L'istanza di autorizzazione al presidente del tribunale per la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare
04 Luglio 2017
Premessa
L'art. 19, primo comma, lett. c) e d), d.l. n. 132/2014 è intervenuto sulle modalità di ricerca telematica dei beni da pignorare, abrogando il settimo comma dell'art. 492 c.p.c. che in precedenza le determinava, e stabilendo una nuova disciplina nell'art. 492-bis c.p.c.. Tale disposizione, rubricata «Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare», consente all'ufficiale giudiziario l'accesso diretto alle banche dati pubbliche contenenti informazioni rilevanti ai fini dell'esecuzione, in primo luogo l'anagrafe tributaria, compreso l'archivio dei rapporti finanziari: si tratta di una norma fortemente innovativa che si muove nel senso di ridurre l'asimmetria informativa tra il debitore ed il creditore in ordine alla consistenza dei beni e dei crediti del primo nell'ottica di consentire al creditore di scegliere la tipologia di procedura esecutiva più celere e, quindi, di migliorare l'efficienza dell'espropriazione forzata (su quali questioni v., ampiamente, MERLIN, L'individuazione dei beni da pignorare e la “trasparenza” dei patrimoni: riflessioni de jure condendo, in Giur. it., 1993, 205 ss.). In particolare, l'art. 492-bis c.p.c. prevede che, già prima dell'effettuazione del pignoramento, il creditore possa formulare a mezzo del proprio difensore e, previo versamento di apposito contributo unificato dell'importo di Euro 43,00, un'istanza al Presidente del Tribunale del luogo dove il debitore ha la residenza, domicilio o la dimora per ottenere l'autorizzazione affinché l'ufficiale giudiziario possa procedere al pignoramento previo accesso alle banche dati pubbliche, comprese l'anagrafe tributaria e l'archivio dei rapporti finanziari. A tal fine, la norma non sembra richiedere che il creditore dimostri di aver assolto in modo diligente ad un preventivo onere di ricerca dei beni da pignorare. Il controllo demandato al Presidente del Tribunale. Natura.
Il primo comma dell'art. 492-bis c.p.c. stabilisce che il Presidente del Tribunale compie una verifica in ordine al “diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata”. In dottrina si è posto l'interrogativo se tale controllo sia di merito, i.e. afferisca al titolo esecutivo in senso sostanziale o sia solo formale, concernendo meramente la sussistenza del titolo esecutivo in senso documentale. A prevalere è quest'ultima tesi. Invero, secondo la comune (e condivisibile) opinione il Presidente del Tribunale è chiamato soltanto a verificare che il creditore sia in possesso di un titolo esecutivo idoneo a dare corso ad esecuzione forzata (così anche, in giurisprudenza, Trib. Mantova decr. 3 febbraio 2015, che fa riferimento al possesso di un valido ed efficace titolo esecutivo) al limitato fine della concessione della richiesta autorizzazione che, invero, essendo resa inaudita altera parte, non potrebbe avere alcuna efficacia “esterna” e tanto più precludere al debitore la possibilità di esperire l'opposizione all'esecuzione (v., tra gli altri, TEDOLDI, Le novità in materia di esecuzione forzata nel d.l. 132/2014, in Corr. Giur., 2015, n. 3, 390, § 7). Il controllo del Presidente del Tribunale attiene, quindi, alla verifica dell'esistenza di tutte le condizioni “formali” per procedere ad esecuzione forzata ed evitare che la stessa sia conclusa in rito (FRANCOLA, Misure per l'efficienza e la semplificazione del processo esecutivo, in La nuova riforma del processo civile a cura di SANTANGELI, Roma 2015, 287). Più in particolare, il Presidente ovvero il giudice delegato allo svolgimento di tale compito, oltre all'esistenza ed alla regolarità formale del titolo, è tenuto a verificare:
Si è osservato che, qualora a fronte della richiesta il Presidente abbia dubbi in ordine alla sussistenza dei presupposti della stessa o necessità di acquisire ulteriori documenti, potrebbe – alla medesima stregua di quanto avviene nel procedimento monitorio ex art. 640, secondo comma, c.p.c. – non rigettare de plano l'istanza qualora manchi o sia incerta o contraddittoria l'indicazione di tali soggetti, quanto concedere un termine al creditore per l'integrazione (termine che dovrà essere opportunamente contenuto al fine di evitare l'inefficacia del precetto). Regime del provvedimento di diniego
Si discute, nel silenzio del legislatore sul punto, il regime del provvedimento, nell'ipotesi di diniego dell'autorizzazione,da parte del Presidente del Tribunale. Secondo una prima tesi, l'atto dovrebbe essere equiparato ad un atto esecutivo e, quindi, ritenersi impugnabile ai sensi dell'art. 617 c.p.c. mediante opposizione agli atti esecutivi (D'ALESSANDRO, L'espropriazione presso terzi, cit., 91). Laddove, peraltro, si ritenga che il provvedimento in questione rientri tra quelli della giurisdizione volontaria, rimuovendo l'autorità giudiziaria, mediante l'autorizzazione, un ostacolo rispetto allo svolgimento di un'attività della parte, attraverso un'attività che potrebbe astrattamente essere svolta da altri soggetti, il rimedio applicabile dovrà essere il reclamo al collegio previsto dall'art. 739 c.p.c. (per questa tesi, almeno in ordine alla natura del procedimento, FRANCOLA, Misure per l'efficienza e la semplificazione del processo esecutivo, cit., 286). Per altri, invece, il provvedimento di rigetto dell'autorizzazione da parte del Presidente del Tribunale non sarebbe impugnabile, non essendo leso alcun diritto del creditore procedente il quale potrebbe comunque procedere ad esecuzione forzata all'esito della ricerca dei beni da pignorare secondo le modalità tradizionali e comunque richiedere al Presidente la revoca e/o modifica del provvedimento (FRANCOLA, Misure per l'efficienza e la semplificazione del processo esecutivo, cit., 295). La seconda tesi è quella che appare preferibile poiché la richiesta in esame, alla medesima stregua, ad esempio, di quella volta ad ottenere l'autorizzazione alla vendita dei beni del minore, è volta a rimuovere un ostacolo all'esercizio di una facoltà della parte a prescindere dalla sussistenza di un conflitto tra diritti e, quindi, rientra a pieno titolo nella giurisdizione volontaria.
|