Litispendenza nelle procedure concorsuali

Redazione scientifica
16 Agosto 2016

La Corte di Cassazione si esprime sulla litispendenza nelle procedure concorsuali, chiarendo come si debba escludere l'applicazione dell'art. 39 c.p.c. a favore delle norme previste dalla Legge Fallimentare.

Con la sentenza n. 16951/2016, depositata in Cancelleria il 10 agosto 2016, la Corte di Cassazione si è espressa in merito al tema della litispendenza nelle procedure concorsuali, chiarendo come, in questo ambito, si debba escludere l'applicazione dell'art. 39 c.p.c. a favore delle norme previste dalla l. fall.

Il caso. Una s.r.l. con sede in Molise, successivamente trasferitasi in Roma, è oggetto di istruttoria prefallimentare prima dinnanzi al Tribunale di Isernia,ed in seguito anche avanti al Tribunale di Roma. La società propone reclamo in appello eccependo la litispendenza della causa. La Corte d'appello rigetta tale eccezione rilevando la competenza del Tribunale di Isernia, non essendoci identità tra i soggetti istanti nei due diversi Tribunali.

La società ricorre dunque in Cassazione deducendo la violazione degli artt. 9-ter l. fall., art. 12 prel. e art. 39, comma 1, c.p.c., sostenendo che non era stata rilevata la litispendenza presso il Tribunale di Isernia, e neppure era stata disposta la cancellazione della causa dal ruolo.

La decisione della Corte di Cassazione. A parere del giudice di legittimità il motivo risulta infondato. In primis, infatti, la Corte ha constatato che la prima delle istanze fallimentari presentate presso il Tribunale di Roma era stata depositata decorso un anno dal trasferimento della sede legale della società da Isernia a Roma. Il Tribunale capitolino si è quindi ritenuto competente ratione loci ex art. 9 l. fall. e il solo decorso del termine di un anno «già di per sé radica correttamente la competenza territoriale del Tribunale di Roma ai sensi dell'art. 9 comma 2 l.f., poiché la delimitazione temporale di opponibilità del mutamento di sede, per come intervenuto nell'anno antecedente all'esercizio dell'iniziativa per la dichiarazione di fallimento, ha riguardo alla specifica singola istanza o richiesta e dunque alla sua data, condizionando la competenza […] del solo tribunale che ne sia investito». A riguardo, è opportuno ricordare che l'art. 9, comma 2, l. fall. prevede che ai fini della competenza non rilevi il trasferimento della sede della società, avvenuto nell'anno precedente l'iniziativa per la dichiarazione di fallimento.

La Suprema Corte esclude poi l'applicabilità dell'art. 39, comma 1, c.p.c. in quanto già in sede di giudizio di merito era stata accertata la divergenza delle parti nel procedimento fallimentare pendente avanti al Tribunale di Isernia rispetto a quello pendente avanti al Tribunale di Roma: i creditori infatti erano differenti.
I giudici di legittimità rilevano inoltre come in materia concorsuale non via sia una normativa riguardante i casi di pendenza di più procedimenti presso Tribunali diversi per la dichiarazione di fallimento di un unico debitore. Invero l'art. 9-ter l. fall. disciplina i casi di pluralità di pronunce dichiarative, per i quali la richiesta d'ufficio del regolamento di competenza ex art. 45 c.p.c. configura il rimedio alternativo alla trasmissione degli atti da parte del Tribunale pronunciatosi per ultimo.

La Corte prosegue evidenziando come gli atti compiuti in sede di procedure concorsuali godano di una certa “ratio conservativa”. Se il procedimento si apre a seguito della dichiarazione di fallimento da parte di un Tribunale incompetente, gli atti non perdono il loro valore a causa della trasmigrazione del processo, né tantomeno risulta necessario cassare la sentenza dichiarativa. Il procedimento infatti continuerà presso il Tribunale competente, senza che il fallimento possa essere revocato.

La Corte rigetta dunque il ricorso e chiarisce come in ipotesi di più procedimenti concorsuali azionati da creditori diversi e pendenti in Tribunali diversi, il conflitto debba essere regolato alla stregua dell'art. 9-ter l. fall., non essendo possibile l'applicazione dell'art. 39 c.p.c. riguardante i casi di litispendenza e continenza “ordinaria”.

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