Risoluzione del contratto di azienda: sequestro giudiziario ex art. 670 c.p.c. o cautela atipica ex art. 700 c.p.c.?

Caterina Costabile
14 Maggio 2016

L'esperienza giurisprudenziale dimostra che nella crisi del rapporto contrattuale di affitto di azienda possono teoricamente trovare spazio tanto la cautela tipica del sequestro giudiziario dell'azienda, quanto la cautela atipica della anticipazione degli effetti restitutori della emananda sentenza di risoluzione del contratto. Le due soluzioni tendono, infatti, a garantire differenti situazioni, atteso che la riacquisizione del compendio aziendale offre al concedente utilità ulteriori e diverse rispetto alla mera custodia o alla gestione temporanea dell'azienda.
Il sequestro giudiziario e la risoluzione del contratto di affitto di azienda

Il sequestro giudiziario costituisce una misura cautelare rivolta ad assicurare, in via preventiva, la fruttuosità e la concreta attuabilità di futuri provvedimenti giurisdizionali comunque attinenti alla proprietà o al possesso di un bene. Pertanto, ove sussista il timore che la durata del processo possa incidere sulla conservazione del cespite, si può adottare siffatta misura cautelare che consenta la gestione controllata del suddetto bene.

Il sequestro giudiziario può essere autorizzato non soltanto in relazione ad azioni di rivendicazione, reintegrazione o manutenzione, ma anche ad azioni di tipo personale che tendano a conseguire la restituzione o il rilascio di cosa pervenuta nella disponibilità altrui.

La misura cautelare in esame presuppone che sussista una controversia sulla proprietà o sul possesso del bene e che all'esito del giudizio di merito vi sia una pronuncia restitutoria, avendo tuttavia la giurisprudenza di legittimità considerevolmente dilatato i confini della tutela ammettendola, non solo per le azioni reali (così come sembrerebbe suggerire il tenore letterale dell'art. 670 c.p.c.), ma anche per quelle personali che comportino comunque una restituzione del bene, ribadendo l'incompatibilità del sequestro giudiziario soltanto con le azioni meramente dichiarative.

Dunque, ai fini della concedibilità del sequestro giudiziario, si è in presenza di una controversia sulla proprietà o il possesso non soltanto quando siano o saranno esperite le caratteristiche azioni di rivendica, di manutenzione o di reintegrazione, ma anche nel caso in cui sia stata proposta o debba proporsi un'azione contrattuale che, se accolta, importi condanna alla restituzione di un bene, come nelle ipotesi di azioni personali aventi ad oggetto la restituzione della cosa da altri detenuta. Ciò in quanto, il termine "possesso", usato dall'art. 670 c.p.c. unitamente a quello di proprietà, non va inteso in senso strettamente letterale, rientrando in esso anche la detenzione (cfr. Cass. civ., sez. U., 9 gennaio 1995, n. 215; Cass. civ., sez. II, 13 dicembre 1985, n.6301).

In conseguenza di ciò, deve ritenersi ammissibile il sequestro giudiziario in ogni ipotesi in cui risulti proposta, o debba proporsi, l'azione di risoluzione, rescissione, nullità o annullamento o accertamento della simulazione di un rapporto obbligatorio che si riferisca ad un bene suscettibile di formarne oggetto, sempre che a tali azioni sia collegata la pretesa di ottenere la riconsegna dello stesso bene. La misura cautelare di cui si pretende l'emanazione, essendo teleologicamente indirizzata ad assicurare nelle more del giudizio di merito la custodia e la gestione del bene, presuppone difatti che del medesimo bene venga necessariamente chiesta la restituzione (cfr. Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 1993, n. 10333; Cass. civ., sez. II, 15 giugno 1981, n. 3885).

Ai fini della concessione del sequestro giudiziario è, inoltre, richiesta la sussistenza della necessità di provvedere alla conservazione e alla custodia dei beni sui quali deve eseguirsi la misura cautelare, il che si verifica soltanto quando lo stato di fatto esistente in pendenza del giudizio comporti il concreto pericolo che si verifichino deterioramenti, sottrazioni o alterazioni dei beni tali da pregiudicare l'attuazione del diritto controverso, con la conseguente necessità di sottrarre i beni stessi alla libera disponibilità del sequestrato (cfr. Cass. civ., sez. II, 27 settembre 1993, n. 9729).

In presenza di tutti i summenzionati presupposti si ritiene, quindi, possibile l'emissione della misura cautelare del sequestro giudiziario dell'azienda con conferimento al custode dei poteri di amministrazione e gestione della stessa (cfr. Cass. civ., sez. I, 21 gennaio 2004, n. 877; Cass. civ., sez. I, 21 giugno 2000, n. 8429; Trib. Torino, 7 febbraio 2012 in Giur. it. 2013, 581; Trib. Nola, 11 gennaio 2011; Trib. Verona, 21 maggio 2008, in Foro it. 2008, 6, I, 2026; Trib. Bari, 3 agosto 2006, in Giur. merito 2007, 2, 356).

è stato, inoltre, evidenziato che l'azienda, quale complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa, è compiutamente identificata mediante la specificazione del tipo di attività svolta e dei locali nei quali essa è esercitata, trattandosi di indicazioni idonee a comprendere tutti i beni presenti in detti locali e destinati allo svolgimento dell'attività, mentre la analitica individuazione di detti beni rileva al solo scopo di prevenire eventuali contestazioni in ordine alla riconducibilità degli stessi alla azienda: pertanto, il sequestro giudiziario dell'azienda è validamente eseguito indicando nei relativi atti gli elementi indispensabili a permetterne l'individuazione, non occorrendo la specifica elencazione di tutti i beni che la cfr.compongono

(cfr.Cass. civ., sez. I, 21 gennaio 2004, n. 877). Invero, la mancata indicazione dei singoli componenti l'azienda destinati a formare specifico oggetto del sequestro giudiziario non è causa di invalidità od inefficacia di esso, a differenza che nel caso di sequestro conservativo, in cui la puntuale individuazione e descrizione dei beni assume la funzione di render noto lo specifico oggetto della garanzia patrimoniale riconosciuta al creditore procedente (cfr. Cass. civ., sez. I, 21 giugno 2000, n. 8429).

La fruibilità della tutela innominata ex art. 700 c.p.c. in caso di risoluzione del contratto di affitto di azienda

La possibilità di beneficiare della misura cautelare tipica del sequestro giudiziario del complesso aziendale pone il problema di verificare la fruibilità della tutela innominata in caso di risoluzione del contratto di affitto di azienda.

Per valutare l'ammissibilità dell'azione ex art. 700 c.p.c. occorre difatti verificare se, in astratto, e, quindi, indipendentemente dalle ragioni che in concreto ostano all'esercizio dell'azione o la rendono infondata nel merito, l'ordinamento appresti una forma tipica di tutela che consenta di conseguire, in via d'urgenza, gli stessi effetti della misura innominata richiesta.

La residualità della misura cautelare atipica ex art. 700 c.p.c. postula, dunque, che essa costituisca l'unico strumento fruibile al fine di rimuovere una situazione di pregiudizio non solo imminente ed irreparabile, bensì pure non altrimenti eliminabile con un'altra misura cautelare.

La riserva, inoltre, opera non tanto con riferimento al tipo di diritto sostanziale ma alla natura del concreto periculum in mora: di tal che, ad esempio, anche la proprietà o le situazioni creditorie possono essere cautelate con la tutela atipica ex art. 700 c.p.c. ove si tratti di scongiurare minacce cui il sequestro giudiziario o il sequestro conservativo non porrebbero rimedio. In tal senso depone pure la constatazione della atipicità dei contenuti normativi della disposizione in questione e della discrezionalità concessa al giudice nella scelta del provvedimento più adatto alle esigenze della singola fattispecie.

Il ricorso alla cautela innominata resta, pertanto, inammissibile allorquando l'istante possa concretamente disporre o, magari abbia già usufruito, di un'azione cautelare tipica in grado di raggiungere un equivalente grado di abilità a neutralizzare il pregiudizio paventato dal richiedente.

Per tale ragione, secondo un orientamento giurisprudenziale, il rilascio dell'azienda ex art. 700 c.p.c. non sarebbe ammissibile, in ragione della possibilità di azionare lo strumento tipico del sequestro giudiziario.

Tale misura, in particolare, qualora accompagnata dalla nomina di un custode nella persona di soggetto diverso dal resistente, ben potrebbe scongiurare, nelle more del giudizio di accertamento della risoluzione del contratto, il verificarsi degli effetti pregiudizievoli lamentati in quanto la eventuale custodia dell'azienda affidata a soggetto diverso dal resistente, eliminerebbe i rischi connessi alla permanenza di quest'ultimo nell'azienda (cfr. Trib. Nola, 26 luglio 2011).

In altre pronunce si è, di contro, evidenziato che lo strumento del provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. si distingue rispetto alla cautela del sequestro giudiziario disciplinato dall'art. 670 c.p.c. in quanto: a) consente al beneficiario della misura preventiva di disporre liberamente del proprio bene e, quindi, di sfruttarlo pienamente e senza alcun vincolo; b) permette di evitare l'instaurazione del giudizio di merito e mantenere, ciò nonostante, l'efficacia del provvedimento cautelare, come previsto dall'art. 669-octies comma 6 c.p.c.; c) favorisce anche la conclusione (a migliori condizioni) di nuovi contratti di affitto del ramo d'azienda con terzi, che non saranno preoccupati dalla pendenza di un giudizio vertente su quel bene (cfr. Trib. Parma, 18 febbraio 2013, in La Nuova Proc. civ., 2013, 5; Trib. Teramo, 11 febbraio 2010).

L'esperienza giurisprudenziale insegna, pertanto, che nella crisi del rapporto contrattuale di affitto di azienda possono teoricamente trovare spazio tanto la cautela tipica del sequestro giudiziario dell'azienda, quanto la cautela atipica della anticipazione degli effetti restitutori della emananda sentenza di risoluzione del contratto.

Le due soluzioni tendono, infatti, a garantire differenti situazioni, atteso che la riacquisizione del compendio aziendale offre al concedente utilità ulteriori e diverse rispetto alla mera custodia o alla gestione temporanea dell'azienda, e pertanto deve ritenersi che la tutela atipica per ottenere la restituzione dell'azienda può essere in astratto ritenuta ammissibile.

Il nocciolo della questione attiene, dunque, alla tipologia di periculum prospettato dal ricorrente.

Non possano difatti escludersi ipotesi particolari in cui debba reputarsi ammissibile la tutela cautelare atipica ex art. 700 c.p.c. dal momento che non sempre il pregiudizio che il diritto del ricorrente può subire nelle more del giudizio di cognizione piena può trovare la sua tutela tipica nella misura del sequestro giudiziario (cfr. Trib. Civitavecchia, 30 gennaio 2009; Trib. Ascoli Piceno, 24 marzo 2006, in Foro it. 2007, 5, I, 1621).

Tale misura, infatti, che consente la sottrazione del bene alla materiale disponibilità del detentore e la sua gestione da parte di un custode che assume i correlativi poteri/doveri volti alla migliore conservazione e amministrazione della res, è funzionale alla tutela contro il pregiudizio normalmente paventato in casi simili, ossia al pericolo di dispersione materiale dei beni aziendali ovvero del deterioramento dei medesimi e di perdita dell'avviamento, mentre possono esservi fattispecie nelle quali il pericolo di danno è connesso alla mancanza della piena disponibilità del bene da parte del proprietario (cfr. Trib. Firenze, 17 maggio 2005).

In tale prospettiva il provvedimento ex art. 700 c.p.c. appare ammissibile quando si deduce non solo il pericolo di dispersione dell'avviamento aziendale e di cattiva gestione per disinteresse della cessionaria, ma anche la possibile cessazione dell'attività di impresa conseguente alla perdita della licenza e allo sfratto per morosità dai fondi detenuti in locazione per il mancato pagamento dei canoni: una tale tipologia di pregiudizio porta a ritenere adeguata solo l'anticipazione, in via cautelare, del diritto alla restituzione dell'azienda nella diretta disponibilità dell'istante (cfr. Trib. Milano, 29 gennaio 2003, in Giur. it. 2004, 77).

Oppure, nella ipotesi in cui l'attività aziendale - precedentemente gestita dalla società conduttrice - sia totalmente cessata, posto che la nomina di un custode giudiziario potrebbe al più garantire la conservazione dello status quo senza evitare il grave pregiudizio per l'avviamento aziendale, che risulterebbe irrimediabilmente compromesso dal protrarsi della cessazione dell'attività aziendale (cfr. Trib. Piacenza, 12 giugno 2012; Trib. Civitavecchia, 25 maggio 2005).

In conclusione

La controversia relativa alla risoluzione per inadempimento del contratto di affitto di azienda legittima la concessione del sequestro giudiziario ex art. 670 c.p.c. quando è opportuno provvedere alla custodia o gestione temporanea dei beni che la compongono.

La fruibilità della cautela atipica ex art. 700 c.p.c. risulta invece possibile qualora il sequestro giudiziario non si appalesi uno strumento adeguato a garantire la possibilità di ottenere una completa soddisfazione delle posizioni soggettive asseritamente lese nei tempi necessari per la definizione del giudizio.

In definitiva, in caso di crisi del rapporto contrattuale di azienda, la tutela cautelare atipica deve ritenersi ammissibile solo quando l'interesse che muove il ricorrente ad agire coincide non con la «migliore conservazione della cosa fino alla decisione di merito», che ben potrebbe essere soddisfatta dalla misura del sequestro giudiziario, ma con il concreto utilizzo del complesso aziendale al fine di trarne le potenzialità produttive.

Guida all'approfondimento

In dottrina sul sequestro giudiziario dell'azienda:

Corsini, Sequestro giudiziario e circolazione di azienda, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2004, 1173;

Diana, Il sequestro conservativo e giudiziario, Milano, 2009, 275;

Provinciali, Sequestro di azienda, Napoli, 1960, 75.

Sull'attuazione del sequestro giudiziario di azienda:

Uselli, Attuazione del sequestro giudiziario di ramo di azienda, poteri di controllo del giudice cautelare, ruolo del custode ed efficace tutela dei diritti del sequestrante, in Giur. it. 2011, 1128.

Sul principio di residualità della tutela innominata:

Luiso, Diritto processuale civile. Volume IV, Milano, 2011, 221;

Giordano, Tutela cautelare uniforme. Prassi e questioni, Milano, 2008, 26;

Scarpa, I provvedimenti di urgenza. Art. 700 cod. proc. civ. (Magis imperii quam iurisdictionis), Milano, 2011, 8.

In ordine alla fruibilità della cautela innominata ex art. 700 c.p.c. per ottenere il rilascio dell'azienda:

Conte, Tutela del diritto alla restituzione dell'azienda tra sequestro giudiziario e provvedimento di urgenza, in Giur. it. 2004, 77.

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