Il progetto di distribuzione parziale e anticipata: l’art. 596 c.p.c. dopo la riforma del 2016

18 Luglio 2016

Anche l'ultimo segmento del processo esecutivo immobiliare, la distribuzione del ricavato, è stato interessato dall'ennesima riforma adottata con procedura d'urgenza (d.l. 3 maggio 2016, n. 59, conv. con mod. dalla l. 30 giugno 2016, n. 119), attraverso l'interpolazione dell'art. 596, comma 1, c.p.c., e l'introduzione di un ultimo comma nello stesso articolo, di nuovo conio. Tale intervento reca alcune difficoltà di coordinamento sistematico, nonostante le novità possano sembrare di mera natura operativa.Nella nota, vengono esaminate le novità legislative sul riparto “parziale” e “anticipato”, evidenziandone i punti fermi e i nodi critici, avuto riguardo alla precisa opzione legislativa di fondo, tesa ad anticipare per quanto possibile la soddisfazione dei creditori.
La riforma del 2016

La riforma del 2016 ha operato, tra l'altro, una duplice integrazione dell'art. 596 c.p.c.: dapprima, l'art. 4 d.l. n. 59/2016 ha interpolato il primo periodo del comma 1, disponendo che il giudice del'esecuzione o il professionista delegato, entro trenta giorni dal versamento del prezzo, debbano formare il progetto di distribuzione, che può essere «anche parziale», in tal caso non potendosi però superare il novanta per cento delle somme da ripartire; la legge di conversione (l. 30 giugno 2016, n. 119), a seguito del c.d. maxiemendamento governativo, ha poi inserito il nuovo comma 3, che regolamenta in via generale talune ipotesi di distribuzione in via anticipata e anche parziale delle somme da ripartire:

1) in favore dei creditori aventi diritto all'accantonamento a norma dell'art. 510, comma 3, c.p.c.;

2) in favore dei creditori i cui crediti costituiscono oggetto di controversia distributiva, ai sensi dell'art. 512 c.p.c.;

3) infine, in favore dei creditori che, dall'accertamento dell'insussistenza del diritto di credito per cui è stato disposto l'accantonamento ovvero oggetto di controversia distributiva, trarrebbero beneficio.

Nelle ipotesi previste dal nuovo comma 3, tuttavia, la distribuzione anticipata, anche parziale, del ricavato è subordinata alla presentazione di una «fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta», rilasciata da un istituto bancario, assicurativo o da un ente finanziario, secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione, che sia «idonea a garantire la restituzione alla procedura delle somme che risultino ripartite in eccesso, anche in forza di provvedimenti provvisoriamente esecutivi sopravvenuti, oltre agli interessi, al tasso applicato dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principali, a decorrere dal pagamento e sino all'effettiva restituzione».

La ratio legis e il sistema previgente

È evidente come lo scopo dell'intervento normativo, sul punto, sia quello di anticipare quanto più possibile la soddisfazione dei creditori. Ciò vale sia rispetto alla distribuzione “parziale”, sia rispetto a quella “anticipata” (o provvisoria), regolata dal nuovo comma 3.

Tuttavia, occorre evidenziare che la distribuzione parziale non è istituto del tutto nuovo, giacchè – a parte lo sporadico uso che se ne faceva nella prassi (v. infra) - il codice di rito la contempla anche al di fuori della previsione dell'art. 596 c.p.c.. Ciò si verifica, anzitutto, nel caso di conversione del pignoramento, come previsto dall'art. 495, comma 4, c.p.c., come modificato dalla riforma del 2015, essendo previsto che il giudice dell'esecuzione debba provvedere, ogni sei mesi, alla distribuzione parziale (ove concorrano più creditori), nel caso in cui il debitore sia stato ammesso alla rateizzazione (fino a trentasei mesi): l'utilizzo dell'indicativo presente («provvede») non lascia dubbi sul fatto che il giudice, in questo caso, sia tenuto a predisporre il progetto di distribuzione parziale, non essendogli demandata alcuna discrezionalità sul punto, a differenza di quanto invece previsto dal “nuovo” art. 596 c.p.c., come si dirà.

Altra ipotesi è regolata, nel caso di amministrazione giudiziaria, dall'art. 594 c.p.c., potendo il giudice disporre periodicamente l'assegnazione ai creditori delle rendite riscosse, secondo quanto previsto dagli artt. 596 ss. c.p.c..

Ancora, una terza ipotesi concerne il caso dei creditori destinatari dell'accantonamento, ex art. 510, comma 2, c.p.c., giacchè essi partecipano “virtualmente” alla distribuzione con gli altri creditori (nel senso che essi sono collocati nel progetto per grado e credito, ma la loro posizione è sterilizzata), e assistono alla percezione delle somme da parte di costoro, in quanto aventi pieno titolo al concorso (perchè titolati o “riconosciuti”): è evidente che tale distribuzione, in attesa dello scioglimento dell'accantonamento, non può che essere parziale, come può congruentemente evincersi dallo stesso art. 510, comma 3, c.p.c..

Non v'è poi dubbio che, in caso di opposizione distributiva, il giudice possa optare per una distribuzione parziale del ricavato ove adotti la sospensione parziale della distribuzione stessa, ai sensi dell'art. 512, comma 2, c.p.c.: in tal caso, infatti, il giudice dispone la distribuzione di quella sola parte del ricavato che non è oggetto della controversia distributiva, accantonando le somme la cui destinazione dipende dall'esito della lite.

La distribuzione parziale

Come è stato osservato in dottrina, la vera novità apportata dalla riforma del 2016 in tema di distribuzione è da individuare nella previsione della costituzione della riserva obbligatoria di almeno il 10% delle somme disponibili, ove il giudice o il p.d. optino per la distribuzione parziale. Si tratta di una disposizione sostanzialmente analoga a quella dettata per il riparto parziale nel fallimento dall'art. 113 l. fall. (ove si prevede che la riserva sia pari ad almeno il 20%), anche se va sin d'ora evidenziato che le problematiche del riparto parziale, nella procedura singolare e in quella concorsuale, sono affatto diverse, giacchè in tale ultimo caso la ripartizione è decisamente agevolata dall'esistenza dello stato passivo esecutivo, ex art. 97 l. fall., che governa e vincola il curatore nelle relative operazioni. Non senza evidenziare che, mentre nella procedura fallimentare il riparto parziale è senz'altro obbligatorio, giacchè il curatore, ai sensi dell'art. 110 l. fall., deve predisporre ogni quattro mesi un prospetto delle somme disponibili e un progetto di ripartizione, non sembra che l'art. 596 c.p.c. si ponga in termini analoghi (a differenza di quanto previsto, invece, in sede di conversione, ex art. 495, comma 4, c.p.c., come già evidenziato), come anche riconosciuto dalla stessa Relazione al d.l. n. 59/2016. Né, del resto, è previsto che la distribuzione parziale sia soggetta all'istanza di parte, anche se è facile prevedere un'attività sollecitatoria da parte dei creditori interessati: spetterà quindi al giudice (o al p.d., se previsto dall'ordinanza di delega) stabilire se e quanto distribuire parzialmente, col solo vincolo dell'accantonamento obbligatorio del 10% delle somme disponibili.

Ovviamente, per la determinazione di queste ultime occorre aver riguardo al disposto dell'art. 509 c.p.c., sicchè col progetto di distribuzione parziale non v'è dubbio possano ripartirsi, oltre al prezzo degli immobili già venduti (se del caso, avuto riguardo anche alle sole rate già versate, nell'improvvida ipotesi in cui il giudice abbia autorizzato il versamento rateale ex art. 574, comma 1, c.p.c., come modificato dalla riforma del 2015), i relativi canoni di locazione eventualmente percepiti dal custode, i proventi, le multe ex art. 587 c.p.c., le somme versate in sede di conversione ex art. 495, comma 5, c.p.c., e così via.

La distribuzione anticipata

Come già detto, la legge di conversione del d.l. n. 59/2016 ha introdotto il nuovo comma 3 dell'art. 596 c.p.c., che ha sostanzialmente lo scopo di smobilizzare le risorse in favore di quei creditori le cui sorti – circa il soddisfacimento del proprio credito – siano rimaste incagliate nelle trame della procedura e che, ordinariamente, avrebbero dovuto attenderne l'esito finale: i creditori che hanno ottenuto l'accantonamento, i creditori contestati, i creditori “contestanti” e coloro che, dal mancato consolidamento dell'accantonamento o comunque da un determinato esito della controversia distributiva in essere, trarrebbero beneficio (v. supra per la più puntuale loro individuazione).

Costoro possono oggi chiedere al giudice dell'esecuzione (e non anche al p.d., che ove richiesto dovrà far ricorso al giudice ai sensi dell'art. 591-ter c.p.c.) di ottenere la soddisfazione del proprio credito in via anticipata, prestando idonea fideiussione «a prima richiesta e senza eccezioni» rilasciata da soggetto rientrante in una o più categorie scelte dal giudice stesso tra «banche, società assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione”, e in grado di garantire «la restituzione alla procedura delle somme che risultino ripartite in eccesso, anche in forza di provvedimenti provvisoriamente esecutivi sopravvenuti, oltre agli interessi, al tasso applicato dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principali, a decorrere dal pagamento e sino all'effettiva restituzione».

La fideiussione, secondo la previsione normativa, dev'essere escussa o dal custode o dal professionista delegato, previa autorizzazione del giudice. Si noti che la previsione della duplice e alternativa legittimazione attiva, peraltro mutuata dallo stesso art. 574, comma 1, c.p.c., come novellato nel 2015, tradisce forse una certa confusione, da parte del legislatore, circa il ruolo e i poteri del custode da un lato e del professionista delegato dall'altro: nulla quaestio, ovviamente, nel caso in cui le due figure siano cumulate nella stessa persona fisica (come chi scrive ritiene ampiamente preferibile, per le evidenti economie di scala, anche informative, che si realizzano), ma ove così non sia, l'attività di escussione della fideiussione pare chiaramente rientrare nel concetto di “gestione attiva” tipicamente attribuita al custode, che dovrebbe quindi essere il naturale destinatario dell'ordine giudiziale.

Può infine discutersi se, anche nel caso di distribuzione anticipata, sia necessario procedere alla formazione della riserva del 10% delle somme disponibili. Secondo i primi commenti, poiché la previsione del primo comma riguarda comunque la distribuzione parziale (di cui quella “anticipata” costituisce sostanzialmente species), non v'è ragione di escludere la formazione della riserva, poiché – pur vero essendo che la fideiussione dovrebbe garantire l'integrale restituzione delle somme indebitamente distribuite – ne resta identica la ratio, ferma restando comunque l'opportunità che la procedura mantenga un margine di liquidità per ogni occorrenza.

Uno sguardo sulle più immediate ricadute sistematiche

La più immediata ricaduta sistematica della riforma del 2016 in materia di distribuzione concerne il rapporto tra il riparto parziale e anticipato rispetto al potere di intervento tardivo dei creditori. Infatti, com'è noto, nell'espropriazione immobiliare i creditori chirografari, ai sensi degli artt. 564 e 565 c.p.c., possono intervenire anche oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita (ossia, quella in cui effettivamente essa viene disposta – v. Cass. civ., sez. III, 18 gennaio 2012, n. 689), ma prima di quella di cui all'art. 596 c.p.c. (dovendo quindi intendersi che l'intervento è precluso dall'avvenuto inizio dell'udienza di discussione – in tal senso, Cass. civ., 31 marzo 2015, n. 6432); in questo caso, essi vengono postergati rispetto a tutti gli altri creditori, e verranno soddisfatti nei limiti del supero. I creditori privilegiati, al contrario, possono intervenire entro lo stesso termine, mantenendo però il proprio diritto di prelazione, ai sensi dell'art. 566 c.p.c..

Ora, poiché è indubbio che anche per la distribuzione parziale debba essere fissata l'udienza ex art. 596 c.p.c., è legittimo chiedersi se tale udienza segni il limite di preclusione temporale per l'intervento, ai sensi degli artt. 565 e 566 c.p.c., ovvero se non si debba aver riguardo, a tal proposito, esclusivamente all'udienza fissata per l'esame del progetto di distribuzione finale.

In proposito, la dottrina che per prima ha affrontato la questione propende, convincentemente, per la sicura proponibilità dell'intervento anche dopo la celebrazione dell'udienza ex art. 596 c.p.c., come può evincersi anche dalla circostanza che, a titolo prudenziale, il legislatore abbia comunque imposto la formazione dell'accantonamento minimo del 10% delle somme disponibili, per ogni evenienza; l'intervento così effettuato non sarà quindi efficace relativamente alla massa attiva oggetto della distribuzione parziale, ma spiegherà invece i “normali” effetti, previsti dagli artt. 565 e 566 c.p.c., rispettivamente, per i chirografari o i privilegiati, in relazione ai beni non ancora liquidati.

Tuttavia, il quadro potrebbe complicarsi, ove si ipotizzi che l'intervento tardivo (nel senso, cioè, che sia proposto oltre l'udienza per l'approvazione del progetto parziale) sia spiegato dal creditore titolare di causa di prelazione sul bene il cui ricavato è stato distribuito. Non essendo prevista una norma di contenuto analogo a quella dettata, per la procedura fallimentare, dall'art. 112 l. fall., che appunto lascia intatto il diritto del creditore privilegiato, tardivamente ammesso al passivo, di soddisfarsi sul ricavato del bene su cui la causa di prelazione insiste, le soluzioni sembrano due: o si applica, drasticamente, il disposto degli artt. 565 e 566 c.p.c., sicchè il privilegiato (ove non sia titolare di altre cause di prelazione sui restanti immobili non ancora liquidati), verrà degradato a chirografario tardivo postergato sulla restante massa da ripartire; oppure, in applicazione analogica del citato art. 112 l. fall. (identica apparendone, in effetti, la ratio), dev'essere garantito il suo diritto di soddisfarsi, prioritariamente, sul ricavato di quel bene, con la conseguenza che, in tal caso, la distribuzione come effettuata, oltre che per la parzialità, si connoterà anche per una sua intrinseca provvisorietà. E ciò, si noti, a prescindere dalla circostanza che il creditore iscritto abbia ricevuto l'avviso di cui all'art. 498 c.p.c..

Quanto precede, consiglia evidentemente che la distribuzione parziale sia evitata (o fortemente ridotta nel quantum) ove il creditore privilegiato non sia ancora intervenuto nella procedura.

Considerazioni sostanzialmente analoghe possono muoversi rispetto alla distribuzione anticipata, nei casi previsti dal nuovo comma 3.

In conclusione

Per quanto concerne la distribuzione “parziale”, come in parte anticipato, già nella prassi si provvedeva talvolta a distribuire parzialmente il ricavato, nel caso ad esempio di una pluralità di immobili pignorati, ovvero di vendita in più lotti, e la vendita non fosse stata ancora ultimata.

La realtà operativa, tuttavia, ha sinora sconsigliato un massiccio ricorso alla distribuzione parziale, perché chi opera ben conosce quali e quante difficoltà si nascondano nella redazione del progetto di distribuzione: anzitutto, la determinazione delle spese privilegiate ex art. 2770 c.c., evidentemente da liquidare in proporzione alla massa attiva da ripartire (a mero titolo di esempio: gli esborsi per la documentazione ipo-catastale, di cui all'art. 567 c.p.c., o per l'onorario dello stimatore, o anche per l'onorario del difensore del creditore procedente o degli intervenuti concorrenti, vanno tutti determinati in proporzione rispetto ai soli immobili per i quali il procedimento di vendita s'è già ultimato, ma è intuitivo che l'operazione rechi ampi margini di opinabilità e di errore, non necessariamente emendabili con la riserva del 10%); poi, la graduazione e collocazione dei creditori privilegiati, secondo le rispettive cause di prelazione, con annesse problematiche relative alla corretta determinazione del credito (basti pensare alla complessità dei calcoli per il credito ipotecario, disciplinati dall'art. 2855 c.c., e alle modalità “approssimative” con cui i creditori redigono le note di precisazione del credito); infine, sempre che vi sia capienza almeno in parte, la collocazione dei chirografari tempestivi, ex art. 564 c.p.c., da soddisfare se del caso proporzionalmente ex art. 2782 c.c.. Ma è anche possibile debba provvedersi, ove necessario, alla postergazione dei crediti dell'interveniente chirografario tardivo, o anche alla collocazione del creditore in sostituzione ai sensi dell'art. 511 c.p.c.. E può anche aggiungersi la necessità di predisporre l'accantonamento, ex art. 510 c.p.c., per i creditori non titolati disconosciuti, all'esito dell'udienza ex art. 499, comma 6, c.p.c..

Ma non è finita qui. La distribuzione, anche parziale, può essere molto più complessa, come nel caso in cui occorra formare più masse, ove sui beni già venduti insistano differenti cause di prelazione (come è regola, ad es., in tema di ipoteca, stante la sua specialità), e ciò al fine di consentire che il concorso dei creditori avvenga in modo omogeneo: il che comporta che, salva la possibilità di accorpare masse su cui concorrano creditori omogenei, debbano di regola formarsi tanti prospetti, all'interno dell'unico progetto di distribuzione, quanti sono i singoli beni liquidati; con la necessità di “spalmare” le spese di esecuzione, in proporzione, su più masse, giacchè non sempre è possibile individuare a quale specifico bene esse siano direttamente rapportabili (non essendo prevista una disciplina per i conti speciali, dettata per la procedura concorsuale dall'art. 111-ter l. fall.). E il discorso può ulteriormente complicarsi nel caso in cui i debitori esecutati siano due o più.

Insomma, contrariamente a quanto possa generalmente ritenersi, la distribuzione del ricavato costituisce forse la fase più delicata e complessa dell'espropriazione, costituendo essa il momento di sintesi in cui la forza statuale, applicata coattivamente sul patrimonio del debitore, concretamente realizza la domanda satisfattiva di ciascun creditore concorrente nella singola procedura. E proprio per questo essa è retta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 591-bis, comma 3, n. 12), e 598 c.p.c., dal giudice dell'esecuzione, dinanzi al quale il progetto dev'essere finalmente approvato, salvo che non sorga controversia ex art. 512 c.p.c..

Le competenze occorrenti per una corretta redazione del progetto di distribuzione, com'è evidente da quanto precede, non sono quindi di tipo meramente matematico, ma sono anche e soprattutto di tipo giuridico, occorrendo disciplinare il concorso dei creditori e attribuire a ciascuno né più né meno di quanto spettantegli per legge. Per tale ragione, chi scrive non ha mai condiviso la prassi, invalsa in alcuni Tribunali, della c.d. delega frazionata, che prevede la nomina di un notaio o avvocato per le operazioni di vendita in senso stretto, e di un commercialista per la predisposizione della bozza del progetto: non è affatto dimostrato che le prime due categorie da una parte, e quella dei commercialisti dall'altra, siano di per sé in grado di governare i singoli segmenti in discorso. Il vero è che il professionista delegato deve possedere una competenza interdisciplinare, e di ciò sembra essersi finalmente accorto anche il legislatore della riforma del 2016, che ha riscritto l'art. 179-ter disp. att. c.p.c..

Sul piano generale, se da un lato è comunque da cogliere con favore la preoccupazione del legislatore di anticipare, per quanto possibile, la soddisfazione dei creditori concorrenti, dall'altro non può che sottolinearsi che la complessità del riparto lascia prevedere che, nella prassi, la distribuzione parziale verrà demandata alle ipotesi più semplici, con pochi creditori e unico debitore esecutato, e sempre che vi sia una significativa pluralità di beni: non bisogna infatti dimenticare che le operazioni di distribuzione parziale si pongono su un piano parallelo rispetto alla perdurante fase liquidatoria, quanto ai beni non ancora venduti, e ciò può complicare quanto mai la gestione della singola procedura, bisogno di cui, in tutta franchezza, non si avverte l'esigenza. In tali ipotesi, può peraltro suggerirsi di disporre comunque una riserva più corposa, pari almeno al 20% delle somme disponibili, proprio perché, come evidenziato, la complessità e le evenienze sono tali e tante da consigliare un più ampio margine di sicurezza.

Per quanto invece riguarda la distribuzione “anticipata”, si tratta di un tentativo del legislatore, come già evidenziato, di soddisfare appunto anticipatamente quei creditori il cui diritto al concorso si trovi ancora, al momento della distribuzione, su un piano di mera eventualità. Solo il tempo potrà dire quale ne sarà il successo e l'utilità, anche perché detta modalità operativa è subordinata alla prestazione della fideiussione, il cui costo, ovviamente variabile, è generalmente tutt'altro che esiguo.

Al riguardo, deve comunque anzitutto considerarsi che il legislatore ha (implicitamente) escluso l'ipotesi che i creditori concorrenti che si pongono su piani contrapposti (ad es., i creditori “litiganti” dell'opposizione distributiva, ovvero i creditori accantonati e quelli che dal mancato consolidamento dell'accantonamento trarrebbero beneficio) avanzino contemporaneamente l'istanza in questione, presentando la relativa fideiussione, giacchè in tal caso la distribuzione anticipata non potrebbe disporsi per mancanza di disponibilità liquide, com'è evidente, non potendo certo soddisfarsi tutti costoro contemporaneamente. A meno che, in tali ipotesi, il giudice dell'esecuzione non debba “pesare” le singole posizioni creditorie, scegliendo di dare tutela anticipata a quella prima facie preferibile, come se dovesse cioè esercitare un potere lato sensu cautelare: ma, davvero, siamo sul piano delle mere congetture, giacchè la norma nulla prevede in tal senso. Questa strada è quindi decisamente da escludere.

Si badi, in ogni caso, che quanto ipotizzato è ben lungi dall'essere un mero caso di scuola, sicchè non osiamo immaginare la condizione di tali creditori, che vedrebbero oltre al danno (ossia, il perdurante mancato soddisfacimento del credito) anche la beffa (cioè, l'esborso inutile per il costo della fideiussione).

A ciò può infine aggiungersi che, proprio perché il diritto al concorso di tali creditori è comunque su un piano di mera eventualità, non è difficile vaticinare che le “buone intenzioni” del legislatore circa l'anticipazione della loro soddisfazione rischiano di finire per lastricare la strada del processo esecutivo di una proliferazione esponenziale del contenzioso, certamente non esclusa dalla prestazione della fideiussione, anch'essa di per sé oggetto di possibili (e tutt'altro che eventuali) controversie, con ogni intuibile conseguenza: bisogno, anche questo, di cui francamente non si avvertiva la benché minima esigenza.

Guida all'approfondimento

- Sulla distribuzione dopo la riforma del 2006: D'AQUINO, La distribuzione della somma ricavata, in La nuova esecuzione forzata dopo la l. 18 giugno 2009, n. 69, a cura di Demarchi, Bologna, 2009, 277 ss.;

- sulle controversie distributive: VINCRE, Profili delle controversie sulla distribuzione del ricavato, Padova, 2010;

- sull'intervento dei creditori dopo la riforma del 2006: SAIJA, L'intervento dei creditori tra esigenze di speditezza e par condicio creditorum, Relazione tenuta per il Consiglio Superiore della Magistratura, in Roma, il 10/11 aprile 2006, nell'ambito dell'incontro di studio La riforma della legge 80/2005 in tema di esecuzioni civili, disponibile sul sito www.cosmag.it;

- sul novellato art. 596 c.p.c.: VINCRE, Commento all'art. 596 c.p.c., in Saletti, Vanz, Vincre, Le nuove riforme dell'esecuzione forzata, Torino, 2016, di prossima pubblicazione, gentilmente concesso dall'A.

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