Regolamento di giurisdizione
11 Gennaio 2017
Inquadramento
Più d'una sono le vie del processo attraverso le quali la questione di giurisdizione arriva ad essere oggetto di decisione. Alcune muovono da poteri del giudice. Nella disponibilità del giudice è il rilievo di ufficio (art. 37 c.p.c. - art. 9 c.p.a.), che prelude ad una decisione sulla propria giurisdizione che l'afferma o la nega. Giudice è poi ogni giudice davanti al quale un processo si trovi ad essere pendente; avere egli il potere di conoscere dell'oggetto della domanda è l'essenziale presupposto per poterlo esercitare. In altro caso il rilievo, ma non la decisione è nei poteri del giudice: l'art. 59 l. 69/2009 - con disposizione ripresa dall'art. 11, comma 3 c.p.a. - ha esteso alla questione di giurisdizione il meccanismo della richiesta di regolamento prevista dall'art. 45 c.p.c. in tema di conflitto di competenza: se in seguito alla dichiarazione di difetto di giurisdizione pronunciata dal giudice adito il processo è tempestivamente riassunto davanti a quello indicato, questi può sospendere di decidere sul merito e chiedere che sulla questione di giurisdizione si pronuncino le sezioni unite. Si tratta dell'istituto alla cui introduzione ha dato occasione la sentenza 12 marzo 2007 n. 77 della Corte costituzionale quando ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 30, l. 1034/1971 istitutiva dei T.A.R. ed ha espunto dall'ordinamento il principio per cui, se il giudice declinava la giurisdizione sulla domanda, il giudizio doveva tornare ad essere iniziato, senza che della domanda restassero conservati gli effetti sostanziali e processuali, ciò che dava occasione al potere del secondo giudice di tornare a declinare la giurisdizione [questioni di diritto intertemporale furono a suo tempo decise da Cass., Sez. Un., 16 novembre 2010 n. 23109, Cass., Sez. Un., 15 marzo, 2011 n. 6016, Cass., Sez. Un., 13 aprile 2012, n. 5872]. Diversamente dai casi prima visti, sono invece nella disponibilità delle parti il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione (art. 41 c.p.c. e art. 10 c.p.a.); le impugnazioni ordinarie: appello davanti al giudice di secondo grado, se non escluso dalla legge, e ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione (art. 360, comma 1, n. 1, c.p.c. e art. 110 c.p.a.); il ricorso per cassazione per conflitto positivo o negativo di giurisdizione, esperibile in ogni tempo e che dunque si colloca fuori del sistema delle impugnazioni (art. 361, comma 2, n. 1, c.p.c.). Conviene mettere a confronto il potere di rilievo di ufficio da parte del giudice e il potere dato alle parti di chiedere con il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione che a pronunciarsi sulla questione, prima ed invece del giudice adito, siano le Sezioni Unite della corte di cassazione. All'evidente differenza tra i due istituti, data dall'essere uno nella disponibilità del giudice e l'altro in quella delle parti, se ne accompagna, nel testo degli artt. 37 e 41 c.p.c., un'altra: quella per cui il difetto di giurisdizione è detto rilevabile dal giudice in ogni stato e grado del processo, mentre il potere delle parti di provocare la decisione delle Sezioni Unite è detto esercitabile solo finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado. Sennonché nella giurisprudenza di legittimità si è nel tempo venuta affermando una interpretazione restrittiva di ambedue le disposizioni. Dell'art. 37 c.p.c., nel senso che il potere di rilievo di ufficio cessa di poter essere esercitato dal giudice davanti al quale il processo pende, una volta che nel giudizio sia stata pronunciata una sentenza, anche non definitiva, su questione di merito. Né lo potrà essere in questo caso nel giudizio d'impugnazione, giacché la pronuncia sul merito, implica esercizio della giurisdizione. Di qui la conseguenza che per rimettere in discussione la giurisdizione, l'impugnazione dovrà essere estesa alla dimostrazione del suo difetto, mentre non sarà sufficiente la critica della pronuncia di merito (Cass., Sez. Un., 9 ottobre 2008. n. 24883). Cass., Sez. Un., 5 gennaio 2016, n. 29 ha peraltro messo in rilievo che, se con sentenza sia stata affermata la giurisdizione e declinata la competenza e questa sentenza, suscettibile anche di impugnazione mediante appello su ambedue i capi, lo sia stata invece sulla sola competenza, con regolamento da qualificarsi allora come facoltativo, ne risulterà impedito il passaggio in giudicato della sentenza sul capo della giurisdizione: ciò in base a quanto dispone l'art. 43, comma 3, c.p.c., perché per il tempo in cui pende il regolamento il decorso del termine per l'impugnazione ordinaria è sospeso. Questo varrà a rendere possibile che, in sede di decisione sul regolamento di competenza, la cassazione rilevi di ufficio il difetto di giurisdizione. Quanto poi all'art. 41 c.p.c., l'interpretazione restrittiva se ne è affermata già da tempo in un duplice senso. E precisamente: il regolamento cessa di poter essere chiesto, una volta che già nel giudizio di primo grado la causa sia rimessa in decisione (Cass., Sez. Un., 23 marzo 2015 n. 5747, Cass., Sez. Un., 13 gennaio 2003 n. 342), a meno che, senza esser decisa, neppure parzialmente, non sia restituita alla fase processuale dell'istruttoria; esso poi trova comunque ostacolo nel fatto che nel giudizio sia stata pronunciata sentenza anche soltanto limitata alla giurisdizione o ad altra questione processuale (Cass., Sez. Un., 22 marzo 1996 n. 2466 a Cass., Sez. Un., 27 ottobre 2011 n. 22382). Detto questo, va considerato che in ogni processo, non solo di cognizione, ma anche di esecuzione, come pure in ogni procedimento speciale, il giudice adito può e deve verificare di ufficio, se ha giurisdizione sulla domanda che ne sollecita l'esercizio e deve rifiutarlo se ne manchi, in questo non diversamente dal giudice adito con la domanda introduttiva d'un giudizio di cognizione, ordinario o sommario (artt. 702-bis e ss.). Dipenderà poi dalla disciplina specifica di tali procedimenti se dell'esercizio o rifiuto di esercizio della giurisdizione sia dato sollecitare indirettamente o direttamente, un controllo, com'è possibile per le decisioni rese sulla questione di giurisdizione nel processo, ordinario o sommario di cognizione. Così, del regolamento preventivo, dalla lettera della disposizione dettata dall'art. 41 c.p.c. [Finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado ... ] si argomenta in giurisprudenza ed in modo costante che il regolamento preventivo di giurisdizione può essere richiesto solo nel giudizio di cognizione, quand'anche sommario (Cass., Sez. Un., 18 settembre 2014 n. 19674). Sicché è detto non ammissibile nei procedimenti cautelari (da Cass., Sez. Un., 22 marzo 1996 n. 2465 a Cass., Sez. Un., 18 settembre 2014 n. 19674) e di esecuzione forzata (da Cass., Sez. Un., 26 ottobre 2000 n. 1139 a Cass., Sez. Un., 19 maggio 2016 n. 10320), ma nell'ultimo paragrafo si farà sull'argomento qualche puntualizzazione. Il regolamento e il suo oggetto
Come s'è detto più sopra, è d'ostacolo all'esperibilità del regolamento preventivo che nel giudizio, già di primo grado, sia stata assunta con sentenza una decisione su questione, anche solo attinente all'ordine del processo. L'ostacolo è d'altro canto destinato ad operare anche nella fase del medesimo giudizio che, a seguito della declinatoria da parte del giudice adito per primo, è fatto proseguire nel tempo dovuto (art. 59 comma 2, l. 69/2009) davanti al diverso ordine giudiziario che quello ha indicato (Cass., Sez. Un., 8 febbraio 2010, n. 2716 – Cass., Sez. Un.,18 giugno 2010 n. 14828 - Cass., Sez. Un, 22 novembre 2010 n. 23596 - Cass., Sez. Un., 7 luglio 2011 n. 14960 - Cass., Sez. Un., 14 ottobre 2013 n. 23217). Questo ostacolo si frappone poi all'esperibilità del regolamento, ma del resto anche ad ogni diversa decisione sulla giurisdizione, quante volte sulla spettanza del diritto controverso sia intervenuta una decisione in un precedente giudizio e il diritto sia fatto valere in un giudizio successivo a fondamento d'una ulteriore domanda, ad esempio volta alla liquidazione del risarcimento riconosciuto da una sentenza di condanna generica. Ciò è stato reiteratamente affermato dalle Sezioni Unite a proposito di domande di liquidazione del danno: in particolare, già con la sentenza 22 aprile 1975 n. 1557, è stato affermato il principio di diritto per cui il regolamento «.. è precluso non solo dalla pronuncia di merito intervenuta nello stesso processo nel quale il regolamento è proposto, ma anche dalla pronuncia di merito emessa in altro giudizio per la medesima questione sostanziale: infatti, l'art. 41 c.p.c. non dice che la sentenza deve essere intervenuta nel processo, ma che la causa, intesa come conflitto di interessi in cui si fanno valere determinate situazioni soggettive, deve essere stata decisa, anche in parte, nel merito». Nel caso la domanda era stata proposta sulla base di sentenza non passata in giudicato che aveva affermato la spettanza del diritto e per la sua liquidazione s'era tornati ad agire con una diversa domanda [nello stesso senso di Cass., Sez. Un., n. 1557/1975 specificamente Cass., Sez. Un., 5 dicembre 1986, n. 7212]. Tempo e parti
Si è già detto che il regolamento preventivo non può più essere chiesto una volta che il processo è pervenuto alla fase della decisione e ciò ne costituisce condizione oggettiva di esperibilità. Ma da questo punto di vista ci si deve anche domandare a partire da quale momento può essere chiesto: la risposta è che lo può dal momento che il processo pende e perciò, se il processo inizia per notificazione, da quando è da considerare avvenuta. Ci si può però chiedere, in questo caso, se ne sia ulteriore presupposto di ammissibilità, che la causa sia stata anche iscritta a ruolo, almeno da una parte convenuta se non dall'attore. In dottrina si sono sostenute tesi opposte: appare preferibile ritenere che condizione necessaria ma sufficiente è che siano realizzate le condizioni perché il processo sia da considerare pendente, cosa del resto affermata in giurisprudenza pei processi che iniziano per ricorso, riguardo ai quali si è giudicato sufficiente che ne sia avvenuto il deposito [Cass., Sez. Un., 18 giugno 1996 n. 5571]. E questo per quale ragione? La risposta è che, con il ricorso per regolamento - che deve essere notificato alle parti del giudizio iniziato con la relativa domanda - è provocata la pendenza del giudizio sulla questione pregiudiziale di giurisdizione, sia pure davanti alla corte di cassazione. Allora, a meno che il giudizio di merito non si estingua prima che la corte si pronunci, il che varrebbe a determinare l'improcedibilità del giudizio incidentale sulla questione [Cass., Sez. Un., 27 aprile 1979 n. 2427 - Cass., Sez. Un., 12 giugno 1995 n. 6597 - Cass., Sez. Un., 17 gennaio 2002 n. 499 - Cass., Sez. Un., 30 maggio 2005 n. 11328 - Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2007 n. 26734], la decisione della cassazione varrà a sovrapporsi a quella, dello stesso o di contrario segno eventualmente poi intervenuta nel giudizio di merito (da Cass.,. 17 dicembre 1999 n. 905 a Cass., Sez. Un., 16 maggio 2014 n. 10823 e Cass., Sez. Un., 14 maggio 2015 n. 9861) - e questo con la forza del giudicato, quand'anche il giudizio di merito si estingua successivamente (art. 393 c.p.c.). Ne risulta che, realizzata la pendenza del giudizio attraverso la notificazione della citazione o il deposito del ricorso, in questo caso anche indipendentemente dalla sua già intervenuta notificazione e in ambedue i casi da un'eventuale nullità (Cass., Sez. Un., 6 agosto 1990 n. 7935 e Cass., Sez. Un., 15 gennaio 1987 n. 246), la notificazione del ricorso per regolamento preventivo, una volta seguita dal suo tempestivo deposito (art. 369, comma 1, c.p.c.), varrà al tempo stesso a realizzare la pendenza del giudizio incidentale e la sanatoria di vizi eventuali dell'atto introduttivo del giudizio di merito. Che, se tale tempestivo deposito manchi, non sarà impedita una rinnovazione dell'avvio del procedimento introduttivo del regolamento, sino a quando non si sia realizzata la condizione ostativa del passaggio del processo alla fase della decisione. Passando a considerare i profili della legittimazione al ricorso per regolamento e dell'integrità del contraddittorio nel giudizio davanti alla Cassazione, vengono in rilievo i seguenti altri aspetti:
La legittimazione dell'attore è considerata con sfavore e però ammessa quante volte il dubbio sulla giurisdizione del giudice adito si presenti ragionevole: Cass., Sez. Un., 6 luglio 2004 n. 12412 l'ha ammessa in presenza di ragionevoli dubbi sui limiti esterni della giurisdizione del giudice adito, in un caso in cui in una controversia in materia di imposte si discuteva sul se fosse devoluta al giudice ordinario od a quello tributario. L'affermazione di principio è stata in seguito reiterata in modo costante [Cass., Sez. Un., 16 dicembre 2013 n. 27997 - Cass., Sez. Un., 12 luglio 2011 n. 15237 - Cass., Sez. Un., 7 novembre 2008 n. 26792 - Cass., Sez. Un., 21 settembre 2006 n. 20504 - Cass., Sez. Un., 20 aprile 2006 n. 9169]. Per contro, il ricorso è da ritenere ed è dichiarato inammissibile, per carenza di interesse ad agire, quando non sussista alcun elemento di fatto o di diritto che possa far dubitare della giurisdizione del giudice adito e nessuna delle parti ne contesti la corretta individuazione [Cass., Sez. Un., 25 ottobre 2013 n. 24155 - Cass., Sez. Un.,30 giugno 2008 n. 17776]. E questo principio si traduce in onere, in particolare dell'attore, che si faccia lui a richiedere il regolamento prima o in assenza di contestazioni da parte del convenuto, di esplicitare i ragionevoli argomenti che potrebbero militare a favore della giurisdizione di un diverso giudice. La legittimazione del convenuto è per altro verso affatto impedita dall'aver egli tenuto un comportamento processuale, cui la legge ricolleghi un effetto di accettazione della giurisdizione. Ciò si ha se il convenuto si costituisce accettando esplicitamente o implicitamente la giurisdizione del giudice adito, mentre in suo confronto la giurisdizione italiana non sussisterebbe per difetto delle condizioni previste dall'art. 3, l. 31 maggio 1995, n. 218: però con le eccezioni previste dal suo artt. 11, in cui il difetto di giurisdizione va comunque rilevato di ufficio. E' questo ad esempio il caso che la controversia si incentri sull'appartenenza di un immobile situato in altro paese. Lo stesso schema vale nel caso previsto dall'art. 26 del Reg. UE 1215/2012 del 12 dicembre 2012, del convenuto che, costituitosi, non oppone il difetto di giurisdizione, mentre la legittimazione al rilievo del difetto di giurisdizione non può considerarsi esclusa, anche in mancanza di eccezione opposta all'atto della costituzione in giudizio, quante volte ricorrono i casi di competenze esclusive previsti dall'art. 24 del Regolamento. Quanto infine al profilo dell'integrità del contraddittorio, è condizione di ammissibilità del regolamento, che il ricorso sia notificato alle parti legittimate a contraddirvi in base alla domanda proposta nel giudizio principale (Cass., Sez. Un., 26 marzo 2014, n. 7179) ed in mancanza che lo sia quantomeno nel termine assegnato per l'integrazione (art. 375, comma 2, c.p.c.), determinandosi in mancanza l'estinzione del giudizio incidentale [Cass., Sez. Un., 17 gennaio 2002 n. 499 pronunciata in caso di estinzione per cessata materia del contendere - Cass., Sez. Un.,19 dicembre 2007 n. 26734 relativa ad estinzione del giudizio davanti al giudice amministrativo per rinuncia al ricorso]. Peraltro, quanto al profilo dell'integrità del contraddittorio, Cass., Sez. Un., 18 novembre 2015 n. 23542 ha escluso la necessità di ordinarla, quante volte il ricorso per regolamento sia per altra ragione da considerare inammissibile, mentre Cass., Sez. Un., 28 maggio 2015 n. 11131 ha affermato che non ha diritto all'integrazione del contraddittorio davanti alla cassazione la parte che intervenga volontariamente in giudizio dopo che il regolamento è stato chiesto, perché l'interveniente volontario accetta lo stato e il grado in cui il giudizio si trova: d'altro canto può egli stesso richiederlo. A tutte le parti intervenute prima, secondo Cass., Sez. Un., 27 gennaio 1993 n. 1012, il ricorso va notificato: di qui la necessità della corte di disporre l'integrazione del contraddittorio. Va ancora detto che non è d'ostacolo al regolamento di giurisdizione sulla domanda di merito la circostanza che sia già stato adottato un provvedimento cautelare, neppure se in vista della sua adozione il giudice adito abbia delibato la questione se riguardo alla domanda la giurisdizione sussistesse o meno (Cass., Sez. Un., 20 giugno 2014 n. 14041 e già Cass., Sez. Un., 19 gennaio 2007 n. 1144). Per altro verso, Cass., Sez. Un., 28 maggio 2015, n. 11131 ha ripreso quanto già affermato da Cass., Sez. Un., 27 giugno 1987, n. 5743 ed ha detto ammissibile il regolamento preventivo chiesto nel processo sospeso per rimessione alla Corte costituzionale: hanno considerato che il giudizio in stato di sospensione è pendente e che il divieto di compiere atti processuali nel periodo di sospensione riguarda gli atti che integrino sviluppo del processo, non il promovimento di un'autonoma fase processuale diretta alla verifica del potere giurisdizionale del giudice adito [converrà aggiungere, a meno che la questione di costituzionalità non riguardi la norma che attribuisce la giurisdizione al giudice].
Diritto internazionale privato e regolamento
Cass., Sez. Un., 8 giugno 2011 n. 12410 ha affermato che l'art. 27 comma 1 Reg. CE 44/2001 [cui corrisponde l'art. 29 comma 1 del Reg. CE 1215/2012] disponendo che il giudice successivamente adito deve sospendere il processo fino a che quello adito non abbia deciso circa la propria giurisdizione ha delineato una situazione processuale, che ben si presta ad essere scrutinata, ai fini del controllo circa la sua esatta applicazione, attraverso il rimedio del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, giacché in tal modo viene ad essere consentita l'immediata verifica del presupposto cui è connessa la possibilità o meno di esercizio della giurisdizione, ovverosia l'anteriorità dell'un giudizio rispetto all'altro [l'ordinanza è in RDP 2012, 1627 con nota critica di Giussani e Di Fazio, Il difetto "temporaneo" di giurisdizione colpisce ancora]. Cass., Sez. Un., 25 ottobre 2013 n. 24153 - seguita da Cass., Sez. Un., 20 gennaio 2014, n. 1005 - ha dal canto suo affermato che, in presenza di una clausola compromissoria per arbitrato estero, l'eccezione di compromesso, attesa la natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all'arbitrato rituale in conseguenza della disciplina complessivamente ricavabile dalla legge n. 5/1994 e dal d.lgs. n. 40/2006, dà luogo ad una questione di giurisdizione e rende perciò ammissibile il regolamento preventivo. Un diverso orientamento era stato in precedenza seguito, sino a Cass., Sez. Un., 21 ottobre 2009, n. 22236, nel senso che in presenza di compromesso o clausola compromissoria per arbitrato estero, si ponesse una questione non di giurisdizione, ma di competenza. La sospensione del giudizio
L'art. 41, comma 1, c.p.c. dispone che «L'istanza si propone con ricorso a norma degli art. 364 e seguenti [ma l'art. 364 è stato poi abrogato] e produce gli effetti di cui all'art. 367». L'art. 367 c.p.c. regola il rapporto tra il giudizio della Corte sul ricorso per regolamento e quello davanti al giudice adito con la domanda, prevedendo al primo comma, nel testo sostituito dalla l. 353/1990, che spetta al giudice sospendere o no il processo. L'ordinanza con cui il processo è sospeso non è soggetta a regolamento di competenza, trattandosi di una figura di sospensione facoltativa. A proposito della sospensione del giudizio principale va ricordato che prima d'essere modificato dall'art. 61 della l. 353/1990, l'art. 367, comma 1, c.p.c. prevedeva che davanti al giudice a quo il giudizio restasse sospeso. La disposizione è stata poi modificata nel senso che è rimesso a quel giudice di farlo e non lo sospenderà se ritenga l'istanza manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata. Quanto al giudizio davanti al giudice amministrativo, in tal senso dispone ora in modo espresso, l'art. 10 comma 1, c.p.a., che richiama anche il primo comma dell'art. 367 c.p.c. a proposito della sospensione del giudizio a quo. L'art. 10, comma 2, c..p.a. prevede che nel giudizio sospeso possono essere chieste misure cautelari, ma aggiunge che il giudice non le può disporre se non ritiene la propria giurisdizione. Come si è già detto in precedenza, una sin qui costante giurisprudenza ha affermato che, nel giudizio davanti al giudice ordinario, la decisione pronunziata sul merito nel processo non sospeso è destinata ad essere posta nel nulla da quella della Cassazione, che poi del giudice adito affermi il difetto di giurisdizione [Cass., Sez. Un., 17 dicembre 1999 n. 905 - Cass., Sez. Un., 16 maggio 2014 n. 10823 - Cass., Sez. Un., 14 maggio 2015 n. 9861]. La continuazione del giudizio dopo la decisione sul regolamento
La disposizione dettata dall'art. 367 c.p.c. al secondo comma disponeva e apparentemente continua a disporre che, adita la cassazione con regolamento preventivo, una volta che la corte dichiari la giurisdizione del giudice ordinario, davanti a questo il processo debba essere riassunto entro il termine di sei mesi dalla comunicazione della sentenza [ma, quando pronuncia su regolamento di giurisdizione, in base all'art. 375, n. 4, c.p.c., nel testo modificato dall'art. 9, comma 1, lett. a), D. Lgs. 30/2006, la corte pronuncia con ordinanza] . Peraltro, prima ancora degli anni '50, da una poi costante giurisprudenza di cassazione il regolamento preventivo è stato detto esperibile davanti ad ogni ordine di giudici e così davanti al giudice amministrativo come poi in modo espresso venne previsto dall'art. 30, comma 3, legge T.A.R.. Da qui la conseguenza del doversi riconoscere l'applicabilità dell'art. 367, comma 2, c.p.c. negli stessi termini previsti da questa norma: perciò nel senso di dare adito alla continuazione del giudizio davanti al giudice adito, se dichiarato avere giurisdizione. Sebbene l'operatività del regolamento preventivo si presentasse appunto affermata in specifiche disposizioni, lo specifico riferimento del secondo comma dell'art. 367 c.p.c. al giudice ordinario aveva dato origine ad una consolidata interpretazione giurisprudenziale nel senso che, dichiarata dalla Corte la giurisdizione d'un giudice diverso da quello adito, il giudizio tornasse a dover essere iniziato. Restava quindi discussa, e comunque non disciplinata, la possibilità che, dichiarato il difetto del giudice adito, il processo si prestasse ad essere ripreso e così fatto continuare davanti al diverso giudice indicato dalla cassazione. Della disposizione dell'art. 30 l. TAR, però, la Corte costituzionale avrebbe dichiarato l'illegittimità con la sentenza 12 marzo 2007 n. 77, appunto nella parte in cui non prevedeva che «gli effetti, sostanziali e processuali della domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel giudizio proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione». Nel contempo le Sez. Un. con la sentenza 22 febbraio 2007 n. 4109 avrebbero seguito una corrispondente interpretazione nel senso di ammettere la translatio iudicii. L'art. 59, l. 69/2009 ha infine dettato una disciplina di questo fenomeno fissando il limite temporale per la continuazione del processo davanti ad un diverso giudice nello spazio di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che ne afferma la giurisdizione, sia questa pronunziata dal giudice di merito adito, sia quella della cassazione, di cui il secondo giudice abbia chiesto l'intervento sollevando conflitto di giurisdizione. Dal raffronto tra il sistema di controllo verticale innescato dal regolamento e quello del controllo orizzontale innescato dal conflitto cui parimenti segua la decisione della cassazione emerge la singolare diversità per cui a parità di valore della decisione della cassazione sulla giurisdizione, perché resiste all'estinzione del processo (secondo quanto è dato argomentare dall'art. 59, comma 1, l. 69/2009), la definitiva ripresa di questo nel primo caso è previsto debba avvenire nel termine di sei mesi, nel secondo in quello di tre. E però la disposizione dettata dal secondo comma dell'art. 367 c.p.c. è sfuggita alla modificazione dei termini per la ripresa del processo, che a questo proposito ha interessato altre norme del codice di procedura (cfr. art. 46, comma 11 e ss. l. n. 69/2009). Quanto al termine per la prosecuzione del processo davanti al giudice indicato dalla cassazione all'esito del ricorso per regolamento preventivo, l'art. 367, comma 2, c.p.c. lo fa decorrere dalla comunicazione della decisione, ricevere la quale spetta alle parti che nel giudizio di regolamento si siano costituite (Cass. 22 gennaio 1980 n. 488 - Cass., Sez. Un., 2 maggio 1996 n. 3960). Il mancato rispetto del termine da osservare per la riassunzione del processo davanti al giudice originariamente adito, che abbia intanto sospeso il processo davanti a sé, o per la prosecuzione davanti a quello diverso indicato dalla corte - determinerà l'estinzione del giudizio. Questa peraltro non priverà d'effetti l'indicazione del giudice competente compiuta dalla cassazione. Un'espressa previsione in tal senso è presente nel secondo periodo del primo comma dell'art. 59 l. 69/2009 né rileva che lo sia in un contesto normativo diverso, quello della disciplina della translatio iudicii. La prova dei fatti rilevanti
La decisione della questione di giurisdizione, ad esempio nel campo del diritto internazionale privato, non si esaurisce nella qualificazione della situazione soggettiva dedotta a fondamento della domanda, ma dipende dal collegamento d'uno degli elementi della fattispecie con un determinato Stato [ad esempio il luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta in giudizio, secondo l'art. 7 del Reg. UE 1215/2002]: allora, l'indicazione che ne compie l'attore, se è contestata, richiede d'essere provata. Proposto il regolamento preventivo, se la sospensione del processo è disposta senza che, in presenza della contestazione da parte del convenuto, le prove offerte siano raccolte, si pone il problema di quale debba o possa essere il contenuto della decisione; mentre se le prove siano state raccolte, la definitiva loro valutazione spetterà alla cassazione. Va avvertito che il problema riguarda le prove c.d. costituende, che cioè debbono essere raccolte, non quelle documentali, di cui si ammette il deposito davanti alla Corte. Nel caso deciso da Cass., Sez. Un., 25 luglio 2001 n. 10089, in cui la sospensione del processo era stata disposta dal giudice di merito senza che la prova per testi dedotta dall'attrice fosse stata raccolta, la cassazione si pronunciò nel senso che il giudice di merito, prima di sospendere il giudizio, avrebbe dovuto assumere la prova; il regolamento venne quindi dichiarato inammissibile [la sentenza è commentata in FI 2002, I, 10089 da CIPRIANI, Regolamento di giurisdizione e diritto alla prova, e da GIOIA, in Corriere giur. 2002, 66, Giudice interno e giudice straniero: regolamento di giurisdizione ricarburato]. La soluzione è stata poi riaffermata da SU 28 marzo 2006 n. 7035, in RDP 2006, 1451 con nota di GIOIA, La prova nei regolamenti di giurisdizione - nel caso peraltro la Corte ebbe a regolare la giurisdizione, dopo aver constatato che nessuna prova era stata allegata a sostegno della difesa di difetto di giurisdizione. Considerato che il regolamento preventivo innesca un giudizio incidentale rispetto a quello principale, l'alternativa alla dichiarazione d'inammissibilità del ricorso potrebbe essere costituita dal richiedersi dalla corte che il giudice di merito raccolga le prove: ciò, previa dichiarazione di nullità dell'ordinanza di sospensione, se questa sia stata disposta, ed a superamento del divieto previsto dall'art. 298, comma 1, c.p.c., con conseguente applicazione dell'art. 297 c.p.c. ai fini della fissazione dell'udienza per la raccolta delle prove: una volta che lo siano, il giudizio sul regolamento, rimasto sospeso, potrebbe essere ripreso, di ufficio o su istanza di parte; decaduta che fosse la parte dal diritto d'assumerla, il regolamento sarebbe deciso prescidendo dai fatti rimasti non provati. I processi diversi da quello ordinario di cognizione
Il regolamento preventivo, in quanto attiene alla giurisdizione ed alla sua distribuzione tra i vari ordini di giudici, è mezzo tale da poter essere esperito nel giudizio pendente davanti ad ognuno di questi. Si può trattare del giudice ordinario o di giudici speciali, tra i quali anche il giudice amministrativo e contabile [così già Cass., Sez. Un., n. 1343/1947]. Gli artt. 3, comma 2, d.lgs. 546/1992 sul processo tributario e 10 comma 1 c.p.a. espressamente dichiarano ammesso nei rispettivi giudizi e davanti ai giudici di primo grado il regolamento preventivo di giurisdizione previsto dall'art. 41 c.p.c.. Il processo può essere articolato in due fasi di cui la prima sommaria, all'esito della quale, adottati i provvedimenti richiesti, il giudizio può come non proseguire ad istanza d'una delle parti per la decisione sul merito. Il regolamento preventivo potrà essere richiesto, una volta esaurita la fase sommaria e proposta istanza per la prosecuzione del giudizio sul merito (Cass., Sez. Un., 20 luglio 2015 n. 15155, resa in giudizio possessorio). Cass., Sez. Un., 18 settembre 2014 n. 19674, RDP 2015, 1586 e nota GUARNERI, Fase sommaria del rito Fornero e proponibilità dei regolamenti di competenza e di giurisdizione, ha detto ammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione proposto nella prima fase del procedimento di impugnazione del licenziamento (art. 1, comma 47 e ss.. l. 92/2012), perché questa fase, pur caratterizzata dalla sommarietà dell'istruttoria, ha natura semplificata, ma non cautelare in senso stretto: da un lato infatti la sommarietà non si riferisce anche alla cognizione del giudice, dall'altro l'ordinanza è idonea al passaggio in giudicato, se ne manchi la successiva ammessa opposizione. Nell'annotare la decisione, GUARNIERI [op.cit.,1598] prospetta che il regolamento dovrebbe invece essere dichiarato inammissibile se richiesto dopo che sia emessa l'ordinanza che conclude la prima fase del procedimento, giacché l'ordinanza presenta attitudine al giudicato se non opposta, ciò che ne denunzia la natura di decisione sul merito. Una considerazione analoga appare essere stata svolta da SU 21 luglio 2015 n. 15200 che, in termini generali, ha dichiarato inammissibile il regolamento preventivo proposto, nell'ambito d'una procedura concorsuale (si trattava di un'amministrazione straordinaria) - in pendenza del giudizio di opposizione avverso il decreto del giudice delegato che abbia ammesso o escluso, in tutto o in parte, la pretesa creditoria in applicazione dell'art. 95, co. 3, l. fall.. Il regolamento preventivo non è ammesso nei giudizi diversi quello ordinario o speciale di cognizione e in particolare nel processo di esecuzione. Il giudice dell'esecuzione, lo si è osservato all'inizio, come ogni giudice che ha competenza in procedimenti pure diversi da quello di cognizione, è giudice della questione che consiste nello stabilire se sulla domanda ha giurisdizione. Quindi, ha il potere di rilevare il proprio difetto di giurisdizione e chiudere il processo, non esercitando i poteri che gli spetterebbero per provvedere all'attuazione del titolo esecutivo; se ritiene invece d'avere giurisdizione, adotterà i provvedimenti ordinati all'attuazione coattiva del comando contenuto nel titolo esecutivo. Si tratta di vedere se nel processo d'esecuzione il regolamento preventivo sia esperibile. Ora, caratteristica peculiare di questo processo è l'assenza al suo interno d'una fase di cognizione, destinata a concludersi con sentenza; per contro, la verifica del potere delle parti di provocarne l'inizio, come della legittimità dei provvedimenti adottati dal giudice dell'esecuzione, è affidata ad incidenti di cognizione esterni, che è nel potere delle parti provocare, con l'opposizione agli atti esecutivi e quella all'esecuzione, che include la contestazione della pignorabilità. Nel caso del processo di espropriazione presso terzi, in particolare, il rimedio offerto al terzo che abbia opposto di non essere soggetto alla giurisdizione dello Stato davanti al quale è stato chiamato a dichiararsi debitore, sarà l'opposizione agli atti esecutivi contro l'ordinanza che lo dichiari tale (art. 549 c.p.c.) Sarà invece l'opposizione all'esecuzione nei casi in cui dal terzo è opposta l'impignorabilità. In conclusione, se il giudice dell'esecuzione avesse o no la giurisdizione che ha esercitato o rifiutato di esercitare, diviene l'oggetto della sentenza che va pronunciata sull'opposizione, sicché mentre il regolamento preventivo non è esercitabile nel processo esecutivo (Cass.SU 26 ottobre 2000 n. 1139 - Cass. 19 maggio 2016 n. 10320), la questione se il giudice dell'esecuzione avesse o no la giurisdizione che ha esercitato o declinato è l'oggetto del rimedio offerto dalle opposizioni esecutive (Cass.SU 31 marzo 2006 n. 7578 - Cass. SU 27 luglio 2011 n. 16390). Riferimenti
Amirante, La giurisdizione e la sua verifica in cassazione, in La Cassazione civile, Torino, 1998, I, 750; Andrioli, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1961, I, 141 e ss.; Balena, Regolamento di giurisdizione (diritto processuale civile), Enc. dir., 2000, Agg. IV, 1063; Gasperini, Il sindacato della Cassazione sulla giurisdizione tra rito e merito, Padova, 2002, 363 e ss.; Gioia, La decisione della questione di giurisdizione, Torino, 2009, 275 e ss.; Luiso, Diritto processuale civile, I, I principi generali, Torino, 2015; Oriani, E' possibile la "translatio iudicii" nei rapporti tra giudice ordinario e giudice speciale: divergenze e consonanze tra Corte di cassazione e Corte costituzionale, FI 2007, I, 1013; Proto Pisani, Diritto processuale civile, Napoli, 2014; Satta, Giurisdizione (nozioni generali), in Enc. dir., XIX, Milano, 1970; Verde, Obsolescenza di norme processuali, RDP 2014, 827 e 839; Il processo amministrativo; Commentario al D.lgs. 104/2010 a cura di Quaranta e Lopilato, Milano, 2011, Commento agli artt. 9 a 11; Vittoria, Lo statuto della questione di giurisdizione davanti al giudice ordinario e la disciplina della translatio iudicii nella L. n. 68/2009, GC. 2010, II, 105. |