Esecuzione forzata nei confronti degli stati esteri

Giuseppe Fiengo
07 Giugno 2016

L'immunità degli Stati stranieri dalla giurisdizione civile e dall'esecuzione forzata è un limite che lo Stato incontra nell'esercizio del proprio potere d'imperio che trova fondamento nella pari posizione riconosciuta a ciascun componente la comunità internazionale. La portata di tale regola è stata (ed ancora è) oggetto di una profonda evoluzione nell'ultimo secolo anche in conseguenza del sempre più diffuso ricorso da parte degli Stati ad attività di natura privatistica.

Inquadramento

IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE

L'immunità degli Stati stranieri dalla giurisdizione civile e dall'esecuzione forzata è un limite che lo Stato incontra nell'esercizio del proprio potere d'imperio che trova fondamento nella pari posizione riconosciuta a ciascun componente la comunità internazionale. La portata di tale regola è stata (ed ancora è) oggetto di una profonda evoluzione nell'ultimo secolo anche in conseguenza del sempre più diffuso ricorso da parte degli Stati ad attività di natura privatistica. Il proliferare dell'attività iure gestionis ed il costante ampliamento delle funzioni diplomatiche e consolari hanno determinato il progressivo aumento dei procedimenti di esecuzione forzata su beni degli Stati esteri o delle rappresentanze diplomatiche e consolari. Come è facile comprendere, la questione è particolarmente delicata poiché attiene al limite che la sovranità statale incontra nei rapporti con altri Stati ed all'incidenza di tale limite sulla regola generale posta dall'

art. 2740 c.c.. Di recente il tema ha assunto una connotazione anche personalistica e profili di ancora maggiore attualità ove si consideri il possibile contrasto tra il regime dell'immunità e la necessità di salvaguardare in modo effettivo i diritti fondamentali

Premessa la distinzione tra l'immunità dalla giurisdizione e l'immunità dall'esecuzione, alla luce della disciplina internazionale e nazionale maggiormente rilevante in materia, saranno esaminati i presupposti in presenza dei quali l'immunità dall'esecuzione deve considerarsi assoluta ovvero relativa, le conseguenze della violazione dell'immunità ed i rimedi esperibili.

Immunità dalla giurisdizione ed immunità dall'esecuzione

A partire dallo scorso secolo si è registrata una profonda evoluzione in ordine al tema della soggezione di uno Stato agli organi giurisdizionali di altro Stato. La teoria anglosassone dell'immunità assoluta, tesa a massimizzare la portata del principio «par in parem non habet judicium» e, quindi, ad escludere la possibilità di convenire uno Stato innanzi ai giudici di altro Stato, ha subito una progressiva erosione ad opera della giurisprudenza italiana e belga che, prime, hanno elaborato la teoria (oggi maggioritaria) dell'immunità ristretta o relativa (nella sostanza accolta anche dalla Convenzione di New York). Secondo tale ultima teoria l'immunità può operare limitatamente all'attività iure imperii (quella cioè che costituisce estrinsecazione delle funzioni pubbliche dello Stato), non anche per l'attività iure gestionis (cioè per l'attività privatistica dello Stato).

Affermata la natura relativa dell'immunità statale dalla cognizione, a lungo si è sostenuta la natura assoluta dell'immunità dall'esecuzione. Anche tale regola è stata tuttavia superata considerando che sarebbe inutile consentire la giurisdizione di cognizione nei confronti dello Stato, confermando poi l'immunità assoluta quanto all'esecuzione della sentenza (

Cass.

civ.

,

sez. U

.,

25 maggio

1989, n. 2502

).

L'immunità dall'esecuzione conserva tuttavia un ambito più ampio di quello dell'immunità dalla giurisdizione, poichè per negarla non basta un titolo esecutivo efficace nel territorio dello Stato del foro, ma è necessario anche che i beni investiti dal procedimento esecutivo non siano strumentali ad attività iure imperii dello Stato estero. Tale principio è stato affermato dalla Corte costituzionale già con la sentenza

Corte Cost.,

15 luglio 19

92, n. 329

resa con riferimento al R

.D.l. n. 1621/1925

(convertito nella

legge n. 1263/

1926

), che precludeva il compimento di atti conservativi o esecutivi su beni appartenenti ad uno Stato estero (che ammette la condizione di reciprocità) senza l'autorizzazione del Ministro di grazia e giustizia. Con tale decisione la Consulta ha ritenuto illegittima la norma censurata atteso che, alla luce dell'

art. 24 Cost.

e dei principi di uguaglianza e ragionevolezza, il diritto del singolo alla tutela giurisdizionale esige che l'esistenza delle condizioni dell'azione siano accertate dal giudice – e non dal Ministro - con le garanzie del procedimento giudiziario. Andando oltre i profili di illegittimità prospettati, la Corte ha inoltre ritenuto che, per effetto dell'

art. 10 Cost.

, nell'ordinamento interno fosse entrata la norma internazionale consuetudinaria per la quale i beni di Stati stranieri destinati all'esercizio di funzioni pubbliche sono immuni ex se da misure coercitive indipendentemente dalla condizione di reciprocità (prevista dall'allora vigente norma nazionale, ma non dall'

art. 10 Cost.

o dalla norma internazionale) ed ha quindi dichiarato tacitamente abrogato (per contrasto con la norma internazionale) il R

.D.l. 1621/

19

25

nella parte in cui prevedeva l'autorizzazione ministeriale per procedere ad esecuzione su beni riconducibili all'esecizio della sovranità statale.

Immunità dalla giurisdizione e diritti inviolabili

La portata della regola internazionale di natura consuetudinaria per la quale l'immunità dello Stato dalla giurisdizione opera con riferimento a tutte le attività iure imperii è stata di recente oggetto di un aspro scontro tra la Corte internazionale di giustizia e la Corte costituzionale italiana.

Adita dal governo tedesco a fronte delle decisioni italiane che, a partire da

Cass.

civ.,

11 marzo 2004, n. 5044

, sull'assunto della prevalenza dei diritti inviolabili della persona sull'immunità dalla giurisdizione civile straniera, avevano ravvisato la giurisdizione nazionale (anche con specifico riferimento all'iscrizione ipotecaria su Villa Vigoni, sede di un centro culturale italo-tedesco) in ordine alle domande di risarcimento del danno cagionato da crimini nazisti, la Corte internazionale di giustizia (sent. 3 febbraio 2012) ha condannato l'Italia per la violazione delle norma internazionale consuetudinaria che assicura l'immunità dello Stato dalla giurisdizione di altro Stato, escludendo l'attuale esistenza nella prassi internazionale di elementi sufficienti a fondare una deroga alla norma sull'immunità degli Stati dalla giurisdizione civile straniera per atti iure imperii (anche ove) lesivi di diritti inviolabili della persona.

A diversa conclusione è giunta invece la Corte costituzionale con la sentenza

Corte cost.,

22 ottobre 2014, n. 238

. Pur riconoscendo alla Corte dell'Aja la competenza esclusiva nell'interpretazione della norma internazionale, la Consulta ha escluso che, per effetto dell'

art. 10 Cost.

, possa entrare nell'ordinamento interno una norma internazionale consuetudinaria contrastante con i principi supremi dell'ordinamento quali il diritto di accesso al giudice (

art. 24 Cost.

) inscindibilmente collegato alla tutela dei diritti inviolabili dell'uomo (

art. 2 Cost.

). Tanto anche considerato che l'immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione italiana, pur consentita dagli

artt. 24

e

2 Cost.

, «

protegge la funzione, non anche comportamenti che non attengono all'esercizio tipico della potestà di governo, ma sono espressamente ritenuti e qualificati illegittimi, in quanto lesivi di diritti inviolabili

».

Fermo restando che, quanto alla giurisdizione esecutiva, l'immunità dello Stato straniero pare riproposta in termini sostanzialmente assoluti dalla

l. n. 162/2014

(sulla quale si tornerà), la generale questione del rapporto tra immunità dalla giurisdizione e diritti inviolabili è destinata a riproporsi, potendo nella sentenza

n. 238/2014 della Corte c

ostituzionale

italiana ravvisarsi un primo elemento idoneo al superamento della norma consuetudinaria ravvisata, allo stato, dalla Corte internazionale di giustizia.

Il regime giuridico dei beni dello stato estero

Alla luce del percorso giurisprudenziale sopra delineato risulta fondamentale, al fine di verificare l'assoggettabilità ad esecuzione del bene dello Stato straniero, valutare se il bene che si intende pignorare è strumentale all'esercizio di un potere sovrano da parte dello Stato-debitore.

Piena è l'immunità dall'esecuzione con riferimento ai beni (l

e stanze della missione – nell'accezione risultante dall'art. 1, lett. i della Convenzione -, la mobilia, gli altri oggetti che vi si trovano e i mezzi di trasporto della missione) elencati all'art. 22 della Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961 sulle relazioni diplomatiche (la quale, agli artt. 31 e 32, disciplina altresì l'immunità dell'agente diplomatico). Peraltro può essere decisivo valutare se la destinazione del bene a sede diplomatica fosse anteriore o successiva al pignoramento (arg. ex

Cass.

civ.,

29 gennaio 2010, n. 2014

).

Assai più complessa è la verifica del regime giuridico dei beni c.d. “a destinazione plurima”, tanto anche in considerazione dell'ampiezza delle funzioni della missione diplomatica, quali risultanti dall'art. 3 della Convenzione di Vienna. A questo proposito deve rilevarsi come il giudice dell'esecuzione, nel verificare la destinazione del bene, dovrà valorizzare le peculiarità del caso concreto.

Casistica

LA DESTINAZIONE DEL BENE DELLO STATO STRANIERO NELLA GIURISPRUDENZA

Sono pignorabili i beni contenuti negli spacci dell'esercito e dell'aviazione statunitensi destinati, previa vendita, al benessere del personale militare USA e dei relativi parenti, trattandosi di beni sottratti ad un'attuale e/o futura destinazione di carattere pubblicistico e soggetti invece ad un'attività di vendita a privati affinchè questi ne possano far uso comune nella vita privata (

T

rib

.

Pordenone, sent., 1 dicembre 2006

).

Beni contenuti negli spacci militari

È corretta la valutazione del giudice di merito che, rilevato che il pignoramento eseguito dal creditore aveva ad oggetto, inscindibilmente, somme depositate su un conto intestato alla Navy Reseace and Service Support alimentato solo in minima parte da rimesse provenienti da attività economiche e, in massima parte, da fondi governativi stanziati direttamente dal Congresso U.S.A. e non potendo escludere l'impiego dei depositi per far fronte ad esigenze connesse allo svolgimento dei compiti istituzionali, primari e pubblici della Navy Reseace, ha affermato esistente l'immunità dalla giurisdizione esecutiva italiana (

Cass.

civ.

, 12 gennaio 1996, n. 173

) .

Somme prevalentemente derivanti da fondi governativi stanziati dal Congresso USA

Considerato che l'organizzazione da parte di uno Stato straniero di una propria base militare (che ricomprende anche la difesa della sicurezza della base mediante la regolamentazione dell'accesso ad essa secondo criteri che non tollerano inframmettenze esterne) attiene all'esplicazione di potestà d'imperio, deve escludersi la giurisdizione del giudice italiano con riferimento all'azione, con connotazione spiccatamente esecutiva, proposta dal titolare di un esercizio commerciale e tesa alla reintegra nel possesso dei locali siti nella base militare e concessi in locazione dallo Stato straniero (

Cass.

civ.

, 19 marzo 1992, n. 3468

).

Locali siti nella base militare e concessi in dotazione allo Stato straniero

L'intestazione di un conto corrente ad un'Ambasciata non comporta, di per sé, che le somme sullo stesso depositate siano strettamente destinate a funzioni attinenti alla sovranità dello Stato estero, ma, solo, che si tratta di denaro a disposizione dell'Ambasciata.

«

Il deposito di somme presso un istituto di credito, infatti, rende le stesse oggetto di un mero rapporto di diritto privato la cui titolarità, nell'ipotesi di specie, compete all'Ente straniero quale portatore di una comune capacità giuridica: non traspare invero da esso alcuna esplicazione di sovranità, salvo che la si voglia ritenere esistente per definizione

»

(Trib. Roma, sent., 30 ottobre 1986).

Conti correnti intestati ad ambasciata

La Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni

Nella prospettiva della codificazione e dello sviluppo del diritto internazionale e dell'armonizzazione delle pratiche in materia di immunità giurisdizionali, il 2 dicembre 2004 è stata adottata la Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni (alla quale l'Italia ha aderito ai sensi della

l. n. 5/2013

). La Convenzione, destinata ad operare irretroattivamente (art. 4), con i limiti enunciati all'art. 3, codificando orientamenti già emersi in precedenza, prevede, per quanto qui interessa, una deroga all'immunità nei confronti delle misure coercitive anteriori (art. 18) e posteriori (art. 19) alla sentenza solo nel caso in cui lo Stato abbia espressamente accettato la deroga o abbia riservato o destinato beni all'adempimento della richiesta oggetto del procedimento o (ma tale deroga, prevista esclusivamente dall'art. 19, opera solo con riferimento alle misure coercitive successive alla sentenza), infine, nel caso in cui lo Stato abbia stabilito «che i beni sono specificamente utilizzati o destinati a essere utilizzati dallo Stato a scopi diversi da scopi di servizio pubblico non commerciali e sono situati sul territorio dello Stato del foro, a condizione che le misure coercitive posteriori alla sentenza riguardino soltanto beni che hanno un legame con l'ente contro il quale è stato promosso il procedimento». L'art. 21, infine, individua specifiche categorie di beni da considerare come destinati a scopi di servizio pubblico non commerciale e, quindi (visto anche il riferimento dell'art. 21 all'art. 19 lettera c), sottratti alla giurisdizione esecutiva straniera.

Essendo l'entrata in vigore della Convenzione in esame subordinata al deposito (non ancora avvenuto) del suo trentesimo strumento di ratifica (art. 30), dubbio risulta oggi il rango di tale testo normativo tra le fonti del diritto. Secondo la Corte internazionale di Giustizia (sent. 3 febbraio 2012) la Convenzione del 2004 non recepisce il diritto internazionale consuetudinario; di diverso avviso la Corte europea dei diritti dell'uomo (sent. 23 marzo 2010, Cudak c. Lituania e 18 gennaio 2011, Guadagnino c. Italia e Francia) e la Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. U., sent. 27 ottobre 2014).

Le somme depositate sui conti correnti delle rappresentanze diplomatiche e consolari

Allo scopo di limitare gli effetti della citata sentenza della

Corte costituzionale 22 ottobre 2014, n. 238

, la

legge n. 162/2014

, nel convertire il d.l. n. 132/2014, ha introdotto l'art. 19-bis che esclude l'assoggettabilità ad esecuzione forzata delle somme depositate dai soggetti di cui all'art. 21, comma 1, lett. a) della Convenzione delle Nazioni Unite del 2 dicembre 2004 (ambasciate, consolati, missioni speciali, missioni presso le organizzazioni internazionali o delegazioni dello Stato straniero nelle organizzazioni internazionali o nelle conferenze internazionali) su conti correnti bancari in relazione ai quali

il capo della rappresentanza, del posto consolare o il direttore, comunque denominato, dell'organizzazione internazionale in Italia, abbia - con atto preventivamente comunicato al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ed all'impresa autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria presso cui le somme sono depositate - dichiarato che il conto contiene esclusivamente somme destinate all'espletamento delle funzioni dei soggetti di cui all'art. 21, comma 1, lett. a) della Convenzione di New York.

Fermi i dubbi di legittimità costituzionale (con riferimento agli

artt. 2

e

24 Cost.

) del limite all'esecuzione che tale norma introduce con riferimento alle somme depositate sui conti correnti, deve qui osservarsi come il legislatore del 2014 ha, con il citato art. 19-bis, anticipato l'entrata in vigore della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni ed ha introdotto una presunzione (quasi) assoluta di destinazione dei beni ad attività iure imperii dello Stato straniero.

L'eventuale pignoramento delle somme è (per espressa previsione dello stesso art. 19-bis) affetto da nullità e (art. 19-bis, comma 3,

l. n. 162/2014

) non determina per il terzo l'insorgere degli obblighi che la legge impone al custode (

art. 546 c.p.c.

).

Violazione dell'immunità e rimedi esperibili

Ai sensi dell'

art. 11, l. n. 218/1995

il giudice è tenuto a rilevare d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo, il difetto di giurisdizione che sia conseguenza di una norma internazionale; nello stesso senso, l'art. 19-bis (con riferimento alle somme depositate su conti correnti bancari) prevede espressamente che la nullità del pignoramento eseguito in violazione della medesima norma è rilevabile d'ufficio.

Il difetto di giurisdizione potrà essere rilevato d'ufficio con riferimento a beni la cui destinazione ad attività iure imperii sia particolarmente evidente; non necessariamente accadrà altrettanto con riferimento ai beni a destinazione plurima, per i quali, a ben vedere, è fondamentale che l'interessato provveda ad allegare e provare la particolare destinazione del bene. Tanto farà, di regola, l'esecutato il quale dovrà proporre (entro la chiusura della procedura esecutiva e, quindi, in caso di espropriazione presso terzi, prima dell'ordinanza di assegnazione – tra le altre,

Cass.

civ.,

24 febbraio 2011, n. 4505

) opposizione ai sensi dell'

art. 615, comma

2, c.p.c.

(non anche regolamento di giurisdizione: da ultimo,

Cass.

civ., Sez.

U., 12 febbraio 1999, n. 53

) deducendo e provando i fatti dai quali deriva la non assoggettabilità ad esecuzione dei beni pignorati.

La destinazione del bene potrà tuttavia risultare anche dalla dichiarazione del terzo. In verità tale soggetto – che non è parte in senso stretto della procedura - non può proporre opposizione all'esecuzione (tra le altre,

Cass.

civ.,

6 luglio 2001, n. 9215

) anche ove intenda far valere l'esistenza di un vincolo di destinazione sul bene pignorato, atteso che tale questione attiene al rapporto tra creditore procedente e debitore esecutato (

Cass.

civ.,

18 febbraio 2014, n. 3790

); il terzo ha tuttavia un obbligo di collaborazione con l'autorità giudiziaria (oltre che, con riferimento alle somme depositate su conti correnti, l'interesse a prospettare la mancanza degli obblighi di custodia delle somme secondo quanto espressamente previsto dall'art. 19-bis, comma 3, l. n. 162/2014) sulla base del quale sarà tenuto a dare atto del vincolo di destinazione consentendo quindi al giudice dell'esecuzione di rilevare d'ufficio la questione della giurisdizione.

Investito della questione di giurisdizione (fatta valere dall'esecutato con l'opposizione o rilevata d'ufficio eventualmente anche alla luce della dichiarazione del terzo) il giudice dell'esecuzione dovrà compiere una valutazione che, alla luce degli elementi acquisiti, tenga adeguatamente in considerazione le peculiarità del caso concreto.

La valutazione giudiziale è, oggi, per la verità semplificata quanto alle somme depositate dai soggetti indicati dall'art. 19-bis, l. n. 162/2014 su conti correnti bancari e postali per le quali vige la segnalata presunzione di impignorabilità. Tale presunzione è destinata ad operare in presenza di una duplice comunicazione (al Ministero ed all'ente depositario) effettuata prima del pignoramento. In mancanza di tali comunicazioni (che dovranno essere provate dal soggetto interessato a conseguire gli effetti della impignorabilità) deve ritenersi esclusa l'operatività della presunzione, ma non, anche, la possibilità di provare (secondo quanto accadeva già prima della

l.

n.

162/2014

) la concreta destinazione delle somme ad attività iure imperii (con conseguente impignorabilità dei beni alla luce della norma consuetudinaria internazionale entrata nell'ordinamento interno attraverso l'

art. 10 Cost.

). Detta possibilità deve ritenersi operante, per effetto del meccanismo dell'

art. 10 Cost.

, anche nel caso in cui, effettuate le prescritte comunicazioni, siano eseguiti pagamenti per titoli diversi da quelli per i quali le somme sono vincolate (art. 19-bis, comma 2,

l. n. 162/2014

); la diversità del titolo non esclude, infatti, la possibilità di provare (con onere a carico del debitore) la ricorrenza comunque di una destinazione del bene tale da giustificare l'immunità.

Da ultimo occorre esaminare i rimedi esperibili a fronte della prospettata erronea applicazione del regime dell'immunità dalla giurisdizione esecutiva.

Il provvedimento con il quale il giudice, rilevata l'immunità dalla giurisdizione, rigetti l'istanza di assegnazione potrà essere dal procedente opposto ai sensi dell'

art. 617 c.p.c.

(tra le altre,

Cass.

civ.,

20 marzo 2006, n. 6083

). Analogo rimedio deve ritenersi esperibile anche da parte dell'esecutato (per l'ipotesi di ritenuta non operatività dell'immunità) atteso che pure in tale ipotesi trova applicazione il principio generale per il quale l

'opposizione agli atti esecutivi è lo strumento processuale con il quale è contestata la legittimità dell'azione esecutiva al fine di far rilevare i vizi formali degli atti compiuti o dei provvedimenti adottati nel corso del processo esecutivo, compresa l'ordinanza di assegnazione e che, una volta intervenuta l'assegnazione, la stessa normale opposizione alla pignorabilità deve ritenersi preclusa, pur non essendo soggetta ad un termine di decadenza (da ultimo,

Cass. civ.,

20 maggio 2015, n. 10243

).

Riferimenti

CONFORTI, Diritto internazionale, Napoli, 2006;

DE SENA, Diritto internazionale e immunità funzionale degli organi statali, Milano, 1996; NIGRO, Immunità degli Stati esteri e diritto di accesso al giudice: un nuovo approccio nel diritto internazionale?, Riv. dir. int., 3, 2013, 812 ss.;

PENASA, Le nuove limitazioni poste alla pignorabilità delle somme di denaro depositate presso i conti correnti bancari o postali dalle rappresentanze diplomatiche e consolari straniere, NLCC, 2015, 3, 459 ss.,

TANZI, L'immunità dalla giurisdizione degli agenti diplomatici, Padova, 1991.

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