Riduzione automatica del termine di costituzione dell’opponente

Redazione scientifica
19 Settembre 2016

La riduzione del termine di comparizione discende direttamente dall'assegnazione , da parte dell'opponente all'opposto, di un termine inferiore a quello dei 90 gg previsto dall'art. 163-bis, comma 1 , c.p.c.

Il caso Tizio propone opposizione nei confronti del Casinò Municipale di Venezia contro il decreto con cui il Tribunale di Venezia gli aveva ingiunto il pagamento di un milione di euro dovuto in pagamento di gettoni da gioco. Il Tribunale dichiarava improcedibile l'opposizione per tardività della costituzione dell'opponente adducendo che quest'ultimo aveva assegnato all'opposta un termine di comparizione inferiore a novanta giorni e pertanto avrebbe dovuto costituirsi entro i termini dimidiati. La Corte d'appello, successivamente adita da Tizio, conferma il giudizio di primo grado ed ora egli ricorre in Cassazione, basando il suo ricorso su due motivi.

Art. 165, comma 1, c.p.c. I giudici del merito avevano invocato questo articolo nella motivazione delle loro pronunce, chiarendo che l'art. 165, comma 1, c.p.c. deve interpretarsi nel senso che in caso di opposizione a decreto ingiuntivo la riduzione del termine prevista si applica solo se «l'opponente abbia assegnato all'opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all'art. 163-bis, comma 1, c.p.c.».

Dimidiazione dei termini di comparizione Il ricorrente, con il primo motivo di ricorso, denuncia violazione dell'art. 2, l. 218/2011 e degli artt. 645, 163-bis e 165 in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. Sostiene infatti che la Corte abbia erroneamente interpretato il significato della norma autentica, dalla quale deriverebbe la dimidiazione dei termini di comparizione non automaticamente, in virtù dell'assegnazione di un termine inferiore di comparizione, bensì solo a seguito di una consapevole scelta dell'opponente di accelerare il processo.

Nel caso di specie, chiarisce la Suprema Corte, Tizio non aveva inteso assegnare i termini ridotti di comparizione ex art. 163-bis c.p.c.. Riportando poi il testo letterale dell'articolo in questione, sottolinea la chiarezza esplicativa della norma ed evidenzia come la riduzione del termine di comparizione discenda direttamente dall'assegnazione, da parte dell'opponente all'opposto, di un termine inferiore a quello dei 90 gg previsto dall'art. 163-bis, comma 1 , c.p.c.

Osserva poi come non vi sia nel testo dell'articolo alcun riferimento che possa condurre a basare il congegno di dimidiazione su di una valutazione non verificabile ed opinabile, in quanto basata sull'analisi dell'intenzione del difensore.

La Corte dichiara di aver già chiarito che, la riduzione della metà del termine di costituzione dell'opponente ex art. 2, l. 218/2011 si applica purchè questi abbia assegnato all'opposto un termine comunque inferiore a quello previsto dall'art. 163-bis c.p.c., e quindi non solo nel caso di dimezzamento dello stesso «perché altrimenti si dovrebbe indagare di volta in volta se la fissazione di un diverso termine per comparire abbreviato sia frutto di errore o di consapevole scelta dell'opponente, e ciò in contrasto con le esigenze di certezza del rapporti proprie delle norme in materia di termini» Cass. civ., 20 marzo 2013 n. 6989.

Questione di legittimità costituzionale Con il secondo motivo di ricorso, Tizio denuncia «Incostituzionalità dell'art. 2, l. 218/2011 e artt. 345, 163-bis e 165 c.p.c. per violazione degli artt. 24 e 111 Cost.». Il ricorrente deduce che, anche nel caso in cui la dimidiazione dei termini per la comparizione fosse riconnessa al fatto oggettivo dell'assegnazione del termine inferiore ai novanta gg, la disposizione sarebbe incostituzionale perché limitativa del diritto di azione e difesa e del principio del giusto processo.

La Suprema Corte ritiene manifestamente infondata e non rilevante la questione posta. Il ricorrente non ha infatti dimostrato il proprio assunto pur avendo sostenuto di aver operato inconsapevolmente l'assegnazione di un termine di comparizione inferiore a quello previsto ex art. 163-bis, anche se tale inconsapevolezza, sostiene la Corte, è ben lungi dall'essere dimostrata.

Quanto alla manifesta infondatezza, la Corte richiama infine Cass. civ., 3 luglio 2008 n. 18203 che testualmente dichiara: «È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 645, secondo comma; 163-bis, secondo comma e 165 c.p.c., nella parte in cui prevedono che il termine di iscrizione a ruolo della causa di opposizione a decreto ingiuntivo decorra dal perfezionamento della notificazione dell'atto di opposizione (piuttosto che dalla consegna di esso all'ufficiale giudiziario), anche quando l'opponente abbia ottenuto la dimidiazione dei termini processuali ordinari (cfr. C. Cost. n. 18 del 2008). Quest'ultima dipende, infatti, da una libera scelta dell'opponente, il quale di conseguenza non può dolersi di non aver potuto rispettare un termine che, pur assai ristretto, è stato egli stesso ad accettare: tale circostanza basta ad escludere qualsiasi contrasto sia col diritto di difesa di cui all'articolo 24 Cost., sia col principio di parità dei litiganti sancito dall'articolo 111 Cost. e dall'articolo 6 della Convenzione Europea sui diritti dell'uomo». L'opponente, dunque , non può lamentarsi di non aver potuto rispettare un termine da egli stesso accettato, per sua libera scelta.

La Corte dunque rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al rimborso delle spese sostenute dalla controricorrente e dichiara sussistenti i presupposti per il versamento dell'ulteriore contributo unificato ex art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002.

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