La consulenza tecnica contabile

20 Aprile 2017

Numerose norme del codice civile regolano l'efficacia dei documenti che rappresentano, mediante dati numerici, operazioni o rapporti di dare ed avere.
Premessa

Numerose norme del codice civile regolano l'efficacia dei documenti che rappresentano, mediante dati numerici, operazioni o rapporti di dare ed avere.

Ad esempio l'art. 2707 c.c. regola l'efficacia probatoria di carte, scritture e registri domestici e l'art. 2713 c.c. disciplina le taglie o tacche di contrassegno, che sono idonee a provare le somministrazioni che vengono eseguite o ricevute.

L'art. 1832 c.c., in materia di conto corrente (richiamato dall'art. 1857 c.c. in materia di conto corrente bancario), disciplina le conseguenze della mancata contestazione delle annotazioni in conto corrente.

I documenti contabili di maggiore rilevanza sono le scritture contabili dell'imprenditore, regolate da specifiche norme tecniche, oltre che da norme di natura civilista e fiscale.

Le scritture contabili possono essere definite come l'insieme ordinato della documentazione scritta inerente l'impresa, comprensiva sia dei singoli documenti che contengono le registrazioni contabili, che delle relative pezze giustificative quali lettere, telegrammi, e-mail, fatture, contratti e ulteriori documenti.

Le registrazioni contabili recepiscono i fatti di gestione, cioè le operazioni aziendali poste in essere dall'imprenditore nelle imprese individuali e dagli amministratori in quelle collettive, quali una vendita, un acquisto, un incasso, un pagamento. Attraverso la registrazione vengono rappresentati, in termini quantitativi o monetari, una attività, una situazione patrimoniale ovvero i rapporti di dare ed avere o i risultati di una gestione. Si tratta di documenti di secondo grado, che riportano in modo ordinato attività e fatti, risultanti da altri documenti.

Le disposizioni che regolano la contabilità dell'imprenditore tutelano non solo l'interesse dello stesso imprenditore, in particolare quello di conoscere l'andamento e i risultati dell'attività, ma anche gli interessi dei creditori e della collettività: attraverso le scritture contabili i terzi possono verificare lo stato di salute dell'impresa e, in caso di insolvenza, la contabilità permette di ricostruire la consistenza del patrimonio dell'imprenditore.

Il codice civile contiene specifiche disposizioni che regolano la tenuta delle scritture contabili (artt. 2214 ss. e artt. 2423 ss. c.c.) e attribuiscono alle stesse effetti giuridici: ad esempio, l'acquirente dell'azienda risponde solo dei debiti risultanti dalle scritture contabili (art. 2560, secondo comma, c.c.).

Nel libro sesto del codice civile («Della tutela dei diritti»), nel capo secondo («Della prova documentale»), troviamo una sezione, la terza, intitolata «Delle scritture contabili delle imprese soggette a registrazione», che comprende tre articoli importanti.

In evidenza

L'art. 2709 c.c. regola la efficacia probatoria delle scritture contabili contro l'imprenditore e stabilisce che «i libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l'imprenditore. Tuttavia chi vuol trarne vantaggio non può scinderne il contenuto».

In forza del successivo art. 2710 c.c. nei rapporti tra imprenditori «I libri bollati e vidimati nelle forme di legge, quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra imprenditori per i rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa».

Le scritture contabili nel processo civile

Le scritture contabili possono essere depositate in giudizio dalla parte interessata ad avvalersi della efficacia probatoria del documento, nel rispetto dei termini perentori per le deduzioni istruttorie, fissati dal giudice ai sensi dell'art. 183 c.p.c..

La parte, che non abbia la disponibilità del documento, può chiedere al giudice di ordinare l'esibizione alla controparte o al terzo, secondo le disposizioni contenute negli artt. 210 ss. c.p.c.

L'art. 2711, primo comma, c.c., al fine di garantire la riservatezza delle informazioni relative all'attività dell'imprenditore, stabilisce che «La comunicazione integrale dei libri, delle scritture contabili e della corrispondenza può essere ordinata dal giudice solo nelle controversie relative allo scioglimento della società, alla comunione dei beni e alla successione per causa di morte».

La comunicazione integrale delle scritture contabili, disciplinata dalla norma in esame, consente al giudice di ordinare l'esibizione di tutti i libri, di tutte le scritture contabili e di tutta la corrispondenza; essa abbraccia tanto i libri obbligatori quanto quelli facoltativi, sia quelli tenuti regolarmente, sia quelli irregolarmente tenuti.

Tuttavia, questo particolare istituto determina una invasione della sfera giuridica dell'imprenditore; pertanto è ammesso soltanto in casi eccezionali, ovvero in controversie nelle quali occorre ricostruire la situazione patrimoniale dell'impresa nel suo complesso: è una misura eccezionale, che pone a disposizione dell'altra parte il mezzo per conoscere l'intero stato degli affari dell'impresa, e che la legge consente appunto unicamente quando la natura della controversia esige che si possa indagare, senza alcuna riserva, nel patrimonio e nei rapporti giuridici dell'impresa.

In evidenza

La comunicazione integrale delle scritture contabili è consentita soltanto nelle cause relative allo scioglimento di società, nelle cause relative alla comunione dei beni e nelle controversie in materia successoria: questo elenco è tassativo.

Non è previsto che il giudice possa ordinare la comunicazione di ufficio: pertanto occorre l'istanza di parte secondo il principio generale fissato dall'art. 115 c.p.c., ove si legge che, salvi i casi previsti dalla legge in cui i mezzi di prova possono essere ammessi di ufficio, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico.

Ben diverso è il regime della esibizione delle scritture contabili regolato dall'art. 2711, secondo comma, c.c., il quale stabilisce che «Negli altri casi il giudice può ordinare, anche d'ufficio, che si esibiscano i libri per estrarne le registrazioni concernenti la controversia in corso. Può ordinare altresì l'esibizione di singole scritture contabili, lettere, telegrammi o fatture concernenti la controversia stessa».

In questa disposizione trova esplicito riconoscimento il potere del giudice civile di ordinare d'ufficio l'esibizione di documenti: in tutte le controversie in cui una delle parti è un imprenditore, ad essa il giudice può ordinare, d'ufficio, l'esibizione dei libri contabili, anche se al solo fine di estrarre le registrazioni rilevanti per quel giudizio.

Il giudice può altresì ordinare l'esibizione di ogni singola scrittura contabile, di ogni lettera, telegramma o fattura.

L'elencazione dei documenti che compare nella norma è talmente generica, che potrebbe far pensare non sia tassativa e che, piuttosto, siano assoggettabili all'ordine ufficioso di esibizione, tutti i documenti formatisi nell'esercizio dell'impresa e ad essa direttamente connessi.

Rispetto all'istituto generale dell'esibizione su istanza di parte, disciplinato dagli artt. 210 ss. c.p.c., l'art. 2711 c.c. ha un ambito di applicazione più ampio, essendo rimesso alla iniziativa ufficiosa del giudice. Tuttavia conosce una notevole limitazione, poiché l'ordine può essere rivolto soltanto ad imprenditori, che siano parti della controversia: in mancanza di una norma esplicita al giudice non è consentito emettere l'ordine nei confronti di soggetti diversi dalle parti.

Nondimeno, come è facile osservare, si tratta di un potere istruttorio molto ampio, rimesso all'iniziativa del giudice.

In evidenza

L'ordine di esibizione ex officio va coordinato con il principio generale sancito negli artt. 210 c.p.c. e art. 94 disp. att. c.p.c., secondo il quale la esibizione deve avere ad oggetto documenti determinati, dei quali sia noto od almeno indicato un preciso contenuto, influente per la decisione della causa, e, nel caso di esibizione di registrazioni contabili, deve essere specificata la singola partita o registrazione (Cass. 11 luglio 2003, n. 10916; Cass. 13 giugno 1991, n. 6707).

La previsione di poteri officiosi non deroga al principio dispositivo e non può consentire alla parte di eludere i propri oneri probatori, né può sopperire all'inerzia delle parti nel dedurre i mezzi istruttori (Cass. 20 giugno 2011, n. 13533; Cass. 12 giugno 2012, n. 9522).

Un altro limite deriva dalle norme che regolano le preclusioni istruttorie.

L'introduzione di un sistema rigido di preclusioni, dettato da ragioni pubblicistiche, limita la possibilità per il giudice di utilizzare i poteri ufficiosi nel solo caso in cui la parte abbia allegato di non avere altro mezzo o di avere invano esperito altri mezzi per conseguire la prova, neppure qualora la esigenza della acquisizione del documento derivi da una richiesta del consulente tecnico di ufficio nominato dal giudice (Cass. 12 giugno 2012, n. 9522).

L'art. 212 c.p.c. regola le modalità dell'esibizione di copia del documento e dei libri di commercio e stabilisce che il giudice istruttore può disporre che, in sostituzione dell'originale, si esibisca una copia anche fotografica o un estratto autentico del documento. Nel caso di esibizione di libri di commercio o di registri, il giudice istruttore su istanza dell'interessato, può autorizzare che siano prodotti estratti, per la formazione dei quali nomina un notaio e, quando occorre, un esperto affinché lo assista.

La acquisizione dei documenti contabili nel processo ha luogo mediante il deposito di una copia, che a volte è una copia di un documento elettronico, in quanto i libri e le scritture contabili possono essere formati e tenuti anche con strumenti informatici (art. 2215-bis c.c.).

Regole generali sulla consulenza tecnica d'ufficio

Per completezza va ricordato che il consulente tecnico di ufficio viene nominato dal giudice istruttore quando è necessario farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica (art. 61 c.p.c.).

Il consulente tecnico di ufficio opera come ausiliario del giudice e la scelta del consulente deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali, tenuti presso ciascun circondario di tribunale. Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità.

Con l'ordinanza di nomina del consulente, il giudice formula i quesiti e fissa l'udienza nella quale il consulente presta il giuramento di rito (art. 191 c.p.c.). Attraverso l'esame dei quesiti, il consulente conosce l'oggetto dell'incarico e può verificare di avere le necessarie cognizioni tecniche per assolvere il compito che gli è stato demandato; il consulente inoltre può consultare il fascicolo, controllare se ricorrono ipotesi di astensione e arrivare preparato in udienza.

Dopo avere giurato, il consulente tecnico inizia la sua attività fuori udienza, nel contraddittorio tra le parti, le quali possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori, e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze (art. 194 c.p.c.).

In evidenza

Il consulente tecnico deve comunicare alle parti giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni peritali. Questa comunicazione può essere data in qualsiasi modo; la omissione è causa di nullità della consulenza soltanto se dalla omissione sia derivato un concreto pregiudizio del diritto di difesa e la nullità deve essere eccepita prima di ogni altra difesa (per tutte, Cass. 15 luglio 2016, n. 14532 e Cass. 26 maggio 2016, n. 10933).

Se il consulente tecnico riceve note o osservazioni di una delle parti, le altre parti debbono riceverne copia (art. 90, disp. att., c.p.c.).

Il consulente tecnico di ufficio redige un processo verbale delle operazioni e, a conclusione delle sue indagini, predispone una relazione scritta, nella quale va fatta menzione delle osservazioni e delle istanze delle parti.

La relazione va trasmessa dal consulente tecnico di ufficio alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice; le parti potranno trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione. Il consulente tecnico di ufficio dovrà depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse (art. 195 c.p.c.).

A loro volta, le parti potranno depositare ulteriori rilievi e potranno chiedere la rinnovazione della consulenza o la sostituzione del consulente (art. 196 c.p.c.).

Regole speciali sull'esame contabile

Il legislatore è consapevole della importanza degli accertamenti tecnici fondati sull'esame di documenti contabili.

Anche il codice di procedura civile del 1865 dettava norme speciali (artt. 402-405) sul procedimento probatorio nel caso in cui occorreva «esaminare conti, scritture e registri». Sulla scorta del modello francese, l'art. 402 c.p.c. del 1865 stabiliva che il perito aveva pure l'incarico «di sentire le parti e conciliarle».

Il vigente codice di procedura civile, all'interno delle norme dedicate alla nomina ed alle indagini del consulente tecnico, contiene le norme sull'esame contabile; sicché l'esame contabile costituisce un particolare incarico, che può essere affidato al consulente tecnico, al quale possono essere conferite specifiche prerogative.

Il codice di procedura civile dedica all'esame contabile tre articoli (articoli da 198 a 200).

Le disposizioni in materia di esame contabili stabiliscono quanto segue:

  • quando è necessario esaminare documenti contabili e registri, il giudice istruttore può nominare il consulente tecnico (art. 198 c.p.c.);
  • il giudice istruttore affida al consulente anche il compito di tentare la conciliazione delle parti (art. 198 c.p.c.);
  • se le parti conciliano si redige processo verbale della conciliazione, che è sottoscritto dalle parti e dal consulente e inserito nel fascicolo d'ufficio; il giudice istruttore attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al verbale di conciliazione (art. 199 c.p.c.);
  • se invece la conciliazione non riesce, il consulente espone in una relazione scritta le dichiarazioni delle parti, i risultati delle sue indagini e il suo parere, e la deposita in cancelleria. Le dichiarazioni delle parti possono essere liberamente valutate dal giudice come argomenti di prova, a norma dell'art. 116, secondo comma, c.p.c. (art. 200 c.p.c.);
  • il consulente incaricato dell'esame contabile sente le parti e, previo consenso di tutte le parti (che può essere dato anche dai difensori o dai consulenti di parte che siano presenti), può esaminare anche documenti e registri non prodotti in causa; di essi tuttavia non può fare, senza il consenso di tutte le parti, menzione nei processi verbali o nella relazione (art. 198, secondo comma, c.p.c.).

Quest'ultima disposizione è quella che ha determinato maggiori dubbi interpretativi.

La dottrina si è soffermata soprattutto sulla facoltà di sottoporre al consulente l'esame di documenti, di cui non deve essere fatta menzione nella relazione.

Alcuni autori ritengono che questa possibilità sia legata ad esigenze di carattere fiscale (Redenti E. - Vellani, M., Diritto processuale civile, Milano, 2011, p. 280); secondo altra dottrina, invece, l'esame di documenti non prodotti in giudizio sarebbe diretto a consentire alle parti di avere piena conoscenza dei rapporti reciproci e potrebbe agevolare la conciliazione.

La dottrina sottolinea che per il consulente, una volta esaminata la documentazione, sarà ben difficile operare come se non ne conoscesse l'esistenza e che la parte interessata ad acquisire il documento nel processo potrebbe comunque chiedere al giudice di ordinare l'esibizione, se ha la prova della sua esistenza (Satta, S., Commentario al codice di procedura civile, II, 1, Milano, 1966, p. 123; Andrioli, V., Commento al codice di procedura civile, II, Napoli, 1956, p. 115).

La giurisprudenza ha esaminato soprattutto un altro delicato tema, relativo alla possibilità di sottoporre al consulente nuovi documenti nel corso delle operazioni. Il deposito di nuovi documenti ero consentito senza limiti prima della entrata in vigore del regime delle preclusioni istruttorie, introdotto dalla riforma del codice di procedura civile del 1990 (l. 26 novembre 1990, n. 353) e rafforzato dalle riforme successive.

In seguito alla introduzione delle preclusioni, non è possibile depositare nuovi documenti nel corso del processo e il consenso delle parti non consente di superare le preclusioni che sono ormai maturate: durante l'esame contabile, quindi, non è consentito esibire o consegnare al consulente nuovi documenti.

I documenti che hanno funzione probatoria devono essere depositati dalle parti nei termini prescritti dall'art. 183 c.p.c.

Il consulente tecnico può esaminare o acquisire nuovi documenti soltanto al fine di attingere notizie e dati, non rilevabili dagli atti processuali e concernenti fatti e situazioni che formano oggetto del suo accertamento, quando ciò sia necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli; tuttavia questo potere, funzionale al corretto espletamento dell'incarico, non può supplire al mancato assolvimento, da parte dei contendenti, al rispettivo onere probatorio.

Pertanto il consulente tecnico di ufficio può legittimamente acquisire nuovi documenti soltanto se sono necessari per verificare sul piano tecnico se le affermazioni delle parti siano o meno corrette (può trattarsi, esemplificativamente, di delibere comunali dalle quali estrarre il coefficiente per determinare il canone di locazione, documentazione relativa ai piani regolatori, dati relativi al valore dei beni) o per acquisire dati tecnici di riscontro alle affermazioni e produzioni documentali delle parti.

In evidenza

Il consulente tecnico può esaminare o acquisire nuovi documenti soltanto se si tratta di documenti diretti a verificare fatti accessori che sono indispensabili per rispondere ai quesiti, ma non può acquisire nuovi documenti diretti a accertare i fatti posti a fondamento delle domande o delle eccezioni, il cui onere probatorio incombe sulle parti (Cass. 10 marzo 2015, n. 4729).

Il consulente tecnico d'ufficio può attingere notizie e dati, non rilevabili dagli atti processuali e concernenti fatti e situazioni che formano oggetto del suo accertamento, quando ciò sia necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli; tuttavia questo potere, funzionale al corretto espletamento dell'incarico, non può supplire al mancato assolvimento, da parte dei contendenti, al rispettivo onere probatorio (Cass. 23 giugno 2015, n. 12921).

Se un documento ha funzione probatoria, lo stesso, invece, deve essere depositato dalle parti nei termini prescritti dall'art. 183 c.p.c. ovvero deve essere oggetto di una tempestiva richiesta di esibizione ai sensi dell'art. 210 c.p.c. (Cass. 12 giugno 2012, n. 9522; Cass 15 marzo 2016, n. 5091).

Oggetto dell'esame contabile

Le scritture contabili contengono la narrazione dell'attività d'impresa e sono scritture di secondo grado perché riportano attività e fatti: per questa ragione la perizia contabile costituisce uno strumento utile e talvolta necessario per accertare fatti e rapporti economici, la cui ricostruzione sarebbe altrimenti impossibile.

Nelle scritture contabili i fatti, mediante le registrazioni, vengono tra loro collegati.

In particolare, la tecnica della ragioneria denominata «partita doppia» prevede la registrazione in conti separati, riuniti in un sistema; i conti a loro volta sono divisi in sezioni. Le entrate sono registrate nella sezione di sinistra – dare - e nella sezione di destra - avere - sono iscritti gli elementi in diminuzione. Le stesse scritture trovano riscontro nel netto patrimoniale, che a sua volta è suddiviso in sezioni separate.

La partita doppia crea un collegamento tra le diverse sezioni ed i diversi conti: in questo modo è possibile verificare la attendibilità delle scritture contabili, che devono trovare reciproci riscontri, sia in conto economico che nel netto patrimoniale.

La necessità di leggere questi dati, mediante l'utilizzo di cognizioni tecniche, può porsi in numerose ipotesi ma in ogni caso il fine è probatorio: attraverso l'esame dei documenti contabili, il consulente deve accertare i fatti dedotti dalle parti.

Va precisato che la consulenza contabile può avere ad oggetto anche documenti contabili diversi da quelli tenuti dalle scritture contabili dell'imprenditore: ad esempio la verifica dei rendiconti nel caso di mandato o nel caso di gestione di patrimoni altrui, o ancora la ricostruzione dei rapporti di dare ed avere in base alla contabilità dei lavori di un appalto.

L'esame contabile, se è l'unico modo per dimostrare un fatto, assurge al rango di prova e deve essere ammesso dal giudice istruttore (per tutte Cass. 25 maggio 2016, n. 10752; Cass. 15 marzo 2016 n. 5091, Cass. 5 luglio 2007, n. 15219).

Nel contempo però la consulenza tecnico di ufficio non ha una funzione sostitutiva dell'onere della prova.

In evidenza

Se l'attore non ha fornito la prova sui fatti costitutivi della pretesa afferente a rapporti commerciali, e non ha assolto l'onere sancito dall'art. 2697 c.c. pur avendone la possibilità, la richiesta di consulenza tecnica viene qualificata esplorativa dalla giurisprudenza e correttamente il giudice non dispone la consulenza (tra le molte: Cass. 2 gennaio 2002, n. 10).

Vediamo adesso in concreto quali possono essere gli accertamenti rimessi al consulente tecnico contabile.

  • Un primo incarico, più semplice, riguarda la verifica ed eventuale rielaborazione della materialità delle appostazioni contabili per la redazione di bilanci e rendiconti, conteggi etc. sia commerciali che civili, sia per verificare la correttezza dei bilanci e dei rendiconti, sia per ricostruire i saldi. Si può trattare pure della verifica del rendiconto in seguito a mandato o gestione di patrimoni altrui o in forza di altre disposizioni del codice civile, del codice di procedura civile o di leggi speciali che stabiliscono obblighi di rendiconto. Laddove il soggetto obbligato non ottemperi all'ordine di rendere il conto, al consulente può anche essere conferito l'incarico di ricostruire ex novo i rapporti di dare ed avere, in base alla documentazione in suo possesso.
  • Riscontri di contabilità nei rapporti tra imprese: i rapporti di dare ed avere (e i sottostanti rapporti commerciali) possono essere ricostruiti attraverso l'esame delle scritture contabili che, ai sensi dell'art. 2710 c.c., fanno prova nelle cause tra imprenditori.
  • Elaborazione o verifica di conteggi, qualora siano necessari calcoli complessi, come può accadere per ricostruire rapporti regolati in conto corrente o per quantificare gli interessi: in questi casi la giurisprudenza ha affermato che, se viene acquisita la relativa documentazione contabile, il giudice di merito ha il dovere di disporre la consulenza tecnica, se vi è contestazione tra le parti e se la ricostruzione dei rapporti richiede specifiche competenze tecniche (Cass. 15 marzo 2016, n. 5091).
  • Rientra in questa categoria anche la ricostruzione delle rimesse revocabili in conto corrente, nel caso di azioni revocatorie.
  • Individuazione del danno nelle cause commerciali o di responsabilità. In queste controversie il consulente tecnico di ufficio viene chiamato a ricostruire l'operato dell'imprenditore o degli amministratori ed a quantificare eventuali pregiudizi causati all'ente amministrato; in altri casi invece il consulente può essere chiamato a verificare i pregiudizi derivanti dall'inadempimento di forniture commerciali o dalla mancata conclusione di affari o dalla mancata esecuzione di opere.
  • Nella fase prefallimentare o nelle opposizioni alla sentenza di fallimento, la consulenza tecnica consente di verificare la situazione economica e finanziaria dell'imprenditore. In materia fallimentare talvolta l'esame contabile viene utilizzato per verificare se lo stato di insolvenza era conoscibile all'esterno, tramite l'analisi dei bilanci: in questo caso tuttavia l'ammissione della consulenza tecnica non appare corretta, in quanto viene ad assumere una funzione esplorativa e rimette al tecnico la ricerca della prova di un elemento soggettivo, la cui sussistenza non dovrebbe costituire oggetto di perizia contabile (cfr. Fabiani, M., Preclusioni istruttorie e onere della prova nelle consulenze tecniche in tema di revocatoria fallimentare, in Giur. it. 2003, 265).

La superiore esemplificazione, che non vuole essere esaustiva, dimostra l'importanza dell'esame contabile nel processo civile.

Guida all'approfondimento
  • Racugno, G., Introduzione alla contabilità d'impresa, in Riv. dir. comm., 2012, I, 269;
  • Casanova, M., Libri di commercio e scritture contabili, in NN.D.I., IX, Torino, 1963, 900;
  • Liebman, E.T., Manuale di diritto processuale civile, a cura di V. Colesanti, E. Merlin e E.F. Ricci, Milano, 2007, p. 346;
  • Comoglio, L.P., Le prove civili, Torino, 2004, 351;
  • Graziosi, A., Riflessioni sull'ordine di esibizione nel processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1999, p. 1313;
  • Redenti E. - Vellani, M., Diritto processuale civile, Milano, 2011, p. 280;
  • Satta, S., Commentario al codice di procedura civile, II, 1, Milano, 1966, p. 123;
  • Andrioli, V., Commento al codice di procedura civile, II, Napoli, 1956, p. 115;
  • D'Ippolito, T., La contabilità in partita doppia, Palermo, 1976, p. 15;
  • Lo Moro, C., L'esame contabile, in Riv. trim. dir. proc., 1977, p. 205;
  • Fabiani, M., Preclusioni istruttorie e onere della prova nelle consulenze tecniche in tema di revocatoria fallimentare, in Giur. it. 2003, 265;
  • Ansanelli, V., La consulenza tecnica nel processo civile, Milano, 201.

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