Onorari avvocato in caso di prestazione d'amicizia: non si applicano i minimi tariffari

Redazione scientifica
25 Luglio 2017

L'inderogabilità dei minimi tariffari, ex art. 24, l. 23 giugno 1942, n. 794 sugli onorari di avvocato, non si applica nel caso di rinuncia, totale o parziale, alle competenze professionali, per ragioni di amicizia, parentela o anche semplice convenienza.

Il caso. L'avvocato A.M. chiedeva il pagamento del compenso relativo alla prestazioni professionali rese nell'ambito di un causa civile. Il giudice di primo grado accoglieva parzialmente la domanda attorea, relativamente alle spese vive. La Corte d'appello rigettava il gravame proposto dal professionista, confermando la pronuncia di prime cure circa la gratuità dell'incarico, ad eccezione del rimborso delle spese vive, cui non era ostativo, in presenza di specifiche ragioni di amicizia, di colleganza e di riconoscenza, l'applicazione del principio dell'inderogabilità dei minimi tariffari.

Veniva proposto ricorso per cassazione, per violazione degli artt. 24, l. n. 794/1942 e 2 della tariffa forense di cui al d.m. 9 aprile 2004, n. 127, nonché vizio di omessa esame di un punto decisivo della controversia.

Eccezioni all'inderogabilità dei minimi tariffari. I motivi sono infondati, poiché il giudice d'appello correttamente aveva applicato il principio pacifico in sede di legittimità per cui «l'inderogabilità dei minimi tariffari, stabilito dall'art. 24, l. 23 giugno 1942, n. 794 sugli onorari di avvocato, non trova applicazione nel caso di rinuncia, totale o parziale, alle competenze professionali, allorchè quest'ultima non risulti posta in essere strumentalmente per violare la norma imperativa sui minimi di tariffa, ma per ragioni di amicizia, parentela o anche semplice convenienza» (Cass. n. 7144/1998; Cass. n. 3495/1999).

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