Legittimazione processuale del direttore generale di S.P.A.

23 Agosto 2016

Qualora la procura sia rilasciata da un soggetto diverso da quelli aventi per legge la rappresentanza sociale occorre la prova della speciale “legitimatio ad processum”.
Massima

In tema di capacità processuale, qualora la procura sia rilasciata dal direttore generale di una società che si assuma munito del potere rappresentativo della società, ossia da un soggetto diverso da quelli - come la persona fisica che ricopre la carica di amministratore - aventi per legge la rappresentanza sociale e per i quali soltanto, una volta adempiute le prescritte formalità, può presumersi la capacità processuale, occorre la prova della speciale “legitimatio ad processum”, ossia della sussistenza dell'asserito potere rappresentativo, quale eccezione alla regola della esclusiva spettanza di questo agli amministratori. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha confermato il giudizio di inammissibilità dell'opposizione allo stato passivo di un fallimento proposta da una banca per difetto di legittimazione processuale, poiché la procura era stata rilasciata dal direttore generale, cui, tra l'altro, neppure lo statuto attribuiva la rappresentanza in giudizio).

Il caso

L'istituto bancario Alfa S.p.a., con atto notificato il giorno 01 agosto 2013, proponeva ricorso per Cassazione del decreto, depositato il 04 luglio 2013, con il quale il Tribunale di Rovigo dichiarava inammissibile, per difetto di legittimazione processuale, l'opposizione da essa proposta, quale procuratore di Banca Beta S.p.a., contro lo stato passivo del Fallimento Gamma S.p.a. . La curatela del Fallimento Gamma S.p.a resisteva con controricorso adducendo che la ricorrente si doleva della ritenuta carenza di legittimazione processuale per assenza, nella persona del Direttore Generale che, per Banca Beta S.p.a., aveva rilasciato la procura in favore di essa ricorrente, del potere di rappresentanza della società nelle materie oggetto della causa e, conseguentemente, del potere di stare in giudizio.

Di contro la ricorrente sosteneva che il Fallimento Gamma S.p.a. si era limitato a contestare genericamente la carenza di legittimazione processuale di essa opponente senza fornire prove contrarie, e che la sussistenza del potere di rappresentanza della società in capo al Direttore generale ben poteva presumersi.

La questione

Lo Statuto della Banca Beta S.p.a. non attribuisce al Direttore generale il potere di rappresentanza sulle materie in questione (ed attribuisce piuttosto al Presidente la rappresentanza in giudizio della società), ed in tale situazione l'onere di provare la diversa fonte specifica del potere di rappresentanza in capo al Direttore Generale che aveva rilasciato la procura pare doversi ritenere gravasse sulla opponente-odierna ricorrente.

Le soluzioni giuridiche

Il Collegio, letta la memoria di parte ricorrente, condivide le considerazioni svolte dal relatore. Ed invero merita condivisione il richiamato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. civ., n. 12012/1993; Cass. civ., n. 9810/1997) secondo cui, atteso il necessario collegamento tra il potere rappresentativo e la carica di amministratore della società (art. 2328 c.c., n. 9 e art. 2384 c.c.), solo la persona fisica che, spendendo tale qualità, abbia rilasciato la procura non ha l'onere di dimostrarla, restando a carico della controparte, che eccepisca l'inesistenza del rapporto organico, di fornire la relativa prova; laddove invece la procura sia rilasciata dal Direttore Generale che si assuma munito del potere rappresentativo della società, ossia da un soggetto diverso da quelli aventi per legge la rappresentanza sociale e per i quali soltanto, una volta adempiute le prescritte formalità, può presumersi la capacità processuale, occorre la positiva dimostrazione della speciale legitimatio ad processum, ossia della sussistenza dell'asserito potere rappresentativo, quale eccezione alla regola della esclusiva spettanza di questo agli amministratori.

Osservazioni

La sentenza afferma un principio generalmente condiviso sia in dottrina che in giurisprudenza, cioè quello secondo il quale l'opponibilità del potere di rappresentanza, anche processuale, e quindi la conseguente legittimazione processuale, debba essere valutato in base ad una attribuzione di poteri derivante dallo statuto societario o da una attribuzione che si possa presumere in base al combinato disposto degli artt. 2328, n. 9, c.c. e 2384 c.c..

Come, infatti, anche sotto il vigore del precedente diritto societario (artt. 2328, n. 9, e 2384 c.c.), la presunzione di esistenza del potere di rappresentanza deve avere come presupposto che il soggetto agente sia ricompreso fra quelli che per legge o per statuto abbiano tale potere; sussistendo tale condizione, anche le limitazioni poste in capo a quei soggetti, pur se rese pubbliche, non saranno opponibili ai terzi salvo che questi abbiano agito a danno della società.

Orbene, nel caso qui in commento la spendita del nome avvenne ad opera di un soggetto, il Direttore Generale, in capo al quale non possono essere presunti i poteri di rappresentanza, né sostanziale né processuale.

Pertanto la decisione della Corte non ha fatto altro che applicare un principio di diritto oramai consolidato, dichiarando inammissibile l'opposizione allo stato passivo introdotta da chi nemmeno potrebbe apparire dotato dei necessari poteri rappresentativi e quindi impossibilitato alla nomina di qualsivoglia procuratore per la presentazione del ricorso.

Pertanto in mancanza di prova della sussistenza di tali poteri, da fornirsi a cura del ricorrente stesso, la decisione non può essere che nel senso percorso dalla Corte.

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