Il protocollo 15 dicembre 2016 e la facoltà per l'intimato inerte di presentare memoria scritta prima dell'adunanza camerale

25 Luglio 2017

La Suprema Corte continua, con i due provvedimenti in commento, la sua proficua opera di conformazione degli istituti processuali introdotti o modificati dall'art. 1-bis, comma 1, lett. e) e f), del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modifiche in legge 25 ottobre 2016, n. 197, alle esigenze costituzionali del diritto di difesa, tenuto conto dell'infelice regime transitorio dettato dal comma 2 dell'art. 1-bis citato.
Massima

In tema di giudizio di cassazione, dopo la riforma recata dal d.l. n. 168/2016 (conv., con modif., dalla l. n. 197/2016), in caso di inammissibilità del controricorso, per aver il controricorrente rilasciato la procura in calce alla copia notificata del ricorso, è comunque consentita alla parte la presentazione della memoria ex art. 380-bis, comma 2, c.p.c. in vista della adunanza camerale per la quale la causa è stata chiamata, trattandosi dell'unica possibilità residua di estrinsecazione del suo diritto di difesa, con conseguente diritto alla rivalsa delle relative spese processuali in caso di soccombenza della controparte (Cass., sez. VI-2, ord., 8 giugno 2017, n. 14330).

In tema di giudizio di cassazione, non deve essere disposta la condanna alle spese processuali in favore della parte intimata, cui sia stata preclusa la facoltà di audizione in camera di consiglio a seguito della riforma dell'art. 380 bis c.p.c. introdotta dal d.l. n. 168/2016, allorché la stessa abbia unicamente depositato un atto di costituzione, non seguito dal deposito di memoria, come ammesso dall'apposito Protocollo (Cass, sez. VI-3, ord., 7 luglio 2017, n. 16921).

Il caso

Nel caso affrontato nella prima sentenza in commento, ritenuta l'inammissibilità del controricorso, per aver il controricorrente rilasciato la procura speciale in calce alla copia del ricorso notificata dalla controparte, e rilevato, tuttavia, come, si trattasse di ricorso depositato prima dell'entrata in vigore della legge n. 197/2016 (che ha convertito, con modificazioni, il d.l. n. 168/2016), ha, non di meno, ritenuto tale irrituale mandato idoneo a legittimare il resistente a presentare memoria scritta ai sensi dell'art. 380-bis, comma 2, c.p.c., con conseguente diritto, in caso di soccombenza del ricorrente, al rimborso delle spese del giudizio di legittimità per l'attività difensiva così svolta.

Nel secondo caso, sempre in procedimento ex art. 380-bis c.p.c. la cui adunanza camerale era stata fissata dopo la data di entrata in vigore della legge 25 ottobre 2016, n. 197, ha, invece, affermato che non dovesse provvedersi alla condanna alle spese processuali in favore dell'intimato Ministero della Giustizia, il quale si era limitato a depositare un atto di costituzione mediante l'Avvocatura dello Stato, senza far seguire ad esso alcuna attività presentazione di memoria.

La questione

La Suprema Corte continua, con i due provvedimenti in commento, la sua proficua opera di conformazione degli istituti processuali introdotti o modificati dall'art. 1-bis, comma 1, lett. e) e f), del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modifiche in legge 25 ottobre 2016, n. 197, alle esigenze costituzionali del diritto di difesa, tenuto conto dell'infelice regime transitorio dettato dal comma 2 dell'art. 1-bis citato, secondo il quale «Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nonché a quelli già depositati alla medesima data per i quali non è stata fissata udienza o adunanza in camera di consiglio».​

È noto, infatti, che nel giudizio di cassazione, colui contro il quale il ricorso è diretto, se non abbia inteso contraddire mediante controricorso notificato al ricorrente, non può presentare memorie, né produrre documenti – in quanto pure questa facoltà si intende dall'art. 378 c.p.c. riservata al ricorrente ed al controricorrente -, ma può soltanto partecipare alla discussione orale (art. 370, comma 1, c.p.c.). Così, l'intimato che non abbia depositato controricorso, ma unicamente la procura al difensore (purché apposta in margine o in calce ad alcuno degli atti elencati nell'art. 83, comma 3, c.p.c.), può per lo meno prendere parte all'udienza di discussione. A rigor di termini, si sottolinea in dottrina come sia pure improprio parlare al riguardo (come spesso fa, invece, la giurisprudenza), di “intimato non costituito”, in quanto il giudizio di cassazione, dopo la notificazione ed il deposito del ricorso, è dominato dall'impulso d'ufficio e non conosce la contumacia delle parti, né l'estinzione per loro inattività.

C'erano, dunque, migliaia di parti, alle quali era stato notificato un ricorso per cassazione depositato prima del 30 ottobre 2016, e che avrebbero potuto essersi ben determinate a non svolgere alcuna attività difensiva fino all'udienza pubblica di discussione o all'adunanza camerale, confidando poi nella partecipazione alla discussione orale o di essere sentite in camera di consiglio. La subitanea entrata in vigore dei nuovi riti di cui agli artt. 380-bis e 380-bis.1, c.p.c., per effetto del d.l. n. 168/2016 e della l. n. 197/2016, ha visto, però, fissare dal 30 ottobre 2016 in poi adunanze in camera di consiglio nelle quali la Corte decide senza l'intervento delle parti. Questi intimati, stando alla lettera dell'art. 370, comma 1, c.p.c., non avrebbero comunque potuto presentare memorie (decadenza in capo a loro ormai maturata sin da quando era scaduto il rispettivo termine di venti giorni dalla scadenza del termine di deposito del ricorso), e si sarebbero soltanto dovuti lamentare di uno “ius superveniens” che, in forza della norma transitoria contenuta nel citato comma 2 dell'art. 1-bis, e contrastando il principio “tempus regit processum”, ha disposto l'applicazione di un nuovo rito ad un processo già iniziato, con palese compressione del diritto al contraddittorio.

Con funzione rimediale, è così intervenuto il “Protocollo d'intesa” tra la Corte di Cassazione, il Consiglio Nazionale Forense e l'Avvocatura Generale dello Stato del 15 dicembre 2016, il quale, non a caso, apre proprio con questa prima clausola: «l.Regime transitorio (di cui al comma 2 dell'art. 1-bis, d.l. n. 168\2016, conv. in L. n. 197\2016). Si conviene che, per i ricorsi già depositati alia data del 30 ottobre 2016 per i quali venga successivamente fissata l'adunanza camerale, l'intimato che non abbia provveduto a notificare e a depositare il controricorso nei termini di cui all'art. 370 c.p.c., ma che, in base alla pregressa normativa, avrebbe ancora avuto la possibilità di partecipare alla discussione orale, possa, per sopperire al venir meno di siffatta facoltà, presentare memoria, munita di procura speciale, nei medesimi termini entro i quali può farlo il controricorrente. Della possibilità di avvalersi di tale facoltà si darà notizia alle parti destinatarie dell' avviso di fissazione dell' adunanza. Se con la memoria anzidetta vengono sollevate questioni nuove rilevabili d'ufficio, o comunque ne ravvisi l'opportunità, il collegio, anche su sollecitazione del ricorrente, assegna un termine per osservazioni ai sensi dell'art. 384 terzo comma c.p.c.».

In sostanza, per supplire alla “debolezza costituzionale” del regime transitorio superficialmente allestito dal comma 2 dell'art. 1-bis, d.l. n. 168\2016, conv. in l. n. 197\2016, si è dato luogo all'impegno pattizio di adozione di una pratica virtuosa, convenuto tra gli operatori pratici protagonisti del giudizio di cassazione, decidendo di “accantonare” il chiaro dettato dell'art. 370, comma 1, c.p.c., fino all'esaurimento della fissazione delle adunanze in camera di consiglio dei ricorsi depositati al 30 ottobre 2016, ai quali i novellati artt. 380-bis e 380 bis-1 c.p.c. si applicano per effetto di “ius superveniens” che ha cambiato le originarie regole del gioco difensivo.

Le soluzioni giuridiche

Le due ordinanze in commento confermano un orientamento della Corte di Cassazione già del tutto consolidatosi nei primi mesi di applicazione della Riforma del rito di legittimità del 2016.

Si è infatti affermato che nel procedimento di cui all'art. 1-bis, l. n. 197/2016, che ha convertito, con modificazioni, il d.l. n. 168/2016, applicabile, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo, anche ai ricorsi depositati prima dell'entrata in vigore della legge di conversione per i quali non sia stata ancora fissata l'udienza o l'adunanza in camera di consiglio, la parte che abbia precedentemente depositato procura notarile senza notificare alcun controricorso - perduta la facoltà di partecipare alla discussione orale in pubblica udienza o di essere sentita in camera di consiglio per effetto delle norme sopravvenute - può esercitare la propria difesa presentando memoria scritta ai sensi dell'art. 380-bis, comma 2, c.p.c., e, in caso di soccombenza della controparte, ha diritto alla rifusione delle spese e dei compensi per il conferimento della procura e per l'attività difensiva così svolta (Cass. sez. VI-3, 24 marzo 2017, n. 7701).

Parimenti, sempre in giudizio conseguente alla riforma recata dal d.l. n. 168/2016, è stato deciso che, in caso di inammissibilità del controricorso perchè tardivo, deve comunque ritenersi consentito il deposito della memoria ex art. 380-bis, comma 2, c.p.c., risultando ora l'unica altra attività difensiva permessa nel procedimento a struttura camerale e, quindi, equiparata o sostitutiva della partecipazione alla pubblica udienza, che è sempre stata, invece, pacificamente ammessa pur in presenza di ricorso inammissibile (Cass. sez. VI-3, 24 maggio 2017, n. 13093; analogamente, Cass. sez. V, 19 maggio 2017, n. 12657, per la quale può comunque essere depositata la memoria prevista dal secondo periodo dell'unico comma dell'art. 380-bis.1, c.p.c., «in ragione del principio tempus regit actum, anche dall'intimato che si fosse costituito tardivamente al fine di partecipare alla discussione orale»).

Così, con la precisa delimitazione del riferimento ai ricorsi per cassazione depositati prima del 30 ottobre 2016, per i quali sia stata successivamente fissata adunanza camerale, in forza del nuovo rito introdotto con il d.l. n. 168/2016, è stata considerata rilevante ai fini della liquidazione delle spese processuali l'attività di deposito di memoria espletata dal resistente, pur “costituitosi” tardivamente, e ciò in attuazione dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo (Cass. sez. VI-5, 22 febbraio 2017, n. 4533).

La facoltà riservata alle parti di presentare memorie scritte è stata, del resto, l'argomento decisivo per scongiurare le denunce di illegittimità costituzionale dei nuovi riti di legittimità “non partecipati” (cfr. Cass., sez. 6-5, 2 marzo 2017, n. 5371; Cass., sez. VI-3, 10 gennaio 2017, n. 395).

Osservazioni

Parte della dottrina non ha mancato di criticare, in modo difficilmente superabile, la piena compatibilità della richiamata regola protocollare col sistema delle fonti, considerando il rapporto confliggente tra la “normazione secondaria” di fonte convenzionale e il Codice di procedura civile.

Si è, invero, osservato come l'art. 1 del Protocollo 15 dicembre 2016, definito «disposizione di sapore pretorio», «allo scopo di rimediare alla riduzione delle facoltà difensive del controricorrente ed alla indicata disparità di trattamento tra le due modalità di trattazione» (…), «finisce per arrecare una, non meno grave (poiché estranea al dettato normativo), lesione delle prerogative difensive del ricorrente, atteso che, sia pure limitatamente ai ricorsi “già depositati alla data del 30 ottobre 2016», attribuisce al controricorrente una facoltà di difesa scritta dalla quale era decaduto” (così F.M. Giorgi, Il nuovo “rito camerale” del giudizio di cassazione – Il commento, in Lavoro nella giur. 2017, 3, 243 ss.; si veda poi, in generale, sul ruolo dei “Protocolli” con riferimento al procedimento di Cassazione, A. Panzarola, La Cassazione civile dopo la legge 25 ottobre 2016, n. 197 e i c.d. protocolli, in Nuove Leggi Civ. Comm., 2017, 2, 269 ss.).

Può convenirsi certamente sul fatto che il mutamento del rito di cassazione, introdotto con la legge n. 197\2016, sia stato accompagnato da un regime transitorio che ha comportato un'applicazione immediata anche a processi già iniziati, dando luogo al rischio di un'applicazione retroattiva di decadenze in danno delle parti. Come se si trattasse di un “overruling”, e non di conseguenza che doveva scongiurare da sé il legislatore del 2016, a pena di eventuale incostituzionalità del suo lavoro, l'art. 1 del Protocollo 15 dicembre 2016 si è preoccupato di evitare agli intimati, che non avessero notificato controricorso al 30 ottobre 2016, la decadenza (già maturata, indipendentemente dalla legge n. 197\2016) dalla facoltà di presentare memorie, dapprima però compensata dalla ulteriore facoltà di discutere la causa che la Riforma ha eroso, così tutelando l'affidamento, presuntivamente incolpevole, di quegli intimati, i quali avevano deciso di non resistere al ricorso senza prevedere l'inopinato e repentino intervento legislativo.

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