Ancora sul principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione

Redazione scientifica
28 Luglio 2016

La Corte ritorna sul principio secondo cui, nel ricorso per Cassazione, ex art. 366 c.p.c. (come novellato da d.lg. 40/2006), è necessario indicare specificatamente in quale sede processuale il documento su cui il ricorso si fonda risulti prodotto, anche in sede di legittimità ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

Il caso Tizio conviene in giudizio dinnanzi al Giudice di Pace la Regione Campania per il risarcimento dei danni cagionati all'automobile di sua proprietà nell'impatto contro un cinghiale che aveva improvvisamente attraversato la strada. La convenuta, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, chiedeva, ottenendola, l'integrazione del contraddittorio nei confronti della Provincia di Avellino. La provincia di Avellino, rimasta soccombente, propone appello cui resistono sia la Regione Campania, che propone a sua volta appello incidentale, che Tizio. Il Tribunale di Benevento rigetta appello principale ed incidentale.

La Provincia di Avellino ricorre dunque in Cassazione, con unico motivo di ricorso che lamenta «Violazione e falsa applicazione dell'art. 6 l. Reg. Campania n. 8/1996 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. - Errata applicazione dei principi informatori della materia - Difetto di legittimazione passiva della Provincia di Avellino - Errores in iudicando».

Delibera 2177/1996 La provincia sostiene che la delibera potrebbe determinare la legittimazione della Provincia solo in relazione agli indennizzi per danni cagionati da animali selvatici alle produzioni agricole e non alle auto, sottolineando come non esista alcuna delega in tal senso. Inoltre, anche qualora si ritenesse esistente tale delega e pertanto applicabili gli artt. 9, 10, 11 della l. Reg. Campania 157/1992 (che fanno ricadere sul bilancio della provincia gli oneri per il risarcimento dei danni provocati dalla fauna selvatica), questi dovrebbero ritenersi incostituzionali.

Presunta incostituzionalità La ricorrente ritiene l'attribuzione di una delega in assenza di fondi in contrasto con l'art. 18 dello statuto della Regione Campania che prevede il trasferimento di personale e parte delle entrate in caso di deleghe e conseguentemente in contrasto con gli artt. 114, comma 1, 119, comma 1, e 123 Cost. perché, secondo la Consulta, «il contrasto di una legge regionale con una norma dello Statuto della Regione stessa si risolve in una violazione sia pure indiretta dell'art. 123 Cost., determinando l'illegittimità costituzionale della norma impugnata»; inoltre la predetta norma «violerebbe altresì il principio di autonomia di cui all'art. 114 Cost. e di autonomia finanziaria della Provincia di cui all'art. 119 Cost., con conseguente necessità di sospensione del presente giudizio ai fini della rimessione degli atti alla Corte costituzionale per il vaglio della compatibilità delle disposizioni in questione».

Difetto di autosuffienza La Suprema Corte ritine il ricorso inammissibile per difetto di autosufficienza e violazione dell'art. 366, n. 6, c.p.c. «non avendo l'ente ricorrente riportato in ricorso il tenore letterale della Deliberazione n. 2177 adottata dalla Giunta Regionale in data 29 dicembre 2006, nonché del decreto Dirigenziale n. 111 adottato dall'AG. C. 11, settore 5, in data 7 giugno 2007, sui quali si fonda sostanzialmente il proposto e articolato unico motivo di ricorso e il cui contenuto, ad avviso della Provincia, sarebbe stato "stravolto" dal Tribunale e avrebbe determinato l'errato inquadramento normativo della fattispecie sottoposta al suo esame e di cui si discute in questa sede, né ha precisato quando tali atti sono stati prodotti nel giudizio di merito (Cass. civ., sez. un., ord., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. civ., ord., 29 marzo 2009, n. 2053 e Cass. civ., 30 luglio 2015, n. 16134), e dove essi siano attualmente reperibili».

Prosegue la Corte ricordando come più volte sia stato affermato il principio secondo cui, nel ricorso per Cassazione, ex art. 366 c.p.c. (come novellato da d.lgs. 40/2006) è necessario indicare specificatamente in quale sede processuale il documento su cui il ricorso si fonda risulti prodotto, anche in sede di legittimità ex art. 369 c.p.c., comma 2 n. 4. La condizione di procedibilità può secondo la Corte ritenersi soddisfatta nei seguenti casi:

«a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purché nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile;

b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l'indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell'art. 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento;

c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all'ammissibilità del ricorso (art. 372 c.p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l'esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell'ambito del ricorso (Cass. civ., sez. un., ord., 25 marzo 2010, n. 7161).»

Ulteriore profilo di inammissibilità Infine la Corte, per completezza, chiarisce che il ricorso presenta un altro profilo di inammissibilità poiché privo di censura specifica degli altri argomenti fondanti della sentenza impugnata.

La Provincia infatti non ha specificatamente contestato:

  • di aver ricevuto una delega idonea allo svolgimento della funzione;
  • di aver ottenuto la giusta autonomia decisionale;
  • di essersi avvantaggiata di una congrua somma di denaro.

Il Giudice di Pace aveva già evidenziato che il pericolo non era segnalato da cartellistica stradale adeguata e che la strada era priva dell'idonea protezione in considerazione del fatto che attraversava una zona boschiva, popolata da cinghiali. Pertanto la Provincia, conclude la Corte, «non ha adoperato (senza offrire giustificazione specifica) le risorse attribuitele dalla Regione al fine precipuo di proteggere le strade e di segnalare il pericolo di attraversamento, da parte di animali selvatici».


La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

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