Modalità di liquidazione delle spese e controllo delle parti sui criteri di calcolo
26 Settembre 2017
Massima
In tema di spese giudiziali, il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari, in quanto solo tale specificazione consente alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati: in particolare, in presenza di una nota spese specifica prodotta dalla parte vittoriosa, il giudice non può rideterminare globalmente i compensi in misura inferiore a quelli esposti, ma deve motivare adeguatamente l'eliminazione o la riduzione delle singole voci. Il caso
L'attore agiva in giudizio contro una compagnia di assicurazioni al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un incidente. Il giudice di pace accoglieva parzialmente la domanda. L'attore impugna la sentenza per ottenere l'integrale risarcimento ed il giudice di appello accoglieva il gravame, liquidando le spese del primo giudizio e di quelle di appello in un unico importo. La controversia era poi giunta innanzi al giudice di legittimità che ha ritenuto che il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari in relazione a ciascuno grado di giudizio, dovendo, altresì, tenere conto delle nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa. La questione
La questione in esame è la seguente: quali sono le modalità di liquidazione delle spese e degli onorari in caso di più giudizi? La soluzione giuridica
Ai sensi dell'art. 91 c.p.c., il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa (artt. 75, 151, 152 disp. att. c.p.c.). Il giudice di appello, allorché riformi in tutto od in parte la sentenza impugnata, deve procedere d'ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, sicché viola il principio di cui all'art. 91 c.p.c., il giudice di merito che ritenga la parte soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado (Cass. n. 19122/2015; Cass. n. 6259/2014; Cass. n. 23226/2013, Cass. n. 18837/2010, Cass. n. 15483/2008). Secondo il consolidato orientamento di legittimità, in tema di spese giudiziali, il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari in relazione a ciascun grado del giudizio, in modo da consentire alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati (Cass. n. 19623/2016; Cass. n. 24890/2011; Cass. n. 13138/2011; Cass. n. 6338/2008). In altri termini, la Corte di Cassazione ha costantemente precisato che in tema di spese processuali, il giudice, nel pronunciare la condanna della parte soccombente al rimborso delle spese e degli onorari, in favore della controparte, deve liquidarne l'ammontare separatamente, distinguendo diritti ed onorari. Non sono conformi alla legge liquidazioni generiche ed omnicomprensive, in quanto non consentono il controllo sulla correttezza della liquidazione (Cass. n. 6338/2008; Cass. n. 17028/2006; Cass. n. 5318/2007; Cass. n. 16993/2007). Questa necessità di specificazione comporta che devono essere parimenti liquidate in modo distinto le spese di ciascun grado del giudizio. La giurisprudenza sul punto è risalente nel tempo e non è stata mai contraddetta, stante le evidenti ragioni di fondo che impongono questa scelta (Cass. n. 1889/1968, a mente della quale è arbitraria la liquidazione delle spese, delle competenze di procuratore e degli onorari di avvocato, fatta senza distinzione fra il giudizio di primo grado ed il giudizio di secondo grado). Ad ogni modo, la liquidazione globale, sempre che siano indicati separatamente gli onorari di avvocato rispetto ai diritti di procuratore, può essere ammessa nell'ipotesi in cui sia stata presentata la nota delle spese a cura della parte cui vanno rimborsate, perché si deve presumere, in tal caso, che il giudice abbia voluto liquidare le spese in conformità a tale nota. Solo se la nota non sia stata presentata, in violazione dell'art. 75 disp. att. c.p.c., il giudice, pur avendo il potere-dovere di provvedere ugualmente alla liquidazione delle spese giudiziali sulla base degli atti di causa, è tenuto ad indicarle specificamente (Cass. n. 9700/2003, Cass. n. 11276/2002; Cass. n. 1707/1995). Sotto altro aspetto, si è precisato che tema di spese processuali ha statuito che, qualora la parte alla quale vanno rimborsate abbia presentato la relativa nota, è ammissibile la liquidazione globale, che recepisca l'importo complessivo indicato dal difensore, dovendosi presumere che il giudice abbia voluto liquidare le spese in conformità a detta nota. Tuttavia nel caso in cui non vi sia una corrispondenza tra nota e somma liquidata, il giudice deve specificare le voci riconosciute in modo da consentire il controllo sulla correttezza della liquidazione, anche in ordine al rispetto delle relative tabelle (Cass. n. 20325/2017, ove è stata annullata l'ordinanza che aveva liquidato forfettariamente il compenso spettante al ricorrente senza che però ci fosse alcuna corrispondenza con l'importo indicato nella nota, impedendo il controllo sui criteri di calcolo adottati; Cass. n. 16993/2007). Osservazioni
Il regolamento delle spese di lite è consequenziale ed accessorio rispetto alla definizione del giudizio, potendo, perciò, la condanna al relativo pagamento legittimamente essere emessa, a carico della parte soccombente ed ex art. 91 c.p.c., anche d'ufficio, pur se difetti una esplicita richiesta in tal senso della parte vittoriosa. Ne consegue che, ove il difensore di quest'ultima abbia omesso di produrre la nota spese, prevista dall'art. 75 disp. att. c.p.c. ai fini del controllo di congruità ed esattezza della richiesta e di conformità alle tariffe professionali, il giudice deve provvedervi d'ufficio sulla base degli atti di causa (Cass. n. 42/2012). Pertanto, la condanna alle spese in seguito alla soccombenza deve essere pronunciata anche se la parte vittoriosa non ne abbia fatto esplicita richiesta. Ciò non significa però che non il giudice non abbia il dovere di indicare analiticamente le voci di spese e compensi professionali liquidati. Se i legittimi costi del processo costituiscono il mezzo indispensabile per esercitare il proprio diritto alla tutela giurisdizionale (artt. 24, commi 1 e 3, Cost. e 90 c.p.c.), cioè per far valere in giudizio un proprio preteso diritto sostanziale non spontaneamente realizzato (artt. 99 c.p.c. e 2907 c.c.) e se il ricorso alla tutela giurisdizionale di questo diritto comporta l'assunzione di una responsabilità, appunto, "processuale", comprendente anche i predetti costi - ne consegue che la disciplina regolatrice di siffatta responsabilità, in quanto funzionalmente connessa all'instaurazione, allo svolgimento ed alla conclusione del processo, appartiene totalmente alle regole che lo governano: la motivazione dei provvedimenti giurisdizionali. Da quanto precede, appare evidente che la soluzione offerta dai giudici di legittimità – ponendosi nel consolidato orientamento di legittimità – è certamente convincente dal momento che solo attraverso la puntuale indicazione delle voci liquidate, è consentito alle parti di controllare la legittimità della liquidazione delle spese operata dal giudice, per evitare ogni forma di liquidazione forfettaria ovvero arbitraria. |