Va escluso dalla distribuzione del ricavato della vendita forzata il creditore intervenuto che ometta di depositare l'originale del titolo esecutivo

20 Luglio 2017

La questione affrontata dalla Cassazione concerne la necessità, per il creditore che effettui intervento in un'esecuzione sulla base di un titolo esecutivo, di produrre l'originale di tale titolo nel corso del procedimento esecutivo al fine di poter essere ammesso nel progetto di distribuzione.
Massima

In tema di espropriazione immobiliare, il creditore che interviene in base ad un titolo esecutivo acquisisce una posizione processuale analoga a quella del creditore pignorante ed è dunque onerato, nel termine all'uopo fissato dal giudice, di depositare l'originale del titolo medesimo (o la copia del provvedimento, regolarmente spedita in forma esecutiva, se si tratti di un titolo giudiziale), che deve restare acquisito al fascicolo della procedura esecutiva quanto meno sino al momento in cui essa si conclude con il provvedimento di assegnazione delle somme dovute, salva la possibilità di restituzione (previa sostituzione con copia conforme), su disposizione del giudice, nell'ipotesi in cui il titolo stesso richieda ulteriore attività esecutiva.

Il caso

Nell'ambito di un'esecuzione per espropriazione immobiliare iniziata nel 1975, un creditore effettuava intervento sulla base di alcuni assegni bancari insoluti e protestati. A seguito della vendita dei beni pignorati, veniva fissata l'udienza per la discussione del piano di riparto, dal quale risultava l'esclusione del creditore per non aver tempestivamente depositato i titoli di credito posti a base dell'intervento. In tale udienza, il creditore provvedeva a depositare delle semplici copie conformi di tali titoli, sicché il giudice dell'esecuzione assegnava un termine per produrre i titoli in originale. Nel termine assegnato, il creditore produceva copie conformi di alcuni decreti ingiuntivi, privi di formula esecutiva, affermando – ma senza documentarlo – di averli ottenuti sulla base degli assegni utilizzati per intervenire nell'esecuzione. Il giudice dell'esecuzione ammetteva il creditore al riparto, ritenendo sufficienti, quali titoli esecutivi, i decreti ingiuntivi prodotti. Avverso tale provvedimento veniva promossa opposizione agli atti esecutivi, rigettata dal Tribunale di Roma, in quanto nella fase di merito di tale giudizio il creditore aveva documentato la correlazione tra i decreti ingiuntivi e gli assegni posti a base dell'intervento, producendo i fascicoli della fase monitoria. Avverso la decisione del Tribunale di Roma veniva proposto ricorso per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5), c.p.c.), ossia per non avere il Tribunale di Roma considerato il fatto che il giudice dell'esecuzione aveva assegnato al creditore intervenuto un termine per depositare gli originali dei titoli esecutivi posti a base dell'intervento.

La questione

La questione affrontata dalla Cassazione concerne la necessità, per il creditore che effettui intervento in un'esecuzione sulla base di un titolo esecutivo, di produrre l'originale di tale titolo nel corso del procedimento esecutivo e nel termine assegnato dal giudice dell'esecuzione, al fine di poter essere ammesso nel progetto di distribuzione delle somme ricavate dalla vendita forzata.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione ha risolto tale quesito in senso affermativo, ossia sancendo la necessità della produzione degli originali dei titoli esecutivi (nel caso di specie, gli assegni bancari) in base ai quali era avvenuto l'intervento, ovvero, in alternativa, dei titoli esecutivi che li avevano sostituiti (ossia, i decreti ingiuntivi ottenuti sulla base di datti assegni, spediti in forma esecutiva), corredati della documentazione necessaria ad attestare la loro correlazione: di conseguenza, ha accolto il ricorso proposto, escludendo il creditore che aveva omesso di adempiere a tali oneri nei termini all'uopo assegnati dalla partecipazione alla distribuzione del ricavato dalla vendita.

Il ragionamento della Suprema Corte ha preso le mosse dal testo dell'art. 557 c.p.c., in particolare nella parte in cui onera il creditore pignorante del deposito in cancelleria dell'originale del titolo esecutivo, salva la possibilità di depositarlo in copia nella particolare ipotesi prevista dall'art. 488, secondo comma, c.p.c.: poiché, infatti, il creditore che interviene sulla base di un titolo esecutivo acquista la medesima posizione processuale del creditore pignorante, si deve concludere che anche a tale soggetto si estenda l'onere prescritto al summenzionato art. 557 c.p.c..

Costituisce dunque preciso onere del creditore intervenuto titolato provvedere al deposito in originale del titolo fatto valere in executivis e destinato a restare acquisito al fascicolo processuale, quanto meno nel momento in cui la procedura esecutiva si conclude con il provvedimento di assegnazione delle somme dovute; a tale principio fa eccezione soltanto la possibilità di restituzione dell'originale del titolo (previa sostituzione con copia conforme) da parte dello stesso giudice dell'esecuzione, laddove il titolo stesso richieda ulteriore attività esecutiva. Pertanto, ove il giudice dell'esecuzione assegni un termine per la produzione del titolo posto a base dell'intervento, il creditore è tenuto a produrre l'originale del titolo e, nel caso in cui si tratti di titolo giudiziale, deve essere depositata copia del relativo provvedimento regolarmente spedita in forma esecutiva ex art. 475 c.p.c., pena la sua esclusione dalla partecipazione alla distribuzione del ricavato dalla vendita forzata.

Osservazioni

La pronuncia della Suprema Corte è senz'altro in linea con il principio secondo cui il giudice dell'esecuzione deve richiedere, almeno in sede di riparto, la produzione in originale del titolo esecutivo: titolo destinato a restare acquisito agli atti del processo esecutivo in caso di assegnazione satisfattiva in favore dello stesso creditore, senza che possa essergli restituito, salvo il ricorso di giusti motivi (come può essere la necessità di essere depositato agli atti di una diversa procedura esecutiva).

Tale prassi, peraltro, appare un naturale sviluppo di quanto sancito dall'art. 476 c.p.c., a mente del quale la spedizione in forma esecutiva può di regola avvenire una sola volta, all'evidente scopo di evitare la presenza di più copie esecutive contro il medesimo debitore.

Guida all'approfondimento
  • Sulle specifiche questioni si rinvia, in dottrina, a ACONE, Intervento dei creditori, in AA.VV., Il processo civile di riforma in riforma, II, Milano, 2006, 61;
  • CAPPONI, L'intervento dei creditori dopo le tre riforme della XIV legislatura, in Riv. esec. forz., 2006;
  • CAPPONI, Manuale di diritto dell'esecuzione civile, Torino, 2016;
  • CASTORO, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2017;
  • DE SANTIS, Intervento dei creditori, efficienza della procedura esecutiva e competitività del sistema economico, in Riv. esec. forz., 2008, 395;
  • E. FABIANI, Intervento dei creditori, in AA.VV., Le modifiche al codice di procedura civile previste dalla l. n. 80 del 2005, in Foro it., 2005, V, 119;
  • ROMANO, Intervento dei creditori, in Dig. civ., Agg., III, Torino, 2007.

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