Lorenzo Balestra
25 Gennaio 2017

Il codice di rito dedica un intero titolo alla regolamentazione dei procedimenti relativi all'apertura della successione. Queste norme vanno, poi, integrate con altre disposizioni, sempre contenute nel codice di rito nonché nel codice civile. Tutte insieme forniscono un quadro normativo teso a regolamentare gli atti di disposizione dei beni ereditari.
Inquadramento

Il codice di rito dedica un intero titolo alla regolamentazione dei procedimenti relativi all'apertura della successione.

Queste norme vanno, poi, integrate con altre disposizioni, sempre contenute nel codice di rito nonché nel codice civile.

Tutte insieme forniscono un quadro normativo teso a regolamentare gli atti di disposizione dei beni ereditari.

Si prevedono, così, una serie di autorizzazioni e modalità per la vendita dei beni ereditari e per la loro identificazione (si pensi alle norme sempre contenute nel codice di rito che si riferiscono all'apposizione dei sigilli: artt. 752 c.p.c. e ss.; alla formazione dell'inventario: artt. 769 c.p.c. e ss.; all'eredità giacente: art. 781c.p.c. e ss.).

E' bene precisare subito che il termine vendita si riferisce a tuti gli atti dispositivi in genere.

Si tratta, per lo più, di procedimenti tutti ricompresi in quella che si suole chiamare amministrazione giudiziale dei diritti dei privati o più semplicemente, volontaria giurisdizione.

Non siamo in presenza, infatti, di contrasti o controversie ma il legislatore ha sentito l'esigenza di regolamentare, per ragioni di tutela delle persone, alcuni aspetti legati alla disposizione dei beni provenienti da eredità.

A tutti questi procedimenti si applicano le «disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio» (artt. da 737 a 742 c.p.c., giusto il rinvio di cui all'art. 742-bis, c.p.c.).

Lo scopo

La norma di riferimento è l'art. 747 del c.p.c..

Essa regola la competenza ed il procedimento in materia di alienazione dei beni ereditari relativamente ai casi nei quali le norme di diritto sostanziale prescrivono la necessità dell'autorizzazione del giudice.

Lo scopo della norma è quello di assicurare che l'attività di amministrazione e, più in generale di gestione e di disposizione dei beni ereditari da parte di chi non è ancora erede, o le è con beneficio di inventario, non sia compiuta con modalità tali che possano pregiudicare la posizione di altri soggetti, quali i creditori ereditari, gli altri chiamati e i legatari.

Si tende, in questo modo, a garantire la consistenza del patrimonio ereditario fino a che questo non sia uscito, per usare un linguaggio descrittivo, dalla sfera ereditaria.

Come si è accennato sopra, il regime autorizzativo si applica, non solo al caso della vendita, come indicato espressamente dalla normativa, ma anche in tutte le ipotesi in cui si debbano compiere atti di straordinaria amministrazione relativi a beni ereditari.

Ciò si ricava dall'intero sistema normativo e dalla sua ratio; se ne trova traccia, poi, anche nella lettera di alcune norme sostanziali, quali ad esempio l'art. 493 c.c. che, in materia di atti di disposizione di eredità beneficata, elenca una serie di atti diversi dalla vendita (ad es.: costituzione di ipoteche, pegni, conclusione di atti di transazione, ecc. …).

Infatti, anche per gli atti diversi dalla vendita, che non rientrano fra le attività ordinarie di conservazione dei beni ereditari, ricorre la ratio della previsione normativa che è quella di garantire che l'attività di amministrazione dei beni compresi nell'asse ereditario venga compiuta senza pregiudizio degli altri chiamati all'eredità e dei creditori ereditari, tra cui i legatari.

La giurisprudenza è pacifica sull'estensione di applicazione della normativa a tutti gli atti di straordinaria amministrazione: “La competenza ad autorizzare la vendita di beni immobili ereditati dal minore soggetto alla potestà dei genitori appartiene al giudice tutelare del luogo di residenza del minore stesso unicamente per i beni che si possono considerare definitivamente acquisiti al patrimonio di questi, mentre appartiene al tribunale del luogo dell'apertura della successione allorché l'acquisto iure hereditatis non sia ancora perfezionato, come quando penda procedura di accettazione con beneficio di inventario, poiché, in tal caso, l'indagine del giudice adito non è limitata alla tutela del minore - alla quale soltanto è circoscritta dall'art. 320 c.c.- ma si estende a quella degli altri soggetti interessati alla liquidazione dell'eredità. Tale esigenza di tutela - che costituisce la "ratio" dell'art. 747 c.p.c. - sussiste, nei casi in cui il procedimento dell'acquisto iure hereditario non si sia ancora perfezionato, non soltanto con riferimento all'autorizzazione agli atti di "vendita" in senso stretto degli immobili ereditari, bensì anche con riferimento all'autorizzazione a tutti gli atti di straordinaria amministrazione che possano direttamente o indirettamente incidere sulla proprietà degli immobili ereditari, rendendo necessaria anche una valutazione relativa ad interessi diversi da quelli del minore. Ne consegue che, in ipotesi di beni immobili provenienti da eredità accettata con beneficio di inventario, competente ad autorizzare il minore a promuovere azione di divisione è il tribunale ai sensi dell'art. 747 c.p.c. , e non il giudice tutelare ai sensi dell'art. 320 c.c. .” (Cass. civ., Sez. I, 7 aprile 1997, n. 2994, in Mass. Giur. It., 1997).

Ne restano esclusi solo quegli atti dispositivi, pur di straordinaria amministrazione, che sono mera esecuzione di obbligazioni già esistenti, come la stipulazione di atto definitivo in adempimento ad un contratto preliminare: “La stipula del contratto definitivo, dopo la morte del promittente venditore (o di uno dei promittenti venditori) costituisce adempimento di un obbligo gravante sull'eredità, e per essa non v'è quindi bisogno dell'autorizzazione del tribunale, di cui all'art. 747 c.p.c. .” (Trib. Napoli, Sez. II, 19 maggio 2000, in Contratti, 2002, 1, 83).

CASISTICA

L'esercizio e la promozione delle ragioni ereditarie e la risposta alle istanze proposte contro la medesima rientrano fra gli obblighi connessi all'ufficio di curatore dell'eredità giacente, vincolanti per tutta la durata dell'ufficio medesimo e non necessitanti di particolare autorizzazione da parte del Tribunale ex artt. 747 e 783 c.p.c.

Cass. civ., Sez. II, 13 gennaio 1995, n. 367, in Contratti, 1995, 4, 388

In caso di pluralità di eredi, di cui alcuni soltanto siano qualificabili come eredi beneficiati, la vendita dei cespiti, a fini liquidatori, non deve necessariamente avvenire per intero ed, in ogni caso, il giudice ha titolo ad autorizzare l'alienazione delle sole quote dei beni appartenenti agli eredi beneficiati, mentre gli eredi puri e semplici, che per l'opzione compiuta rispondono dei debiti ereditari con l'intero personale patrimonio, restano liberi di alienare o meno le quote dei beni oggetto del loro acquisto "mortis causa".

Trib. Salerno, 21 aprile 1999, in Vita Notar., 2000, 130

Vi è contrasto, poi, in merito ad alcuni atti dispositivi che, per la loro particolare natura dichiarativa, subiscono inquadramenti diversi:

LA DIVISIONE DI BENI EREDITARI: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

La divisione di bene ereditario non rientra nella disciplina dell'art. 747 c.p.c., in quanto la modificazione oggettiva del patrimonio dei condividenti non pregiudica in alcun modo i diritti dei creditori e dei legatari.

App. Torino, 20 gennaio 1995, in Riv. Notar., 1995, 298

La divisione di bene ereditario è atto di straordinaria amministrazione che può pregiudicare gli interessi dei creditori e dei legatari e deve pertanto essere autorizzato dal tribunale ex art. 747 c.p.c., previo parere del giudice tutelare quando il condividente è un minore.

Trib. Torino, 31 marzo 1992, in Riv. Notar., 1995, 298

La competenza

Ai sensi del 1° comma dell'art. 747 c.p.c. la competenza territoriale, da ritenersi inderogabile, a rilasciare l'autorizzazione spetta al tribunale del luogo dove si è aperta la successione, da individuarsi, a mente dell'art. 456 c.c., nel luogo dell'ultimo domicilio del defunto.

Quanto alla composizione dell'organo giudicante, a seguito del d.lgs. n. 51/1988, ci si chiede se sia sempre competente il tribunale in composizione monocratica ovvero se, per i beni immobili, si debba affermare la competenza del tribunale collegiale, mantenendo la vecchia distinzione fra competenza del pretore e del tribunale.

In giurisprudenza si ravvisano contrapposti orientamenti

LA COMPETENZA COLLEGIALE O MONOCARATICA DEL TRIBUNALE: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

L'autorizzazione a vendere beni ereditari è di competenza del tribunale in composizione monocratica e, eventualmente, della sezione distaccata del tribunale.

Trib. Torino, 22 agosto 2002, in Giur. di Merito, 2002

A seguito della riforma del giudice unico e della soppressione dell'ufficio del pretore, la competenza, in passato attribuita a quest'ultimo di autorizzare la vendita di beni mobili ereditari, deve ritenersi attribuita al tribunale che decide comunque in composizione collegiale.

Trib. Torre Annunziata, 13 febbraio 2001, in Giur. napoletana, 2002, 153

Anche in seguito alla riforma del giudice unico di primo grado, l'autorizzazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione relativi a beni mobili ereditari è di competenza del tribunale in composizione monocratica.

Trib. Lanusei, 4 gennaio 2001, in Riv. Giur. Sarda, 2001, 811

Bisogna accennare, poi, ad un problema tuttora aperto, derivato dal mancato coordinamento delle norme dettate dalla modifica del diritto di famiglia (con la legge 151/1975) con quelle dettate dal codice di rito.

E' il caso relativo alla competenza al rilascio dell'autorizzazione in esame quando i beni ereditari appartengano a minori soggetti alla responsabilità genitoriale.

Infatti, il secondo comma dell'art. 747, c.p.c., prevede, nel caso di beni appartenenti ad incapaci, che debba essere acquisito il parere del giudice tutelare, fermo restando che l'autorizzazione compete al Tribunale.

A sua volta, l'art. 320 c.c., prevede l'autorizzazione del giudice tutelare per l'alienazione di beni ereditari pervenuti ad un minore soggetto alla responsabilità genitoriale.

Si è così cercato di armonizzare il sistema normativo nel suo complesso, affermando che l'art. 320 c.c. farebbe riferimento solamente ai beni pervenuti al minore nel caso in cui il bene sia definitivamente entrato nel patrimonio del minore per essere esaurito il procedimento relativo al beneficio di inventario; infatti in questo caso i beni non possiederebbero più la qualifica di “beni ereditari”, e di conseguenza verrebbero meno anche le esigenze di tutela poste dal codice di rito.

Al contrario, nel caso di beni non ancora definitivamente entrati nel patrimonio del minore, sussisterebbe la competenza del tribunale ai sensi dell'art. 747 c.p.c., giustificata dall'esigenza di tutelare gli interessi, oltre che del minore, anche di soggetti terzi. (Cass. civ., Sez. Unite, 18 marzo 1981, n. 1593, in Mass. Giur. It., 1981).

Non mancano, però, posizioni differenti, soprattutto in dottrina, che ritengono che il nuovo art. 320 c.c. abbia sostituito integralmente l'art. 747 c.p.c. e, pertanto, nel caso di minori sub potestate abbia sancito la competenza esclusiva del giudice tutelare.

Quanto alla mancanza di autorizzazione prescritta per la vendita dei beni ereditari appartenenti ad incapaci, la giurisprudenza esclude che l'atto sia nullo o inefficace, ritenendolo annullabile (Cass. civ., Sez. III, 4 novembre 1998, n. 11071, in Mass. Giur. It., 1998; Cass. civ., Sez. II, 10 luglio 1991, n. 7638, in Mass. Giur. It., 1991).

Il procedimento

L'autorizzazione si richiede con ricorso che deve contenere i requisiti di cui all'art. 125 c.p.c.; il procedimento, come accennato sopra, segue le regole della camera di consiglio di cui agli artt. 737 ss., c.p.c., in forza del richiamo operato dall'art. 742-bis, c.p.c.

A tutela dei legatari di specie, l'art. 747.c.p.c., poi, prevede, al quarto comma, che il ricorso venga notificato anche a questi, per ovvie ragioni di tutela, senza che, però, il procedimento assuma carattere contenzioso.

Se i beni per i quali si chiede l'autorizzazione alla vendita appartengono ad incapaci deve essere acquisito il parere, obbligatorio, ma non vincolante del giudice tutelare, parere che, se non prodotto preventivamente, sarà richiesto d'ufficio ai sensi dell'art. 732 c.p.c., terzo comma.

Il giudice provvede con decreto, reclamabile secondo le norme sui procedimenti in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 739 c.p.c. (disposizione comune sia ai decreti emessi dal tribunale, per il quale il reclamo andrà alla corte d'appello, sia ai decreti emessi dal giudice tutelare, ove il reclamo andrà al tribunale).

Trattandosi di decreto emesso con procedimento in camera di consiglio in procedimento non contenzioso, si ritiene, a mente dell'art. 742 c.p.c., sempre ammissibile la sua revoca.

La modalità di attuazione degli atti dispositivi

L'art. 748 c.p.c. stabilisce le modalità da adottarsi per la vendita dei beni ereditari (ricordandosi sempre che con il termine vendita si intendono una molteplicità di atti dispositivi).

Ci occuperemo in seguito, sommariamente, delle norme che se ne occupano (artt. 733 e 734 c.p.c.).

Il secondo comma dell'articolo prevede che il giudice, con il provvedimento autorizzativo della vendita, debba stabilire, quando occorra, ovvero quando l'atto dispositivo comporti il ricavo di un prezzo (ed anche questa disposizione conferma l'applicabilità della normativa ad atti dispositivi diversi dalla vendita) le modalità di conservazione e di reimpiego del prezzo ricavato.

Il mancato reimpiego del danaro ricavato, secondo l'ordine del giudice, non costituirà motivo di invalidità della vendita, ma comporterà solamente profili di responsabilità in capo al soggetto agente.

Le forme della "vendita"

Abbiamo accennato sopra che l'art. 748 c.p.c., prescrive che la vendita dei beni ereditari debba essere effettuata con le forme per la vendita dei beni dei minori.

Non è questa la sede per addentrarci nelle problematiche relative a questa fattispecie, bastino qui poche nozioni orientative.

L'art. 733 c.p.c., si limita a disciplinare apposite modalità per il pubblico incanto nella vendita dei beni di minori, interdetti o, se curatore non ne è il genitore, inabilitati ed emancipati, ad integrazione della disposizione di cui all'art. 376 c.c..

Secondo tale ultima norma, il tribunale, nell'autorizzare la vendita dei beni appartenenti a soggetti incapaci (e quindi anche nel caso che ci interesse, della vendita di beni ereditari), stabilisce se essa debba farsi ai pubblici incanti o a trattativa privata, determinandone in ogni caso il prezzo minimo, e disponendo altresì sul modo di erogazione o reimpiego del prezzo.

Qualora il giudice abbia stabilito che la vendita venga fatta ai pubblici incanti, l'art. 733 c.p.c., disciplina la designazione dell'ufficiale incaricato della vendita (ufficiale giudiziario per i mobili, cancelliere o notaio per gli immobili) e dispone il rinvio agli artt. 534 ss., c.p.c., in quanto applicabili, premesse le forme pubblicitarie ordinate dal tribunale.

Il rinvio alle norme che disciplinano la vendita forzata per pubblici incanti (artt. 534 e ss., c.p.c.) pongono non pochi problemi interpretativi, con riferimento sia ai limiti entro cui va intesa l'analogia con l'istituto della vendita di beni di incapaci, sia, conseguentemente, all'estensione del rinvio stesso. Si tenga presente, infatti che nella vendita dei beni ereditari, non per forza ci si deve trovare di fronte a soggetti incapaci.

L'art. 748 c.p.c., poi, si occupa del caso in cui, disposta la vendita con incanto, questo abbia dato esito negativo. In questo caso il tribunale potrà autorizzare la vendita a trattativa privata.

La scelta, nel caso di beni ereditari, verrà effettuata discrezionalmente dal giudice avendo riguardo agli interessi da tutelare in capo ai soggetti interessati come sopra individuati.

Riferimenti
  • Andrioli, Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1964, 564;
  • Ferri, Disposizioni generali sulle successioni, 3ª ed., in Comm. Scialoja, Branca, Bologna, 1997, 390;
  • Jannuzzi, Lorefice, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2004, 464;
  • Mandrioli, Diritto processuale civile, IV, 20ª ed., Torino, 2009, 356;
  • Montesano, Arieta, in Trattato di diritto processuale civile, II, 2, Padova, 2002, 1302);
  • Satta, Commentario al codice di procedura civile, IV, 2, Milano, 1971, 61).
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