Opposizione a precetto

Michele Nardelli
07 Giugno 2016

Il comma 1 dell'art. 615 c.p.c. prevede che quando si intenda contestare il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, e questa non sia ancora iniziata, si possa proporre opposizione al precetto.
Inquadramento

Il comma 1 dell'

art. 615 c.p.c.

prevede che quando si intenda contestare il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, e questa non sia ancora iniziata, si possa proporre opposizione al precetto.

In generale, l'

art. 615 c.p.c.

distingue due diverse forme di opposizione

, nei due commi di cui si compone:

  • Il primo comma, che qui rileva, disciplina la contestazione del diritto di procedere ad esecuzione forzata (comunemente si afferma che con tale opposizione si contesti l'an dell'esecuzione);

  • Il secondo comma disciplina invece la contestazione di un vizio inerente la modalità dello svolgimento del processo esecutivo (l'impignorabilità dei beni).

La predetta norma va poi distinta dalla disposizione di cui all'

art. 617 c.p.c.

, che riguarda l'opposizione agli atti esecutivi: laddove l'opposizione all'esecuzione (a precetto, quando l'esecuzione non sia ancora cominciata), è finalizzata ad accertare l'esistenza del diritto della parte istante a promuovere l'esecuzione, la seconda riguarda invece la regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto, ovvero dei singoli atti dell'esecuzione (comunemente si afferma che l'opposizione agli atti esecutivi riguardi il quomodo).

Ovviamente, può ben accadere che con l'unico atto di opposizione vengano contestati sia profili inerenti il diritto di procedere ad esecuzione, sia profili inerenti la regolarità formale del titolo o del precetto. In questo caso la decisione, che pure sarà unica, si comporrà in realtà di due diverse statuizioni, ciascuna soggetta al proprio regime di impugnazione (

Cass.

civ.

,

Sez.

III

,

13 giugno 2006

n. 13655

;

Cass. civ.,

Sez.

III

,

29 settembre 2009

n. 20816

), ferma peraltro la possibilità del giudice del gravame di sindacare criticamente la qualificazione affermata dal primo giudice (

Cass. civ.,

Sez.

III

,

6 luglio 2006

n. 15376

;

Cass. civ.,

Sez.

III

,

23 febbraio 2007

n. 4212

), e ferma la necessità che il mezzo di gravame sia corrispondente al principio dell'apparenza, vale a dire che sia corrispondente al gravame previsto per la qualificazione dell'opposizione, così come operata dal primo giudice.

Oggetto della contestazione

La contestazione del diritto di procedere ad esecuzione forzata può riguardare vari aspetti.

Il primo di essi riguarda la

contestazione della stessa esistenza

– originaria o sopravvenuta -

del titolo esecutivo

.

Quanto alla inesistenza originaria del titolo, deve pensarsi all'ipotesi nella quale l'esecuzione venga annunciata con un precetto (o addirittura concretamente avviata), sulla base di un atto che non integri titolo esecutivo. Un caso emblematico di tale ipotesi è stato affrontato dalla Corte di legittimità (

Cass. civ.,

Sez.

III

,

29 gennaio 2014

n. 1984

), in relazione ad un giudizio di opposizione all'esecuzione, questa basata su un decreto ingiuntivo assunto come concesso con la clausola della provvisoria esecuzione. Sul presupposto per il quale in realtà il decreto non fosse stato concesso munito di tale clausola, la Cassazione ha accolto l'opposizione e dichiarato inesistente il diritto di procedere ad esecuzione sulla base del richiamato decreto ingiuntivo, non emesso in via provvisoriamente esecutiva (per altri casi

Cass.

civ.

,

Sez.

III

,

10 agosto 1992 n. 9450

;

Cass. civ.,

Sez.

III

,

19 gennaio 1996

n. 416

). Altre ipotesi possono immaginarsi in relazione ad una sentenza portata ad esecuzione, della quale si assuma che non contenga la condanna al pagamento di una parte della somma di cui al precetto, trattandosi di pronuncia meramente dichiarativa (

Cass. civ.,

Sez.

III

,

29 luglio 2002

n. 11152

); ancora, ed «oltre all'ipotesi espressamente prevista dall'

art. 161, comma

2

,

c.p.c.

(mancanza della sottoscrizione del giudice), è possibile configurare altri casi di inesistenza della sentenza, tutte le volte che la stessa manchi di quel minimo di elementi o di presupposti che sono necessari per produrre quell'effetto di certezza giuridica che è lo scopo del giudicato, come nell'ipotesi di pronuncia resa nei confronti di soggetto deceduto prima della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio», con inesistenza che va rilevata d'ufficio e che può essere fatta valere, anche al di fuori dell'impugnazione nello stesso processo, con una autonoma azione di accertamento, non soggetta a termini di prescrizione o di decadenza, ovvero con un'eccezione, ed altresì in sede di opposizione all'esecuzione (

Cass. civ., Sez. II

,

5 ottobre 2001

n. 12292

;

Cass. civ.,

Sez.

II

,

6 giugno 2013 n.

14360

).

Quanto alla inesistenza sopravvenuta del titolo, va premesso (Cass. civ., sez. III, 18 agosto 2001 n. 17349) che è principio cardine del processo esecutivo quello per il quale, essendo il titolo esecutivo condizione necessaria dell'azione esecutiva, esso deve esistere nel momento in cui questa è iniziata, non si può formare successivamente e deve permanere per tutta la durata dell'esecuzione. Integrano pertanto evenienze rilevanti, in vista del venir meno del titolo, la riforma della sentenza, ma anche la sospensione dell'efficacia esecutiva, o dell'esecuzione della sentenza impugnata, da parte del giudice dell'appello (

art. 283 c.p.c.

), ovvero la sospensione dell'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo, concessa ai sensi dell'

art. 642 c.p.c.

(

art. 649 c.p.c.

) –per una ipotesi di revoca della provvisoria esecuzione concessa ai sensi dell'

art. 647 c.p.c.

, nel corso del giudizio di opposizione, quando essa venga ritenuta concessa in base all'errato presupposto della mancata opposizione, con conseguente cancellazione dell'ipoteca iscritta ai sensi dell'

art. 655 c.p.c.

, (cfr. Trib. Larino, 24 giugno 2002, in FI, 2003, I, 285, nota CEA).

La opposizione può poi essere proposta in vista della negazione non del titolo esecutivo, ma del diritto di credito portato dal titolo, quando si sostenga l'estinzione del diritto per fatti sopravvenuti oppure, infine, quando si contesti la legittimazione soggettiva (ad esempio la parte processuale non può agire esecutivamente per le spese, per le quali sia stata disposta la distrazione in favore del procuratore, se non dopo aver richiesto la revoca della distrazione, ai sensi dell'

art. 93 c

.p.c.

, provando di aver soddisfatto il credito del difensore prima della distrazione o anche successivamente, con la conseguenza che, finché non sia intervenuta tale revoca, il difensore distrattario rimane l'unico legittimato ad intimare il precetto di pagamento dell'importo delle spese e degli onorari –

Cass. civ.,

Sez.

III

,

12 novembre 2008

n. 27041

).

Altra ipotesi di contestazione

riguarda poi l'entità del credito portato in esecuzione. Si tratta di una contestazione che investe il diritto dell'istante di procedere ad esecuzione forzata, per quella maggiore somma, sicché integra una opposizione all' esecuzione

ex

art. 615

c.p.c.

(

Cass. civ.,

Sez.

III

,

29 dicembre 1993

n. 12950

). Non si era in realtà mancato di rilevare (

Cass. civ.,

Sez.

III

,

3 settembre 2007

n. 18533

) che nell'ipotesi di pignoramento eseguito in modo da sottoporvi beni di valore eccedente il credito per cui si procede, non si sarebbe stati in presenza di un caso di esercizio dell'azione esecutiva per un credito inesistente, sicché il mezzo per dolersi di tale eccesso non avrebbe potuto essere individuato nella opposizione all'esecuzione, da proporsi al giudice della cognizione, ma in una domanda da presentare al giudice dell'esecuzione, in base agli

artt. 483

e

496

c.p.c.

E tuttavia, a seguito della recente modifica all'

art. 615

,

comma 1 c.p.c.

(portata dall'

art. 13, comma 1, lett. dd), d.l. 27 giugno 2015, n. 83

, convertito, con modificazioni, dalla

L. 6 agosto 2015, n. 132

), e tenuto conto che è ora espressamente prevista la possibilità che il diritto della parte istante sia contestato solo parzialmente (tanto che il giudice può procedere alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, anche esclusivamente in relazione alla parte contestata), può ritenersi che il rimedio avverso una esecuzione annunciata o avviata per una somma eccedente rispetto al titolo, sia da individuare nell'opposizione all'esecuzione. Ancora, deve rilevarsi come il diritto da porre in esecuzione debba essere certo e liquido, sicché da un punto di vista funzionale il titolo deve essere idoneo, da solo, ad individuare il diritto stesso, senza che sia necessario procedere ad integrazioni (

Cass. civ.,

Sez. L,

23 aprile 2009

n. 9695

), anche se deve rilevarsi come il giudice di legittimità (

Cass. civ.,

Sez. U,

2 luglio 2012

n. 11066

) ha affermato che il titolo esecutivo giudiziale non si identifica, né si esaurisce, nel documento giudiziario in cui è consacrato l'obbligo da eseguire, essendo consentita l'interpretazione extratestuale del provvedimento, sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, con la conseguenza che il giudice dell'opposizione all'esecuzione non può dichiarare d'ufficio la illiquidità del credito, portato dalla sentenza fatta valere come titolo esecutivo, senza aver invitato le parti a discutere la questione e a integrare le difese, anche sul piano probatorio. In seguito

Cass.

,

civ.,

1027/

2013

ha spiegato che l'orientamento estremamente innovativo, manifestato dalle Sezioni Unite (sentenza n. 11067/2012) in materia di eterointegrazione del titolo esecutivo, debba essere inteso nel senso che una consimile integrazione sia consentita solamente a condizione che delle relative questioni si sia trattato nel corso del processo e che esse possano intendersi come ivi univocamente definite, essendo mancata piuttosto la concreta estrinsecazione della soluzione come operata nel dispositivo o perfino nel tenore stesso del titolo. In altre parole, è pertanto pur sempre necessario, da un lato, che l'integrazione abbia ad oggetto il risultato di un'attività di giudizio su questioni comunque esaminate e risolte e di cui sia solo mancata un'adeguata estrinsecazione al momento della formazione del documento complesso che costituisce il titolo, ma soprattutto, dall'altro lato, che quest'ultimo non sia intrinsecamente contraddittorio, ovvero che la possibilità di un suo completamento con altri atti del processo - o, in via ancora più eccezionale, con atti ad esso estrinseci, purché idoneamente richiamati o presupposti nei primi - sia sufficientemente univoca e possibile senza autentiche attività cognitive suppletive od integrative, da espletarsi ex novo.

Per le implicazioni che sono sottese, merita infine di essere richiamata una recente pronuncia del giudice di legittimità (

Cass. civ., 3 marzo 2015

n. 4228

), che in un caso nel quale era all'attenzione un credito di natura esclusivamente patrimoniale, di entità economica oggettivamente minima, ha ritenuto il difetto,

ex

art. 100

c.p.c.

, dell'interesse a promuovere l'espropriazione forzata, avendo peraltro escluso che ne possa derivare la violazione dell'

art. 24 Cost.

, dovendosi contemperare la tutela del diritto di azione con le regole di correttezza e buona fede, nonché con i principi del giusto processo e della durata ragionevole dei giudizi

ex

art. 111 Cost.

e art.

6 CEDU

(il caso aveva riguardato un creditore che, dopo aver ricevuto il pagamento della complessiva somma portata in precetto, pari ad euro 17.854,94, aveva ugualmente avviato la procedura esecutiva, nelle forme del pignoramento presso terzi, per l'intero importo, deducendo, nel corso della procedura stessa, l'esistenza di un residuo credito di euro 12,00 a titolo di interessi maturati tra la data di notifica del precetto e la data del pagamento).

Segue: Casistica

Casistica: oggetto della contestazione

Contestazione dell'esistenza originaria del titolo esecutivo

.

  • In un giudizio di opposizione all'esecuzione, questa basata su un decreto ingiuntivo assunto come concesso con la clausola della provvisoria esecuzione (

    Cass. civ., Sez. III, 29 gennaio 2014 n. 1984

    ). Sul presupposto per il quale in realtà il decreto non fosse stato concesso munito di tale clausola, la Cassazione ha accolto l'opposizione e dichiarato inesistente il diritto di procedere ad esecuzione sulla base del richiamato decreto ingiuntivo, non emesso in via provvisoriamente esecutiva (per altri casi

    Cass. civ., Sez. III, 10 agosto 1992 n. 9450

    ;

    Cass. civ., Sez. III, 19 gennaio 1996 n. 416

    )

  • In relazione ad una sentenza portata ad esecuzione, della quale si assuma che non contenga la condanna al pagamento di una parte della somma di cui al precetto, trattandosi di pronuncia meramente dichiarativa (

    Cass. civ., Sez. III, 29 luglio 2002 n. 11152

    )

  • «oltre all'ipotesi espressamente prevista dall'

    art. 161, comma 2, c.p.c.

    (mancanza della sottoscrizione del giudice), è possibile configurare altri casi di inesistenza della sentenza, tutte le volte che la stessa manchi di quel minimo di elementi o di presupposti che sono necessari per produrre quell'effetto di certezza giuridica che è lo scopo del giudicato, come nell'ipotesi di pronuncia resa nei confronti di soggetto deceduto prima della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio», con inesistenza che va rilevata d'ufficio e che può essere fatta valere, anche al di fuori dell'impugnazione nello stesso processo, con una autonoma azione di accertamento, non soggetta a termini di prescrizione o di decadenza, ovvero con un'eccezione, ed altresì in sede di opposizione all'esecuzione (

    Cass. civ., Sez. II, 5 ottobre 2001 n. 12292

    ;

    Cass. civ., Sez. II, 6 giugno 2013 n.14360

    ).

Contestazione dell'esistenza sopravvenuta del titolo esecutivo

È principio cardine del processo esecutivo quello per il quale, essendo il titolo esecutivo condizione necessaria dell'azione esecutiva, esso deve esistere nel momento in cui questa è iniziata, non si può formare successivamente e deve permanere per tutta la durata dell'esecuzione (Cass. civ., Sez. III, 18 agosto 2001 n. 17349)

  • la riforma della sentenza;

  • la sospensione dell'efficacia esecutiva, o dell'esecuzione della sentenza impugnata, da parte del giudice dell'appello (

    art. 283 c.p.c.

    );

  • la sospensione dell'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo, concessa ai sensi dell'

    art. 642 c.p.c.

    (

    art. 649 c.p.c.

    ) – per una ipotesi di revoca della provvisoria esecuzione concessa ai sensi dell'

    art. 647 c.p.c.

    , nel corso del giudizio di opposizione, quando essa venga ritenuta concessa in base all'errato presupposto della mancata opposizione, con conseguente cancellazione dell'ipoteca iscritta ai sensi dell'

    art. 655 c.p.c.

    , (cfr. Trib. Larino, 24 giugno 2002, in FI, 2003, I, 285, nota CEA).

Negazione del diritto di credito portato dal titolo

Quando si sostenga l'estinzione del diritto per fatti sopravvenuti

Contestazione della legittimazione soggettiva

La parte processuale non può agire esecutivamente per le spese, per le quali sia stata disposta la distrazione in favore del procuratore, se non dopo aver richiesto la revoca della distrazione, ai sensi dell'

art. 93 c.p.c.

, provando di aver soddisfatto il credito del difensore prima della distrazione o anche successivamente, con la conseguenza che, finché non sia intervenuta tale revoca, il difensore distrattario rimane l'unico legittimato ad intimare il precetto di pagamento dell'importo delle spese e degli onorari (

Cass. civ., Sez. III, 12 novembre 2008 n. 27041

) .

Entità del credito portato in esecuzione

  • Contestazione che investe il diritto dell'istante di procedere ad esecuzione forzata, per quella maggiore somma, sicché integra una opposizione all' esecuzione

    ex

    art. 615 c.p.c.

    (

    Cass. civ., Sez. III, 29 dicembre 1993 n. 12950

    )

    • il diritto da porre in esecuzione debba essere certo e liquido, sicché da un punto di vista funzionale il titolo deve essere idoneo, da solo, ad individuare il diritto stesso, senza che sia necessario procedere ad integrazioni (

      Cass. civ., Sez. L, 23 aprile 2009 n. 9695

      ),

    • il titolo esecutivo giudiziale non si identifica, né si esaurisce, nel documento giudiziario in cui è consacrato l'obbligo da eseguire, essendo consentita l'interpretazione extratestuale del provvedimento, sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, con la conseguenza che il giudice dell'opposizione all'esecuzione non può dichiarare d'ufficio la illiquidità del credito, portato dalla sentenza fatta valere come titolo esecutivo, senza aver invitato le parti a discutere la questione e a integrare le difese, anche sul piano probatorio

    • se credito di natura esclusivamente patrimoniale, di entità economica oggettivamente minima,

      il giudice di legittimità ha ritenuto il difetto,

      ex

      art. 100 c.p.c.

      , dell'interesse a promuovere l'espropriazione forzata, avendo peraltro escluso che ne possa derivare la violazione dell'

      art. 24 Cost.

      , dovendosi contemperare la tutela del diritto di azione con le regole di correttezza e buona fede, nonché con i principi del giusto processo e della durata ragionevole dei giudizi

      ex

      art. 111 Cost.

      e

      art. 6 CEDU

      (

      Cass. civ., 3 marzo 2015 n. 4228

      ).

Titoli di formazione giudiziale e titoli di formazione stragiudiziale

In concreto, il titolo può essere sia di formazione giudiziale (sentenza o altro provvedimento del giudice, a cui la legge riconosce efficacia esecutiva), sia di formazione stragiudiziale.

Ai fini che qui rilevano, la differenza dell'origine del titolo è sostanziale, in vista della individuazione di quali siano i profili opponibili in sede esecutiva, e quindi della individuazione dei rapporti tra motivi di impugnazione del provvedimento giudiziale, e motivi di possibile opposizione all'esecuzione.

Per i titoli giudiziali

, la prima ipotesi, come si è anticipato, riguarda il caso nel quale il titolo giudiziale sia in realtà inesistente (oltre alle eventualità già viste, può menzionarsi anche la mancata pubblicazione della sentenza), ovvero ancorché esistente, sia caratterizzato da un vizio che non sia possibile impugnare con gli ordinari mezzi di gravame (

Cass. civ., Sez. I

,

3 settembre 2009

n. 19119

, in un caso nel quale si è ammesso che la sussistenza delle condizioni che legittimano la dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo, ai sensi dell'

art. 647

c.p.c.

, è sindacabile esclusivamente nel giudizio di opposizione, promosso ai sensi dell'

art. 645

o dell'art.

650

c.p.c.

, ma anche nel giudizio di opposizione all'esecuzione intrapresa in base al decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo, non essendo previsto alcun mezzo d'impugnazione avverso il relativo decreto, e non essendo proponibile il ricorso per cassazione).

Mette conto evidenziare, ai fini della individuazione delle sentenze suscettibili di essere considerate esecutive ai sensi dell'

art. 282 c.p.c.

, quanto affermato dalle

sezioni unite

(

Cass. civ., Sez.

U., 22 febbraio 2010

n. 4059

), che trattando della sentenza costitutiva emessa ai sensi dell'

art. 2932

c.c.

, hanno chiarito come l'esecutività provvisoria,

ex

art. 282

c.p.c.

, sia limitata ai capi della decisione che sono compatibili con la produzione dell'effetto costitutivo in un momento successivo, e non si estende a quelli che si collocano in rapporto di stretta sinallagmaticità con i capi costitutivi relativi alle modificazione giuridica sostanziale, con la conseguenza che essa non possa pertanto essere riconosciuta al capo decisorio relativo al trasferimento dell'immobile contenuto nella sentenza di primo grado, né alla condanna implicita al rilascio dell'immobile in danno del promittente venditore, poiché l'effetto traslativo della proprietà del bene scaturente dalla stessa sentenza si produce solo dal momento del passaggio in giudicato, con la contemporanea acquisizione dell'immobile al patrimonio del promissario acquirente destinatario della pronuncia.

La seconda ipotesi è che invece il titolo giudiziale sia esistente, ancorché affetto da una nullità non insanabile. In tale evenienza il vizio integra in realtà un motivo di gravame, e può condurre all'impugnazione della decisione, nel solo ambito del giudizio di merito nel quale essa sia stata emessa.

Anche i fatti estintivi o impeditivi anteriori alla formazione del titolo giudiziale sono suscettibili di essere eccepiti solo nel procedimento di merito, e non anche in sede di opposizione esecutiva. E ciò perché nel giudizio di opposizione all'esecuzione, iniziata in base ad un titolo esecutivo giudiziale, non possono essere sollevate eccezioni anteriori alla formazione del titolo stesso, le quali si sarebbero dovute far valere unicamente nel procedimento conclusosi con il titolo posto in esecuzione (

Cass. civ.,

Sez.

III

,

24 luglio 2012

n. 12911

). Ad esempio si è rilevato in giurisprudenza (

Cass. civ.,

Sez.

III

, 25

marzo

1999

n. 2822

) che la compensazione, quale fatto estintivo dell'obbligazione, possa essere dedotta come motivo di opposizione all'esecuzione forzata, fondata su titolo esecutivo giudiziale coperto dalla cosa giudicata, solo qualora il credito fatto valere in compensazione, rispetto a quello per cui si procede, sia sorto successivamente alla formazione di quel titolo, mentre in caso contrario resta precluso dalla cosa giudicata, che impedisce la proposizione di fatti estintivi od impeditivi ad essa contrari (ma come rilevato da Cass. civ., Sez. III, 20 febbraio 1978 n. 821, a conclusioni diverse si giunge quando l'espropriazione forzata sia stata promossa per il soddisfacimento di un credito per spese giudiziali liquidate nella sentenza costituente titolo esecutivo, nel qual caso il debitore può, con opposizione all'esecuzione, eccepire in compensazione un suo credito, anche se sorto anteriormente alla formazione del giudicato, in quanto il credito relativo alle spese giudiziali non viene accertato in esito a un giudizio in cui la parte avrebbe potuto far valere la compensazione, ma deriva, come conseguenza automatica, dalla mera soccombenza). Altra ipotesi (su cui

Cass. civ.,

Sez.

III

,

31 maggio 2005

n. 11581

) è quella della transazione, per la quale quando sopravvenuta (come anche nel caso della rilevanza estintiva del debito a seguito di pagamento) è possibile discutere in sede di opposizione alla esecuzione, perché il giudicato non si forma in relazione ai fatti che non avrebbero potuto essere dedotti nel giudizio di merito, essendo sopraggiunti in una fase del processo di cognizione che non consente nuove allegazioni difensive.

Per i titoli stragiudiziali

la regolamentazione è ovviamente diversa, non essendovi l'impedimento derivante dalla necessità di garantire la valutazione delle ragioni del debitore nella sola sede giudiziaria. Ne consegue che in quest'ultima eventualità, pertanto, il debitore possa contrastare la pretesa esecutiva del creditore con la stessa pienezza dei mezzi di difesa consentita nei confronti di una domanda di condanna o di accertamento del debito, e che il giudice dell'opposizione possa rilevare d'ufficio non solo l'inesistenza, ma anche la nullità del titolo esecutivo nel suo complesso o in singole sue parti, non vigendo in materia il principio processuale della conversione dei vizi della sentenza in mezzi di impugnazione (

Cass.

civ.

,

Sez.

III

,

14

ottobre

2011

n. 21293

). Tra le ipotesi trattate in giurisprudenza quella con cui si è contestato il diritto del creditore a procedere «in executivis» sulla base di una cambiale priva di efficacia esecutiva, in quanto redatta su modulo estero e perciò privo di bollo (

Cass. civ.,

Sez.

VI

-

III

, Ord

.

14

giugno

2011

n. 13039

); quella con cui, con riguardo ad assegno bancario, si è sostenuto il difetto della efficacia esecutiva per post-datazione dell'assegno medesimo, con conseguente irregolarità fiscale, e si è quindi negato il diritto del creditore di procedere «in executivis» (Cass. civ., Sez. I, 21 gennaio 1985 n. 191).

Profili processuali

Quanto alle modalità di proposizione dell'opposizione preventiva, l'

art. 615 c.p.c.

dispone che essa si instauri con citazione, davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio, a norma dell'art. 27 (ma con ricorso quando il titolo esecutivo giudiziale sia stato emesso in una controversia che preveda tale forma di atto introduttivo, fermo comunque il principio del raggiungimento dello scopo –

Cass. civ.,

Sez.

III

,

1

agosto

1994

n. 7173

).

La legittimazione passiva

spetta certamente al creditore procedente. In giurisprudenza (

Cass. civ.,

Sez.

III

,

8

maggio

1991

n. 5146

) è poi sostenuta la tesi secondo la quale la legittimazione passiva spetti anche ai creditori intervenuti, muniti di titolo esecutivo, che abbiano compiuto singoli atti del procedimento, e ciò diversamente che nelle cause di opposizione agli atti esecutivi, nelle quali sono passivamente legittimati e litisconsorti necessari non solo il creditore procedente, ma anche i creditori intervenuti e tutti gli altri interessati. Caso diverso è quello in cui l'opposizione sia fondata sull'estinzione del processo esecutivo, che invece comporta il litisconsorzio necessario di tutti i creditori presenti nel processo stesso, in quanto producendosi in seguito alla declaratoria di estinzione effetti sostanziali definitivi nei confronti di tutti costoro (vale a dire la liberazione del bene pignorato -con l'inefficacia degli atti compiuti-, o la consegna della somma ricavata al debitore -se l'estinzione avviene dopo l'aggiudicazione e l'assegnazione-), la relativa pronuncia non può essere emessa che nei confronti di tutti quei creditori che, per essere presenti nel processo esecutivo, ne debbono subire le eventuali statuizioni e le correlative conseguenze (

Cass. civ.,

Sez. III,

20 giugno 2011

n. 13476

).

È ammissibile una domanda riconvenzionale diretta a costituire un nuovo titolo esecutivo, che si aggiunga a quello per cui si procede o che ad esso si sostituisca per un'esecuzione diversa da quella iniziata (

Cass. civ.,

Sez.

II

,

14 febbraio 1996

n. 1107

).

Quanto al regime di impugnazione della sentenza che decide il giudizio di opposizione, laddove a seguito delle modifiche introdotte dalla

legge 26 febbraio

2006 n. 52

, essa era espressamente dichiarata non impugnabile, la riforma del 2009, nel riformulare l'

art. 616 c.p.c.

, ha reso impugnabile con l'appello tale sentenza (resta non impugnabile la sola decisione resa nella opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'

art. 617 c.p.c.

). In sostanza restano non impugnabili le sole sentenze pubblicate tra l'1 marzo 2006 e il 4 luglio 2009.

La competenza per valore va individuata tenendo conto del principio secondo cui il valore delle cause di opposizione a precetto si determina, ai sensi dell'

art. 17 c.p.c.

, comma 1, con riferimento alla somma precettata nella sua interezza, che è il credito per cui esecutivamente si procede, e non alla minor somma in contestazione (

Cass. civ.

,

Sez. VI

-

III

, Ord., 18

novembre

2014, n. 24546

).

Prevale però il criterio della competenza per materia, quando la questione che investe l'opposizione preveda la competenza per materia di un determinato giudice (come nel caso delle sezioni specializzate agrarie -

Cass. civ.,

Sez. III, 7

dicembre

2000, n. 15523

- o come nel caso dell'

art 618

-

bis

c.p.c.

secondo cui per le controversie di lavoro le opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi sono disciplinate dalle norme della

legge 11 agosto 1973 n. 533

, in quanto applicabili, sicché rientrano nella competenza del giudice del lavoro (Cass. civ., Sez. III, 10 ottobre 1977 n. 4314; Cass. civ., Sez. III, 26 giugno 1979 n. 3573).

La competenza per territorio

si radica in capo all'ufficio giudiziario del luogo in cui il creditore ha dichiarato la residenza o eletto domicilio, purché in tale luogo si trovino i beni del debitore da sottoporre ad esecuzione

(art

t

. 27,

480 comma 3 c.p.c.

). In caso di mancata dichiarazione o elezione di domicilio, la competenza per territorio si radica nel luogo in cui il precetto è stato notificato, quindi nel luogo di residenza del debitore. Dovendosi comunque aver riguardo in via principale al luogo nel quale si trovino i beni sui quali procedere in via esecutiva (

Corte

C

ost., 19

giugno

1973, n. 84

), quando la dichiarazione o elezione di domicilio siano riferite a circondario nel quale non vi siano beni suscettibili di esecuzione, l'opponente potrà introdurre la causa in base al criterio sussidiario del luogo di notifica del precetto, salva la possibilità per il creditore di dimostrare che nel diverso luogo vi fossero beni utilmente idonei alla esecuzione (ma la notifica dell'atto introduttivo del giudizio di opposizione dovrà comunque essere fatta presso la residenza dichiarata o nel domicilio eletto dal creditore, e solo in mancanza di tali indicazioni nel luogo in cui il precetto sia stato notificato, presso la cancelleria del giudice competente per l'esecuzione –

Cass. civ.,

Sez

.

III

,

20 luglio 2011

n. 15901

, sulla base di

Corte Cost. n. 480/2005

- derivandone in caso contrario l'inesistenza della notifica –

Trib. Bari, 10 luglio

2012

). Resta comunque ferma, per il creditore che abbia dichiarato o eletto domicilio, la competenza in tale foro, quando il debitore abbia ivi introdotto l'opposizione.

Per approfondimenti

ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957;

ARIETA – DE SANTIS, L'esecuzione forzata, in Trattato di diritto processuale civile a cura di CAPPONI, Manuale di diritto dell'esecuzione civile, Torino, 2010;

CASTORO, Il processo esecutivo nel suo aspetto pratico, Milano, 2006;

COMOGLIO, L'esecuzione forzata, in Comoglio, Ferri, Taruffo, Lezioni sul processo civile, Bologna, 2011;

GARBAGNATI, voce Opposizione all'esecuzione, in Novissimo dig. it., XI, 1965;

IMPAGNATIELLO, La provvisoria esecutività delle sentenze costitutive, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1992, 47;

LUISO, Diritto processuale civile, Milano, 2011;

MANDRIOLI, voce Opposizione, in Enciclopedia del diritto, XXX, Milano, 1980;

MONTESANO – ARIETA, Padova, 2007;

REDENTI VELLANI, Diritto processuale civile, Milano, 2011;

SOLDI, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova, 2016;

VACCARELLA, Titolo esecutivo, precetto, opposizioni, in Giur. sist. dir. proc. civ., a cura di Proto Pisani, Torino, 1993;

VULLO, Le opposizioni in materia di lavoro, di previdenza e di assistenza: l'

art. 618 bis

c.p.c.

in Riv. esec. forz., 2013, 518.