Le Sezioni Unite precisano il termine entro il quale deve essere rinnovata la notifica non andata a buon fine

01 Giugno 2016

La parte che ha richiesto la notifica, non andata a buon fine per ragioni a lei non imputabili, appreso dell'esito negativo, deve attivarsi con immediatezza per riprendere il procedimento notificatorio conservando gli effetti collegati alla richiesta originaria.
Massima

La parte che ha richiesto la notifica, nell'ipotesi in cui la stessa non sia andata a buon fine per ragioni a lei non imputabili, appreso dell'esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve attivarsi con immediatezza per riprendere il procedimento notificatorio e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento entro un limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c. per ciascun mezzo di impugnazione, salvo circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa prova.

Il caso

In un procedimento dinanzi alla S.C. nel quale veniva in rilievo, nel merito, la questione afferente l'illegittimità dell'apposizione del termine ad alcuni contratti di lavoro subordinato, la parte resistente eccepiva l'inammissibilità del ricorso proposto per tardività.

Più in particolare, infatti, la decisione della Corte d'Appello oggetto di impugnazione, era stata pubblicata in data 20 agosto 2013. La ricorrente aveva chiesto il 12 agosto 2014 la notifica del ricorso per cassazione e, nel medesimo mese, aveva appreso che detta notifica non era andata a buon fine in ragione del trasferimento dei destinatari della stessa.

In data 15 ottobre 2014, la medesima parte ricorrente aveva quindi richiesto alla Corte di cassazione la concessione di un termine per la notifica, termine accordato dalla Corte, pur con la precisazione che «sarebbe stato poi il collegio giudicante a valutare l'idoneità delle giustificazioni e l'ammissibilità del ricorso».

La notifica era stata quindi eseguita in data 13 novembre 2014.

La questione

Le questioni processuali affrontate dalla pronuncia in commento sono in realtà due.

Invero, in primo luogo viene in rilievo, come sottolineato dalle Sezioni Unite in motivazione, il problema dell'imputabilità dell'errore sul domicilio del destinatario della notificazione e ciò ancor più nella fattispecie esaminata nella quale il trasferimento dello studio professionale dei difensori della parte resistente nel precedente grado di giudizio era avvenuto ancor prima della pubblicazione della sentenza impugnata.

Per l'ipotesi di ritenuta non imputabilità di tale errore, viene poi in rilievo la questione (principale) afferente il tempo che può considerarsi “congruo” entro il quale, a fronte dell'esito negativo di una prima notifica, il ricorrente è tenuto ad attivarsi per il perfezionamento del procedimento notificatorio.

Le soluzioni giuridiche

Mediante la pronuncia in esame, viene ribadito dalle Sezioni Unite, in ordine alla prima questione, il principio, già fatto proprio dalle stesse (cfr. Cass. civ., sez. un., 18 febbraio 2009, n. 3818), per il quale, al fine di verificare l'imputabilità dell'errore sul domicilio del legale nei confronti del quale è effettuata la notifica non andata a buon fine, occorre distinguere se si tratti di un difensore che svolge o meno le sue funzioni nello stesso circondario del richiedente la notifica.

Più in particolare, infatti, deve ritenersi che:

a) ove la notifica sia diretta ad un avvocato il quale eserciti la propria professione nello stesso circondario, è onere della parte interessata ad eseguire la notifica accertare, anche mediante il riscontro delle risultanze dell'albo professionale, quale sia l'effettivo domicilio professionale del difensore;

b) laddove, invece, la notifica debba essere compiuta nei confronti di un avvocati che svolga la propria attività in altro circondario, la parte notificante non è tenuta ad effettuare preliminarmente tali verifiche, nel senso che non potrà considerarsi errore imputabile alla stessa quello di aver eseguito la notifica presso il precedente indirizzo del difensore che, nelle more, si sia trasferito.

Pertanto, con più specifico riguardo alla fattispecie processuale posta all'esame delle Sezioni Unite nella decisione in esame, poiché la notifica doveva essere eseguita dalla ricorrente in un circondario diverso da quello di appartenenza, la prima questione è stata decisa nel senso della non imputabilità dell'errore.

Di conseguenza, le Sezioni Unite si sono concentrate sull'esame della seconda e principale questione processuale, costruendo un vero e proprio vademecum, in ordine agli oneri che, a fronte del mancato perfezionamento della prima notifica dell'atto di impugnazione, sono posti a carico del notificante.

Sotto un primo profilo, le Sezioni Unite ribadiscono che, al fine di riattivare il procedimento notificatorio, non è necessario formulare un'istanza di autorizzazione all'autorità giudiziaria, potendo e dovendo il notificante procedere in autonomia. Tale assunto è stato ben precisato dalle medesime Sezioni Unite mediante l'affermazione del principio in virtù del quale ove la notificazione dell'atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l'onere - anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio - di richiedere all'ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio (Cass. civ., sez. un., 24 luglio 2009, n. 17352).

Ciò premesso, la decisione in commento pone l'attenzione sui tempi entro i quali deve essere eseguita la nuova notificazione, una volta che la parte notificante abbia appreso che la prima notifica richiesta non sia andata a buon fine per causa a sé non imputabile.

Ancora una volta, la pronuncia trae le mosse dai principi sanciti da una precedente sentenza delle Sezioni Unite, che, peraltro, si è limitata a dettare, sul punto, canoni generici nella misura in cui ha precisato che «ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l'esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie» (Cass. civ., sez. un., 24 luglio 2009, n. 17352, cit).

L'importanza della pronuncia che si annota risiede principalmente in ciò che, a fronte del criterio generale enunciato in detto precedente, si sforza di individuare – per evidenti ragioni di certezza delle regole sul processo – un «tempo» preciso entro il quale la nuova notifica deve essere compiuta.

A riguardo, premesso che è ormai acquisito nella giurisprudenza di legittimità che l'attività della parte interessata a completare la notifica deve essere attivata con «immediatezza» una volta appresa la notizia dell'esito negativo della stessa e svolgersi con «tempestività», le Sezioni Unite sanciscono che il termine entro il quale deve avvenire il rinnovo della notifica deve essere «fissato in misura pari alla metà del tempo indicato per ciascun tipo di atto di impugnazione dall'art. 325 c.p.c.».

Tale decisione viene argomentata evidenziando che se il termine «pieno» di cui all'art. 325 c.p.c. è ritenuto congruo dal legislatore per l'espletamento delle ben più complesse attività che servono a predisporre e notificare un atto di impugnazione, può desumersi che lo spazio temporale volto alla soluzione dei problemi derivanti da difficoltà della notifica non può andare di regola oltre la metà dello stesso, salva la prova rigorosa, naturalmente a carico della parte notificante, in senso contrario.

Osservazioni

Rispetto alla questione principale - e realmente innovativa - che si poneva all'esame delle Sezioni Unite, ossia il termine entro il quale, non andata a buon fine la prima notifica dell'atto di impugnazione, deve essere eseguita la seconda notifica (onde conservare gli effetti “conservativi” in ordine al decorso del termine per interporre gravame correlati all'originaria notificazione), la pronuncia in esame assume una posizione senz'altro coraggiosa laddove sembra sostituirsi al legislatore nell'indicare precisamente tale termine, a differenza di quanto era avvenuto nella giurisprudenza precedente.

Ciò potrebbe apparire, prima facie, espressione della tendenza, talvolta manifestata negli ultimi anni, dalla nostra S.C. a trasformarsi in una Corte del precedente, alla medesima stregua delle Corti dei sistemi processuali di common law, Corte che «crea» la regola giuridica e non si limita ad interpretare o ad individuare la corretta applicazione di quella già esistente.

Questa osservazione può valere anche per la pronuncia in esame, con la dovuta precisazione, peraltro, che, nel persistente silenzio del legislatore in ordine alle modalità ed ai tempi di riattivazione del procedimento notificatorio, una volta che una prima notifica non è andata a buon fine, era doveroso che le Sezioni Unite indicassero una tempistica «certa» per evitare un'odiosa «geometria variabile» nell'esercizio del diritto ad impugnare che sarebbe derivata dall'applicare principi generali caso per caso.

Guida all'approfondimento

CERINO CANOVA, Sulla soggezione del notificante al termine breve di gravame, in Riv. dir. proc., 1982, 624.

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