L'omesso deposito del fascicolo di parte della fase amministrativa nel giudizio instaurato ex art. 26 d.lgs. 150/2011

Giusi Ianni
27 Ottobre 2016

Nel procedimento disciplinare a carico dei notai, l'omesso deposito del fascicolo di parte della fase amministrativa non è causa di improcedibilità del reclamo avverso il provvedimento sanzionatorio, poiché le cause dell'improcedibilità sono tassative e l'art. 26 del d.lgs. n. 150 del 2011 non la prevede al riguardo.
Il caso

Con delibera del 13 marzo 2013, la Commissione regionale di disciplina dell'Emilia Romagna, decidendo sull'iniziativa disciplinare assunta a carico del notaio dott. P. dal Consiglio Notarile di Ravenna, dichiarava il predetto notaio responsabile di alcune violazioni della legge notarile, applicando nei suoi confronti la sanzione pecuniaria di euro 5.000 complessivi e la sospensione per mesi due dall'esercizio delle funzioni. Da altre incolpazioni, invece, il notaio P. veniva assolto dal CO.RE.DI..

Avverso la suddetta delibera il notaio P. proponeva reclamo ex art. 26 d.lgs. n. 150/2011 dinanzi alla Corte d'Appello di Bologna e nel procedimento resisteva il Consiglio Notarile di Ravenna, che proponeva a sua volta reclamo incidentale, rispetto alle incolpazioni da cui il P. era stato assolto.

Con ordinanza del 29 luglio 2014, la Corte d'appello di Bologna, in parziale riforma della decisione della CO.RE.DI., applicava nei confronti del P. la sospensione di quindici mesi. Anche tale ultimo provvedimento era impugnato dal notaio mediante ricorso per Cassazione. Resisteva ancora una volta il Consiglio Notarile di Ravenna, proponendo anche ricorso incidentale, con cui eccepiva, per quanto qui rileva, l'irregolarità della costituzione in giudizio del notaio P. dinanzi alla Corte d'Appello di Bologna, posto che il ricorrente aveva omesso di depositare in sede giurisdizionale il fascicolo di parte della fase amministrativa, contenente gli originali degli atti e dei documenti allora prodotti. Conseguenza di tale omissione era da considerarsi, secondo l'eccipiente, l'improcedibilità del reclamo proposto ex art. 26 d.lgs. 150/2011. Il motivo veniva, però, ritenuto infondato dalla Suprema Corte, la quale escludeva che il mancato deposito del fascicolo di parte della fase amministrativa svoltasi davanti alla Commissione amministrativa regionale di disciplina potesse essere causa di improcedibilità del reclamo proposto dal notaio contro il provvedimento irrogativo di sanzione disciplinare, non essendo simile sanzione processuale prevista dallo stesso art. 26 d.lgs. 150/2011.

La questione

Nella pronuncia in commento, la Suprema Corte si occupa di una questione procedurale riguardante il giudizio di impugnazione delle sanzioni disciplinari a carico di notai, vale a dire le conseguenze dell'omesso deposito, in fase giurisdizionale, del fascicolo di parte prodotto dall'impugnante dinanzi all'organo di disciplina (e, quindi, nella fase amministrativa del procedimento).

Le soluzioni giuridiche

L'art. 26, d.lgs. 1 settembre 2011 n. 150 disciplina la fase giurisdizionale del procedimento disciplinare a carico dei notai, stabilendo che le controversie in materia di impugnazione dei provvedimenti disciplinari e quelle in materia di impugnazione delle misure cautelari rispettivamente previste dagli artt. 158 e 158-novies della l. 16 febbraio 1913, n. 89, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dalla medesima norma.

La competenza per la decisione sull'impugnativa del provvedimento disciplinare (espressamente qualificata come “reclamo”) viene funzionalmente radicata dinanzi alla Corte d'Appello del distretto in cui ha sede la Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina che ha pronunciato il provvedimento impugnato, che decide con ordinanza ricorribile per Cassazione nei soli casi previsti dai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c..

La questione in commento è risolta dai giudici di legittimità nel senso dell'impossibilità di collegare a tale omessa produzione l'improcedibilità del reclamo in sede giurisdizionale. Ciò sul presupposto che «le cause di improcedibilità del reclamo sono tassative e non sono suscettibili di interpretazione o estensione analogica, e il d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 26, che disciplina le controversie in materia di impugnazione dei provvedimenti disciplinari di cui all'art. 158 della Legge Notarile con richiamo al rito sommario di cognizione, ai sensi degli artt. 702-bis c.p.c. e segg., non prevede una siffatta sanzione processuale». Al fine di giustificare la propria conclusione, inoltre, la Suprema Corte fa un'altra considerazione, che attiene alla natura del procedimento che si svolge dinanzi alla Commissione regionale di disciplina, che ha carattere amministrativo e non giurisdizionale, sicché esso «non si pone, rispetto alla fase di impugnazione del provvedimento disciplinare dinanzi alla Corte d'appello del distretto nel quale ha sede la Commissione, come un giudizio di primo grado o di grado precedente». Non essendo, quindi, quello che si svolge dinanzi alla Corte d'appello ex art. 26 d.lgs. 150/2011 un giudizio di appello, non può considerarsi preclusa al notaio reclamante la produzione, nel corso del giudizio di impugnazione del provvedimento disciplinare, dei documenti già versati dinanzi alla Commissione amministrativa regionale di disciplina.

Osservazioni

I principi enunciati dalla Corte di Cassazione nella pronuncia in commento appaiono certamente condivisibili, sotto entrambi i profili dedotti a sostegno delle relative conclusioni. Quanto, infatti, all'argomento letterale della mancata previsione, a carico del reclamante, di una sanzione processuale per l'ipotesi di mancata produzione, dinanzi alla Corte d'Appello, della documentazione esibita in fase amministrativa, esso appare conforme all'ormai consolidato orientamento degli stessi giudici di legittimità secondo cui le cause di improcedibilità dell'azione giudiziaria sono tassative e non possono essere ricavate in via di interpretazione estensiva o analogica da altre norme dell'ordinamento (si pensi, a titolo di esempio, alla vexata quaestio dell'iscrizione a ruolo del giudizio di appello a mezzo di una copia dell'atto di appello – c.d. velina – e non dell'originale notificato, considerato causa di improcedibilità dell'impugnazione da un isolato orientamento giurisprudenziale, superato dalla giurisprudenza maggioritaria, sotto tale profilo confermata anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con Cass. civ., 5 agosto 2016 n. 16598). Quanto all'argomento della natura del procedimento disciplinare a carico dei notai, è pacifico, già sulla base del previgente assetto normativo (delineato dalla l. 16 febbraio 1913, n. 89, come modificata dal d.lgs. 1 agosto 2006, n. 249), che trattasi di procedimento a struttura (eventualmente) bifasica, in quanto caratterizzato da una fase amministrativa, di natura contenziosa, destinata a svolgersi dinanzi alla Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina e da una fase giurisdizionale, che si instaura qualora il provvedimento emesso dalla Commissione venga impugnato da uno dei soggetti legittimati (il notaio interessato, il Procuratore della Repubblica competente per l'esercizio dell'azione disciplinare, il Consiglio dell'ordine a cui appartiene il notaio incolpato e le altre parti eventualmente intervenute nella fase amministrativa) dinanzi all'Autorità Giudiziaria. Se così è, il giudizio ex art. 26 d.lgs. n. 150/2011, pur avendo indubbi connotati impugnatori, non può essere assimilato ad un processo di appello, così come disciplinato dal codice di procedura civile, che lo configura come un giudizio di secondo grado avente natura omogenea rispetto a quello di primo grado. Il principio, d'altra parte, era stato già affermato, proprio con riferimento al procedimento ex art. 26 d.lgs. n. 150/2011, dalla stessa Corte di Cassazione, la quale aveva escluso che nel giudizio dinanzi alla Corte d'Appello fosse applicabile il disposto dell'art. 345 c.p.c., sulle preclusioni caratterizzanti – appunto – il processo di appello (cfr. Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2014 n. 1437).

Guida all'approfondimento

G. BUFFONE, E. CURTO', G. IANNI, Rito sommario e ordinario di cognizione, Milano, 2013, 347 e ss.

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