Pignoramento esattoriale e opposizione all'esecuzione

20 Settembre 2017

In tema di pignoramento esattoriale, che si svolge secondo la procedura ordinaria in quanto non derogata dalle norme speciali del d.P.R. n. 602/1973 e in particolare sulla base del ruolo che costituisce titolo esecutivo, le opposizioni sono regolate dall'art. 57 dello stesso decreto.
Il pignoramento esattoriale ex art. 49 d.P.R. n. 602/1973

L'art. 63, d.P.R. n. 602/1973, vigente sino alla riforma del 1999, poneva in cinque anni dalla scadenza del contratto esattoriale il termine per avvalersi della procedura speciale e assoggettava i crediti residui alla prescrizione decennale. Prevedeva, al secondo comma, che l'esattore potesse proseguire le esecuzioni mobiliari e immobiliari quando il pignoramento o la trascrizione dell'avviso di vendita fossero eseguiti entro l'ultimo giorno del quinquennio.

L'attuale art. 49, modificato nel 1999, prevede solo che il procedimento di espropriazione forzata esattoriale sia regolato dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al bene oggetto di esecuzione, «in quanto non derogate dalle disposizioni del presente capo e con esse compatibili». Viene così eliminato il riferimento sovrabbondante del vecchio testo al codice civile e al codice della navigazione. Tale norma, insieme con la sostituzione dell'articolo relativo al termine speciale per avvalersi della procedura ad hoc, inducono a ritenere che la riforma abbia inteso maggiormente ricondurre nell'alveo della espropriazione forzata ordinaria anche quella esattoriale.

In sostanza con le modifiche normative effettuate nel 1999 è venuto meno anche l'inquadramento originario e si delinea un procedimento di esecuzione forzata “ordinaria” con connotati di specialità, procedura che deve essere sempre utilizzata dal concessionario, senza, si presume, facoltà di rinuncia. Né, d'altro canto, la logica del sistema, unita alla generale ratio di garantire per i crediti dello Stato una procedura più celere di soddisfazione, fanno ritenere ragionevole l'abbandono della stessa. Da ultimo autorevole dottrina ha riaffermato il principio chiarendo che la espropriazione forzata esattoriale è «necessaria ed alternativa» rispetto a quella disciplinata dal codice di rito, siccome quella ordinaria è esclusiva per i privati. Essa, come ogni forma esecutiva, deve offrire idonee garanzie costituzionali e, sempre e comunque, quella della possibilità di accesso agli organi giurisdizionali. Il principio costituzionale che garantisce a tutti la tutela giurisdizionale dei propri diritti anche nella fase esecutiva è stato più volte ribadito dalle pronunce della Corte anche nella materia esattoriale. Tale garanzia costituzionale non implica l'invariabilità del principio posto dall'art. 484, primo comma, c.p.c. secondo cui l'espropriazione è diretta da un giudice, soprattutto rispetto a procedimenti esecutivi che non dipendano da decisioni del giudice ma, poiché il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti posto dall'art. 24, primo comma, Cost., comprende anche la fase dell'esecuzione forzata, che è diretta a rendere possibile l'attuazione dei provvedimenti giurisdizionali, essa non può poi essere elusa o condizionata da valutazioni amministrative fondate sul criterio dell'opportunità. Con la conseguenza che compete solo al legislatore di stabilire il criterio di realizzazione forzosa del credito, sia esso giurisdizionale o meno, determinato sulla base del bilanciamento degli emergenti interessi ritenuti meritevoli di protezione.

Discorso diverso è, quindi, quello posto a base dell'art. 2752 c.c. che, nel disciplinare l'intervento nella esecuzione, allude alla possibilità per il concessionario di intervenire in un procedimento attivato da altro creditore nei confronti del debitore moroso quando detto procedimento sia iniziato ad altri creditori non muniti di privilegio prima della iscrizione a ruolo del tributo per l'anno in corso. La norma, in tal modo, preserva comunque la possibilità per l'esattore che non abbia azionato la procedura speciale, di usufruire del privilegio generale sui beni mobili del debitore.

L'esecuzione a mezzo di ruolo inizia con il pignoramento che, ex art. 50, può essere eseguito dopo l'inutile decorso di 60 giorni dalla notificazione della cartella. Se, invece, l'esecuzione ha luogo tramite il solo avviso di accertamento, allora il pignoramento può essere effettuato soltanto dopo l'inutile decorso di 180 giorni dall'affidamento degli avvisi agli agenti della riscossione.

Il concessionario della riscossione procede all'espropriazione e lo stesso può promuovere le azioni cautelari e conservative, ma anche le ordinarie azioni a tutela del credito. Per il resto si ricordi che il procedimento di esecuzione è disciplinato dalle norme ordinarie in quanto applicabili, ossia compatibili e non derogate dalle previsioni speciali.

L'esecuzione stessa si struttura in due fasi, una liquidatoria ed una distributiva. La prima fase si verifica senza controllo del giudice atteso che, ai sensi dell'art. 56 gli atti del procedimento espropriativo sono depositati dal concessionario nella cancelleria del g.e. decorsi 10 giorni dalla vendita insieme con il ricavato della stessa. Diverso ruolo ha il giudice nella fase successiva, quella distributiva, ove esso esercita un controllo tale da garantire la speditezza della procedura.

L'opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi e il pignoramento esattoriale

Prima della riforma del 1999 le opposizioni erano integralmente precluse mentre la competenza in ordine ai ricorsi avverso gli atti dell'esecuzione esattoriale era demandata all'autorità amministrativa. In particolare, il giudice delle leggi aveva ripetutamente escluso la sussistenza di un vizio di incostituzionalità, sotto la maschera del principio della esecutorietà degli atti amministrativi che nella esecuzione esattoriale si manifesterebbe in modo pregnante (C. cost., 12 luglio 1967 n. 115). Il sistema di tutela del contribuente esecutato era, comunque, secondo la Consulta, garantito dalla previsione della possibilità di ricorrere al giudice amministrativo contro il provvedimento negativo dell'intendente di finanza rispetto alla domanda di sospensione della esecuzione e, dopo il compimento di questa, dalla previsione della possibilità di ricorrere contro l'esattore per ottenere il risarcimento dei danni.

Per effetto anche delle svariate – determinanti – declaratorie di incostituzionalità precedentemente richiamate, il sistema così delineato ha cominciato a vacillare progressivamente finchè, con la riforma, si è imposto al legislatore delegato di rivedere il sistema dei mezzi di tutela del contribuente esecutato, razionalizzando la procedura esecutiva anche nel rispetto del principio di collaborazione del debitore all'esecuzione e con la previsione di specifiche modalità che, con riguardo ai crediti non tributari, impongano «adeguate forme di tutela giurisdizionale». Con la conseguenza che sono stati soppressi i ricorsi amministrativi contro gli atti esecutivi del concessionario della riscossione e l'intera disciplina di essi è stata ricondotta nell'alveo della giurisdizione ordinaria, fatta salva la cognizione delle controversie relative alla regolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo, affidata alle commissioni tributarie.

L'art. 57, d.P.R. n. 602/1973 post riforma stabilisce infatti che le opposizioni ex art. 615 c.p.c. non sono ammesse, eccezion fatta per quelle relative alla pignorabilità dei beni; le opposizioni ex art. 617 c.p.c. sono ammesse eccezion fatta per quelle relative alla regolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo. La previsione, come accennato, si applica per i crediti relativi ad uno dei tributi elencati nell'art. 2 del d.lgs. n. 546/1992 mentre, con riferimento ai crediti per tributi diversi da quelli ivi elencati nonché per le entrate extrafiscali e, quindi, in genere per quelli che abbiamo definito crediti non tributari, la disciplina è quella dettata dall'art. 29 d.lgs. n. 46/1999 secondo il quale «alle entrate diverse da quelle elencate nel comma 1, non si applica la disposizione del comma 1 dell'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602, come modificato dall'art. 16 del presente decreto e le opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie». Tale norma consente, quindi, l'integrale esperimento delle opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi per i crediti non tributari con una differenza di disciplina che deriva dall'esistenza di una diversità di tutela sostanziale tra le due tipologie creditorie. Infatti rispetto ai crediti tributari vi sono maggiori forme e modalità di garanzia per il contribuente al quale è offerto, ai sensi dell'art. 19, 1 comma, lett. d), d.lgs. n. 546/1992 la possibilità di proporre ricorso contro il ruolo e la cartella di pagamento innanzi alle commissioni tributarie. Con la conseguenza che vi è una evidente disomogeneità nelle previsioni di forme di tutela per i crediti tributari e non, dovuta anche alle differenti previsioni normative; secondo il legislatore tale disomogeneità non determina una disomogeneità di tutela, poiché al debitore esecutato sarebbe sempre e comunque assicurata una tutela piena rispetto alle contestazioni relative all'an oltre che al quomodo dell'esecuzione esattoriale, assunto che invece può essere facilmente smentito.

A seconda dei vizi rilevati ovvero eccepiti, il soggetto che intenda opporsi ad una cartella esattoriale deve scegliere tra l'opposizione consentita ex artt. 22 e 23 legge n. 689/1981 e le opposizioni esecutive: ciò perché nella giurisprudenza della Cassazione, attesa la ritenuta equiparabilità tra l'ordinanza ingiunzione del Prefetto e la iscrizione a ruolo e conseguente cartella esattoriale, si ritiene che essa possa essere sottoposta al rimedio dell'opposizione ex artt. 22 e 23 cit., almeno nei casi in cui si deduca la mancanza della preventiva e tempestiva notificazione del provvedimento di irrogazione della sanzione (In questo senso cfr. Cass. 25 gennaio 2000 n. 799; Cass. 7 aprile 2000 n. 4360; Cass. 27 novembre 1999 n. 13242; Cass. 30 agosto 1999 n. 9138, tutte citate in C. Castellano, Cartella esattoriale e opposizione agli atti esecutivi, in Riv. esecuz. forzata, 2002, 695, nota a Cass. 20 luglio 2001 n. 9912 secondo cui «l'opposizione a cartella esattoriale che abbia ad oggetto unicamente i vizi formali della stessa, quale la carenza degli elementi indicati dagli artt. 25 e 26, d.P.R., 29 settembre 1973, n. 602, è qualificabile quale opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., e deve per questo essere proposta nel rispetto dei termini di decadenza indicati da tale norma»). In sostanza, secondo le Sezioni Unite della Corte di cassazione quando, a seguito della notificazione di cartella esattoriale che abbia ad oggetto sanzioni amministrative pecuniarie, l'intimato si difenda con domande qualificabili sia come opposizioni alla sanzione ex lege 689/1981, in difetto della notifica della stessa, ovvero come opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, la relativa sentenza che abbia deciso su tutte le domande è impugnabile con ricorso per cassazione relativamente all'opposizione ex art. 23 legge n. 689/1981 e all'opposizione agli atti esecutivi, sia con appello relativamente all'opposizione all'esecuzione (Così Cass., Sez. Un., 10 agosto 2000 n. 562).

In particolare l'opposizioneall'esecuzione

Riassumendo, ai sensi dell'art. 29. d.lgs. 46/1999, l'art. 57 fa riferimento esclusivo alle ipotesi in cui l'esecuzione speciale si svolge per la tutela di un credito derivante dalle entrate tributarie di cui all'art. e) del d.lgs. n. 546/1992 e, pertanto, per la tutela di un credito la cui tutela giudiziaria spetti al giudice tributario.

Mentre a norma del citato art. 2, d.lgs. n. 546/1992 contro le cartelle esattoriali o l'avviso di mora ex art. 50 d.P.R. n. 602/1973 sono proponibili le opposizioni esecutive “preventive” dinanzi alle Commissioni Tributarie, invece l'art. 57 si riferisce alle sole opposizioni esecutive che siano proposte dopo l'inizio dell'esecuzione speciale e che siano relative agli atti del procedimento.

Per quanto concerne il rito da seguire per le opposizioni esecutive in parola, la norma stabilisce soltanto che qualora siano proposte, il g.e. fissa la comparizione delle parti davanti a sé con decreto steso in calce al ricorso e ordina al concessionario di depositare in cancelleria, 5 gg. prima dell'udienza, l'estratto del ruolo e la copia degli atti esecutivi. La dottrina ritiene che, per quanto riguarda il rito applicabile, se le opposizioni in parola sono proposte per crediti di natura tributaria, si applicano, in quanto compatibili, le previsioni ordinarie ex artt. 616 e 618 c.p.c., ultima versione, e, pertanto, il ricorso in opposizione deve essere depositato presso la cancelleria del g.e. che, garantito il contraddittorio, deve assumere i provvedimenti relativi all'eventuale istanza di sospensione e deve fissare alle parti interessate il termine per introdurre il giudizio di merito.

Le opposizioni agli atti esecutivi

Per quanto riguarda le opposizioni agli atti esecutivi, fermo il rilievo, già svolto, che la norma si riferisce alle sole opposizioni esecutive proposte ad esecuzione iniziata e relative agli atti del procedimento, le limitazioni poste alla proponibilità dell'opposizione agli atti esecutivi riguarda soltanto gli atti del concessionario ma non anche quelli del g.e. rispetto ai quali sarebbe senz'altro utilizzabile l'art. 617, comma 2, c.p.c.. Peraltro la stessa giurisprudenza di legittimità ha recentemente confermato l'assunto rilevando come, nel caso di opposizione proposta contro la cartella esattoriale emessa in esito ad iscrizione a ruolo del contributo unificato, trattandosi di entrata di natura tributaria, la stessa spetta alle commissioni tributarie proprio in base alla previsione di cui all'art. 2, d.lgs. n. 546/1992.

Mancata notifica dell'atto presupposto in caso di debiti tributari: la recente giurisprudenza

La recente giurisprudenza aveva affermato che, qualora si deduca, nell'ipotesi di debiti tributari, la mancata notifica di un atto presupposto, quale potrebbe essere, in ipotesi la cartella di pagamento, l'ammissibilità dell'opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'art. 57, primo comma, lett. b), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dipende dall'atto impugnato e non dal vizio dedotto, sicché, mentre il contribuente non può impugnare dinanzi al giudice ordinario la cartella di pagamento o l'avviso di mora, la cui cognizione è riservata al giudice tributario, può proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il pignoramento, oltre che per vizi suoi propri, anche per far valere la nullità derivata, conseguente all'omessa notificazione degli atti presupposti e, cioè, della cartella di pagamento o dell'intimazione ad adempiere (così ad esempio Cass., sez. III, 7 maggio 2015 n. 9246). Ciò in linea con quanto le Sezioni Unite già avevano precisato, ossia che «in materia di riscossione delle imposte l'omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell'atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall'art. 19, comma 3, d.lg. 31 dicembre 1992 n. 546, di impugnare solo l'atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall'omessa notifica dell'atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell'ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest'ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell'atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l'esistenza, o no, di tale pretesa» (Cass., Sez. Un., 4 marzo 2008, n. 5791).

Sulla questione sono intervenute di recente le Sezioni Unite, con pronuncia Cass., 5 giugno 2017, n. 13913, affermando che in materia di esecuzione forzata tributaria, l'opposizione agli atti esecutivi avverso l'atto di pignoramento asseritamente viziato per omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o di altro atto prodromico al pignoramento), è ammissibile e va proposta - ai sensi degli artt. 2, comma 1, e 19, d.lgs. n. 546/1992, dell'art. 57, d.P.R. n. 602/1973 e dell'art. 617 c.p.c. - davanti al giudice tributario, risolvendosi nell'impugnazione del primo atto in cui si manifesta al contribuente la volontà di procedere alla riscossione di un ben individuato credito tributario. La pronuncia si pone in linea con una precedente, sempre delle Sezioni Unite, con cui si era precisato che “la giurisdizione del giudice tributario - che si estende alla cognizione "di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere o specie", con la sola esclusione degli atti dell'esecuzione tributaria, fra i quali non rientrano, per espressa previsione degli art. 2 e 19 d.lg. n. 546 del 1992, né le cartelle esattoriali né gli avvisi di mora - include anche la controversia relativa ad una opposizione all'esecuzione, nella specie attuata con un pignoramento presso terzi promosso con riguardo al mancato pagamento di tasse automobilistiche, quando oggetto del giudizio sia la fondatezza del titolo esecutivo, non rilevando la formale qualificazione come "atto dell'esecuzione" del predetto pignoramento ed invece contestandosi le cartelle esattoriali emesse per tasse automobilistiche che si ritengano non dovute, in quanto relative ad auto già demolite” (Cass., Sez. Un., 5 luglio 2011 n. 14667).

Il procedimento

Ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 57, d.P.R. n. 602/1973 riformato, quando vengono proposte le opposizioni ex artt. 615 o 617 c.p.c., il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti dinnanzi a sé con decreto steso in calce al ricorso e ordina al concessionario il deposito in cancelleria, nel termine di cinque giorni prima dell'udienza, l'estratto del ruolo e la copia di tutti gli atti esecutivi. La ragione alla base della previsione di tale ordine rivolto nei confronti del concessionario, dipende dal fatto che lo stesso è ufficiale dell'esecuzione e, contemporaneamente, parte procedente. Nella prima veste egli redige gli atti esecutivi e li conserva insieme al titolo esecutivo mentre, una volta proposta opposizione, è necessario che tali atti vengano trasfusi nel fascicolo dell'esecuzione stessa.

L'ordine in questione, attesa l'indispensabilità dello stesso, pur se previsto solo dall'ultimo comma dell'art. 57 ora citato, deve essere considerato come applicabile anche nel caso dei decreti emessi in calce ai ricorsi relativi a procedimenti esecutivi per crediti non tributari nel senso prima chiarito. Pertanto, la previsione, anche se testualmente riferita ai soli crediti “tributari” deve ritenersi non limitata a tale tipologia creditoria ma tecnicamente estensibile anche ai crediti diversi, ovvero non tributari.

Ciò che la norma non prevede sono le conseguenze in caso di inottemperanza del concessionario all'ordine del giudice: in questo caso il giudice, attesa la mancanza e la impossibilità di costituire senza la documentazione del concessionario, il fascicolo dell'esecuzione, dovrà necessariamente rinnovare l'ordine fissando altra udienza per il deposito dei documenti stessi. Potrà, però, qualora ritenga sussistenti i presupposti per la sospensione ex art. 60, d.P.R. n. 602/1973, concederla così salvaguardando, pur nel ritardo causato dalla inottemperanza del concessionario, le ragioni del debitore esecutato.

Forse e, sotto questo profilo si ravvisa una lacuna della disposizione, si sarebbe dovuto fissare in sede legislativa un termine perentorio per tale deposito stabilendo, altresì, che nel mancato rispetto da parte del concessionario del termine suddetto, il giudice sarebbe obbligato alla concessione della sospensione ravvisando in tale mancata ottemperanza un “grave pericolo” a carico del contribuente esecutato e così disponendo una sorta di ipotesi di sospensione automatica della procedura esattoriale. Ciò, indipendentemente dalle difficoltà teoriche che una simile configurazione comporta, avrebbe avuto il duplice vantaggio di tutelare sicuramente il debitore esecutato, diversamente costretto ad attendere la fissazione di un'altra udienza qualora il giudice, non ravvisando sulla base degli elementi necessariamente scarni forniti dallo stesso la sussistenza del fumus boni juris o del periculum in mora, non ritenga di poter concedere la sospensione dell'esecuzione esattoriale. In sostanza alla mancanza o possibile mancanza dei presupposti per la sospensione si ovvierebbe con una scelta non più discrezionale ma obbligata dal mancato rispetto da parte del concessionario dell'ordine del giudice. Ciò avrebbe come conseguenza quella di costringere il concessionario al rispetto dei termini, pena la sospensione “automatica” della procedura.

La norma impone al concessionario di provvedere al deposito dei documenti necessari per la formazione del fascicolo nel termine di cinque giorni prima dell'udienza fissata dal giudice. Si è sottolineato che il contrasto della previsione in questione con la norma di cui all'art. 166 c.p.c. che impone al convenuto di depositare in cancelleria il proprio fascicolo con i documenti offerti in comunicazione almeno venti giorni prima dell'udienza, sarebbe solo apparente. Proprio chi sottolinea l'esistenza dell'ipotetico contrasto, evidenzia come tale contraddizione sarebbe in partenza esclusa nel caso in cui parte sostanziale del procedimento di opposizione sia il titolare del credito e non già il concessionario che, come visto dianzi, titolare del credito non è. In sostanza, l'art. 57 si rivolgerebbe direttamente al concessionario in quanto obbligato ad un'attività meramente strumentale necessaria per la formazione del fascicolo dell'esecuzione mentre per il titolare del credito e quindi per la parte sostanziale sarebbe pienamente valida ed operante la norma “generale” di cui all'art. 166 c.p.c. e quindi il diverso, comune termine di venti giorni prima dell'udienza. E, comunque, anche qualora il concessionario sia parte sostanziale nonché parte processuale perché soggetto contro il quale direttamente si rivolgono le contestazioni del debitore esecutato, comunque il problema sarebbe, secondo tale dottrina, risolvibile alla stregua della differenza che ricorre tra atti e documenti. Gli atti dovrebbero – in quanto formati dal concessionario – essere depositati nel termine di cinque giorni prima dell'udienza insieme al titolo esecutivo; i documenti diversi dovrebbero invece essere prodotti nel termine ordinario di venti giorni.

Una diversa considerazione potrebbe emergere dalla configurazione prospettata del concessionario come sostituto processuale. Egli, non titolare del credito, agisce in sede esecutiva in nome del reale titolare e per un diritto, appunto, altrui; in tale veste egli dovrebbe essere soggetto passivo delle relative opposizioni e quindi sarebbe sempre e parte processuale e parte sostanziale del procedimento di opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi. In tal caso, pertanto, residuerebbe al vero titolare del credito, il normale spazio di intervento nell'ambito di tali procedure nei modi e nei termini di legge.

La disposizione che prevede un termine così breve per la produzione documentale andrebbe pertanto letta come norma speciale che fissa un termine inferiore rispetto a quello genericamente previsto per il convenuto dall'art. 166 c.p.c., termine che potrebbe essere considerato come di favore nei confronti del concessionario che avrebbe un maggior spazio dilatorio sino all'udienza per la produzione dei documenti indispensabili per la formazione del fascicolo.

Le opposizioni relative a crediti di natura non tributaria

Abbiamo già osservato come mentre a norma del citato art. 2 d.lgs. n. 546/1992 contro le cartelle esattoriali o l'avviso di mora ex art. 50 d.P.R. n. 602/1973 sono proponibili le opposizioni esecutive “preventive” dinanzi alle Commissioni Tributarie, invece l'art. in commento si riferisce alle sole opposizioni esecutive che siano proposte dopo l'inizio dell'esecuzione speciale e che siano relative agli atti del procedimento. Ne deriva che, a norma dell'art. 29 d.lgs. n. 46/1999, allorché l'entrata da tutelare è di natura non tributaria ovvero tributaria ma non inclusa nell'elenco dell'art. 2 cit., le opposizioni esecutive sono proponibili senza limitazioni, sia in forma preventiva che successiva.

Pertanto, una volta notificata la cartella esattoriale, se l'esecuzione non ha avuto inizio il debitore può proporre entrambe le opposizioni; se è iniziata, il debitore o il terzo o gli altri interessati possono proporre le opposizioni esecutive compresa quella del terzo.

Per quelle preventive si è rilevato correttamente che l'opposizione proposta contro la cartella esattoriale si può definire opposizione all'esecuzione soltanto quando il ricorrente contesta il diritto dell'ente creditore a procedere nei suoi confronti e affermi l'illegittimità dell'iscrizione a ruolo del debito per mancanza del titolo ovvero deduca fatti successivi ed esterni al titolo, come l'estinzione per pagamento o per prescrizione successiva. In questo caso il g. dell'opposizione ha senz'altro il potere derivante dalla previsione dell'art. 615, co. 1, c.p.c. di sospendere l'efficacia del titolo per gravi motivi.

Si può, invece, proporre un'opposizione ex art. 617 c.p.c. anche prima dell'inizio del procedimento quando si facciano valere i vizi formali della cartella esattoriale. In questo caso, tuttavia, non si può né applicare l'art. 29 d.lgs. n. 46/1999, cit., né il potere sospensivo dettato dal primo co. dell'art. 615 c.p.c. e, pertanto, si potrà unicamente chiedere una tutela d'urgenza per inibire l'inizio dell'esecuzione forzata.

Sempre per le stesse “entrate” non tributarie o tributarie non incluse nell'elenco dell'art. 2, d.lgs. n. 546/1992, le opposizioni esecutive, a procedimento esecutivo iniziato, si propongono senza limitazione alcuna, secondo le regole generali e la sospensione del procedimento può essere concessa ex art. 60 D.P.R. n. 602/1973.

L'opposizione al pignoramento ex art. 72-bis d.P.R. n. 602/1973

Ll'art. 72-bis d.P.R. n. 602/1973 è stato introdotto nel 2005 e successivamente modificata con diversi provvedimenti normativi. Si tratta dell'ipotesi del c.d. pignoramento diretto che costituisce senz'altro una previsione di favore per l'agente della riscossione il quale può intimare direttamente al terzo di pagare il credito al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede, senza citare prima il terzo innanzi al giudice competente. Si tratta, come la stessa Cassazione ha precisato, di un pignoramento speciale che ha inizio con la notificazione dell'atto al debitore esecutato e al terzo pignorato, e si conclude con il pagamento effettuato da parte di quest'ultimo (in tal senso Cass., sez. III, 20 ottobre 2016 n. 21258). Anche questo pignoramento speciale è soggetto alla regola posta dall'art. 57 citato rispetto all'ammissibilità delle opposizioni esecutive. Tuttavia, con riferimento all'ipotesi in cui l'ordine di pagamento abbia a oggetto crediti dovuti in forza di un rapporto esistente ma non ancora esigibili, il pagamento a opera del terzo delle somme già maturate alla data di notificazione dell'ordine tiene luogo dell'assegnazione del credito pignorato, anche con riguardo alle somme dovute dal terzo alle scadenze successive, permanendo la legittimazione dell'agente della riscossione alla percezione delle stesse fino a concorrenza del credito azionato. In questo caso, secondo la Cassazione già citata, “le norme applicabili all'opposizione agli atti esecutivi sono quelle degli art. 617 e 618 c.p.c. Ai sensi delle dette norme, introdotta l'opposizione con ricorso da parte dell'opponente, il giudice deve fissare con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto, dando, nei casi urgenti, i provvedimenti opportuni. All'udienza, poi, dà o nega, con ordinanza, i provvedimenti indilazionabili o la sospensione della procedura, quindi dà corso a un ordinario giudizio di cognizione che si svolge secondo le norme degli art. 180 e ss. c.p.c. e si conclude con sentenza non impugnabile”.

Guida all'approfondimento

A.M Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova, 2015; Castoro-Giordano, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2017, 416 e ss.

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