Riparto di giurisdizione in materia di revoca di finanziamenti pubblici

Giuseppe Buffone
21 Settembre 2016

Quando la controversia sulla legittimità della revoca di un finanziamento pubblico determinata dall'inadempimento del privato beneficiario alle prescrizioni dell'atto di concessione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario?
Massima

La controversia sulla legittimità della revoca di un finanziamento pubblico determinata dall'inadempimento del privato beneficiario alle prescrizioni dell'atto di concessione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario qualora la contestazione faccia esclusivo riferimento alle inadempienze del percettore, senza coinvolgere in alcun modo il legittimo esercizio dell'apprezzamento discrezionale del concedente circa "an", "quid" e "quomodo" dell'erogazione.

Il caso

Una società operante nel settore alberghiero adiva il Tribunale di Salerno per ottenere l'accertamento della persistenza del suo diritto di credito all'intera somma del contributo pubblico stanziato per il finanziamento di un programma di investimento relativo alla realizzazione di un albergo ristorante nel Comune di Sanza, riconosciuto a detta società nell'ambito di un Patto Territoriale e successivamente revocato dal Ministero dello Sviluppo Economico a causa della mancata ultimazione dell'iniziativa nei termini previsti.

La questione

La questione giuridica controversa è se sussista la giurisdizione del giudice ordinario a fronte di una azione del privato che contesti la legittimità della revoca di un finanziamento pubblico erogatogli.

Le soluzioni giuridiche

Per giurisdizione (potestas iudicandi) si intende il potere di giudicare applicando la legge, ossia la facoltà di ius dicere. La Carta costituzionale, come noto, ripartisce il potere giurisdizionale tra organi giudiziari e, in particolare, per quanto qui interessa, tra giustizia amministrativa e giustizia ordinaria.

A ben vedere, in ogni processo devono essere individuati due distinti e non confondibili oggetti del giudizio, l'uno (processuale) concernente la sussistenza o meno del potere-dovere del giudice di risolvere il merito della causa e l'altro (sostanziale) relativo alla fondatezza o non della domanda. Nel caso in cui il giudice adito difetti di potestas iudicandi è ammissibile la trasmigrabilità della domanda giudiziale da un giudice all'altro (cd. translatio iudicii in materia di giurisdizione: cfr. Cass. civ., sez. un., 22 febbraio 2007 n. 4109 e Cass. civ., sez. un., 16 novembre 2007 n. 23738; v. C. Cost., 12 marzo 2007 n. 77), sulla scorta di un principio ormai di carattere generale (v. art. 59 l. 69 del 2009), tipizzato anche in seno al c.p.a. (codice del processo amministrativo, ex art. 11 d.lgs. 104 del 2010).

L'istituto della translatio tra le giurisdizioni amplifica e rafforza la tutela dell'utente del servizio pubblico di Giustizia, se non altro tenuto conto dei costanti contrasti di giurisprudenza o dei persistenti dubbi quanto alla individuazione del giudice dotato di giurisdizione in settori problematici. Ciò avviene, soprattutto, nelle materie riservate alla giurisdizione esclusiva del G.A.

Un settore oggetto di contrastanti letture è, ad esempio, quello relativo alle controversie in materia di finanziamenti pubblici. Lo ius receptum delle Sezioni Unite è nel senso che, ai fini della giurisdizione, occorra distinguere due fasi (Cass. civ., sez. un., 20 luglio 2011 n. 15867, Cass. civ., sez. un., 7 gennaio 2013 n. 150 e Cass. civ., sez. un., 15 dicembre 2015 n. 25211):

  • una prima fase è quella procedimentale di valutazione della domanda di concessione, nella quale la legge - salvi i casi in cui riconosca direttamente il contributo o la sovvenzione - attribuisce alla P.A. il potere di riconoscere il beneficio, previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all'interesse primario, con apprezzamento discrezionale (da qui la giurisdizione del giudice amministrativo);
  • una seconda fase è quella successiva alla concessione del contributo, in cui il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione ed all'inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione.

La giurisprudenza delle Sezioni Unite ha, però, chiarito che questa regola può soffrire deroghe, ad esempio nei casi in cui la mancata erogazione (o il ritiro/revoca di essa) consegua all'esercizio di poteri di carattere autoritativo, espressione di autotutela della pubblica amministrazione, sia per vizi di legittimità, sia per contrasto, originario o sopravvenuto, con l'interesse pubblico. In ogni caso è attribuita alla cognizione del giudice ordinario ogni fattispecie che prenda le mosse, tra l'altro, dall'accertato inadempimento alle condizioni imposte in sede di erogazione del contributo, una volta che il finanziamento sia riconosciuto direttamente dalla legge ed alla P.A. sia demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei relativi presupposti, senza poter procedere ad apprezzamenti discrezionali di sorta circa l'an, il quid e il quomodo dell'erogazione, nonché ogni fattispecie che riguardi la revoca della già concessa agevolazione per ragioni non attinenti a vizi dell'atto amministrativo, bensì a comportamenti posti in essere dallo stesso beneficiario nella fase attuativa dell'intervento agevolato (cfr. Cass. civ., sez. un., 11 luglio 2014 n. 15941).

In virtù di questo orientamento, con la decisione in commento, le Sezioni Unite ribadiscono che nella controversia avente ad oggetto legittimità della revoca di un finanziamento pubblico ad un soggetto privato, determinata dall'inadempimento, imputabile al beneficiario, delle prescrizioni indicate nell'atto concessorio, la giurisdizione del G.O. deve essere ravvisata tutte le volte che la contestazione faccia esclusivamente richiamo alle inadempienze del percettore senza in alcun modo coinvolgere il legittimo esercizio dell'apprezzamento discrezionale circa l'an, il quid ed il quomodo dell'erogazione (Cass. civ., sez. un., sent., 17 febbraio 2016 n. 3057).

Questa impostazione interpretativa viene mantenuta anche a seguito dell'entrata in vigore del c.p.a. (codice del processo amministrativo) ove, invero, il legislatore ha previsto, con l' art. 7, che il giudice amministrativo abbia giurisdizione nelle controversie «riguardanti provvedimenti, atti […] riconducibili anche mediatamente all'esercizio» del potere pubblico, fra i quali, secondo taluni, rientrerebbe invero anche il provvedimento di ritiro di un precedente atto a sua volta di natura autoritativa (cfr. C. Stato, ord., n. 517 del 2013).

Osservazioni

Nonostante lo jus superveniens (d. lg. n. 104 del 2010), in tempi recenti, come le Sezioni Unite, anche l'Adunanza Plenaria (C. Stato, Ad. Pl., 7 gennaio 2014 n. 6) ha ritenuto di dover confermare il tradizionale e consolidato indirizzo giurisprudenziale, secondo cui il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche deve essere attuato sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata.

Ne consegue che:

  • sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla Pubblica Amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l'an, il quid, il quomodo dell'erogazione (cfr. Cass. civ., sez. un., 7 gennaio 2013, n. 150);
  • qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall'acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull'inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo. In tal caso, infatti, il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all'inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione (cfr. Cass. civ., sez. un., ord., 25 gennaio 2013, n. 1776);
  • viceversa, è configurabile una situazione soggettiva d'interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario (Cass. civ., sez. un., 24 gennaio 2013, n. 1710; C. Stato, Ad. Plen. 29 luglio 2013, n. 17).

In particolare, l'Adunanza Plenaria ha disatteso l'argomento che, muovendo dalla qualificazione del denaro come bene pubblico e, di conseguenza, dell'atto di erogazione come provvedimento di natura concessoria, sostiene che le controversie in materia di attribuzione (e, quindi, di revoca) di contributi o agevolazioni finanziarie rientrerebbero nella giurisdizione esclusiva di cui il giudice amministrativo dispone in materia di concessioni di beni pubblici ai sensi dell'art. 133, lett. b) c.p.a. (tesi sostenuta da una parte minoritaria della giurisprudenza amministrativa: cfr. C. Stato, sez. IV, 19 luglio 1993, n. 727; C. Stato, sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4255; C. Stato, sez. VI, 16 febbraio 2005, n. 516).

L'orientamento prevalente esclude l'equiparabilità tra concessione di beni ed erogazione del denaro, in quanto, anche se il denaro è annoverabile nella categoria dei beni, non va confusa la figura della concessione a privati di benefici pubblici, che presuppone l'uso temporaneo da parte dei privati di detti bene per una finalità di pubblico interesse, con quella del finanziamento, che implica un tipo di rapporto giuridico del tutto diverso, in forza del quale il finanziato acquisisce la piena proprietà del denaro erogatogli ed eventualmente assume l'obbligo di restituirlo in tutto o in parte ad una determinata scadenza.

Ben altrimenti, infatti, nell'uno e nell'altro caso, le finalità pubbliche s'intreccerebbero con l'interesse del concessionario o del finanziato, e le ragioni di non agevole distinguibilità tra posizioni di diritto soggettivo e d'interesse legittimo, che sottostanno alla scelta legislativa di attribuire alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in tema di concessione di beni o servizi pubblici, non necessariamente sarebbero riconducibili ai rapporti di finanziamento (Cass. civ., sez. un., 19 maggio 2008, n. 12641, par. 3 della motivazione).

Una eccezione a queste regole è stata, invero, di recente introdotta dal Legislatore, con l. 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea), nel testo dell'art. 133 del codice del processo amministrativo della lettera z-sexies.

La disposizione in esame ha espressamente devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «le controversie relative agli atti ed ai provvedimenti che concedono aiuti di Stato in violazione dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti adottati in esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio del 22 marzo 1999, a prescindere dalla forma dell'aiuto e dal soggetto che l'ha concesso».

In questo modo, la “concessione” di aiuti non notificati e il “recupero” di aiuti incompatibili diventano, per tabulas, materia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Nell'ambito della variegata categoria dei contributi pubblici, il legislatore ha, dunque, selezionato una species, (quella dei contributi che costituiscono aiuti di Stato), attribuendoli espressamente alla giurisdizione esclusiva, realizzando così una reductio ad unitatem, con l'effetto di escludere le altre giurisdizioni nazionali (ordinaria e tributaria) e di superare le diversità delle molteplici discipline sostanziali. «Appare evidente come una tale previsione, interferendo con la questione oggetto del presente giudizio, si giustifichi proprio sul presupposto che, in assenza di norme speciali, la giurisdizione in materia di contributi e agevolazioni finanziarie è soggetta agli ordinari criteri di riparto, con il conseguente possibile concorso, a seconda del tipo di controversia e di situazione soggettiva dedotta, delle giurisdizioni ordinaria, amministrativa e tributaria» (C. Stato, Ad. Pl., 7 gennaio 2014 n. 6).

Guida all'approfondimento

BUFFONE, GAROFOLI, Decalogo della giurisdizione in Garofoli, Prontuario dell'amministrativista, Milano, 2008;

CARINGELLA, DE NICTOLIS, GAROFOLI, POLI, Il riparto di giurisdizione in Trattato di Giustizia Amministrativa, II, Milano, 2005;

CARINGELLA, Il riparto di giurisdizione, Giuffré Editore, 2008.

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