Termini per l’impugnazioneFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 324
13 Giugno 2016
Inquadramento IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE I termini per le impugnazioni, in ragione della loro natura perentoria (art. 326 c.p.c.), costituiscono la tecnica adottata dal legislatore per contemperare le esigenze di difesa – a fronte di provvedimenti giudiziali eventualmente non conformi a diritto – con quelle di certezza delle posizioni soggettive definite all'esito di (almeno) un grado di giudizio. In particolare i termini per le impugnazione c.d. ordinarie – il regolamento di competenza, l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi di cui ai nn. 4 (errore di fatto) e 5 (contrasto con pregresso giudicato) dell'art. 395 c.p.c. - condizionano la formazione del giudicato formale (art. 324 c.p.c.) e sono, quindi, ancorati ad eventi - la comunicazione, la notificazione o la pubblicazione del provvedimento - tali da assicurarne necessariamente la decorrenza. La proposizione dei mezzi di impugnazione c.d. straordinari – la revocazione per gli ulteriori motivi di cui ai nn. 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 c.p.c. e l'opposizione revocatoria di terzo ex art. 404, comma 2, c.p.c. – è soggetta parimenti a termini perentori, pari a trenta giorni – o sessanta per le sentenze della Corte di Cassazione ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c. - i quali, tuttavia, decorrono da vicende del tutto eccezionali ed eventuali (come la scoperta di un nuovo documento, il riconoscimento della falsità della prova, la scoperta del dolo o della collusione ecc.) che possono anche non verificarsi affatto e, quindi, non incidono sulla maturazione del giudicato. Non è soggetto, invece, ad alcun termine perentorio l'ulteriore rimedio straordinario costituito dall'opposizione ordinaria ex art. 404, comma 1, c.p.c. in ragione della preminenza attribuita all'integrità della sfera giuridica del terzo. Notificazione della sentenza
Il termine c.d. breve per l'appello e la revocazione ordinaria (trenta giorni) nonché per il ricorso per cassazione (sessanta giorni) decorre dalla notificazione della sentenza ad istanza della parte (artt. 325 e 326 c.p.c.). Al riguardo la giurisprudenza ha considerato essenziale che il procedimento di notificazione sia promosso dalla parte e non dall'ufficio; per questo è stata ritenuta non idonea a far decorrere il termine breve sia la lettura del dispositivo e della motivazione in udienza nella modalità decisoria ex art. 281-sexies c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 19 settembre 2014, n. 19743) sia la notificazione eseguita via p.e.c. dalla cancelleria del giudice, pur attraverso l'invio del testo integrale della sentenza (Cass. civ., sez. VI, 17 settembre 2015, n. 18278; Cass. civ., sez. I, 4 dicembre 2014, n. 25662); da ultimo, poi, per effetto dell'art. 45, comma 1, lett. b) del d.l. n. 90/14 conv. in l. n. 114/14, è stato integrato l'art. 133, comma 2, c.p.c. con la precisazione che la comunicazione della sentenza a cura della cancelleria non determina la decorrenza del termine per le impugnazioni previste dall'art. 325 c.p.c.. Solo per il regolamento di competenza il termine decorre, invece, eccezionalmente proprio dalla comunicazione dell'ordinanza (art. 47, comma 2, c.p.c.). Nel caso di consegna di una copia incompleta (es: mancante di una facciata), il parametro nomofilattico è nel senso che la relativa nullità della notificazione può essere affermata, in difetto di un'espressa comminatoria ex lege, solo se il destinatario deduca e dimostri che detta incompletezza gli abbia precluso la compiuta conoscenza dell'atto e, quindi, abbia inciso negativamente sul pieno esercizio della facoltà d'impugnativa (Cass. civ., sez. VI, 22 giugno 2012, n. 10488; Cass. civ., sez. un., 23 febbraio 1995, n. 2081); diversa è, invece, la soluzione invalsa più recentemente nel caso di notificazione di copia non autentica della sentenza, essendosi ritenuta tale irritualità non preclusiva della decorrenza del termine breve per l'impugnazione (Cass. civ., sez. lav., 12 maggio 2014, n. 10224; Cass. civ., sez. lav., 19 agosto 2004, n. 16317; in passato, tuttavia, per la soluzione contraria, Cass. civ., sez. lav., 19 maggio 1997, n. 4454). Essenziale è, altresì, che la notificazione della sentenza sia effettuata all'avvocato già costituito in rappresentanza della parte (art. 285 c.p.c., che rinvia ora integralmente – dopo la modifica operata dall'art. 46 l. n. 69/09 – alle modalità previste dall'art. 170 c.p.c.); al riguardo è ritenuta equivalente l'eventuale notificazione indirizzata alla parte presso il procuratore costituito, purché effettuata nel domicilio eletto (Cass. civ., sez. III, 11 giugno 2009, n. 13546; Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2008, n. 11216). Nell'ipotesi in cui sopravvenga, nella fase decisoria, uno degli eventi interruttivi a carico della parte ex art. 299 c.p.c., la notificazione della sentenza può essere fatta a coloro che sono legittimati alla prosecuzione del giudizio (art.286, comma 1, c.p.c.); si tratta, tuttavia, di facoltà concorrente con quella, da ultimo riconosciuta, di indirizzare la notificazione ancora al procuratore della parte, pur deceduta o divenuta incapace, in ragione della ultrattività del pregresso mandato alla lite (Cass. civ., sez.un., 4 luglio 2014, n. 15295). Qualora, invece, dopo l'udienza di discussione o la scadenza dei termini per le comparse conclusionali di cui all'art. 190 c.p.c. sopravvenga uno degli eventi interruttivi afferenti al difensore ex art. 301 c.p.c. (morte, radiazione o sospensione), la notificazione della sentenza deve essere eseguita alla parte personalmente ai fini del decorso del termine breve (art.286, comma 2, c.p.c.; Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2014, n. 1120); si tratta, nella ricorrenza di tali eventi, della sola modalità possibile di notificazione, che è idonea anche se eseguita mediante consegna della sentenza in forma esecutiva (Cass. civ., sez. II, 6 giugno 2011, 12236). Una volta perfezionata la notificazione della sentenza, nel caso sopravvenga taluno degli eventi interruttivi di cui agli artt. 299 e 301 c.p.c., il termine breve per l'impugnazione è interrotto e, quindi, può nuovamente decorrere solo a partire dalla ulteriore notificazione della medesima sentenza (art.328, commi 1 e 2, c.p.c., così come integrato da C. Cost. 3 marzo 1986, n. 41) Se la parte è difesa da una pluralità di avvocati con uguali poteri di rappresentanza e la notifica della sentenza è eseguita ad entrambi, il termine per l'impugnazione decorre dalla prima notifica, anche se effettuata presso il procuratore non domiciliatario - semprechè tale procuratore non sia esercente fuori dal circondario e non eligente domicilio ex art. 82, r.d. n. 37 del 1934 - atteso che i poteri, le facoltà e gli oneri che fanno capo al difensore domiciliatario sono ritenuti identici a quelli che ineriscono al mandato del difensore non domiciliatario (Cass. civ., 4 febbraio 2011, n. 2774; Cass. civ., 23 marzo 2004, n. 5759). Nei confronti della parte contumace – anche se non correttamente dichiarata tale (Cass. civ., 14 febbraio 2012, n. 2113) – la notificazione della sentenza deve essere eseguita personalmente; è utile al riguardo anche la notifica in forma esecutiva ai sensi dell'art. 479 c. p. c., non essendo rilevante il fine processuale per il quale essa sia stata effettuata (Cass. civ., 25 gennaio 2007, n. 1647; Cass. civ., 15 marzo 2006, n. 5682). La decorrenza del termine breve non è esclusa dalla mancata registrazione della sentenza, in ottemperanza al principio della ragionevole durata del processo (Cass. civ., 13 febbraio 2015, n. 2950; Cass. civ., 10 agosto 2012, n. 14393) È invalso nella giurisprudenza il principio secondo cui la notificazione della sentenza ai sensi dell'art. 285 c.p.c. è idonea a far decorrere il termine breve non solo per il destinatario ma anche per lo stesso notificante in virtù della documentata conoscenza legale della sentenza ed a prescindere dalle ragioni per le quali in concreto tale notificazione sia stata operata (Cass. civ., sez. un., 19 novembre 2007, n. 23829); è controverso, tuttavia, in sede nomofilattica se debba aversi riguardo, ai fini della individuazione del termine iniziale di decorrenza, alla data di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario (così Cass. civ., 17 gennaio 2014, n. 883 sul presupposto che tale consegna rende certa l'anteriorità della conoscenza della sentenza per l'impugnante) oppure alla data di perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario, rientrando la conoscenza legale della sentenza tra gli effetti bilaterali che si realizzano per entrambe le parti nello stesso momento (Cass. civ., 7 maggio 2015, n. 9258; in senso adesivo, sul punto, A. STILO, Osservazioni in tema di decorrenza del termine per impugnare tra conoscenza legale della sentenza impugnata e proposizione di una nuova impugnazione, in Giustiziacivile.com, 27.1.2016).
Nelle ipotesi di litisconsorzio necessario, sostanziale e/o processuale, vige il principio dell'unitarietà del termine dell'impugnazione, sicché la notifica della sentenza eseguita a istanza di una sola delle parti segna, nei confronti della stessa e della parte destinataria della notificazione, l'inizio della decorrenza del termine breve per la proposizione dell'impugnazione contro tutte le altre parti, mentre quando si tratti di cause scindibili o, comunque, tra loro indipendenti, il termine per l'impugnazione non è unico, ma decorre dalla data delle singole notificazioni della sentenza a ciascuno dei titolari dei diversi rapporti definiti con l'unica sentenza e, in difetto di notificazione, si applica il termine lungo di cui all'art. 327 c. p.c. (Cass. civ., 4 febbraio 2010, n. 2557; Cass. civ., 29 gennaio 2007, n. 1825). Pubblicazione della sentenza
Il termine c.d. lungo per la proposizione dell'appello, del ricorso per cassazione e della revocazione ordinaria (sei mesi o, per i giudizi promossi in primo grado anteriormente al 4 luglio 2009, un anno) decorre dalla pubblicazione della sentenza (art. 327, comma 1, c.p.c.). Tale più ampio termine assume rilievo nei casi nei quali la parte non provveda alla notificazione della sentenza ai sensi dell'art. 285 c.p.c. e, quindi, non decorra il termine breve, il quale è idoneo, invece, a sovrapporsi e ad assorbire il termine lungo; è da considerare, tuttavia, che il termine di decadenza di cui all'art. 327 c.p.c. costituisce il limite temporale massimo per la proposizione della impugnazione e non è suscettibile di superamento, nemmeno quando, alla sua scadenza, non sia ancora maturato il termine breve dalla data di notificazione della sentenza (Cass. civ., 2 dicembre 2005, n. 26272; Cass.,16 giugno 2000, n. 8191; Cass. civ., 11 luglio 1981, n. 4508). La pubblicazione della sentenza è di per sé idonea a far decorrere il termine semestrale a prescindere dalla comunicazione che il cancelliere è tenuto ad effettuare ai sensi dell'art. 133, comma 2, c.p.c. (Cass. civ., 16 dicembre 2014, n. 26402; Cass. civ., 14 febbraio 2007, n. 3251), in tal senso garantendosi l'esigenza della obiettiva certezza sulla formazione del giudicato. Secondo un orientamento della giurisprudenza il termine lungo decorre anche in caso di distruzione o smarrimento dell'originale della sentenza dopo la pubblicazione e di conseguente ricostruzione (Cass. 27 agosto 2014, n. 18333; Cass. civ., 19 giugno 2000, n. 8315); secondo altro indirizzo, invece, il termine di cui all'art. 327 c.p.c. decorre solo dalla successiva ricostruzione della sentenza, escludendosi, altresì, che viga un limite temporale alla presentazione dell'istanza di ricostruzione (Cass. civ., 29 marzo 2011, n. 7130). Nel caso siano apposte nella sentenza due distinte date, una di deposito e l'altra, successiva, di pubblicazione, la Cassazione si è originariamente orientata nel senso di dare la prevalenza alla prima, salva l'ipotesi in cui il deposito sia stato riferito espressamente alla sola minuta della sentenza (Cass. civ., sez. un., 1 agosto 2012, n. 13794); successivamente, tuttavia, la Corte Costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 133 c.p.c., con una sentenza interpretativa di rigetto, argomentando nel senso che il deposito della sentenza deve ritenersi realizzato solo alla data di pubblicazione (C. Cost., 12 gennaio 2015, n. 3); si è, quindi, affermato, in sede nomofilattica, che occorre avere riguardo - secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata - alla seconda annotazione, cui consegue l'effettiva pubblicità della sentenza con il compimento delle operazioni prescritte dall'art. 133 c. p. c., quali misure volte a garantire la conoscibilità della decisione, essenziale per l'esercizio del diritto di difesa (Cass. civ., 25 marzo 2015, n. 6050; in senso sostanzialmente conforme, sia pure mediante il rimedio della rimessione in termini, Cass. civ., 22 maggio 2015, 10675).
Il computo del termine semestrale è eseguito ex nominatione dierum e, quindi, la scadenza coincide con il giorno corrispondente a quello iniziale, a prescindere dal numero effettivo dei giorni di cui è composto ogni mese, mentre è eseguito ex numeratione dierum il computo degli ulteriori, eventuali, giorni di sospensione – pari a 31 dal 2015 - per il periodo feriale compreso tra l'1 ed il 31 agosto (in tal senso, sia pure con riguardo al previgente termine lungo annuale ed al periodo feriale di 46 giorni in vigore fino al 2014, Cass. civ., 4 ottobre 2013, n. 22699; Cass. civ., 9 luglio 2012, n. 11491; Cass. civ., 11 agosto 2004, n. 15530). Il termine lungo non decorre nei confronti della parte contumace che dimostri di non aver avuto conoscenza del processo a causa della nullità della citazione introduttiva del giudizio o della notificazione di essa oppure degli atti da notificare ai sensi dell'art. 292 c.p.c. (c.d. contumace involontario: art. 327, comma 2, c.p.c.). Al riguardo la giurisprudenza sottolinea che grava sull'impugnante l'onere di dimostrare non solo la causa della nullità, ma anche di non aver avuto conoscenza del processo in conseguenza di quel vizio (Cass.,30 settembre 2015, n. 19574; Cass. civ., 20 novembre 2012, n. 20307). Si presume, tuttavia, la non conoscenza del giudizio nel caso di radicale inesistenza – non mera nullità – dell'atto introduttivo, salva la prova, a carico della controparte, della conoscenza effettiva del giudizio stesso (Cass. civ., 14 ottobre 2015, n. 20672) Il termine lungo per l'impugnazione decorre, quindi, a carico del contumace involontario dal giorno in cui ha avuto comunque conoscenza del processo (Cass. civ., 29 maggio 2003, n. 8622); da segnalare, però, che qualora sia stata validamente notificata la sentenza dopo la scadenza del termine ex art. 327 c.p.c., il contumace involontario è ritenuto, invece, soggetto al termine breve ex art. 325 c.p.c. (Cass. civ., 5 novembre 2013, n. 24763; Cass. civ., sez. un., 22 giugno 2007, n. 14570). Ai fini del rispetto del termine di impugnazione è sufficiente che il procedimento di notificazione sia iniziato attraverso la consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, in ottemperanza al principio di scissione soggettiva degli effetti della notificazione, per il notificante e per il destinatario, così come affermato a seguito delle pronunce della Corte Costituzionale : C. Cost., n. 477 del 2002, C. Cost. n. 28/2004; C. Cost. n. 97 del 2004; C. Cost. n. 154 del 2005 ed ora riconosciuto anche nel codice processuale (art. 149, comma 3, c.p.c.): La decadenza è, tuttavia, impedita solo nel caso l'iter notificatorio si sia successivamente perfezionato; pertanto, la data di consegna all'ufficiale giudiziario non può assumere rilievo ove l'atto sia "ab origine" viziato da errore nell'indicazione dell'esatto indirizzo del destinatario, trattandosi di formalità che non sfugge alla disponibilità del notificante (Cass. civ., sez. un., 30 marzo 2010, n. 7607); alle stesse conclusioni si è giunti nel caso di notificazione dell'impugnazione non andata a buon fine per la sopravvenuta cancellazione del difensore dall'albo degli avvocati (Cass. civ., 1 febbraio 2011, n. 2320). Qualora, però, il mancato perfezionamento della notificazione sia ascrivibile a fatto non imputabile al notificante la giurisprudenza ne consente la rinnovazione con effetti retroattivi, decorrenti cioè già dalla originaria prima consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, a condizione che il procedimento di notificazione sia riattivato entro un termine ragionevole una volta conosciuto l'esito negativo del pregresso tentativo (Cass. civ., 19 novembre 2014, n. 24641; Cass. civ., 11 settembre 2013, n. 20830; Cass. civ., sez.un., 24 luglio 2009, n. 17352). Secondo un orientamento della Cassazione la proposizione dell'impugnazione è idonea, altresì, a far decorrere il termine breve per lo stesso impugnante, con la conseguenza che il gravame, una volta esperito, potrebbe essere rinnovato solo nel rispetto del suddetto termine, oltre che prima della maturazione della preclusione derivante ex art. 358 c.p.c. dalla pronuncia giudiziale di inammissibilità o improcedibilità (Cass. civ., 11 luglio 2012, n. 11762; Cass. civ., 22 maggio 2006, n. 11994); tale indirizzo, imperniato sulla ritenuta equivalenza tra notificazione della sentenza ex art. 285 c.p.c. e notificazione dell'impugnazione, è stato, tuttavia, sottoposto a revisione critica, essendosi dubitato che tale equivalenza abbia un fondamento nella disciplina processuale e trovi, in particolare, ancora giustificazione dopo la limitazione del termine lungo per l'impugnazione a sei mesi (Cass. civ., 13 maggio 2015, n. 9782, che ha rimesso al questione al Primo Presidente ai fini di una eventuale pronuncia a Sezioni Unite; M. DI MARZIO, l'appello inammissibile-improcedibile fa decorrere il termine «breve» per la successiva impugnazione?, in Giustiziacivile.com, 14 ottobre 2015). Nelle ipotesi di litisconsorzio necessario, sostanziale o processuale, la notificazione eseguita nei confronti di uno solo dei litisconsorti, nei termini di legge, è ritenuta idonea ad introdurre validamente il giudizio di gravame nei confronti di tutte le altre parti, ancorché l'atto di impugnazione sia stato, a queste, tardivamente notificato; l'atto tardivo, infatti, riveste in tal caso la funzione di integrazione necessaria del contraddittorio ex art. 331 c.p.c anche quando sia stata compiuto ad iniziativa della parte e non in ottemperanza all'ordine del giudice (Cass. civ., 14 maggio 2013, n. 11552; Cass. civ., 8 febbraio 2011, n. 3071; Cass. civ., 12 giugno 2009, n. 13753). Violazione: rilievo ed effetti
La scadenza dei termini perentori previsti per le impugnazioni determina la decadenza dal potere di proporre il relativo gravame; se proposta, quindi, l'impugnazione è inammissibile. Al riguardo la giurisprudenza è ferma nel considerare tale ragione di inammissibilità rilevabile di ufficio e non sanabile dalla costituzione della parte resistente, essendo giustificata da motivi di interesse generale (Cass. civ., 5 giugno 2015, n. 11666; Cass. civ., 11 novembre 2009, n. 23907; Cass. civ., sez. un., 5 aprile 2005, n. 6983). E' rilevabile di ufficio, in particolare, la violazione del termine breve, se riscontrabile ex actis, nonostante la relativa decorrenza non sia stata neppure allegata dalla parte impugnante (Cass. civ., sez. un., 15 dicembre 2015, n. 25208) Tuttavia si ritiene, nel contempo, che sia onere della parte che eccepisca la scadenza del termine c.d. breve dell'impugnazione ex art. 325 c.p.c. dimostrarne la relativa decorrenza, mediante la produzione di copia autentica della sentenza e della relata di notificazione, nell'ambito del giudizio di merito, con esclusione, quindi, del potere di eccepire la decadenza per la prima volta nel giudizio di cassazione, in virtù del principio generale secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi abbia dato causa (art. 157, comma 3, c.p.c.), nonché in ottemperanza ai valori costituzionali del processo "giusto" e della "ragionevole durata" (Cass. civ., 28 luglio 2011, n. 16582). Se la parte impugnante si avvale, poi, del termine lungo ex art. 327 c.p.c. spetta alla stessa dimostrare, attraverso la produzione della sentenza munita della certificazione della sua pubblicazione, che questa è avvenuta entro l'anno precedente l'atto impugnatorio (Cass. civ., 1 febbraio 2001, n. 1396).
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