La decorrenza degli effetti dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato da parte del giudice

28 Settembre 2017

La Cassazione, con la pronuncia in esame, affronta per la prima volta, la questione della decorrenza degli effetti del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottato dal giudice dopo che il consiglio dell'ordine abbia dichiarato inammissibile o rigettato l'istanza ad esso presentata.
Massima

Qualora l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato – dichiarata inammissibile dal consiglio dell'ordine degli avvocati – sia stata successivamente presentata, sulla base della allegazione delle medesime ragioni e degli stessi dati e dichiarazioni, al magistrato competente per il giudizio e da questo accolta, gli effetti dell'ammissione al patrocinio decorrono dalla data in cui l'istanza è presentata sicchè sono a carico dello Stato i compensi e le spese per l'attività di difesa e di rappresentanza in giudizio che medio tempore sia stata espletata in favore della parte poi ammessa al beneficio.

Il caso

Dopo che il consiglio dell'ordine territorialmente competente aveva rigettato l'istanza di ammissione a patrocinio a spese dello Stato presentata da tre soggetti costoro la riproponevano al magistrato competente che l'accoglieva.

Al termine del giudizio civile al quale si riferiva l'ammissione, il difensore presentava richiesta di liquidazione delle competenze professionali e il Tribunale di Udine, sul presupposto che gli effetti dell'ammissione al beneficio del patrocinio erariale decorressero dalla data di deposito della domanda indirizzata al magistrato, non liquidava il compenso per le attività difensive svolte nel periodo compreso tra il deposito dell'istanza all'ordine degli avvocati e il deposito dell'istanza avanti al magistrato.

Rigettata l'opposizione avverso quella decisione, il difensore proponeva ricorso per cassazione che veniva accolto sulla base del principio di cui alla massima sopra riportata.

La questione

La Cassazione, con la pronuncia in esame, affronta, a quanto consta per la prima volta, la questione della decorrenza degli effetti del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottato dal giudice civile compente ai sensi dell'art. 126, comma 3, d.P.R. n. 115/2002, ovvero dopo che il consiglio dell'ordine abbia dichiarato inammissibile o rigettato l'istanza ad esso presentata.

Strettamente connessa alla predetta è l'ulteriore questione della natura del procedimento esperibile, ai sensi dell'art.126, comma 3, d.P.R. n. 115/2002, a seguito del rigetto dell'istanza da parte del consiglio dell'ordine.

Le soluzioni giuridiche

La Corte estende all'ipotesi esaminata il principio che era stato affermato da un'altra pronuncia di legittimità (Cass. civ., sez. II, 23 novembre 2011, n. 24729), in relazione ad una fattispecie diversa, ossia quella della presentazione dell'istanza di ammissione al beneficio del patrocinio erariale, in relazione ad un procedimento di reclamo, prima del deposito dell'atto introduttivo dello stesso.

In quella occasione la Suprema Corte aveva infatti stabilito, come riportato nella decisione in commento, che «il condizionare gli effetti della delibera di ammissione alla sua data di emissione porterebbe a pregiudicare illogicamente i diritti dell'istante per un fatto ad esso non addebitabile».

Pertanto l'individuazione del momento da cui scaturiscono gli effetti dell'ammissione al gratuito patrocinio, va individuato, in caso di accoglimento dell'istanza, nel momento della sua presentazione e spiega i suoi effetti per gli atti e le attività successive ad esso senza estendersi ad atti e spese compiuti prima di esso (nei medesimi termini si veda anche, con riguardo all'istanza di ammissione al patrocinio erariale del curatore fallimentare, Trib. Crotone, 9 luglio 2013).

Tale ragionamento viene trasposto dalla decisione in commento al caso sottopostole per giungere alla conclusione che, qualora il giudice, diversamente dal consiglio dell'ordine, accolga l'istanza, gli effetti del patrocinio erariale decorrono dal momento della presentazione dell'istanza a quell'organo.

I Supremi Giudici hanno cura di precisare che tale principio vale nel caso in cui la nuova istanza sia presentata sulla base delle medesime ragioni e degli stessi dati e dichiarazioni già esposti al consiglio dell'ordine e quindi non quando il suo accoglimento da parte del giudice sia il frutto di nuove allegazioni, che non sono vietate dall'art. 126, comma 3, d.P.R. n. 115/2002.

Osservazioni

Il passaggio decisivo della sentenza è quello in cui vi si afferma che, sebbene la proposizione dell'istanza di ammissione al magistrato competente, dopo la decisione negativa del consiglio dell'ordine, non sia un rimedio di carattere impugnatorio, esso costituisce «uno strumento di controllo e di riesame nei confronti dell'atto del consiglio dell'ordine».

Tale affermazione è sostanzialmente condivisibile.

La natura dell'istituto di cui all'art. 126, comma 3, d.P.R. n. 115/2002 invero è alquanto controversa.

Da un lato è indubbio, sotto il profilo formale, che la norma non richiede che la nuova istanza contenga, sulla falsariga dell'art. 342 c.p.c., censure alla decisione del consiglio dell'ordine cosicché essa può consistere anche nella mera reiterazione della stessa istanza già presentata a quell'organo.

Non è previsto nemmeno un termine entro il quale l'istanza va presentata al giudice competente per il merito, diversamente dai rimedi impugnatori previsti dal codice di rito.

É indubbio peraltro che al giudice viene rimessa, ed è comunque consentita, una nuova valutazione delle condizioni (art. 76, d.P.R. n. 115/2002) per l'ammissione, sempre in via provvisoria, dell'istante al beneficio, cosicché la sua eventuale decisione favorevole viene a sostituirsi a quella del consiglio dell'ordine.

Si può quindi affermare che il rimedio di cui si discute ha carattere sostanziale di vera e propria impugnazione e un significativo riscontro a tale interpretazione è rinvenibile nella relazione ministeriale al d.P.R. n. 115/2002 nella quale, a commento del terzo comma dell'art. 126, d.P.R. n. 115/2002, si legge testualmente: «Qui la decisione del giudice ha funzione di "appello" rispetto alla decisione negativa del consiglio dell'ordine degli avvocati. Trattandosi di una forma di rimedio, se la decisione è adottata "unitamente al merito", come recitava l'articolo originario, si perde la natura di revisione della decisione del consiglio dell'ordine e viene meno la logica della norma. Per tale motivo l'articolo in commento è stato riformulato prevedendo che il giudice decide con decreto, indipendentemente dal merito».

Rispetto a tale interpretazione della norma può peraltro osservarsi che la necessità che la decisione del giudice assuma forma di autonomo decreto è ricollegabile soprattutto alla possibilità di una sua revoca ai sensi dell'art. 136, comma 1, d.P.R n. 115/2002. Quest'ultima previsione infatti, utilizzando l'espressione di “provvedimento di ammissione”, si riferisce indubbiamente anche al provvedimento del giudice.

A ben vedere poi esso, diversamente da quanto ipotizzato nel passo della relazione ministeriale sopra citato, potrebbe essere adottato anche al termine del giudizio atteso che i suoi effetti decorrono dal momento della presentazione della istanza al consiglio dell'ordine.

In realtà ragioni di opportunità consigliano di emettere il decreto quanto prima poiché l'istante ha diritto di conoscere se potrà godere del beneficio o meno per valutare quale tipo di difesa assumere.

Peraltro, come si è anticipato nel precedente paragrafo, in mancanza di un espresso divieto, a corredo della nuova istanza potranno essere prodotti anche nuovi documenti, diversamente da quanto prevede l'art. 345, ultimo comma, c.p.c. per l'appello avverso le decisioni di primo grado.

Guida all'approfondimento
  • Scarselli, Modifiche alla legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato, in Nuove leggi civ. comm., 2002;
  • Luiso, Orientamenti giurisprudenziali sul patrocinio a spese dello Stato in materia civile, in Riv. Trim. dir. e proc. Civ., 2012, 623 ss.;
  • Vaccari, Le spese dei processi civili, Milano, 2017.

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