Cumulo di cause scindibili
26 Settembre 2016
Massima
Nel caso di cumulo di cause scindibili, laddove il giudice - a fronte di un evento che concerna uno solo dei soggetti coinvolti nelle diverse vertenze - non separi le cause ma interrompa l'intero processo, la riassunzione, effettuata mediante deposito del relativo ricorso in cancelleria nel termine semestrale previsto dall'art. 305 c.p.c., deve ritenersi tempestiva rispetto a tutte le parti, sicché, ove ricorso e decreto di fissazione dell'udienza di riassunzione non siano stati notificati ad alcune di esse, non può essere dichiarata rispetto a costoro l'estinzione parziale del processo, dovendosi invece, in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c., ordinare la rinnovazione della notifica entro un termine perentorio. Il caso
Nel 1996 il Credito Italiano, oggi Unicredit banca, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli l'istituto di vigilanza privata L'Investigatore s.a.s., incaricato della vigilanza su alcune filiali dell'istituto di credito, assumendo che fosse stata perpetrata una rapina a danno di una agenzia sorvegliata dalla società convenuta senza che la guardia in servizio al momento del fatto, sig. P.G., avesse preso alcuna iniziativa per evitare o sventare la rapina. Assumeva che l'evento si fosse consumato per colpa del dipendente della società convenuta e chiedeva la condanna di questa, ex art. 1228 c.c., al pagamento della somma di L. 158.407.022 pari ai valori asportati oltre al risarcimento del danno. L'Investigatore s.a.s. chiamava in causa il P. e la società La Previdente Ass.ni s.p.a. con la quale aveva stipulato una polizza a copertura dei rischi della propria attività professionale. La Previdente nel costituirsi eccepiva che la polizza era stata sottoscritta con la partecipazione di alcune società coassicuratrici (Fondiaria Ass.ni s.p.a., Geas s.p.a., Siad s.p.a.) di cui La Previdente era delegataria, mentre rispondeva in proprio solo per il 20% dal quale andava detratto lo scoperto contrattuale del 10%. Chiamate in giudizio con chiamata iussu iudicis anche le coassicuratrici, esse si costituivano eccependo la prescrizione del diritto dell'assicurata, per non aver richiesto loro l'indennizzo entro l'anno a decorrere dal momento in cui aveva ricevuto la richiesta di risarcimento del danno dalla banca. Il giudizio si interrompeva perché la Previdente veniva incorporata nella Milano Ass.ni e veniva riassunto dal Credito Italiano. All'udienza del 6 maggio 2003 tre delle compagnie di assicurazioni chiamate in causa, Commerciai Union Insurance s.p.a. (già Geas s.p.a.), Milano Ass.ni (già La Previdente) e Sis Ass.ni (già Siad) s.p.a. eccepivano l'estinzione del giudizio per non essere stato riassunto nei loro confronti nel termine perentorio di cui all'art. 305 c.p.c.. Il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda del Credito Italiano, condannando L'Investigatore s.a.s. L'Investigatore s.r.l. proponeva appello, chiedendo il rigetto di ogni domanda risarcitoria nei propri confronti e, nel caso si confermasse la propria responsabilità, chiedeva si dichiarasse non avvenuta l'estinzione del giudizio nei confronti delle altre compagnie di assicurazioni, affinché anche queste potessero essere condannate a tenerla indenne di quanto avrebbe dovuto corrispondere al cliente danneggiato, e chiedeva anche la condanna del P.. La Corte d'Appello di Napoli, con la sentenza qui impugnata, rigettava sia l'appello principale che quello incidentale, confermando la sentenza del Tribunale di Napoli. Confermava, quindi, anche la pronuncia di estinzione del giudizio nei confronti delle tre coassicuratrici, essendo stato chiesto un nuovo termine per procedere alla notifica nei loro confronti solo dopo la scadenza del termine semestrale di cui all'art. 305 c.p.c.. L'Investigatore s.r.l. propone ricorso per la cassazione. La questione
La questione sottoposta all'esame della Corte mira a comprendere se, a seguito della declaratoria di interruzione dell'intero giudizio, il ricorso in riassunzione tempestivamente depositato nel termine perentorio di sei mesi dal verificarsi dell'evento interruttivo previsto dall'art. 305 c.p.c. da una della parti è idoneo ad evitare l'estinzione del giudizio, se ad esso non faccia seguito la tempestiva notifica del ricorso in riassunzione a tutte le parti nel termine fissato dal giudice ex art. 303 c.p.c. , anche all'interno di un processo con pluralità di parti nel quale siano pendenti contestualmente più cause scindibili. Ed ancora, in particolare, se nel caso in cui, al verificarsi di un evento interruttivo, sia stata dichiarata l'interruzione dell'intero giudizio, la riassunzione tempestivamente depositata da una delle parti della causa principale possa giovare ad evitare l'estinzione del giudizio anche in riferimento alla causa tra il contraente danneggiante, assicurato, e le sue compagnie di assicurazioni. Si intersecano dunque due problematiche ben distinte: quella relativa alla tempestività della riassunzione in mancanza di tempestiva notifica della vocatio in ius, e quella inerente al processo con pluralità di parti con contestuale proposizione di cause scindibili. Inoltre, nel caso di specie, due dei tre soggetti nei confronti dei quali è stata dichiarata l'estinzione del giudizio (ovvero Geas, poi Commercial Union, e Sis, già Siad) erano già stati chiamati in causa iussu iudicis.
Le soluzioni giuridiche
Tralasciando i motivi non attinenti alla questione centrale della decisione, importa qui analizzare il primo motivo di parte ricorrente, il solo, d'altronde, accolto dalla Corte e considerato assorbente.
In motivazione si legge: Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 305 c.p.c. in relazione agli artt. 154, 303 e 307 c.p.c. laddove la corte d'appello ha confermato la decisione di primo grado sul punto della dichiarazione di estinzione del giudizio limitatamente a tre delle quattro compagnie di assicurazioni chiamate in causa (Milano, SIS e Commerciai Union), non dando il dovuto rilievo all'orientamento giurisprudenziale secondo il quale, ai fini del rispetto del termine semestrale fissato dall'art. 305 c.p.c. entro il quale il processo deve essere riassunto è sufficiente che l'atto di riassunzione sia stato depositato nella cancelleria dell'Ufficio Giudiziario dinanzi al quale pende il processo nel termine di sei mesi dalla interruzione, a prescindere dalla data nella quale venga poi effettuata la notifica dell'atto di riassunzione, non essendo perentorio, e potendo essere prorogato, il termine per la notifica stabilito dal giudice ex art. 303 c.p.c.. Nella specie, verificatasi la fusione per incorporazione di una delle compagnie di assicurazione evocate in giudizio, La Previdente, nella Milano Ass.ni s.p.a., il giudice all'udienza del 7 marzo 2002 ha dichiarato l'interruzione dell'intero giudizio. Il Credito Italiano, attore della causa principale di risarcimento danni, depositava tempestivamente il ricorso in riassunzione, in data 24 luglio 2002, e provvedeva a notificarlo nel termine fissato dal giudice nei confronti di alcune soltanto delle parti; lo stesso richiedeva ed otteneva un nuovo termine per effettuare la notifica all'udienza del 10 dicembre 2002, quando il termine di sei mesi era già decorso, e provvedeva a notificare nel rispetto del nuovo termine fissato per la successiva udienza fissata al 6 maggio 2003. Alla suddetta udienza le tre co-assicuratrici comparivano deducendo l'estinzione del giudizio. Sostiene la ricorrente che la corte di merito non avrebbe rispettato il prevalente orientamento di legittimità, che ritiene suscettibile di proroga il termine ordinatorio ex art. 303 originariamente assegnato, purchè sia stato rispettato il termine perentorio di cui all'art. 305 c.p.c.. La Milano Ass.ni, per contro, nel suo controricorso sottolinea che nel caso di specie si tratterebbe di litisconsorzio facoltativo e che, dalla pronuncia a sezioni unite n. 15142 del 2007 (Cass. civ., sez. un., n. 15142/2007) in poi, è caduto definitivamente il dogma della indivisibilità dell'interruzione e conseguentemente dell'estinzione, allorché il litisconsorzio sia facoltativo. Ne trae la conseguenza che, come l'interruzione può essere parziale, anche la riassunzione possa riguardare solo una delle cause connesse. Nel caso di specie, la riassunzione è stata domandata solo da Unicredit, che non aveva alcun interesse ad agire verso gli assicuratori del responsabile civile del danno, non avendo azione diretta nei loro confronti, e quindi il deposito del ricorso da parte dell'istituto di credito non poteva produrre una efficacia sanante rispetto alla riassunzione non tempestivamente richiesta dalla odierna ricorrente nel termine semestrale. La Milano Ass.ni ne trae la conclusione che l'Investigatore s.r.l. non avrebbe rispettato il termine per riassumere fissato dall'art. 305 c.p.c. , perentorio, e pertanto che ben abbia fatto la corte d'appello a confermare l'estinzione parziale del giudizio.
Afferma la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato.
La Corte d'Appello non ha fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo il quale «Quando il processo sia stato dichiarato interrotto, la riassunzione è tempestiva quando il relativo ricorso sia stato depositato in cancelleria nel termine di sei mesi, previsto dall'art. 305 c.p.c. , con la conseguenza che ove il ricorso col pedissequo decreto di fissazione dell'udienza di riassunzione non sia stato regolarmente notificato, il giudice non può dichiarare l'estinzione del processo, ma deve ordinare la rinnovazione della notifica, in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c. , entro un termine perentorio» (Cass. civ., n. 13683 del 2012); trattasi di un principio che, traendo origine dalla affermazione a Sezioni Unite di Cass. civ., n. 14854 del 2006 secondo la quale «Verificatasi una causa d'interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivazione del processo interrotto, destinato a realizzarsi distinguendo il momento della rinnovata "edictio actionis" da quello della "vocatio in ius", il termine perentorio di sei mesi, previsto dall'art. 305 c.p.c. , è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, sicché, una volta eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca più alcun ruolo, atteso che la fissazione successiva, ad opera del medesimo giudice, di un ulteriore termine, destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte, pur presupponendo che il precedente termine sia stato rispettato, ormai ne prescinde, rispondendo unicamente alla necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della "vocatio in ius". Ne consegue che il vizio da cui sia colpita la notifica dell'atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell'udienza non si comunica alla riassunzione (oramai perfezionatasi), ma impone al giudice, che rilevi la nullità, di ordinare la rinnovazione della notifica medesima, in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c. , entro un termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l'eventuale estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, u.c., e del successivo art. 307, comma 3, è stato poi riaffermato da Cass. civ., n. 21869 del 2013 e, da ultimo, da Cass. civ., n. 7661 del 2015».
Le affermazioni su riportate non perdono di attualità qualora in un medesimo giudizio siano portate avanti contestualmente più cause, non legate tra di loro da vincoli inscindibili. Se infatti la scindibilità delle cause ha portato a progressive affermazioni di questa Corte nel senso della possibilità che i due giudizi recuperino, anche in corso di causa, la loro autonomia, si è al contempo messo in rilievo che tale possibilità è una mera facoltà processuale per il giudice e non costituisce un obbligo: Cass. civ., sez. un., n. 9686 del 2013 ha affermato che in presenza d'un evento interruttivo che tocchi una sola delle due cause connesse il giudice ha la facoltà e non l'obbligo di separarle. Se quindi, come nella specie, il giudice, constatato il verificarsi dell'evento interruttivo a carico di una sola parte, ha dichiarato l'interruzione dell'intero giudizio, il ricorso in riassunzione depositato tempestivamente dall'attore ha effetto in relazione alla intera causa al fine di escludere l'estinzione del giudizio nei confronti di tutte le parti. A ciò si aggiunga che, come evidenziato in precedenza, dei tre soggetti nei confronti dei quali si è dichiarata l'estinzione, due erano stati chiamati in giudizio iussu iudicis: il giudice di primo grado aveva infatti con tale strumento ritenuto opportuno, per ragioni di economia processuale, consentire al danneggiante l'allargamento del giudizio con la chiamata in causa delle società coassicuratrici, la cui opportunità era emersa con la costituzione della Previdente, unica società di assicurazioni chiamata in causa originariamente dalla ricorrente, che aveva eccepito l'esistenza della coassicurazione ed il conseguente limite della sua obbligazione indennitaria. È incontestato che la chiamata in causa iussu iudicis di cui all'art. 107 c.p.c. determini una situazione di litisconsorzio necessario c.d. "processuale", non rimovibile per effetto di un diverso apprezzamento del giudice dell'impugnazione (in questo senso Cass. civ., n. 2901 del 2008, Cass. civ., n. 3717 del 2010). Anche per questo diverso ordine di motivi, la declaratoria di estinzione parziale del giudizio non è corretta ed il primo motivo di ricorso deve essere accolto. Osservazioni
Le conclusioni cui è pervenuta la Corte sono di carattere generale, e si riferiscono al procedimento con pluralità di parti, caratterizzato da un litisconsorzio solamente facoltativo. Sui binari di un orientamento oggi costante, la Corte afferma che, quando, in un processo con pluralità di parti all'interno del quale siano state proposte due o più distinte azioni, l'intero processo sia stato dichiarato interrotto a causa dell'evento verificatosi a carico di una sola parte, la riassunzione è tempestiva quando il relativo ricorso sia stato depositato in cancelleria nel termine di sei mesi, previsto dall'art. 305 c.p.c. , da una delle parti con la conseguenza che ove il ricorso col pedissequo decreto di fissazione dell'udienza di riassunzione non sia stato regolarmente notificato a tutte le altre parti, il giudice non può dichiarare l'estinzione anche parziale del processo, ma deve ordinare la rinnovazione della notifica, in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c. , entro un termine perentorio.
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