Costituzione dell'appellante su velina: le Sezioni Unite si pronunciano
25 Agosto 2016
Il caso. Tizio, titolare di una s.r.l., propone ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d'appello di Roma che aveva provveduto su due appelli riuniti, il primo notificato da Caio, (allora appellante, ora resistente) ma iscritto a ruolo solo da Tizio (allora appellato, ora ricorrente) al fine esclusivo di ottenere declaratoria di improcedibilità per tardiva iscrizione a ruolo, ed il secondo notificato ed iscritto a ruolo da Tizio con deposito non dell'originale, bensì di una velina dell'atto di citazione d'appello. Sette sono i motivi di ricorso, ai quali Caio resiste con controricorso. La Seconda Sezione Civile della Suprema Corte, investita della trattazione della causa, con ordinanza interlocutoria del 18 dicembre 2015 n. 25529, rimette gli atti al Primo Presidente, ravvisando la necessaria risoluzione di due questioni, insite nei primi due motivi di ricorso in relazione alla valutazione del terzo motivo, sulle quali ritiene sussistente un contrasto giurisprudenziale. Il Primo Presidente rimette pertanto il ricorso alle Sezioni Unite.
Iscrizione a ruolo con velina Con il terzo e fondamentale motivo di ricorso, il ricorrente deduce che l'appellante ha iscritto a ruolo il secondo appello con una “velina”, senza depositare mai l'originale dell'atto di citazione. La Seconda Sezione peraltro aveva evidenziato nell'ordinanza di rimessione che nella sentenza impugnata invece si era fatto riferimento all'avvenuto deposito di detto originale, pur non precisandone il momento. L'intervento richiesto alle SSUU è dunque «in ordine alle conseguenze dell'iscrizione a ruolo "con velina" delle cause di appello" ed in particolare sul se essa "comporti di per sé l'improcedibilità del giudizio di gravame, oppure dia luogo a una nullità sanabile" e sul se "in questa seconda ipotesi, se per evitare l'improcedibilità il deposito dell'originale dell'atto di impugnazione debba necessariamente avvenire entro la prima udienza, oppure possa essere utilmente effettuato nel prosieguo del giudizio, oppure ancora se sia già di per sé sufficiente (ipotesi che in giurisprudenza non risulta essere stata prospettata) la costituzione stessa in giudizio dell'appellato, in quanto dimostrativa dell'avvenuto raggiungimento dello scopo dell'atto». Le Sezioni Unite chiariscono, nel rispondere al primo quesito, che «la sanzione della improcedibilità dell'appello che, nel rito ordinario, l'art. 348, comma 1, c.p.c. commina "se l'appellante non si costituisce nei termini" è ricollegata soltanto al mancato o tardivo compimento da parte dell'appellante, nel termine previsto dall'art. 165 c.p.c., cui rinvia il primo comma dell'art. 347 c.p.c., dell'attività di costituzione e non anche al compimento di un'attività di costituzione avvenuta entro quel termine ma non secondo le forme previste dall'art. 165 c.p.c., cui pure rinvia lo stesso primo comma dell'art. 347 c.p.c.». Ed affermano dunque che «l'art. 348, comma 1, c.p.c., quando commina l'improcedibilità dell'appello "se l'appellante non si costituisce nei termini", dev'essere inteso nel senso che tale sanzione riguarda la mancata costituzione nei termini indicati dall'art. 165 c.p.c., oppure una costituzione avvenuta al di là di essi e non invece una costituzione avvenuta nell'osservanza di tali termini, ma senza il rispetto delle forme con cui doveva avvenire ai sensi dello stesso art. 165. Ne deriva che la costituzione dell'appellante nel termine senza il deposito dell'originale della citazione e, come nella specie, con una c.d. velina, non determina di per sé l'improcedibilità dell'appello». Inosservanza delle forme previste ex art. 165 c.p.c. Gli altri quesiti posti dall'ordinanza di rimessione si concentrano sulla valutazione di una costituzione avvenuta sì nel rispetto dei termini, ma non nelle forme previste dall'art. 165 c.p.c. Le Sezioni Unite enunciano che «un'attività di costituzione dell'appellante che sia avvenuta entro il termine previsto ma senza il rispetto delle forme indicare dal'art. 165 c.p.c. si concreta in una costituzione che, non essendo osservante delle forme, è nulla e non dà di per sé luogo ad improcedibilità, e va ritenuto che la nullità può essere superata dallo stesso appellante fino all'udienza di comparizione di cui al comma 2 dell'art. 350 c.p.c., tramite l'attività che assicuri il rispetto delle dette forme». In sostanza, rispetto al contrasto emerso sotto quest'ultimo profilo nella pregressa giurisprudenza delle sezioni semplici, le Sezioni Unite enunciano due importanti principi: a)posto che l'iscrizione a ruolo con velina concreta una nullità sanabile, detta sanatoria, idonea ad evitare l'improcedibilità dell'appello, deve avvenire, mediante il deposito dell'originale dell'atto di citazione, entro la prima udienza del giudizio di appello, ossia quella ex art. 183 c.p.c. se il procedimento si svolge dinanzi al Tribunale e quella di cui all'art. 350 c.p.c. ove il giudizio si svolge di fronte alla Corte d'Appello; b)entro detta prima udienza, se l'appellante non è ancora in possesso dell'originale dell'atto introduttivo (ad esempio, perché ancora non restituito dall'ufficiale giudiziario) dovrà proporre istanza di rimessione in termini ai sensi dell'art. 153, comma 2, c.p.c., sicché – rispetto a quanto avveniva sinora – non sarà il giudice d'appello a poter concedere un termine d'ufficio nell'esercizio dei propri poteri ordinatori.
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