Spese (nel procedimento cautelare)

30 Agosto 2016

Di significativo interesse anche sotto il profilo pratico è la disciplina dettata in tema di spese nel procedimento cautelare avendo riguardo agli artt. 669-bis e ss. c.p.c.
Inquadramento

Di significativo interesse anche sotto il profilo pratico è la disciplina dettata in tema di spese nel procedimento cautelare avendo riguardo agli artt. 669-bis e ss. c.p.c., sia con riferimento all'evoluzione della giurisprudenza sulla questione, sia ai mutamenti normativi intervenuti a partire dalla l. 18 maggio 2005 n. 80 e completati con la l. 18 giugno 2009 n. 69 sulla stessa.

Come sarà evidenziato più compiutamente, il principio generale sancito dall'art. 91 c.p.c., quanto al dovere del giudice di pronunciarsi sulle spese mediante ogni provvedimento potenzialmente conclusivo del giudizio, costituisce per diversi aspetti il fondamento della disciplina che si andrà ad esaminare.

Ricorso cautelare proposto in corso di causa

In applicazione della regola generale di cui all'art. 91 c.p.c., quando viene proposto un ricorso cautelare in corso di causa, la regolamentazione delle spese della fase cautelare deve essere rinviata alla sentenza che definisce il giudizio di merito nell'ambito del quale è stata formulata la domanda cautelare (cfr. Trib. Palermo 26 aprile 2004, in Giur. Merito, 2005, 68). La stessa Corte di Cassazione, ha confermato il principio per il quale il provvedimento cautelare chiesto in corso di causa dà vita ad un sub-procedimento incidentale, come tale privo di autonomia rispetto alla causa di merito, sicché la regolamentazione delle spese processuali di detto sub-procedimento non può che essere disposta, al pari di quella relativa alle spese che si sostengono nel procedimento principale, con il provvedimento che chiude quest'ultimo (Cass. civ., 11 febbraio 2011, n. 3436).

Provvedimento di rigetto del ricorso ante litem

Nel sistema originario delle norme sul procedimento cautelare uniforme l'operare del principio di strumentalità, anche sotto il profilo strutturale, tra giudizio cautelare e giudizio di merito comportava la necessità per il giudice della cautela adito con ricorso ante litem di statuire sulle spese esclusivamente nell'ipotesi di rigetto dello stesso. È opportuno ricordare, a tal proposito, che nel sistema previgente, emanato un provvedimento cautelare ante causam, la parte beneficiaria aveva in ogni caso l'onere di instaurare il giudizio di merito entro il termine previsto dal primo co. dello stesso art. 669-octies c.p.c., onde evitare l'inefficacia del provvedimento adottato a proprio favore. La strumentalità tra tutela cautelare e tutela di merito era difatti intesa in una prospettiva, anche strutturale, implicante la sussistenza di raccordi procedimentali tra i due giudizi e non già nell'accezione eminentemente funzionale della finalizzazione della pronuncia cautelare ad assicurare, prescindendo dall'esistenza di siffatti raccordi, l'effettività della tutela resa all'esito del giudizio di merito.

Pertanto, il comma 2 dell'art. 669-septiesc.p.c. stabilisce che il giudice della cautela, quando emana un provvedimento di rigetto o di incompetenza dell'istanza cautelare proposta ante causam, deve provvedere definitivamente sulle spese del procedimento.

La richiamata previsione normativa, introdotta mediante la l. 26 novembre 1990 n. 353 sul procedimento cautelare uniforme, codifica in realtà una prassi giurisprudenziale inaugurata già prima dell'emanazione della stessa nell'ambito delle regole del procedimento cautelare uniforme. Infatti, risolvendo il contrasto invalso nella precedente giurisprudenza di legittimità circa l'ambito applicativo della regola posta dall'art. 91 c.p.c. , secondo il quale il giudice con la sentenza che chiude il processo condanna la parte soccombente al rimborso delle spese, con la pronuncia n. 2021 del 1989, le Sezioni Unite della S.C. avevano chiarito, già prima dell'emanazione delle norme sul procedimento cautelare uniforme, che l'art. 91 c.p.c. trova applicazione con riguardo ad ogni provvedimento, ancorché reso in forma di ordinanza o decreto, che, nel risolvere contrapposte posizioni, elimini il procedimento davanti al giudice che lo emette, quando, in coerenza con il principio di economia dei giudizi, si renda necessario ristorare la parte vittoriosa dagli oneri inerenti al dispendio di attività processuale legata da nesso causale con l'iniziativa dell'avversario (Cass. civ., sez. un., 28 aprile 1989 n. 2021, in Nuova giur. civ. comm., 1990, I, 278, con nota di DELLA VEDOVA).

La ratio dell'art. 669-septies c.p.c. è evitare che la parte sia costretta ad instaurare un giudizio autonomo esclusivamente volto ad ottenere la liquidazione delle spese del procedimento cautelare.

Pronuncia di accoglimento del ricorso ante causam

Nell'assetto delineato originariamente dalle norme sul procedimento cautelare uniforme, nell'ipotesi di accoglimento del ricorso cautelare proposto ante causam, la decisione sulle spese processuali veniva rinviata alla conclusione del giudizio di merito che doveva essere instaurato in ogni caso dalla parte interessata allo scopo di evitare l'inefficacia del provvedimento cautelare.

Peraltro, l'art. 669-octies, comma 6,c.p.c., introdotto dalla l. 14 maggio 2005, n. 80, è intervenuto significativamente sulla materia sancendo l'idoneità dei provvedimenti d'urgenza, di quelli resi ai sensi dell'art. 688 c.p.c a seguito di un ricorso di denuncia di nuova opera e di danno temuto nonché delle altre misure cautelari anticipatorie del contenuto della decisione di merito pronunciate ante litem a restare efficaci ex se indipendentemente dall'introduzione entro un determinato termine del giudizio di merito.

Poiché per siffatte misure, invero, l'instaurazione del processo di merito è divenuta soltanto eventuale, sarebbe logico inferirne il dovere del giudice della cautela, ogni qual volta accoglie il ricorso proposto dinanzi a sé, di pronunciarsi sulle spese.

Tuttavia, nonostante l'importante riforma introdotta in tema di strumentalità tra processo cautelare e processo di merito, il legislatore, nell'ambito dell'intervento operato in parte qua sull'art. 669-octies c.p.c. dalla l. 14 maggio 2005, n. 80, era rimasto silente in ordine alla sussistenza di un dovere del giudice che emana ante causam un provvedimento cautelare di natura anticipatoria di condannare la parte soccombente alle spese del procedimento, in contrasto con l'autonomia delle misure cautelari a strumentalità attenuata che possono restare indefinitamente efficaci a prescindere dalla instaurazione del giudizio di merito talché sovente le stesse costituiscono proprio la «pronuncia conclusiva del procedimento» avvenuta la quale, la consolidata interpretazione dell'art. 91 c.p.c., sorge il dovere del giudice di pronunciare sulle spese.

La questione è stata risolta dal legislatore che, mediante la l. 18 giugno 2009 n. 69, ha stabilito che dopo il comma 6 dell'art. 669-octies c.p.c. è inserita la norma secondo cui il giudice quando emette uno dei provvedimenti di cui al sesto comma (ossia le misure cautelari c.d. a strumentalità attenuata) prima dell'inizio della causa di merito provvede sulle spese del procedimento cautelare. Pertanto il legislatore ha espressamente confermato, in armonia con i principi generali che governano il dovere del giudice di condannare una delle parti alle spese all'esito del giudizio, l'attività interpretativa già compiuta sulla questione dalla dottrina e dalla giurisprudenza, sancendo espressamente l'obbligo del giudice che emana prima dell'instaurazione del giudizio di merito una misura cautelare anticipatoria di provvedere sulle spese del procedimento. Tale intervento normativo non appare del resto privo di rilevanza pratica nonostante il richiamato intervento della Corte Costituzionale sulla questione, poiché la stessa si era pronunciata mediante una decisione interpretativa di rigetto, di portata come noto non vincolante per i giudici dell'ordinamento a differenza delle sentenze di accoglimento emanate dalla medesima Corte Costituzionale che vanno direttamente ed immediatamente ad incidere sul contenuto di una disposizione normativa.

In giurisprudenza si è peraltro precisato che all'accoglimento di una domanda cautelare ex art. 700 c.p.c., non può fare seguito una fase di merito avente ad oggetto esclusivamente le spese della suddetta fase, potendo esclusivamente il giudice della cautela pronunciarsi su dette spese, e potendo quindi a propria volta la parte proporre una richiesta del genere soltanto in tale sede, eventualmente anche a mezzo di reclamo (Trib. Genova, sez. II, 18 dicembre 2009).

Rimedi avverso la statuizione sulle spese

Mediante la l. 18 giugno 2009 n. 69 il legislatore è inoltre intervenuto sotto un profilo più generale in tema di spese del procedimento cautelare sostituendo il comma 3 dell'art. 669-septies c.p.c., con la previsione secondo la quale «la condanna alle spese è immediatamente esecutiva» e quindi abrogando quella parte della medesima disposizione secondo cui detta condanna era opponibile «ai sensi degli artt. 645 c.p.c. e seguenti in quanto applicabili, nel termine perentorio di venti giorni dalla pronuncia dell'ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione».

Invero, originariamente il reclamo cautelare, introdotto con l'art. 669-terdecies c.p.c. dalla l. 26 novembre 1990, n. 353, non era esperibile anche avverso i provvedimenti di rigetto dei ricorsi cautelari, a fronte della pronuncia dei quali l'unica possibilità lasciata alla parte interessata era pertanto quella di riproporre la domanda cautelare qualora ricorressero i presupposti di cui all'art. 669-septies c.p.c., ovvero nuove ragioni di fatto e di diritto. In assenza di un rimedio impugnatorio per contestare i provvedimenti di rigetto dell'istanza cautelare, il legislatore aveva tuttavia contestualmente previsto, al comma 3 dell'art. 669-septies c.p.c., la possibilità per la parte interessata di contestare le statuizioni sulle spese del procedimento ai sensi degli artt. 645 e ss. c.p.c. in tema di opposizione a decreto ingiuntivo.

Significativi problemi interpretativi in ordine al rimedio esperibile avverso le decisioni sulle spese pronunciate al termine del procedimento cautelare ante causam conclusosi con una decisione di rigetto, si erano peraltro posti negli anni immediatamente successivi all'entrata in vigore delle norme sul procedimento cautelare uniforme quando, mediante un'opportuna pronuncia additiva della Corte Costituzionale, il rimedio del reclamo cautelare era stato esteso anche ai provvedimenti di rigetto del ricorso, dichiarando costituzionalmente illegittimo il comma 1 dell'art. 669-terdecies c.p.c. nella parte in cui non consentiva di proporre reclamo avverso il provvedimento di rigetto della domanda cautelare, sussistendo un contrasto di tale disposizione con gli artt. 3 e 24 Cost., stante l'irragionevole disparità di trattamento delle parti del procedimento cautelare rispetto ai rimedi esperibili dalle stesse a fronte dell'emanazione della pronuncia cautelare (C. Cost. 23 giugno 1994 n. 253, in Giust. Civ., 1994, I, 2087). Con specifico riguardo alla problematica di interesse in questa sede tale pronuncia aveva infatti determinato l'esperibilità, in astratto, sia dell'opposizione ex art. 645 c.p.c. sia del reclamo cautelare avverso le statuizioni sulle spese rese in sede cautelare. La questione relativa al concorso tra siffatti rimedi è apparsa agli interpreti particolarmente complessa da risolvere soprattutto nelle ipotesi di impugnazione avente ad oggetto esclusivamente il capo sulle spese, poiché, chiaramente, se viene proposto reclamo anche per contestare le ragioni del rigetto del ricorso, dovrà essere proposto, rispetto ad entrambe le doglianze, il reclamo cautelare.

In accordo con un primo orientamento, in omaggio al principio di economia processuale, che ha peculiare valenza proprio in materia cautelare, l'opposizione ex art. 645 c.p.c. doveva considerarsi in ogni caso immediatamente proponibile nell'ipotesi in cui il soccombente volesse contestare la statuizione del giudice della cautela con esclusivo riguardo al capo sulle spese di lite (GUAGLIONE).

Secondo una diversa tesi, invece, il rimedio esperibile in prima battuta, anche soltanto per dolersi della statuizione sulle spese, sarebbe costituito dal reclamo cautelare, con la conseguenza che i termini per la proposizione dell'opposizione ex art. 669-septies, comma 3, c.p.c., dovrebbero iniziare a decorrere soltanto dalla conclusione del procedimento di reclamo ovvero, qualora lo stesso non fosse stato proposto, dal decorso dei termini per la proposizione dello stesso (MERLIN).

Quest'ultima soluzione è stata condivisa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali, chiamate specificamente a pronunciarsi in ordine all'ammissibilità della compensazione delle spese da parte del giudice della cautela, avevano anche colto l'occasione per precisare la portata del concorso, avverso la statuizione sulle spese resa dal giudice che rigetta il ricorso cautelare, tra opposizione ex art. 645 c.p.c. e reclamo cautelare, sancendo che gli artt. 669-septies, comma 3, e 669-terdecies c.p.c. dovevano essere interpretati nel senso che, avverso l'ordinanza di rigetto dell'istanza cautelare, è ammissibile il reclamo, mentre, avverso il provvedimento adottato sul reclamo ovvero dopo il decorso dei termini per la proposizione dello stesso, è del pari legittima l'opposizione di cui all'art. 669-septies c.p.c., i cui termini iniziano a decorrere, rispettivamente, o dalla scadenza del termine per proporre il reclamo o dalla pronuncia, se resa in udienza, o dalla comunicazione dell'ordinanza del giudice del reclamo che rende definitiva la pronuncia sulle spese (Cass. civ., sez. un., 28 dicembre 2001 n. 16241, in Giust. Civ., 2002, I, 3103, con nota di TERRUSI).

Il legislatore ordinario è peraltro opportunamente intervenuto, come già accennato, mediante la l. 18 giugno 2009 n. 69, eliminando il rimedio dell'opposizione ex art. 645 c.p.c. per contestare le statuizioni sulle spese rese all'esito dei procedimenti cautelari instaurati ante causam, rispetto alle quali è oggi proponibile esclusivamente il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c.

Non si può trascurare, inoltre, che, a seguito della richiamata novellazione normativa, è sorto il problema, risolto in dottrina in senso affermativo in sede di primo commento, dell'esperibilità del rimedio impugnatorio del ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, c.p.c. avverso la statuizione sulle spese resa in sede di reclamo cautelare (NAPOLITANO).

Come noto, difatti, nell'assetto antecedente si riteneva che, poiché il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. è proponibile avverso provvedimenti giurisdizionali emessi in forma di ordinanza o di decreto solo quando essi siano definitivi ed abbiano carattere decisorio, cioè siano in grado di incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale, è inammissibile l'impugnazione con tale mezzo dell'ordinanza adottata dal tribunale in sede di reclamo avverso un provvedimento di natura cautelare o possessoria, in quanto trattasi di decisione a carattere strumentale ed interinale operante per il limitato tempo del giudizio di merito e sino all'adozione delle determinazioni definitive all'esito di esso, come tale inidonea a conseguire efficacia di giudicato, sia dal punto di vista formale che da quello sostanziale, senza che rilevi in contrario il fatto che vi sia stata condanna alle spese del giudizio, disponendo la parte al riguardo, per l'appunto, del rimedio di cui all'art. 669-septies c.p.c. (Cass. civ., sez. un., 23 gennaio 2004, n. 1245).

La tesi dell'ammissibilità, a seguito della riforma realizzata dalla l. 18 giugno 2009 n. 69, del rimedio del ricorso straordinario per cassazione era peraltro fondata sulla stessa giurisprudenza di legittimità anteriore all'introduzione delle norme sul procedimento cautelare uniforme, in accordo con la quale, invero, il provvedimento di rigetto del ricorso ex art. 700 c.p.c., di per sé insuscettibile di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., al pari di quello di accoglimento per il suo carattere interinale e strumentale rispetto al possibile riesame della questione di merito, diviene impugnabile per mezzo di tale straordinario rimedio limitatamente alla pronunzia, in esso eventualmente contenuta, circa le spese processuali, poiché assume, con riguardo alle relative statuizioni, natura di provvedimento definitivo e decisorio su posizioni di diritto soggettivo.

Peraltro, la Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla questione, ha per converso affermato che il provvedimento col quale il Tribunale, provvedendo ante causam, rigetti il reclamo avverso l'ordinanza di rigetto del ricorso cautelare, ovvero dichiari la cessazione della materia del contendere, e condanni il reclamante alle spese del giudizio non ha natura di sentenza e non è ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., con la conseguenza che il reclamante soccombente, ove non intenda iniziare il giudizio di merito ma intenda contestare la sola liquidazione delle spese in esso contenuta, deve farlo attraverso l'opposizione al precetto intimato sulla base del predetto provvedimento o all'esecuzione iniziata sulla base di esso (Cass. civ., 24 maggio 2011 n. 11370). Tale pronuncia trae le mosse dagli interventi operati dalla richiamata l. n. 69/2009 sul testo dell'art. 669-septies c.p.c. che, nella formulazione attuale, prevede, in particolare, al comma 2 che «se l'ordinanza di incompetenza o di rigetto è pronunciata prima dell'inizio della causa di merito, con essa il giudice provvede definitivamente sulle spese del procedimento» ed al comma 3 stabilisce che la «condanna alle spese è immediatamente esecutiva». Orbene, in primo luogo, nella motivazione della decisione, la S.C. si pone l'interrogativo della stessa sopravvivenza del rimedio del reclamo cautelare per contestare la pronuncia sulle spese resa dal giudice della cautela nella prima fase, attesa l'utilizzazione dell'avverbio “definitivamente” da parte del capoverso dell'art. 669-septies c.p.c., interrogativo che risolve in senso affermativo anche per l'ipotesi di contestazione della sola statuizione sulle spese, attraverso un'interpretazione sistematica di tale previsione con l'art. 669-terdecies, comma 1, c.p.c. che continua a prevedere l'esperibilità del rimedio del reclamo cautelare sia avverso il provvedimento di accoglimento del ricorso cautelare che di quello di rigetto (e postulando, invero, secondo la Corte di legittimità, una differente interpretazione l'abrogazione, almeno in parte qua, del comma 1 dell'art. 669-terdecies c.p.c.).

Come già evidenziato, nella pronuncia n. 11370/2011, la S.C. esclude, invece, la proponibilità, avverso la decisione sulle spese della cautela resa in sede di reclamo, dell'ulteriore rimedio del reclamo cautelare, ritenendo non definitiva né decisoria a tal fine la statuizione sulle spese, essendo consentito alla parte, peraltro anche nell'ipotesi di misura cautelare anticipatoria a strumentalità c.d. attenuata, essendo comunque possibile, sebbene senza alcuna preclusione temporale ulteriore rispetto a quella determinata dall'operare dei cc.dd. stabilizzatori di diritto sostanziale, la possibilità di introdurre un giudizio di merito volto anche alla tutela del solo diritto soggettivo compromesso dalla decisione sulle spese pronunciata nel procedimento cautelare (i.e. senza alcuna contestazione anche sul merito della lite, giudizio che, per questo, la Corte ritiene ammissibile pure nell'ipotesi di definizione mediante decisione di cessazione della materia del contendere in sede cautelare).

Né, secondo la Corte di Cassazione, è precluso alla parte interessata un ulteriore rimedio nel caso in cui voglia contestare soltanto il quantum della liquidazione delle spese operata nel procedimento cautelare. Invero, richiamando l'odierno comma 3 dell'art. 669-septies c.p.c. secondo cui la decisione sulle spese resa dal giudice della cautela a fronte del rigetto del ricorso è immediatamente esecutiva, la Corte ritiene che tale questione possa essere contestata mediante opposizione all'esecuzione, proposta anche in sede preventiva (ossia attraverso l'opposizione c.d. a precetto), precisando, tuttavia, che, essendo la decisione cautelare fondata non su una cognizione piena ed esauriente quanto soltanto sull'apparenza del buon diritto del ricorrente, tale titolo esecutivo dovrà essere equiparato, quanto al novero dei motivi di opposizione esperibili, ad un titolo stragiudiziale.

Riferimenti

DELLE DONNE, La contestazione delle spese del reclamo è rimessa, in tema di cautele “anticipatorie”, al giudizio di merito o di opposizione all'esecuzione e non al ricorso ex art. 111, c. 7, Cost.: un'inaccettabile conclusione della giurisprudenza di legittimità, in www.judicium.it.;

GIORDANO, Il regime delle spese nel procedimento cautelare, in Spese del processo, Milano 2012, 193 ss.;

GUAGLIONE, Il processo cautelare, Napoli 2006;

MERLIN, Procedimenti cautelari e urgenti in generale, in Dig. disc. priv., sez. civ., XIV,Torino, 1995, 393 ss., spec. 428 ss.;

NAPOLITANO, Le spese nel procedimento cautelare, in Le spese nel processo, Suppl. a Giur. Merito, 2009, n. 7-8, 32.