La nullità per violazione del termine a comparire: rito laburistico e sanatoria
29 Luglio 2016
Massima
Nel rito del lavoro, la violazione del termine non minore di venticinque giorni che, a norma dell'art. 435, comma 3, c.p.c. deve intercorrere tra la data di notifica dell'appello e quella dell'udienza di discussione, configura un vizio della notificazione che non produce alcuna nullità se l'atto abbia raggiunto il suo scopo per effetto della costituzione dell'appellato. Il caso
La Corte di Appello di Genova, sezione lavoro, pronunciando sul gravame proposto dal Ministero della Difesa avverso la sentenza del Tribunale di La Spezia, che aveva accolto la domanda di una lavoratrice per demansionamento, dichiarava improcedibile l'impugnazione per inosservanza del termine a comparire di cui all'art.435 c.p.c ritenendo non sufficiente il rinvio dell'udienza disposto per consentire alla parte appellata di apprestare le proprie difese. La Suprema Corte, valorizzando invece l'intervenuta costituzione della parte appellata, sanciva la intervenuta sanatoria del vizio. Le questioni giuridiche e la soluzione
La Suprema Corte ribadisce, nei procedimenti soggetti al rito del lavoro, la qualificazione del vizio conseguente alla assegnazione al convenuto di un termine di comparizione inferiore a quello di legge , come vizio della notificazione, recependo sul punto - sia pure senza ripercorrerne ex professo il percorso motivazionale - quanto statuito dalle Sezioni Unite nel 2001 (Cass. civ., sez. un., 21 marzo 2001 n. 122) . Anche nei procedimenti soggetti al rito del lavoro, introdotti mediante ricorso da notificarsi al convenuto unitamente al decreto di fissazione dell'udienza di discussione, trova applicazione la disciplina sui termini di comparizione, dettata dall'art. 415 c.p.c., (per il giudizio di primo grado) e dell'art. 435 c.p.c per l'appello per cui, in particolare, tra la data di notificazione al convenuto e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni, nel primo caso, e di venticinque nel secondo. Il contrasto giurisprudenziale sul quale sono intervenute le Sezioni Unite sopra citate nasceva dal fatto che la disciplina di tali procedimenti non prevede specificamente le conseguenze processuali derivanti dalla mancata osservanza del prescritto termine dilatorio, come avviene, invece, per il procedimento ordinario, nel quale, è esplicitamente prevista la nullità della citazione in caso di assegnazione di un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge (artt. 164 e 163-bis c.p.c.), e nel quale, ove la nullità non sia stata sanata in primo grado mediante costituzione del convenuto o rinnovazione dell'atto di citazione, il giudice di appello deve necessariamente disporre la rinnovazione degli atti nulli, ex art. 162 c.c., comma 1, e decidere la causa nel merito (non potendo trovare applicazione il disposto dell'art. 354 c.p.c., comma 1, che prevede la rimessione al primo giudice nel caso di nullità della sola notificazione e non anche dello stesso atto introduttivo).
Il contrasto esistente circa la integrale applicabilità della disciplina ordinaria ai procedimenti di rito speciale è stata risolta dalle Sezioni congiunte con il ritenere che la violazione del termine di comparizione afferisca – per i procedimenti disciplinati dal rito laburistico - alla sola fase di notificazione, senza che il vizio si estenda allo stesso atto introduttivo del giudizio (ascrivevano all'orientamento contrario a quello sopra recepito Cass. civ., sez. un., n. 6128/1983; Cass. civ., sez. lav., n. 4879/1986) . Ciò in ragione della diversità strutturale tra l'atto introduttivo del giudizio ordinario (che inizia con la citazione ad udienza fissa) e l'atto introduttivo del giudizio secondo il rito del lavoro , caratterizzato dalla scissione della editio actionis (che si realizza con il deposito del ricorso nella cancelleria del giudice) e della vocatio in jus (che si attua mediante il concorso del comportamento del giudice, che emette il decreto di fissazione dell'udienza, e dell'attore, che deve provvedere alla notificazione del ricorso e del decreto al convenuto entro un termine sufficiente ad assicurare il prescritto spatium deliberandi). Tale struttura (scissione tra l'editio actionis e la vocatio in jus) connotata come fattispecie complessa a formazione progressiva non consente, hanno ritenuto le Sezioni Unite, l'automatica trasposizione al rito del lavoro dell'art. 164 c.p.c., comma 1, nella parte in cui qualifica come causa di nullità della citazione l'inosservanza del termine dilatorio di comparizione. Si considera, infatti, che l'inosservanza del termine di comparizione di cui all'art. 415, comma 5, sia essa dovuta al provvedimento del giudice ovvero alla successiva condotta dell'attore, è causa di invalidità della sola vocatio in jus e non può, quindi, incidere sulla validità dell'editio actionis, perfezionata mediante il deposito del ricorso, in ragione del principio generale di cui all'art. 159 c.p.c., comma 1, secondo cui la nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti. Ma, tuttavia, non attiene neanche specificamente all'elemento di detta fase, rappresentato dalla notificazione in senso proprio. La Corte ha precisato, tuttavia, che non si verte in una tipica ipotesi di nullità della notificazione dell'atto introduttivo, di quelle atte a determinare il difetto di conoscenza nel convenuto della pendenza del giudizio, ma in una ipotesi di nullità della fattispecie introduttiva determinata dalla lesione del diritto di difesa del convenuto, inciso dall'assegnazione di uno spatium deliberandi inferiore a quello garantito dalla legge (orientamento ribadito da Cass. civ., 26 luglio 2013 n.18168) . Poiché, pertanto, quest'ultima fattispecie non è espressamente prevista dagli artt. 353 e 354 c.p.c., comma 1, ne è stata tratta la insussistenza, per il giudice di appello, dell'obbligo di rimettere la causa al primo giudice, dovendo, invece, trattenerla e, previa ammissione dell'appellante ad esercitare in appello tutte le attività che avrebbe potuto svolgere in primo grado, se il processo si fosse ritualmente instaurato, decidere nel merito.
Con riferimento al regime giuridico del vizio (rilevabile d'ufficio), la Corte nella decisione in esame ne ribadisce i principi già consolidati in giurisprudenza in punto di sanatoria . In caso di mancata costituzione del convenuto, infatti, il giudice, rilevata la nullità disporrà la rinnovazione della citazione entro un termine perentorio con efficacia sanante ex tunc: gli effetti sostanziali e processuali della domanda si produrranno, infatti, dalla prima notificazione. La mancata rinnovazione della notifica dell'atto introduttivo, determinerà, la cancellazione della causa dal ruolo e la estinzione del processo ai sensi dell'art. 307, comma 3, c.p.c. In caso di costituzione del convenuto la nullità risulterà, invece, sanata con efficacia ex tunc ove questi si difenda nel merito senza eccepirla (Cass. civ., 26 luglio 2013, n.18168 e, in precedenza, Cass. civ., n. 488/2010) costituendo questa norma espressione di un principio generale dell'ordinamento, riferibile ad ogni atto che introduce il rapporto processuale e lo ricostituisce in una nuova fase giudiziale, per cui sono sanabili "ex tunc", con effetto retroattivo a seguito della rinnovazione disposta dal giudice, non solo le nullità contemplate dall'art. 160 c.p.c., ma tutte le nullità in genere della notificazione, derivanti da vizi che non consentono all'atto di raggiungere lo scopo a cui è destinato (art. 156 c.p.c., comma 3), ossia la regolare costituzione del rapporto processuale, senza che rilevi che tali nullità trovino la loro origine in una causa imputabile all'ufficiale giudiziario o alla parte istante. Ove, invece nel costituirsi il convenuto sollevi l'eccezione, senza anche svolgere difese e chiedendo la fissazione di una nuova udienza, il giudice dovrà differire l'udienza garantendo il rispetto dei termini minimi di comparizione. La Suprema Corte (Cass. civ., sez. VI, ord., 16 ottobre 2014 n.21910 e Cass. civ., 16 ottobre 2014 n. 21957) ha ribadito, infatti, che se il convenuto, costituendosi, svolge le sue difese, non sussiste il presupposto per differire l'udienza giacchè il legislatore, non avendo richiesta un'istanza del convenuto di differimento in aggiunta all'eccezione di nullità, ha inteso ricollegare il dovere di fissazione di una nuova udienza ad una costituzione finalizzata alla sola formulazione dell'eccezione e non anche ad una costituzione che alla formulazione dell'eccezione accompagni lo svolgimento delle difese. Tant'è vero che la nuova udienza fissata dal giudice assume rispetto al convenuto la stessa funzione di quella indicata nella citazione e, dunque, di una udienza in relazione alla quale il comportamento del convenuto è regolato dagli artt.166 e 167 c.p.c e non di una udienza rispetto alla quale egli dovrà meramente integrare le proprie difese. Va distinta, in ogni caso, l'ipotesi della notifica “inesistente” e, quindi, non sanabile ex tunc (Cass. civ., 19 gennaio 2016 n. 759) allorchè l'abnormità del procedimento notificatorio sia tale da non consentirne in alcun modo l'inserimento nello sviluppo del processo (per la qualificazione della notifica come nulla e non inesistente ove non sia totalmente incompatibile con le regole della procedura che disciplina il giudizio Cass. civ., 5 ottobre 2015, n. 19797). In particolare, ove il vizio attenga alla fase della consegna è inesistente la notifica fatta a soggetto o in luogo totalmente estranei al destinatario e non aventi alcun collegamento con questi (Cass. civ., sez. III, 30 maggio 2014 n.12301; Cass. civ., 17 dicembre 2014 n.26522; Cass. civ.,sez. VI, 3 giugno 2013 n. 13970) , mentre è nulla, e suscettibile di sanatoria, quella effettuata in luogo o a persona che, pur diversi da quelli indicati dalla norma processuale, abbiano un qualche riferimento con il destinatario (Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2015 n. 5598; Cass. civ., 17 dicembre 2014 n. 26522).
Osservazioni
La sentenza in commento può costituire un utile punto di partenza per alcune considerazioni di carattere generale. A seguito della riforma del 1990 il problema della qualificazione del vizio della inosservanza del termine minimo di comparizione nelle controversie assoggettate al rito del lavoro ai fini dell'applicabilità dell'art.291 c.p.c. in luogo dell'art. 164 ha sostanzialmente esaurito ogni suo concreto rilievo, visto che, a mente del rinnovato testo della seconda delle due norme, le nullità dell'atto introduttivo del giudizio per vizi inerenti alla vocatio in ius hanno finito per beneficiare dello stesso trattamento, in punto di ammissibilità della rinnovazione per ordine del giudice e operatività ex tunc delle relative forme di sanatoria, olim riservato alle sole nullità della notificazione. Questo non significa, tuttavia, che il problema non abbia più ragione di porsi come testimonia la disciplina del giudizio d'appello, dove le nullità della notificazione dell'atto introduttivo della lite continuano a godere di un regime differenziato rispetto alle nullità di quell'atto medesimo – considerato, per l'appunto, che l'art.354 c.p.c. menziona a tutt'oggi soltanto le prime e non anche le seconde . Le sezioni unite del 2001 hanno escluso che si possa discutere – in caso di violazione del termine minimo di comparizione - di mancata instaurazione del contraddittorio o, quantomeno, che se ne possa discorrere negli stessi termini in cui se ne parla a proposito dei tipici vizi della notificazione: e questo perché il mancato rispetto dei termini a comparire non è tale di per sé da impedire o pregiudicare la conoscenza del processo da parte del convenuto, il quale, ove non si costituisca, lo farebbe «per libera scelta di strategia processuale» e non perché rimasto all'oscuro della domanda promossa nei suoi confronti e ad esso effettivamente, se pure in ritardo, pervenuta. Per tale motivo è stata esclusa la rimessione al giudice di primo grado. Non può tuttavia disconoscersi che ben può accadere, tanto nel rito ordinario come in quello speciale, che la notifica dell'atto introduttivo del processo sia eseguita talmente a ridosso della data di prima udienza da non consentire alla parte convenuta lo svolgimento delle minime attività necessarie per presenziarvi (come ad es. l'assunzione della difesa tecnica). Tanto più che nel rito del lavoro, questo potrebbe risolversi, ove il giudice non si sia accorto del vizio, nell'esclusione tout court della parte medesima dal giudizio di primo grado, attesa la naturale vocazione della prima udienza a concludersi, nel particolare rito in esame, con la pronuncia della sentenza definitiva (ex art. 420 c.p.c.). Si tratterà, non lo mettiamo in dubbio, di ipotesi estreme, delle quali, però, è doveroso dar conto, osservando come l'avere avuto conoscenza del processo troppo tardi per poter prendervi parte non è affatto dissimile , almeno sul piano pratico, dal non averne avuto conoscenza affatto. Nell'uno come nell'altro frangente, si pone l'esigenza di salvaguardare il convenuto dalla perdita incolpevole di un grado di giudizio. Se questa è la ratio sottesa alla norma che impone la restituzione della causa al primo giudice, dove è certo che la nullità della notificazione abbia impedito di aver notizia del processo , il problema dell'applicabilità in via analogica dell'art. 354 c.p.c. nel caso, a quello assimilabile, in cui la intempestività della notifica abbia anch'essa, di fatto, impedito la partecipazione al processo, appare meritevole di essere considerata forse sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata, che adeguatamente valorizzi le garanzie dell'uguaglianza, del diritto di difesa di cui agli artt. 3, 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost. . Al di là di questa ipotesi specifica, qualora la violazione dei termini a difesa non sia stata tale da precludere la costituzione del convenuto alla prima udienza o, comunque, entro la conclusione del procedimento di primo grado, una sua omologazione alle fattispecie di nullità della notificazione rimane, invece, non proponibile . DE GIOIA, Manuale di diritto processuale civile, Vol.I, Ed. Varese, 2008; MANDRIOLI – CARRATTA, Diritto processuale vol. I e II, Ed. XXIV, Torino, 2015,; MONTESANO - ARIETA, Trattato di diritto processuale civile vol. I, Milano, 2001,190. STELLA RICHTER, La giurisprudenza sul codice di procedura civile coordinata con la dottrina, libro I, Torino 1, 2006, 39; |