell'opposizione al decreto di liquidazione del compenso al difensore ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, essendo la locuzione “può” di cui al comma 3 dell'art. 170 D.P.R. n. 115/2002 attualmente trasfuso nell'art. 15 D.Lgs. n.150/2011 espressione di un potere-dovere di decidere causa cognita sull'istanza allorquando l'integrazione probatoria sia necessaria in funzione della decisione di merito (Cass., 13 febbraio 2008, n. 9510).

Al riguardo va altresì ribadito il principio già espresso in precedenti pronunce di legittimità secondo cui con l'opposizione avverso il decreto di liquidazione del compenso all'ausiliario del magistrato non possono essere dedotte censure riguardanti la necessità delle attività remunerate (Cass., 29 aprile 2016, n. 8527; Cass., 11 febbraio 2014, n. 3004).

In quest'ultima pronuncia, si era altresì precisato che il mancato esercizio di detto potere-dovere comporta l'annullamento per violazione di legge del provvedimento con il quale il giudice, così facendo gravare sul difensore l'onere della prova, rigetti l'opposizione per non avere il difensore-opponente documentato, con riguardo all'attività svolta, le proprie pretese (Cass., n. 9510/2008 cit).

Ad analoga conclusione era del resto pervenuta anche Cass., sez. VI, 2 ottobre 2015, n. 19690, Cass., 7 maggio 2015, n.9264, laddove si afferma che l'art. 15, D.Lgs. n. 150/2011 nel disciplinare il procedimento di opposizione a decreto di pagamento di spese di giustizia, regolato dalle norme sul rito sommario di cognizione, dispone, al comma 5, che il presidente può chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione.

Nella motivazione spesa dai giudici di legittimità si rinvia anche alle conclusioni rassegnate dalle Sezioni Unite in tema di esercizio d'ufficio dei poteri istruttori del giudice del lavoro che possono essere esercitati anche in presenza di già verificatesi decadenze o preclusioni ed in assenza di una esplicita richiesta delle parti in causa, essendo funzionali al contemperamento del principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale, per tale ragione non potendo mai essere esercitati in modo arbitrario, dovendosi esplicitare le ragioni per le quali si reputa di fare ricorso all'uso dei poteri istruttori o, nonostante la specifica richiesta di una della parti, si ritenga, invece, di non farvi ricorso (Cass. civ., Sez. Un., 17 giugno 2004, n. 11353).

In buona sostanza, i giudici di legittimità hanno applicato alla fattispecie esaminata nella sentenza in commento l'orientamento emerso nel rito del lavoro, secondo cui l'esercizio del potere d'ufficio del giudice pur in presenza di già verificatesi decadenze o preclusioni, non è meramente discrezionale, presentandosi come un potere-dovere in relazione al quale, i criteri per stabilirne il corretto esercizio sono determinati dall'esigenza, estesa per l'occasione al rito sommario di cognizione applicabile all'opposizione avverso il decreto di liquidazione del ctu, di contemperare il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale.

Pertanto, il giudice, laddove reputi insufficienti le prove già acquisite e le risultanze di causa offrano significativi dati d'indagine non può arrestarsi al rilievo formale del difetto di prova ma deve provvedere d'ufficio agli atti istruttori sollecitati dal materiale probatorio idonei a superare l'incertezza sui fatti in contestazione, non verificandosi in questo caso alcun aggiramento a mezzo dell'attività istruttoria svolta d'ufficio dal giudice di eventuali preclusioni o decadenze processuali già prodottesi a carico delle parti, in quanto la richiesta di informazioni, atti e documenti disposta d'ufficio è solo un approfondimento, ritenuto indispensabile al fine di decidere, di elementi probatori già obiettivamente presenti nella realtà del processo.

Guida all'approfondimento

Sul tema d'indagine che in sede di opposizione avverso il decreto di liquidazione dei compensi al consulente tecnico deve ritenersi circoscritto alle censure che si riferiscano alla liquidazione del compenso non potendo proporsi questioni relative all'utilità e validità della consulenza tecnica, che attengono invece al merito della causa ed in quanto tali, vanno fatte valere nella relativa sede si rinvia a Cass., 7 febbraio 2011, n. 3024, in Giust. Civ. Mass., 2011, 193.

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