Competenza per territorio

Cristina Asprella
02 Maggio 2017

I criteri di competenza territoriale sono indicati in via generale dagli artt. 18 ss. c.p.c. nonché da altre disposizioni speciali. In particolare, si individua un foro generale che per le persone fisiche è la residenza o domicilio del convenuto e se questi sono sconosciuti il luogo di dimora; per le persone giuridiche è il luogo in cui esse hanno la sede o uno stabilimento o un rappresentante autorizzato a stare in giudizio; vi sono poi fori speciali: sono utilizzabili solo per cause aventi determinati oggetti o soggetti.
Inquadramento

La competenza per territorio (riparto in senso orizzontale) si ha quando, individuato – tramite i criteri della materia e del valore – il tipo di ufficio cui proporre la domanda, si esamina quest'altro criterio. I criteri di competenza territoriale sono indicati in via generale dagli artt. 18 ss. c.p.c. nonché da altre disposizioni speciali.

In evidenza

  • Foro generale: per le persone fisiche residenza o domicilio del convenuto e se questi sono sconosciuti il luogo di dimora; per le persone giuridiche: luogo in cui esse hanno la sede o uno stabilimento o un rappresentante autorizzato a stare in giudizio.
  • Fori speciali: sono utilizzabili solo per cause aventi determinati oggetti o soggetti. Si distinguono a loro volta in fori speciali facoltativi ossia che concorrono con il foro generale (ad esempio la previsione dell'art. 20 c.p.c. nelle cause relative a diritti di obbligazione) e fori speciali esclusivi ossia che escludono il ricorso al foro generale e a qualunque foro speciale (ad esempio nelle cause relative a diritti reali su beni immobili ex art. 21 c.p.c.).
Foro generale delle persone fisiche

Le norme degli artt. 18 e 19 c.p.c., pongono i principi generali per determinare la competenza per territorio, ossia il luogo in cui il processo deve essere incardinato. Si tratta, in particolare, dei c.d. “fori generali” rispettivamente delle persone fisiche e delle persone giuridiche ed associazioni non riconosciute, che ha competenza rispetto ad ogni controversia salve specifiche disposizioni di legge che istituiscano un foro diverso, detto, per l'appunto, speciale in contrapposizione al foro generale.

Quanto alle persone fisiche, la norma attribuisce la competenza al giudice del luogo dove il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se essi sono sconosciuti, a quello del luogo della dimora; se poi il convenuto non ha nel territorio della repubblica né residenza né domicilio né dimora, ovvero quest'ultima è sconosciuta, la competenza spetta al giudice del luogo di residenza dell'attore.

Sicché la previsione dell'art. 18 c.p.c. istituisce due fori alternativi, che l'attore può scegliere liberamente e che sono individuati nella residenza e nel domicilio, per le cui nozioni bisogna far riferimento alla disciplina codicistica sostanziale. Invece la competenza determinata dalla dimora è consentita solo in via sussidiaria, allorché sia impossibile, con ordinari mezzi di ricerca, reperire la residenza o il domicilio del convenuto; a questa ipotesi è equiparata quella del convenuto residente all'estero.

Foro generale delle persone giuridiche

Se l'art. 18 c.p.c. ha il compito di individuare il foro generale delle persone fisiche, all'articolo in commento spetta il compito di determinarlo per le persone giuridiche e per le associazioni non riconosciute, fatta salva qualsiasi altra disposizione di legge. In particolare la norma, per le cause in cui sia convenuta una persona giuridica, assegna la competenza al giudice del luogo ove la persona stessa ha sede. Istituisce, poi, una competenza alternativa assegnata al giudice del luogo ove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l'oggetto della domanda. E poiché l'art. 46, secondo comma, c.c. dispone che, qualora vi sia differenza tra sede legale e sede effettiva, i terzi possono considerare sede della persona giuridica «anche» la sede effettiva, si è giustamente rilevato che i possibili fori competenti sono in realtà tre, perché l'attore, nell'ipotesi di divergenza, potrà senz'altro scegliere tra il giudice della sede formale e quello della sede effettiva. Per stabilimento s'intende comunemente una sede secondaria, purché effettivamente esistente, ed anche se relativa ad un solo rapporto; ma la controversia può radicarsi nel foro della sede institoria soltanto se rientra nell'ambito dei poteri rappresentativi del preposto.

Il secondo comma della norma affronta il problema della determinazione del giudice competente per le società senza personalità giuridica, le associazioni non riconosciute e i comitati, istituendo una finzione giuridica, ossia parificando il luogo in cui tali enti svolgono attività in modo continuativo alla nozione legale di “sede”. Anche questi enti possono avere una sede legale, risultante dall'atto costitutivo o dal registro delle imprese (per le società in nome collettivo o in accomandita semplice); in questo caso l'attore avrà la stessa possibilità di scelta di cui al primo comma, tra adire il giudice della sede formale e quello della sede effettiva. talché si riproduce la possibilità di scelta, da parte dell'attore, fra sede legale e sede effettiva; questi enti possono altresì avere una sede secondaria e un rappresentante con poteri processuali, nel qual caso l'attore avrà nuovamente l'alternativa di scelta della competenza territoriale institoria già considerata per gli enti dotati di personalità giuridica. Per le persone giuridiche che hanno sede sconosciuta o all'estero si ritiene analogicamente applicabile l'art. 18, comma 2, c.p.c., che fissa la competenza in relazione alla residenza dell'attore.

I fori individuati dall'art. 19 c.p.c. sono concorrenti tra di loro e che allo Stato, la persona giuridica pubblica per eccellenza, si applica non già la previsione dell'art. 19 c.p.c. bensì quella dell'art. 25 c.p.c. sul c.d. foro erariale

La norma riguarda sia le persone giuridiche di diritto pubblico, tranne, come detto, lo Stato, sia quelle di diritto privato: a titolo esemplificativo le associazioni riconosciute, le società, i comitati, le fondazioni, le cooperative; sia le persone giuridiche italiane che quelle straniere, nei limiti ovviamente in cui sussiste la giurisdizione italiana nei confronti dello straniero e salvo il rispetto dei relativi criteri di collegamento.

Foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione

Ai sensi dell'art. 20 c.p.c. per le cause relative a diritti di obbligazione si prevedono due fori facoltativi e alternativi; quello del luogo in cui è sorta l'obbligazione e quello del luogo in cui l'obbligazione deve essere eseguita. E' un criterio di attribuzione della competenza collegato, appunto, al luogo in cui è sorto il rapporto obbligatorio o in cui esso deve essere eseguito e, pertanto, ad un parametro oggettivo. La facoltatività dei due fori è evidente; la rubrica dell'articolo parla, infatti, testualmente, di “foro facoltativo”; il testo fa riferimento al giudice “anche competente”.

Tali fori concorrono fra di loro e con il foro generale ex artt. 18 e 19 (Cass. 4 dicembre 1992, n. 12920); nonché, secondo parte della dottrina, con gli altri fori speciali di cui agli artt. 22 e ss. c.p.c., con la conseguenza che il convenuto in una causa di responsabilità contrattuale o aquiliana, qualora intenda eccepire l'incompetenza per territorio del giudice adito, ha, secondo la giurisprudenza, l'onere di contestare la competenza del giudice adito con riferimento ad entrambi i criteri di collegamento previsti dalla norma (Cass. 10 settembre 2007, n. 19012; Cass. 29 marzo 2005, n. 6626). In realtà, a parere della dominante giurisprudenza, la norma non potrebbe concorrere con il foro previsto dall'art. 23 c.p.c. atteso il carattere esclusivo di quest'ultimo che lo porta a prevalere sul foro generale e lo rende insuscettibile di deroga a favore dei fori alternativi rimessi alla scelta dell'attore (Cass., sez. un., 18 settembre 2006, n. 20076). Si è anche affermato che in tema di eccezione di incompetenza per territorio, il principio della necessità di contestazione di tutti i fori alternativamente concorrenti non opera in presenza di un foro esclusivo qual è quello stabilito dall'art. 22 c.p.c. per le cause ereditarie (Cass. 27 gennaio 2003, n. 1213).

La norma, ponendo un principio di carattere generale, è derogata dalle previsioni dei fori speciali per certi tipi di obbligazione; ad es. rapporti di lavoro (Cass. 9 febbraio 2009, n. 3117), rapporto di locazione, comodato e affitto di azienda; il foro del consumatore (Cass., sez. un., 1° ottobre 2003, n. 14669); per le amministrazioni dello stato il foro c.d. erariale.

Secondo parte della dottrina la norma costituirebbe una sorta di bilanciamento con il generale favor per il convenuto, che ispira le norme sui fori generali; sicché si introdurrebbe, nel caso di specie, una previsione di favore per l'attore che potrebbe scegliere tra i due fori da essa individuati.

In ogni caso ai fini dell'applicabilità della norma non è necessario il concorso di entrambi i criteri ivi previsti, ossia del forum contractus e del forum destinatae solutionis, essendo sufficiente la ricorrenza di uno solo di essi, in base al quale possa facoltativamente radicarsi la competenza del giudice adito (Cass. 5 giugno 1984, n. 3404).

Per approfondimenti si rinvia alle Bussole su forum contractus e forum destinatae solutionis.

Foro per le cause relative a diritti reali e ad azioni possessorie

Ai sensi dell'art. 21, primo comma, c.p.c., per le cause relative ai diritti reali su beni immobili, per quelle relative ad apposizione di termini e all'osservanza delle distanze nel piantamento di alberi o siepi o per le cause di sfratto per finita mezzadria e affitto a coltivatore diretto, come per quelle di finita locazione, è competente il giudice del luogo in cui si trova l'immobile; mentre per le azioni possessorie e nunciatorie è competente il giudice del luogo in cui è avvenuto il fatto denunciato.

La norma istituisce in sostanza due tipi distinti di competenza: quella per le cause relative a diritti immobiliari, apposizione di termini e distanze in piantamenti, che è una competenza esclusiva ma derogabile, e quella per le altre controversie sopra menzionate che godono del regime dell'inderogabilità della competenza fissata dall'art. 28 c.p.c..

L'ultima parte del primo comma della norma stabilisce che quando l'immobile è compreso in più circoscrizioni giudiziarie, è competente il giudice di quella fra esse in cui si trova la parte d'immobile soggetta a maggior tributo verso lo Stato, mentre quando non è soggetto a tributo, lo è ogni giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell'immobile. Abolito il tributo verso lo Stato cui fa riferimento la previsione, la norma non ha alcuna applicabilità in parte qua.

Infine la norma stabilisce che per le azioni possessorie e per la denuncia di nuova opera di danno temuto è competente il giudice del luogo in cui è avvenuto il fatto denunciato. Essa non regola espressamente il caso della pluralità di circoscrizioni rispetto al luogo del fatto denunciato ma anche qui potrebbe ricorrere lo stesso problema, come avviene nel caso di spoglio di un immobile compreso in più circoscrizioni giudiziarie. In questo caso si dovrebbe applicare analogicamente, la regola dell'art. 15, comma 1, c.p.c..

Sul punto si rinvia per approfondimenti alla Bussola su Foro delle cause relative a beni immobili (in fase di pubblicazione).

Foro per le cause ereditarie

Per le cause relative a petizione o divisione di eredità e per qualunque altra causa fra coeredi fino alla divisione, per quelle relative alla rescissione della divisione ed alla garanzia delle quote proposte entro un biennio dalla divisione medesima, per le controversie concernenti crediti verso il defunto o legati dovuti dall'erede, iniziate prima della divisione ma non oltre due anni dall'aperta successione, e per quelle, proposte entro questo stesso termine, contro l'esecutore testamentario, la norma prevede la competenza del giudice del luogo in cui la successione si è aperta. Se la successione si è aperta fuori della repubblica, la competenza spetta al giudice del luogo in cui si trova la parte maggiore dei beni posti nel territorio nazionale: in mancanza di tali beni, si ricorre al foro generale del convenuto o di uno dei convenuti.

Per approfondimenti si rinvia alla Bussola su Foro per le cause ereditarie (in fase di pubblicazione).

Foro per le cause condominiali

L'art. 23 c.p.c. si occupa della determinazione della competenza territoriale rispetto a due ipotesi diverse, le cause tra soci e le cause condominiali. Ai sensi della norma rispetto alle cause tra soci la competenza è assegnata al giudice del luogo ove la società ha la sede, sino ad un biennio dal suo scioglimento, mentre per le cause condominiali la competenza spetta al giudice del luogo ove sono i beni comuni o la loro maggior parte, sempre con lo stesso limite temporale. La disposizione detta un criterio di competenza esclusivo ma comunque derogabile che, tuttavia, non concerne le cause tra la società o i soci e i terzi, né le controversie tra condomini e terzi. La competenza di cui all'articolo citato si estende anche alle società di fatto, alle associazioni non riconosciute e ai comitati, ma non alle associazioni in partecipazione.

Per approfondimenti si rinvia alla Bussola su Foro per le cause condominiali (in fase di pubblicazione).

Foro per la cause relative alle gestioni tutelari e patrimoniali

La norma dell'art. 24 c.p.c. individua il foro competente per le cause relative alle gestioni tutelari e patrimoniali nel giudice del luogo di esercizio della tutela o dell'amministrazione stessa, c.d. forum gestae administrationis. Secondo la dottrina prevalente si tratta di un foro esclusivo ma derogabile.

Mentre a norma dell'art. 23, in tema di forum societatis e forum condominii, la norma espressamente pone il limite di un biennio dallo scioglimento o dalla divisione, la competenza prevista dall'articolo in commento non ha limiti di durata, tranne quelli afferenti al diritto sostanziale e alla proponibilità dell'azione. L'oggetto è individuato nelle “cause relative alla gestione di una tutela o di un'amministrazione patrimoniale conferita per legge o per provvedimento dell'autorità”. Deve, quindi, trattarsi di cause relative alla gestione di beni altrui o di tutela dell'altrui persona, che non derivino dalla volontà della parte ma dalla legge o da un provvedimento amministrativo e, in particolare, della tutela dei minori ex artt. 343 e ss. c.c.; della tutela degli interdetti ex art. 424 c.c.; delle amministrazioni attribuite per legge relative ai beni dell'assente ex art. 52 c.c.; del fondo patrimoniale dei coniugi ex art. 168 c.c.; dell'amministrazione dei beni della comunione ex artt. 180 e 182 c.c.; dell'eredità giacente ex art. 528 c.c. e dell'eredità nei casi previsti dall'art. 641 c.c. Vanno quindi escluse le amministrazioni regionali e, dal punto di vista oggettivo, le controversie che non riguardano il rapporto tra amministratore e amministrato, bensì tra amministratori e terzi. Inoltre non vi rientrano le azioni di responsabilità degli amministratori e del personale di comuni e province, in quanto devolute alla giurisdizione del giudice contabile.

Per approfondimenti si rinvia alla Bussola su Foro per le cause relative alle gestioni tutelari e patrimoniali.

Foro della pubblica amministrazione

Per le cause in cui è parte un'amministrazione dello Stato, ai sensi dell'art. 25 c.p.c., è competente, sulla base delle leggi speciali che regolano la rappresentanza e la difesa in giudizio dello Stato stesso, il giudice del luogo ove ha sede l'ufficio dell'avvocatura dello stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie. Mentre quando l'amministrazione dello stato è attrice il giudice competente si determina secondo le regole ordinarie, invece, quando l'amministrazione è convenuta, questo distretto si determina con riferimento al giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione, o in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della domanda. La regola del c.d. foro erariale, specificata dall'articolo in commento, istituisce una competenza funzionale e inderogabile, a tutto vantaggio delle amministrazioni dello stato, e determina una deroga generale, anche se non assoluta, alle regole ordinarie sulla competenza per territorio. Si tratta, pertanto, di un foro speciale fondato su di un criterio soggettivo e contenente una regola di favore per l'amministrazione dello Stato; l'art. 25 c.p.c. è, pertanto, norma relativa alla difesa e rappresentanza dello Stato in giudizio e in questo senso va coordinata con le disposizioni di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 relativo anch'esso alla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio. In particolare, l'art. 6 del citato decreto, stabilisce che, salva la disposizione dell'art. successivo, “la competenza per cause nelle quali è parte una Amministrazione dello Stato, anche nel caso di più convenuti ai sensi dell'art. 98 c.p.c. (attuale art. 33 c.p.c.), spetta al Tribunale o alla Corte di appello del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il Tribunale o la Corte d'appello che sarebbe competente secondo le norme ordinarie”; a sua volta l'art. 7 dello stesso decreto prevede che “Le norme ordinarie di competenza rimangono ferme, anche quando sia in causa un'Amministrazione dello Stato, per i giudizi innanzi ai Pretori ed ai Conciliatori, nonché per i giudizi relativi ai procedimenti esecutivi e fallimentari e a quelli di cui agli artt. 873 del codice di commercio e 94 del codice di procedura civile (ora, rispettivamente art. 590 codice navigazione 1942 e art. 22 c.p.c. 1942). Rimangono ferme inoltre nei casi di volontario intervento in causa di una Amministrazione dello Stato e nei giudizi di opposizione di terzo”.

Sicché dal combinato disposto degli artt. 25 c.p.c. e art. 6 r.d. 1611/1933 deriva la regola che, quando lo Stato è parte di un giudizio davanti al Tribunale o alla Corte d'Appello, è necessario preliminarmente individuare quale sarebbe il giudice territorialmente competente secondo le regole ordinarie e, poi, individuare in quale distretto dell'avvocatura dello Stato ha sede quel giudice. A questo punto si può individuare il giudice funzionalmente competente ai sensi dell'art. 25 in commento che è quello che ha sede nel distretto dell'avvocatura dello Stato così determinato. L'appello contro le sentenze dei pretori o dei tribunali pronunciate in tali giudizi va però proposto avanti al tribunale o alla Corte del luogo in cui ha sede l'Avvocatura dello Stato nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza impugnata. Lo stesso t.u. aggiunge poi, all'art. 8, allargando le fattispecie regolate dal codice, che la competenza sulle controversie riguardanti le tasse e soprattasse, anche se insorte in sede di esecuzione, spetta in prima istanza, quando sia parte un'Amministrazione dello Stato, al tribunale del luogo ove ha sede l'avvocatura nel cui distretto si trova l'ufficio che ha liquidato la tassa e soprattassa in contestazione.

Per approfondimenti si rinvia alla Bussola sul Foro erariale (in fase di pubblicazione)

Foro dell'esecuzione forzata

Ai sensi dell'art. 26, primo comma, c.p.c., per l'esecuzione forzata su cose mobili o immobili è competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano. Se le cose immobili soggette all'esecuzione non sono interamente ricomprese nella circoscrizione di un solo tribunale, si applica l'art. 21 c.p.c.

L'originario secondo comma della disposizione, che regolamentava la competenza per l'espropriazione forzata dei crediti, è stato abrogato dall'art. 19, primo comma, lett. a) del d.l. 12 settembre 2014, n. 132 che ha disciplinato tale competenza al nuovo art. 26-bis c.p.c.

La legge 10 novembre 2014 n. 162, di conversione dello stesso d.l. ha inserito nella norma il vigente secondo comma secondo cui per l'esecuzione forzata su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

Infine, l'art. 26, all'ultimo comma, stabilisce che per l'esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare la competenza spetta al giudice del luogo ove l'obbligo deve essere adempiuto e, pertanto, del luogo in cui materialmente si svolge l'attività necessaria per tale adempimento.

Per approfondimenti si rinvia alla Bussola sul Foro dell'esecuzione forzata (in fase di pubblicazione).

Foro relativo all'espropriazione forzata dei crediti

A norma dell'art. 26-bis c.p.c., introdotto dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, per l'espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora, o la sede; in precedenza l'art. 26, secondo comma, c.p.c., ora abrogato, prevedeva la competenza del giudice del luogo di residenza del terzo debitore.

Questa regola che ormai può dirsi generale viene derogata solo in base al primo comma del nuovo art. 26-bis c.p.c. a norma del quale, quando il debitore esecutato sia una delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 413 c.p.c., quarto comma, la competenza per l'espropriazione forzata dei crediti rimane radicata, come era in precedenza, nel luogo in cui il terzo debitore ha la residenza, il domicilio o la sede.

Per approfondimenti si rinvia alla Bussola sul Foro relativo all'espropriazione forzata di crediti (in fase di pubblicazione).

Foro relativo alle opposizione all'esecuzione

La norma dell'art. 27 c.p.c. pone un foro inderogabile per le cause di opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. e per le cause di opposizione di terzo all'esecuzione ex art. 619 c.p.c. L'inderogabilità del foro risulta dalla espressa inclusione delle cause in parola nel successivo art. 28 relativo proprio alla deroga della competenza territoriale ed alle ipotesi di inderogabilità di essa (Cass. 12 agosto 1997, n. 7505). Per le cause di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. la norma prevede, al secondo comma, la competenza del giudice davanti al quale si svolge l'esecuzione. Trattandosi di foro inderogabile, non è suscettibile quindi, di spostamento per connessione (Cass. 23 febbraio 1983 n. 1410; Cass. 15 ottobre 1990 n. 10083; Cass. 12 agosto 1997 n. 7505). L'unica deroga è prevista con l'espresso richiamo dell'art. 480, terzo comma, c.p.c. che, con riferimento al precetto, impone che esso contenga la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione; questo requisito, come è noto, vale a individuare il giudice competente a conoscere delle opposizioni contro il precetto proposte prima dell'inizio del procedimento esecutivo: se l'istante adempie all'onere in questione, le opposizioni vanno proposte al giudice del luogo di residenza o domicilio; se non adempie si considera foro sussidiario del luogo della notifica del precetto (Cass. 17 marzo 1998, n. 2846; Cass. 5 febbraio 1992, n. 1229; Cass. 11 maggio 1989, n. 2151).

Va precisato che nelle controversie individuali di lavoro e in quelle in materia di previdenza e assistenza obbligatorie la competenza territoriale per decidere sull'opposizione all'esecuzione proposta prima dell'inizio dell'esecuzione stessa ai sensi dell'art. 615, primo comma c.p.c., deve essere determinata in base alla norma dell'art. 413, secondo comma, ossia il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto di lavoro o si trova l'azienda o una dipendenza a cui è addetto il lavoratore o presso la quale lo stesso presta la sua opera alla fine del rapporto: ciò perché l'art. 618 bis, comma 1, c.p.c., rinvia alle norme previste per le controversie individuali di lavoro, e non prevede una riserva di competenza a favore del giudice dell'esecuzione, come invece dispone il secondo comma dello stesso art. 618 bis per l'opposizione all'esecuzione già iniziata, e per l'opposizione agli atti esecutivi (Cass., sez. un., 18 gennaio 2005, n. 841).

Per approfondimenti si rinvia alla Bussola sul Foro per le cause di opposizione all'esecuzione forzata (in fase di pubblicazione).

Foro stabilito per accordo delle parti

Su questo foro si rinvia alla Bussola su Inderogabilità convenzionale della competenza (in fase di pubblicazione).

Riferimenti
  • Levoni, Competenza nel diritto processuale civile, in Digesto civ., vol. III, Torino, 1988, 125 e ss.;
  • Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino, 2009, 265;
  • Segré, Della competenza per territorio, in Comm. c.p.c. Allorio, I, 1, Torino, 1973, 260 e ss.;
  • Gionfrida, Competenza civile, in Enc. del Dir., VIII, Milano, 1961, 73 e ss.;
  • Acone, Santulli, Competenza. II) Diritto processuale civile, in Enc. Giur., vol. VII, Roma, 1988, 37 e ss.;
  • Andrioli, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1957, I, 89 e ss.;
  • Satta, Commentario al codice di procedura civile, I, Milano, 1965, 123 e ss.;
  • Tedeschi, Domicilio, residenza e dimora, in Noviss. Dig. It., IV, Torino, 1967, 189 e ss.;
  • Forchielli, Domicilio, residenza e dimora (dir. priv.), in Enc. del dir., XIII, Milano, 1964;
  • Asprella, sub art. 18 e ss., in Commentario del codice di procedura civile, a cura di Comoglio, Consolo, Sassani, Vaccarella, Torino, 2012, 332 e ss.
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