L'autorizzazione all'esecuzione immediata di cui all'art. 482 c.p.c.

Giuseppe Lauropoli
13 Aprile 2017

L'atto di precetto contiene l'intimazione, rivolta al debitore, ad adempiere entro un termine fissato dal creditore (termine, comunque, non inferiore a dieci giorni), essendo quindi ordinariamente precluso l'inizio dell'esecuzione prima del decorso di un tale termine dilatorio previsto nell'atto di precetto. Il medesimo art. 482 c.p.c. prevede, tuttavia, la possibilità di richiedere ed ottenere un decreto che autorizzi l'inizio dell'esecuzione anteriormente al decorso di un tale termine, ogni volta che esista un pericolo nel ritardo, ossia allorché l'attesa del decorso di un tale termine possa pregiudicare le ragioni del creditore.
Inquadramento

L'art. 482 c.p.c. prevede che l'esecuzione forzata possa iniziare soltanto una volta decorso il termine indicato nell'atto di precetto e, comunque, una volta decorso un termine non inferiore a dieci giorni dalla notifica dell'atto di precetto.

Si tratta di un termine avente carattere dilatorio, finalizzato a consentire al debitore di adempiere spontaneamente all'intimazione contenuta nel precetto.

Viene tuttavia previsto, nel menzionato art. 482 c.p.c., che in caso vi sia pericolo nel ritardo il presidente del tribunale o un giudice da questi delegato possano autorizzare l'esecuzione immediata, con autorizzazione scritta in calce al precetto.

E' dunque espressamente prevista la possibilità di avviare l'esecuzione forzata senza necessità di attendere il decorso del predetto termine dilatorio.

Una tale possibilità, che indubbiamente comporta una compromissione del possibile interesse del debitore ad adempiere spontaneamente al proprio obbligo, si giustifica nell'ottica di impedire che il debitore, nel tempo assegnatogli per provvedere all'adempimento spontaneo, proceda a sottrarre o ad occultare i propri beni, ovvero a riscuotere i propri crediti.

Laddove una tale autorizzazione sia concessa dal giudice competente, il creditore potrà procedere contestualmente alla notifica dell'atto di precetto e all'inizio dell'esecuzione, in tal modo giovandosi di un effetto “sorpresa” nei confronti del debitore, e precludendo possibili comportamenti finalizzati alla sottrazione della garanzia del credito.

L'autorizzazione: struttura e presupposti

Si è detto in precedenza che la regola generale prevista dal codice è quella che fra la notifica del precetto e la data di inizio dell'esecuzione debba decorrere un termine dilatorio non inferiore a dieci giorni, tale da consentire l'eventuale adempimento spontaneo del debitore.

Viene dunque, come principio generale, tutelata la possibilità per il debitore di procedere spontaneamente al pagamento, e ciò al fine di evitare che lo stesso debba farsi carico di spese superflue (quali, per l'appunto, le spese di esecuzione), ma anche allo scopo di evitare gli indubbi disagi derivanti dall'inutile inizio di una esecuzione forzata (la quale comporta l'apposizione di vincoli su beni di proprietà del debitore, ovvero su suoi crediti).

Una tale regola generale incontra tuttavia una eccezione, laddove vi sia pericolo nel ritardo dell'esecuzione: eccezionalità che viene stigmatizzata nell'art. 482 c.p.c., dalla prevista necessità che il provvedimento autorizzativo sia assunto dal presidente del tribunale, ovvero da un giudice da questi delegato (peraltro, anteriormente alla novella introdotta dal D.lgs., 19 febbraio 1998, n. 51, l'art. 482 c.p.c., con riguardo alla competenza ad assumere il provvedimento autorizzativo in esame, faceva riferimento unicamente al «capo dell'ufficio competente per l'esecuzione»).

Già alla luce di una tale prima considerazione, emerge come un tale provvedimento autorizzativo presupponga un attento esame circa la sussistenza dei presupposti per procedere all'esecuzione immediata.

Come si accennava in precedenza, il giudice che assume il provvedimento autorizzativo è il presidente del tribunale competente per l'esecuzione, ovvero un giudice da lui delegato (a riguardo, è stato affermato dalla giurisprudenza di legittimità – vedasi Cass. 6 agosto 2010, n. 18355 - che una tale delega non debba essere necessariamente scritta, ben potendo essere conferita oralmente. Deve pure aggiungersi come in alcuni tribunali, specie di grandi dimensioni, venga prevista con provvedimento organizzativo interno allo stesso la competenza del giudice dell'esecuzione ad assumere il decreto autorizzativo di cui all'art. 482 c.p.c.).

Ora, poiché l'autorizzazione deve essere data da un giudice del tribunale competente per l'esecuzione, ne discende che il creditore che voglia iniziare diverse esecuzioni dinanzi a differenti tribunali, avrà necessità di ottenere tante autorizzazioni quanti sono i tribunali presso i quali intenda agire esecutivamente.

Deve pure precisarsi come, con riguardo al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, sembrerebbe, stando alla lettera dell'ultimo comma dell'art. 642 c.p.c., che giudice deputato ad assumere il provvedimento autorizzativo sull'esecuzione immediata sia il medesimo giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo, con l'effetto che in tal caso non si porrà alcun problema di ottenere diverse autorizzazioni in relazione ai differenti tribunali presso i quali si intenda agire esecutivamente (Cass. 2 dicembre 1986, n. 7118).

L'istanza viene ordinariamente presentata in forma scritta e il giudice provvede sulla stessa con decreto, senza necessità di attività istruttoria (e, quindi, sulla base della documentazione allegata all'istanza), né di instaurazione del contraddittorio con la controparte (contraddittorio che, evidentemente, priverebbe di qualsiasi utilità il provvedimento autorizzativo, elidendo in radice l'effetto “sorpresa” che il creditore mira a conseguire).

Venendo all'esame dei presupposti per il rilascio della richiesta autorizzazione, deve osservarsi come la norma, con espressione certamente laconica, si limiti a richiedere una verifica in merito alla sussistenza del pericolo nel ritardo: in tanto potrà, allora, essere emessa la richiesta autorizzazione in quanto si ravvisino elementi che giustifichino il timore che il debitore in pendenza del termine dilatorio assegnatogli per adempiere, ponga in essere condotte finalizzate a sottrarre i propri beni o i propri crediti all'esecuzione.

L'autorizzazione, prevede ancora la norma, può essere data con cauzione o senza, dovendosi allora ritenere che se l'autorizzazione sia stata data con la previsione di una cauzione, l'esecuzione non possa legittimamente avere inizio in assenza di un tale adempimento.

Il decreto viene steso in calce al precetto e trascritto a cura dell'ufficiale giudiziario sulla copia del precetto che viene notificata: a quel punto sarà possibile notificare il precetto nello stesso momento nel quale si dà inizio all'esecuzione (mediante, ad esempio, notifica di atto di pignoramento presso terzi: la giurisprudenza di legittimità ha da ultimo ritenuto che non si configuri un vizio dell'esecuzione laddove il debitore abbia ricevuto la notifica del precetto e del decreto di autorizzazione di cui all'art. 482 c.p.c. successivamente all'inizio dell'esecuzione – Cass. 12 febbraio 2015, n. 2742).

È possibile dolersi degli eventuali vizi presenti nel decreto autorizzativo, proponendo opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'art. 617, comma 2, c.p.c., entro il termine di venti giorni dal primo atto di esecuzione (sembra esclusa una reazione ai sensi del primo comma dell'art. 617 c.p.c., dal momento che verosimilmente il debitore non avrà conoscenza del decreto prima dell'inizio dell'esecuzione).

Con tale opposizione sarà possibile, ad esempio, dolersi della eventuale incompetenza del giudice che abbia assunto il provvedimento autorizzativo, ovvero della stessa assenza dei presupposti (contestando, quindi, la sussistenza del pericolo nel ritardo) per l'emissione del decreto che autorizza l'esecuzione immediata.

La Suprema Corte, in una recente pronuncia, ha avuto modo di precisare come la sussistenza di un interesse a proporre tale opposizione in tanto possa ritenersi ravvisabile, in quanto il provvedimento che si assume come ingiustificato o illegittimo abbia cagionato danni o spese a chi lo abbia subito e solo allorché tale parte venga ad ottenere definitiva ragione nel giudizio di merito (Cass. 12 febbraio 2015, n. 2742).

Verifica della sussistenza del pericolo nel ritardo

Si accennava in precedenza come il decreto che autorizza l'esecuzione immediata venga emesso sul ravvisato presupposto della sussistenza di un pericolo nel ritardo dell'inizio dell'esecuzione.

Si è anche esposto come non sussista alcun automatismo fra la presentazione della domanda di autorizzazione all'esecuzione immediata ed il rilascio del decreto autorizzativo, imponendo invece l'assunzione di un tale provvedimento una attenta verifica (seppure connotata dalla assenza di attività istruttoria e dalla emissione del provvedimento in tempi necessariamente ristretti) circa la sussistenza delle allegate motivazioni tali da giustificare l'ipotizzato pericolo nel ritardo.

Non c'è dubbio allora che l'istanza di autorizzazione all'esecuzione immediata debba essere adeguatamente motivata e corredata, se del caso, da documentazione a supporto della stessa.

Quanto al contenuto di una tale istanza, la stessa certamente dovrà contenere una specifica indicazione in merito al mezzo di espropriazione che il creditore intenda adottare (sia essa una esecuzione diretta immobiliare, ovvero mobiliare, ovvero un pignoramento presso terzi; più rara e di difficile configurabilità appare, invece, una richiesta di esecuzione immediata in relazione ad obblighi di consegna o rilascio, ovvero in relazione ad obblighi di fare o di non fare, apparendo meno intenso il profilo del pericolo nel ritardo), dal momento che solo in base ad una tale indicazione il giudice al quale viene sottoposta l'istanza potrà compiere una effettiva valutazione in merito alla sussistenza della propria competenza ad assumere il provvedimento. Inoltre, la valutazione in merito alla sussistenza del requisito del pericolo nel ritardo in tanto potrà essere effettuata, in quanto il giudice al quale viene sottoposta l'istanza abbia contezza quanto meno della attività espropriativa che il creditore si appresta ad intraprendere.

Quanto poi ai motivi che possono giustificare una valutazione di sussistenza del pericolo nel ritardo, gli stessi sono estremamente vari e suscettibili di valutazione da caso a caso.

Laddove il creditore adduca la propria intenzione di procedere a pignoramento presso terzi nei confronti dell'istituto di credito presso il quale il debitore ha il proprio conto corrente bancario, la sussistenza del pericolo nel ritardo potrà, ad esempio, ritenersi ipotizzabile, sia pure tenendo conto delle specificità del caso e delle allegazioni della parte istante, in considerazione della possibilità che il creditore proceda a sottrarre i propri risparmi dal conto corrente nel periodo intercorrente fra la notifica dell'atto di precetto e la notifica dell'atto di pignoramento al terzo.

Nel caso invece nel quale si prospetti un pignoramento mobiliare o immobiliare, la sussistenza del pericolo nel ritardo potrà, ad esempio, essere ravvisata allorché si adduca e si documenti la sussistenza di trattative poste in essere dal debitore finalizzate a spogliarsi dei propri beni o ad occultare gli stessi.

Non necessariamente sintomatica di una sussistenza del pericolo nel ritardo è la circostanza, nella prassi talvolta addotta a fondamento dell'istanza di cui all'art. 482 c.p.c., che il debitore non abbia ricevuto la notifica di precedenti atti allo stesso indirizzati.

Può, invece, rilevare, ai fini del rilascio della richiesta autorizzazione, la circostanza che il creditore abbia dovuto porre in essere precedenti esecuzioni nei confronti del debitore, rivelatesi totalmente o parzialmente incapienti.

Conclusioni

Dalle rassegnate sintetiche note emerge come l'autorizzazione di cui all'art. 482 c.p.c. sia uno strumento certamente utile posto a disposizione del creditore onde pervenire ad una piena e rapida soddisfazione del proprio credito; viene in rilievo un provvedimento, tuttavia, che comportando una significativa alterazione della ordinaria dinamica propria dell'attività esecutiva, deve essere rilasciato solo all'esito di una attenta valutazione circa la sussistenza di validi presupposti per la sua emissione.

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