Negoziazione assistita e termine entro il quale intraprendere l'azione giudiziaria

18 Aprile 2017

Entro quale termine – dall'avverarsi della condizione di procedibilità dell'esperimento della procedura di negoziazione assistita – si può intraprendere l'azione giudiziaria?

Entro quale termine – dall'avverarsi della condizione di procedibilità dell'esperimento della procedura di negoziazione assistita – si può intraprendere l'azione giudiziaria?

La risposta potrebbe apparire agevole ma la farraginosità del dato normativo ha ingenerato numerosi dubbi negli operatori del diritto.

La legge (il d.l. 132/2014 conv. in l. 162/2014), infatti, non prescrive soltanto un limite di tempo massimo entro cui rispondere all'invito alla negoziazione (art. 4, comma 1), ma anche quello entro cui la parte che abbia ricevuto il diniego dall'avversario possa procedere in giudizio.

Chi riceve un invito alla negoziazione assistita ha trenta giorni di tempo, dalla ricezione dell'invito medesimo, per decidere se accettare o meno di sottoscrivere la convenzione di negoziazione assistita; in particolare, la parte potrà dichiarare di non aderire all'invito, ovvero, la stessa parte – che non voglia trovare l'accordo bonario – potrà lasciare decorrere il termine suddetto, in quanto la mancata risposta nei trenta giorni equivale all'espresso rifiuto di aderire. In tali casi il procedimento di negoziazione si considera esperito con esito negativo (cfr. art. 3, comma 2, d.l. n. 132/2014 conv. in l. n. 162/2014).

Ciò premesso, quanto al termine entro il quale esperire l'azione giudiziale l'art. 8 d.l. n. 132/2014 conv. in l. n. 162/2014 afferma che “Dal momento della comunicazione dell'invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita ovvero della sottoscrizione della convenzione si producono sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data è impedita, per una sola volta, la decadenza, ma se l'invito è rifiutato o non è accettato nel termine di cui all'articolo 4, comma 1, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal rifiuto, dalla mancata accettazione nel termine ovvero dalla dichiarazione di mancato accordo certificata dagli avvocati”. Orbene, con riferimento al termine per introdurre l'azione giudiziale, occorre segnalare come si sia registrata una diversità di opinioni nonostante l'espressa previsione di legge.

Secondo un primo orientamento la parte invitante deve proporre la domanda giudiziale (ossia notificare la citazione o depositare il ricorso) entro i trenta giorni successivi al rifiuto (se espresso) o alla mancata accettazione nel termine. L'orientamento in questione ritiene che, se la parte che intende agire in giudizio non rispetta tale termine di decadenza, sulla base della lettura dell'art. 8 (“…Dalla stessa data è impedita, per una sola volta, la decadenza,…”), essa dovrà ripercorrere nuovamente l'iter dell'invito alla negoziazione assistita con conseguente attesa di ulteriori trenta giorni e con tutte le conseguenze che ciò potrebbe comportare sul decorso dei termini di prescrizione e decadenza dell'azione giudiziaria.

Secondo un diverso orientamento, successivamente al rifiuto (se espresso) o alla mancata accettazione nel termine, l'invitante potrà esperire l'azione giudiziaria nel termine di prescrizione e/o di decadenza (qualora previsto) relativo all'azione giudiziaria da proporre.

A sommesso parere di chi scrive il primo orientamento risulta essere frutto di una errata interpretazione del non chiaro dato normativo. Pertanto, ritengo che la risposta al suindicato quesito debba essere nel senso che l'azione giudiziaria può essere intrapresa nel termine di prescrizione e/o di decadenza (qualora previsto) relativo all'azione da proporre. In effetti, la norma sembra voler stabilire che, qualora la legge (relativamente a una determinata e specifica fattispecie concreta) preveda un determinato termine di decadenza, una volta decorso il termine di trenta giorni dal diniego o dalla mancata risposta, la causa debba essere iniziata entro il termine di decadenza eventualmente previsto per quella fattispecie concreta, il quale comincia a decorrere nuovamente (dopo l'interruzione) con lo scadere dei suddetti trenta giorni. In altri termini, a parere di chi scrive, con l'espressione “…entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal rifiuto…” contenuta nell'art. 8 d.l. n. 132/2014 conv. in l. n. 162/2014, il legislatore ha inteso fare riferimento non già al termine di trenta giorni dal diniego o dalla mancata risposta immediatamente prima richiamato in tale disposizione, bensì al termine di decadenza eventualmente previsto dalla legge relativamente a quella determinata fattispecie concreta.

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