Datore di lavoro con sede nella Repubblica Ceca e impugnativa del licenziamento secondo il rito Fornero in Italia: di chi è la giurisdizione?

Redazione scientifica
14 Marzo 2017

Il giudice italiano ha giurisdizione nel caso in cui la controversia riguardi l'impugnativa del licenziamento nelle forme del rito Fornero, anche quando il datore di lavoro abbia sede in un altro Stato membro dell'Unione europea, purchè il lavoratore-ricorrente svolga abitualmente la propria attività in Italia o in Italia sia situata la sede d'attività presso la quale era stato assunto lo stesso lavoratore.

Il caso. La società L. s.r.o., avente sede nella Repubblica Ceca, proponeva regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo che venisse dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano nella controversia instaurata avanti al Tribunale di Reggio Emilia, avente ad oggetto l'impugnativa del licenziamento da parte del signor G.T., proposta con ricorso ex. l. n. 92/2012 (cd. Rito Fornero).

La ricorrente riferisce che aveva già eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione, ma che il Tribunale adito aveva con ordinanza respinto tale eccezione dal momento che il lavoratore-ricorrente era residente da anni in Italia, paese in cui la stessa società L. s.r.o. lo aveva assunto e pertanto andava applicato il diritto italiano in base al principio del favor lavoratoris.

Il signor G.T. resisteva con controricorso e chiedeva che lo stesso regolamento fosse dichiarato improcedibile dal momento che la questione di giurisdizione era già stata decisa con ordinanza dal Tribunale.

Nel rito: ammissibile. «Il presente regolamento preventivo di giurisdizione» - spiegano le adite Sezioni Unite - «va dichiarato ammissibile», essendo lo stesso stato proposto nella prima fase del procedimento di impugnativa del licenziamento ex art. 1, comma 47 e ss, l. 28 giugno 2012, n. 92.

Invero, dopo la fase iniziale concentrata e deformalizzata, «il procedimento, nella fase dell'opposizione, si riespande alla dimensione ordinaria della cognizione piena nel medesimo grado, con accesso per le parti a tutti gli atti di istruzione ammissibili e rilevanti».

Specificano poi i Giudici Supremi che «la fase oppositoria (nell'ambito del giudizio di primo grado) possa configurarsi come la riproduzione dell'identico itinerario logico decisionale già seguito per pervenire all'ordinanza opposta, la quale – in esito alla fase di opposizione – è destinata ad essere assorbita nella situazione definitiva che conclude il primo grado di giudizio».

Alla luce di quanto detto, è pacifico che l'avvenuta emissione di uno specifico provvedimento sulla giurisdizione – nel caso in esame l'ordinanza del Tribunale di rigetto dell'eccezione di difetto di giurisdizione - «non esclude l'ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione della prima fase del procedimento de quo».

Nel merito: rigettato. Passando poi ad esaminare il merito del regolamento, le Sezioni Unite respingono la questione affermando la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano.

D'altronde al caso in esame deve applicarsi il Reg. Ue n. 1215/2012, in base al quale: «il datore di lavoro domicialiato nel territorio di uno Stato Membro può essere convenuto davanti ai giudici del luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività o a quello dell'ultimo luogo in cui la svolgeva abitualmente [...] o davanti all'autorità giurisdizionale del luogo in cui è o era situata la sede d'attività presso la quale è stato assunto».

Non possono, in conclusione, esservi dubbi sulla sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, poiché:

  1. Il lavoratore nato in Romania era cittadino italiano e da anni era residente in Italia ove aveva anche il proprio domicilio;
  2. La società, pur avendo sede nella Repubblica Ceca, aveva in Italia una propria iscrizione Inps, Inail e un codice di azienda a fini fiscali;
  3. L'assunzione del lavoratore era stata effettuata in Italia ove si era perfezionato il licenziamento;
  4. Le stesse parti avevano pattuito di applicare al rapporto di lavoro il diritto sostanziale italiano e nell'intimazione del licenziamento la società aveva espressamente fatto riferimento alla normativa italiana.

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