Inammissibile l'opposizione agli atti esecutivi che non rispetta il termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione

Redazione scientifica
28 Novembre 2016

A norma dell'art. 618 c.p.c. l'introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione, all'esito dell'esaurimento della fase sommaria, deve avvenire con la forma dell'atto introduttivo relativa al rito con cui va trattata l'opposizione nella fase a cognizione piena.

La vicenda. Il giudice dell'esecuzione per obblighi di fare dichiarava cessata la materia del contendere, avendo l'Inps adempiuto all'obbligo di iscrivere la parte negli elenchi anagrafici degli operai agricoli, e compensava le spese processuali.

Avverso tale ordinanza veniva proposta opposizione agli atti esecutivi. Il Tribunale adito dava atto dell'avvenuta iscrizione e, in riforma dell'ordinanza del giudice dell'esecuzione, condannava l'Inps al pagamento delle spese sia del processo esecutivo sia del giudizio di opposizione.

L'Inps proponeva allora ricorso in Cassazione, per aver l'impugnata sentenza violato l'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., in relazione agli artt. 617, comma 2, 618 e 289 c.p.c..

I fatti processuali. Con l'ordinanza conclusiva della fase sommaria del giudizio di opposizione, in data 15 aprile 2014, il giudice dell'esecuzione fissava il termine perentorio di 60 giorni per l'introduzione del giudizio di merito. L'opponente però si rivolgeva direttamente al Tribunale con istanza in data 13 maggio 2014. Il Giudice designato per la trattazione del merito, non riscontrando alcun termine fissato per l'introduzione da parte del giudice dell'esecuzione, fissava l'udienza per il giorno 9 luglio 2014, assegnando il termine di legge per notificare istanza e decreto.

Come indicato nelle relazione depositata in cancelleria, alla luce di tale ricostruzione, l'Inps deduceva la violazione dell'art. 289 c.p.c. poiché «l'ordinanza integrativa avrebbe potuto essere emessa solo nel caso in cui un termine non fosse stato assegnato ai sensi degli artt. 617 e 618 c.p.c.»: l'opponente avrebbe dovuto osservare il termine di 60 giorni assegnato dal giudice dell'esecuzione.

Atto introduttivo, giudice competente e termini. «Il motivo è manifestamente fondato».

E' d'altronde ius receptum – spiega il giudice relatore - il principio per cui «a norma dell'art. 618 c.p.c. l'introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione, all'esito dell'esaurimento della fase sommaria, deve avvenire con la forma dell'atto introduttivo relativa al rito con cui va trattata l'opposizione nella fase a cognizione piena, sicchè ove si applichi ex art. 618-bis c.p.c., primo comma, il rito del lavoro, il giudizio di merito va introdotto con ricorso da depositare nella cancelleria del giudice competente entro il termine perentorio fissato dal giudice» (Cass. n. 27527/2014).

Nel caso di specie il ricorso dell'opponente avrebbe dovuto essere depositato nella cancelleria del giudice competente entro 60 giorni dalla comunicazione del giudice dell'esecuzione. D'altronde il tribunale erroneamente adito in sede di merito avrebbe dovuto rilevare il mancato rispetto di detto termine, dichiarando inammissibile l'opposizione agli atti esecutivi per tardiva instaurazione del giudizio di merito.

«Sulla base di tali argomenti la sentenza impugnata è affetta da nullità»

In conclusione. Il Collegio condivide i motivi di fatto e di diritto della relazione; ed aggiunge che «essendo l'opposizione agli atti esecutivi un rimedio esperibile nel termine perentorio di 20 giorni dalla pronuncia del provvedimento impugnato, il modus procedendi nella specie, ove reputato regolare, finirebbe per disapplicare la norma dell'art. 617 c.p.c., consentendo alla parte opponente di procrastinare sine die la propria impugnazione».

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la Cassazione decide nel merito dichiarando inammissibile l'opposizione agli atti esecutivi proposta dalla parte.

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