Opposizione a cartella di pagamento

Giuseppe Fiengo
01 Febbraio 2017

L'esecuzione mediante ruolo (c. d. “esattoriale”) è una forma di esecuzione connotata da molteplici profili di specialità; specialità apprezzabile, a mero titolo esemplificativo, con riferimento alla genesi del titolo esecutivo –formato dallo stesso creditore- ed alla scissione esistente tra l'ente impositore (che è titolare del credito) e l'agente della riscossione (che procede all'esecuzione forzata).
Inquadramento

L'esecuzione mediante ruolo (c. d. “esattoriale”) è una forma di esecuzione connotata da molteplici profili di specialità; specialità apprezzabile, a mero titolo esemplificativo, con riferimento alla genesi del titolo esecutivo –formato dallo stesso creditore- ed alla scissione esistente tra l'ente impositore (che è titolare del credito) e l'agente della riscossione (che procede all'esecuzione forzata). La materia presenta indubbi profili di complessità derivanti dalla eterogenea natura dei crediti oggetto di riscossione mediante ruolo, dall'elevato numero di norme speciali che la regolano e da una giurisprudenza di legittimità non sempre univoca (anche a causa di una distribuzione tabellare della materia tra diverse sezioni della Suprema Corte che si giustifica in considerazione della differente natura dei crediti oggetto di tale esecuzione speciale).

Di seguito sono analizzate le questioni più ricorrenti relative in materia di opposizione alla cartella esattoriale cioè all'atto impositivo che assume una funzione analoga a quella del precetto, limitando l'attenzione ai crediti di natura non tributaria, per i quali, soli, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario.

L'opposizione recuperatoria

Le opposizioni avverso la cartella esattoriale possono essere qualificate come opposizioni c.d. “recuperatorie”, come opposizioni all'esecuzione o come opposizioni agli atti esecutivi.

La distinzione è particolarmente importante avuto riguardo alle conseguenze che, come si dirà, sotto il profilo processuale, discendono dalla qualificazione della domanda.

Recuperatoria è l'opposizione mediante la quale il debitore tende a recuperare la tutela di merito che assume essergli stata preclusa a causa della mancata notifica dell'atto in base al quale è stato formato il ruolo.

Tale, senza alcun dubbio, è l'opposizione a cartella con la quale il privato, premesso di aver avuto conoscenza della pretesa creditoria solo successivamente alla notifica della cartella, tenda a contrastare l'accertamento alla base della formazione del ruolo (e quindi, ad es., le risultanze del verbale di accertamento di illecito sanzionato dal codice della strada).

Maggiori dubbi sussistono invece in ordine alla qualificazione della domanda con la quale il privato si limiti a dedurre la (mera) mancata notifica del verbale di accertamento o la notifica di tale verbale oltre il termine di legge senza svolgere censure in ordine al contenuto dell'accertamento. Sulla questione (che con l'ordinanza 28 ottobre 2016, n. 21957 la terza sezione della Corte di Cassazione ha rimesso al Primo Presidente perché valuti l'opportunità dell'assegnazione della stessa alle Sezioni Unite) si registra infatti un contrastante indirizzo della Suprema Corte. Secondo un orientamento diffuso soprattutto nella seconda sezione della Corte, la domanda deve infatti essere qualificata come opposizione all'esecuzione, atteso che la parte, deducendo la violazione del termine previsto all'art. 201, comma 1, d. lgs. n. 285/1992 fa valere l'estinzione dell'obbligo di pagare la sanzione (art. 201, co. 5, codice della strada) e, in definitiva, contesta l'esistenza del titolo esecutivo (tra le tante, Cass., sez. II, sent. 25 febbraio 2016, n. 3751, Cass, sez. II, ord. 30 settembre 2015, n. 19579). Altro orientamento, diffuso soprattutto nella giurisprudenza della terza sezione della Suprema Corte, ritiene invece che la domanda debba essere qualificata come opposizione recuperatoria atteso che con l'opposizione all'esecuzione è possibile contestare il credito solo sulla base di fatti successivi alla formazione del titolo mentre, ove (come nel caso qui in esame) si deducano fatti impeditivi della formazione del titolo, è necessario utilizzare lo strumento predisposto dall'ordinamento per la formazione di quel titolo (tra le altre, Cass., sez. III, sent. 4 agosto 2016, n. 16282; Cass., sez. III, sent. 16 giugno 2016, n. 12412).

L'opposizione all'esecuzione

L'opposizione a cartella deve essere qualificata come opposizione all'esecuzione (artt. 615 – 616 c.p.c.) ove l'opponente denunzi l'inesistenza del titolo esecutivo sulla base di fatti successivi alla formazione del titolo.

Fermi i segnalati dubbi attualmente esistenti in ordine alla qualificazione della domanda fondata sul mero difetto di notifica del verbale di accertamento dell'illecito (o sulla notifica di tale verbale oltre il termine di legge), il più frequente motivo di opposizione a cartella riconducibile all'art. 615 c.p.c. è quello relativo alla prescrizione del credito per il quale v'è stata la formazione del ruolo.

Secondo il tradizionale orientamento della giurisprudenza di legittimità, la conversione del termine di prescrizione (inferiore ai dieci anni) in termine decennale si realizza, per la riscossione coattiva di crediti, solo quando il titolo in base al quale è intrapresa la riscossione non è più l'atto amministrativo (il ruolo), ma un provvedimento giurisdizionale definitivo (sentenza passata in giudicato, decreto ingiuntivo che abbia acquistato l'efficacia formale e sostanziale di giudicato, decreto o sentenza penale di condanna divenuti definitivi). Prima di tale accertamento giurisdizionale, infatti, l'atto con il quale ha inizio la riscossione forzata, pur essendo titolo esecutivo (e, nel caso della cartella di pagamento, di precetto), è espressione del potere di autoaccertamento ed autotutela dell'amministrazione.

Secondo un diverso orientamento di legittimità, la mancata proposizione dell'opposizione alla cartella esattoriale comporta l'intangibilità del diritto di credito portato dalla cartella; tale credito non è quindi più soggetto ad estinzione per prescrizione, potendo invece prescriversi la sola azione tesa all'esecuzione del titolo ormai definitivo nel termine di dieci anni previsto dall'art. 2946 c.c., in mancanza di diverse disposizioni e in sostanziale conformità all'art. 2953 c.c. Questo orientamento, maturato prevalentemente nella sezione lavoro della Suprema Corte, trova fondamento nella perentorietà del termine (40 giorni dalla notifica della cartella di pagamento) previsto dall'art. 24, comma 5, d. lgs. n. 46/1999 per la proposizione dell'opposizione all'iscrizione a ruolo per crediti previdenziali; perentorietà che deriva dalla esigenza di rendere non più contestabile il credito contributivo, sì da assicurarne una rapida riscossione (tra le altre, Cass., sez. lav., 19 aprile 2011, n. 8931).

Le Sezioni Unite, con la recente sentenza 17 novembre 2016, n. 23397, pur affrontando la specifica questione degli effetti della decorrenza del termine (perentorio) fissato dall'art. 24, comma 5, d. lgs. n. 46/1999 per proporre opposizione avverso l'iscrizione a ruolo del credito degli enti previdenziali, hanno affermato il più generale principio per il quale la conversione del termine di prescrizione breve in termine decennale (art. 2953 c.c.) può conseguire solo alla formazione di un titolo giudiziale passato in giudicato. Ciò in quanto la disciplina della prescrizione è di stretta interpretazione (quindi insuscettibile di interpretazione analogica) sì che non può trovare applicazione l'art. 2953 c.c. il quale fa esplicito riferimento ad una sentenza passata in giudicato (tale non essendo la cartella di pagamento o gli altri titoli che legittimano la riscossione coattiva, i quali sono invece atti amministrativi). Con specifico riferimento ai crediti contributivi le Sezioni Unite hanno inoltre osservato che l'orientamento (disatteso) per il quale è applicabile l'art. 2953 c.c. produce un effetto in contrasto con la stessa ratio dell'art. 24, comma 5, d. lgs. 46/1999 (da ravvisare nella rapida riscossione del credito) poiché comporta un allungamento dei tempi di riscossione ed espone il debitore ad una perenne incertezza, in contrasto con il principio di legalità.

GIURISPRUDENZA A CONFRONTO: LA PRESCRIZIONE DEL CREDITO PORTATO DALLA CARTELLA DI PAGAMENTO

Una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione dell'opposizione alla cartella esattoriale (come avvenuto nel caso di specie), non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale di che trattasi e ciò che può prescriversi è soltanto l'azione diretta all'esecuzione del titolo così definitivamente formatosi, riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l'actio judicati ai sensi dell'art. 2953 c.c.), trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all'art. 2946 c.c.

Cass., sez. lav., 24 febbraio 2014, n. 4338

È di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l'effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 c.c. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti –comunque denominati- di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione, non consente di fare applicazione dell'art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.

Cass., Sez. Un., 17 novembre 2016, n. 23397

L'opposizione agli atti esecutivi

L'opposizione agli atti esecutivi (artt. 617 – 618 c.p.c.) è invece lo strumento attraverso il quale si contesta la regolarità formale degli atti della procedura di riscossione esattoriale. In questa sede è possibile esaminare –assai brevemente- solo i più frequenti motivi di opposizione riconducibili all'art. 617 c.p.c..

Tra tali motivi deve essere menzionato quello relativo al vizio della notifica della cartella.

In proposito, l'ormai costante giurisprudenza di legittimità ritiene applicabile l'art. 26 D.P.R. n. 602/1973 anche in caso di notifica di cartella per crediti non tributari (tra le tante, Cass., sez. II, sent., 24 marzo 2015, n. 5898, Cass., sez. I, sent., 26 ottobre 2010, n. 14105). Quanto ai soggetti legittimati ad effettuare la notificazione, occorre distinguere la notificazione effettuata nelle forme delle notificazioni degli atti giudiziari e quella effettuata mediante l'invio di raccomandata con avviso di ricevimento. Per la prima, infatti, l'agente della riscossione deve avvalersi dei soggetti indicati al primo periodo dell'art. 26, comma 1, D.P.R. n. 602/73 (ufficiali della riscossione, altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, messi comunali o agenti della polizia municipale); per la seconda, invece, la notifica può essere curata direttamente dall'agente della riscossione (da ultimo, Cass., sez. VI, sent. 15 giugno 2016, n. 12351).

Da ultimo deve rilevarsi come la nullità (non anche l'inesistenza) della notifica della cartella è comunque sanata dal raggiungimento dello scopo (che ben può risultare proprio dalla proposizione dell'opposizione –Cass., sez. III, sent. 9 maggio 2012, n. 7051).

Sempre all'opposizione agli atti esecutivi va ricondotta l'opposizione fondata sul difetto di motivazione della cartella di pagamento. Premesso che il contenuto motivazionale della cartella è in gran parte vincolato (dovendo riprodurre il contenuto dell'estratto di ruolo), deve rilevarsi come, con riferimento ad una cartella per crediti esclusivamente tributari, le Cass. Sez. Un. (sent. 14 maggio 2010, n. 11722) abbiano ritenuto che la cartella che “costituisca il primo ed unico atto con il quale l'ente impositore esercita la pretesa (e che, pertanto, non segua uno specifico atto impositivo già notificato) deve essere motivata come un atto propriamente impositivo e deve, pertanto, contenere tutti gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il controllo sulla legittimità dell'imposizione, ferma la possibilità di ricorrere ad una motivazione per relationem ad un atto specificamente individuato. Tale conclusione, secondo una più recente decisione (Cass., sez. III, sent. 25 febbraio 2016, n. 3707), non è automaticamente trasponibile al caso di cartella notificata per crediti non tributari (che, salvo casi patologici da ricondurre all'opposizione recuperatoria, non è il primo atto con il quale l'ente impositore esercita la pretesa); crediti dei quali l'opponente ha avuto conoscenza già prima della notifica della cartella. Peraltro, secondo una consolidata giurisprudenza, anche con riferimento al preteso vizio di motivazione, trova applicazione il principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo nell'ipotesi in cui la cartella contenga gli elementi minimi per consentire al destinatario di individuare la pretesa impositiva e difendersi nel merito (tra le altre, Cass., sez. III, sent., 25 febbraio 2016, n. 3707, Cass., sez. V, sent., 8 ottobre 2014, n. 21177).

Infine, costituisce frequente motivo di opposizione agli atti esecutivi anche il dedotto difetto di sottoscrizione della cartella. La necessità della sottoscrizione (argomentata alla luce dell'equiparabilità della cartella al precetto –per il quale la sottoscrizione autografa della parte abilitata a stare personalmente in giudizio o del suo difensore è richiesta ai sensi degli artt. 480 e 125 c.p.c.) deve peraltro essere esclusa ove non sia dubbia la riferibilità della cartella all'autorità da cui la stessa promana; l'autografia della sottoscrizione è infatti elemento essenziale dell'atto amministrativo nei soli casi in cui ciò sia espressamente previsto dalla legge, mentre la cartella è predisposta secondo il modello approvato con decreto ministeriale il quale non prevede la sottoscrizione dell'esattore, ma –solo- la sua intestazione (tra le altre, Cass., sez. V, sent. 30 dicembre 2015, n. 26053).

Le conseguenze della tripartizione

Numerose e significative sono le conseguenze derivanti dalla riconduzione dell'opposizione ad una delle tre categorie sopra individuate.

Quanto all'atto introduttivo del giudizio, ad esempio, l'opposizione recuperatoria deve essere proposta con il medesimo atto mediante il quale la parte avrebbe dovuto proporre opposizione avverso il verbale di accertamento che assume non essergli stato notificato (così, nel frequente caso di cartella notificata per sanzioni derivanti dalla violazione del codice della strada, l'opposizione recuperatoria dovrà essere proposta –entro 30 giorni dalla notifica della cartella- con ricorso avanti al Giudice di Pace ai sensi dell'art. 7, d. lgs. n. 150/2011). Con atto di citazione devono essere invece proposte le opposizioni all'esecuzione (per la quale non sussistono termini di decadenza) e l'opposizione agli atti esecutivi (da proporre entro 20 giorni dalla notifica della cartella).

Ancora, per l'opposizione recuperatoria opera la sospensione feriale dei termini che non si applica, invece, con riferimento alle opposizioni disciplinate agli artt. 615 e 617 c.p.c. (art. 3, l. n. 742/1969).

Profondamente differenziata è anche la disciplina in materia di competenza.

La competenza in materia di opposizione recuperatoria ha natura funzionale e, quindi, inderogabile (tra le molte, Cass., sez. I, sent. 18 maggio 2006, n. 11747, Cass., sez. I, sent. 20 aprile 2005, n. 8294), venendo in rilievo per un verso l'interesse pubblico alla repressione delle condotte illecite e, per altro verso, il diritto del cittadino a conseguire tutela a fronte di un esercizio dei poteri pubblici che si assume illegittimo.

La competenza territoriale dovrà quindi essere individuata avendo riguardo al luogo della commessa violazione. Peraltro la segnalata natura funzionale impone di verificare la competenza territoriale con riferimento alle singole sanzioni sottese alla (eventualmente unica) cartella di pagamento; ove infatti la cartella di pagamento sia stata emessa sulla base di illeciti commessi in comuni rientranti in circondari di diversi giudici, la medesima cartella –limitatamente ai singoli illeciti- dovrà esser conosciuta da giudici diversi.

Altrettanto è dirsi con riferimento alla competenza per valore, la quale –pure- dovrà essere accertata con riferimento al credito iscritto a ruolo in relazione alla singola violazione. Così, a titolo esemplificativo, con riferimento al ricorrente caso di cartella notificata per la somma complessiva di euro 20.000,00 dovuta per plurime violazioni del codice della strada, non potrà ritenersi competente per valore il tribunale (che, pure, ai sensi dell'art. 6, co. 5, lett. a) d. lgs. n. 150/2011 è competente in relazione alle opposizioni ad ordinanza ingiunzione per le quali è competente il giudice di pace ove la sanzione sia superiore ad euro 15.493,00), dovendo il limite fissato dalla norma da ultimo citata essere valutato con riferimento alla singola sanzione sottesa alla cartella (e non alla complessiva entità della somma portata dalla cartella).

Quanto all'opposizione all'esecuzione la competenza va invece individuata alla luce degli artt. 17 e 27 c.p.c. (salva la previsione dell'art. 480 c.p.c.) pur dovendo tale criterio essere –eventualmente- integrato alla luce del riferimento al “giudice competente per materia o valore” contenuto all'art. 615, comma 1, c.p.c. Il richiamo alla materia fatto dall'art. 615, comma 1, c.p.c. deve infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Cass, sez. 3, ord. 18 febbraio 2008, n. 4022), essere riferito alla materia (ove esistente) corrispondente ai diritti dei quali si chiede l'esecuzione coattiva; alla luce di tale principio la decisione da ultimo richiamata ha ritenuto competente il giudice di pace con riferimento ad un'opposizione all'esecuzione per violazione delle norme del codice della strada essendo ravvisabile una competenza per materia alla luce dell'(allora vigente) art. 22-bis, l. n. 689/1981.

Da ultimo, competente per le opposizioni agli atti esecutivi è invece il tribunale individuato ai sensi dell'art. 480, comma 3, c.p.c. (artt. 27, co. 2 e 480, comma 3, c.p.c.).

Fermo quanto sopra osservato, ci si deve tuttavia interrogare sulla competenza nel caso –piuttosto ricorrente- in cui, con la medesima opposizione, il privato svolga censure riconducibili tanto all'opposizione all'esecuzione, quanto all'opposizione agli atti esecutivi.

In proposito la giurisprudenza di legittimità non risulta costante. Secondo gli arresti più recenti, non opera la vis attractiva della competenza del tribunale, anche ai sensi dell'art. 104 c.p.c., ove le cause di competenza del giudice di pace appartengano allo stesso per materia, pur se con un limite di valore (Cass., sez. VI, ord., 4 novembre 2016, n. 22491, Cass., sez. VI, ord., 6 novembre 2015, n. 22782); ne deriva l'eventuale necessità di separare le domande con la conseguente possibilità che le stesse siano conosciute da giudici diversi. Secondo altro orientamento, invece, ove siano proposte nei confronti della medesima parte più domande connesse anche solo soggettivamente, alcune delle quali rientranti nella competenza per valore del giudice di pace ed altre nella competenza per materia del tribunale, il giudice superiore è competente a decidere dell'intera controversia; in applicazione di tale principio, in caso di cumulo soggettivo di opposizione ex art. 617 c.p.c. e di opposizione ex art. 615 c.p.c. (rientrante, per valore, nella competenza del giudice di pace), la Suprema Corte ha, ai sensi degli artt. 10, co. 2 e 104 c.p.c., ritenuto competente su tutte le domande il tribunale (Cass., sez. VI, ord., 10 luglio 2014, n. 15792, Cass., sez. VI, ord. 6 maggio 2011, n. 9988).

Ancora più complesso è il caso in cui la domanda debba essere qualificata, oltre che come opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c., anche come opposizione recuperatoria. Per tale ipotesi (rispetto alla quale non constano precedenti di legittimità) la soluzione preferibile va probabilmente ricercata nell'affermare la competenza (si ripete, funzionale) per territorio e per materia in ordine all'opposizione recuperatoria e nel sospendere le opposizioni agli atti esecutivi nonchè (ove si aderisca all'orientamento accolto dalle segnalate Cass., sez. VI, ord. 10 luglio 2014, n. 15792, Cass., sez. VI, ord. 6 maggio 2011, n. 9988) all'esecuzione in attesa della decisione sull'opposizione recuperatoria (non rientrante nella competenza del giudice competente per le opposizioni proposte ai sensi degli artt. 615 e 617 c.p.c.).

Riferimenti
  • ASPRELLA, La nuova esecuzione esattoriale, in NLCC, 1999, 840 ss.;
  • NUZZI, Esecuzione esattoriale e riscossione di crediti non tributari dopo le riforme del 1999. Profili di legittimità costituzionale, in REF, 2002, 52 ss.;
  • SOLDI, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova, 2016, 1619 ss.

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