Francesco Bartolini
07 Giugno 2017

La riassunzione del processo è l'atto con il quale una parte manifesta all'altra la volontà di riprendere le attività processuali, dopo un evento che ne ha determinato l'arresto, e che consegue questo effetto di ripresa.
Inquadramento

La riassunzione del processo è l'atto con il quale una parte manifesta all'altra la volontà di riprendere le attività processuali, dopo un evento che ne ha determinato l'arresto, e che consegue questo effetto di ripresa. L'atto si caratterizza per due elementi:

  1. esso proviene da chi già era parte nel processo;
  2. e, nella sua sostanza, se non nella forma, consiste nella riproposizione della domanda che in tale processo essa aveva in precedenza formulato.

Questi due elementi differenziano la riassunzione dall'altra modalità che, ugualmente, è utilizzabile per la ripresa dello svolgimento del processo: la prosecuzione, la quale è eseguita da chi non era parte nel processo (gli eredi, ad esempio) e si risolve nel costituirsi direttamente nella causa. I due elementi accennati, qualità di parte e riproposizione della domanda, configurano gli unici aspetti comuni di un istituto che nel codice di procedura civile assume la medesima denominazione, di “riassunzione”, ma che, poi, non sempre ha unità di contenuto o le stesse modalità esecutive.

La riassunzione

La nozione di riassunzione del processo sopra indicata è, per necessità, generica e provvisoria. La difficoltà a fornire una definizione precisa è determinata dalla pratica impossibilità di ricondurre le varie fattispecie di questo istituto ad una regolamentazione unica e sufficientemente onnicomprensiva. La diversità più incisiva che tra esse è dato di cogliere riguarda la riassunzione che è effettuata presso lo stesso giudice e quella che avviene davanti ad un giudice diverso. Ne sono esempi, rispettivamente, la riassunzione del processo interrotto o sospeso; e la riassunzione presso il giudice da altri dichiarato competente. La differenza di situazioni incide in taluni casi sulle stesse modalità di esecuzione dell'atto-riassunzione. Questo consiste, nella sua essenza minima, nella riproposizione della domanda: ma, di volta in volta, è diversa la situazione cui dà luogo la ripresa della causa dinanzi allo stesso magistrato, presso il quale era già pendente, dalla situazione cui dà luogo la presentazione della domanda ad un ufficio che ancora non ne era stato investito. Queste, ed altre, differenze hanno impegnato l'interprete nella ricerca di risposte relative, tra l'altro, alla necessità di una nuova iscrizione a ruolo o del rilascio di una nuova procura.

La regola dettata dall'art. 125 disp. att.

Le norme che disciplinano le modalità della riassunzione, con valore generale, sono dettate dall'art. 125 disp. att. c.p.c.. Esse pongono una serie di regole che lo stesso legislatore ha previsto possano subire deroghe, posto che quelle disposizioni si applicano «Salvo che la legge disponga altrimenti». E', pertanto, con questa espressa riserva di disposizioni diverse che per la riassunzione si prevede la notifica alle parti costituite e a quelle non costituite di un atto che deve contenere, oltre agli elementi identificativi del giudice, dei soggetti attivi e passivi del processo e dei loro difensori, anche: il richiamo dell'atto introduttivo del giudizio; l'indicazione dell'udienza, con osservanza dei termini ordinari di costituzione in giudizio; e l'invito a costituirsi nei termini stabiliti dall'art. 166 per la costituzione del convenuto. Lo schema disegnato dal legislatore è quello stesso che è riferito all'atto di citazione: ad un atto, cioè, che (ri)propone una domanda ed evoca in giudizio il convenuto a udienza fissa.

Lo stesso schema presuppone che sia l'originario attore ad avere interesse a riassumere il processo, nell'inerzia della controparte. In questo senso, lo schema coincide con la situazione descritta dall'art. 303, per il quale la riassunzione dopo l'interruzione è chiesta quando chi dovrebbe costituirsi per proseguire il processo omette di farlo. Gli aventi causa dell'attore hanno interesse a costituirsi nel processo interrotto e dunque di esso effettuano la prosecuzione ex art. 302. Ma gli aventi causa del convenuto devono essere a loro volta evocati in giudizio, se l'attore intende disporre di un interlocutore, non avendo costoro un personale interesse a continuare una controversia che hanno “ereditato”. E infatti l'art. 125 disp. att. si riferisce palesemente a questa fattispecie, quando richiede che la comparsa riassuntiva faccia richiamo all'atto introduttivo del processo. Se questo è il disegno normativo, può poi ammettersi che anche la parte convenuta possa avere interesse a riassumere il processo, nel quale, ad esempio, abbia proposto una domanda riconvenzionale, magari non contestata o già resa oggetto di assunzione di prove. In questo caso, la disposizione normativa dovrà essere interpretata in un modo esteso a comprendere la possibilità che la comparsa di riassunzione non contenga il richiamo dell'atto introduttivo del giudizio ma contenga, invece, il richiamo all'atto difensivo che contiene la domanda sulla quale, con la riassunzione, si chiede una decisione (una pronuncia che faccia definitivo accertamento e neghi le pretese attoree, ad esempio).

La prosecuzione del processo

Il presupposto dato per implicito dalla normativa è che venga riassunto il medesimo processo che per una qualche ragione aveva dovuto arrestarsi: vale a dire, che, per effetto dell'atto di riassunzione, il processo riprende il suo corso dal punto di sviluppo che aveva raggiunto. Di questo presupposto tiene conto la giurisprudenza (Cass. 9890/1998) che ne esplicita le implicazioni:

  • poiché l'atto di riassunzione non introduce un nuovo processo ma assolve esclusivamente alla funzione di consentire la prosecuzione di quello già pendente, il giudice di merito deve apprezzare l'intero contenuto dell'atto stesso onde verificarne la concreta idoneità a consentire la ripresa del processo (Cass. 13597/1998);
  • ai fini della continenza, il tempo di inizio del processo è quello della notifica dell'atto introduttivo del giudizio e non quello dell'atto di riassunzione (Cass. 19773/2015);
  • nel giudizio riassunto sono utilizzabili gli atti istruttori disposti ed espletati in precedenza (Cass. 11234/2013, con riferimento alla CTU);
  • compito del giudice nell'interpretare l'atto di riassunzione è quello di verificare la corrispondenza delle domande riproposte con quelle originarie (Cass. 18170/2004; Cass. 3640/1981);
  • non è necessaria una nuova procura per proporre l'atto di riassunzione, anche quando deve mutare il numero di ruolo della causa (Cass. 8806/2008; Cass. 9247/2002; Cass. 9890/1998; Cass. 6003/1981; Cass. 3598/1980).

Dal presupposto costituito dalla prosecuzione del processo già iniziato dovrebbe derivare la conseguenza per cui, con l'atto di riassunzione, non potrebbe essere consentito proporre domande diverse e domande nuove rispetto a quelle formulate in precedenza. Per contro, la giurisprudenza ha ammesso le domande nuove, non soltanto in senso riduttivo (Cass. 21162/2004) ma anche tali da introdurre un giudizio ex novo (Cass. 9671/1997). In proposito, Cass. 15753/2014 ha ancora affermato che «... la particolare funzione dell'istituto della riassunzione (conservazione degli effetti sostanziali della litispendenza) non è di ostacolo a che esso cumuli in sé quella introduttiva di un nuovo giudizio, purché sia rispettato il contraddittorio»; ove si ritenesse diversamente, si aggiunge, si imporrebbe all'interessato di intraprendere un nuovo e autonomo giudizio, con inutile dispendio di attività processuale.

Modalità della riassunzione

Dispone l'art. 125 che la riassunzione è effettuata con una comparsa. Per la giurisprudenza la norma è interpretabile con larghezza: non ha alcun rilievo che sia utilizzata la diversa forma dell'atto di citazione (Cass. 4394/1996; Cass. 10692/1992). La riproposizione della domanda non richiede comunque forme specifiche. In particolare, non richiede la trascrizione puntuale della domanda originaria, essendo sufficiente che l'atto introduttivo del giudizio sia, con la comparsa, anche soltanto “richiamato”, e comparabile “per relationem” (Cass. 12524/2010); né è necessario che siano riprodotte le domande della parte ma solo che sia fatto richiamo al contenuto dell'atto precedente (Cass. 3640/1981).

La comparsa è notificata alla parte che già si era costituita nel giudizio, conformemente alle regole di cui all'art. 170; alla parte non costituita deve essere notificata personalmente. Ne segue: che la notifica alla parte personalmente e non al difensore costituito è nulla e vizia tutto il processo (Cass. 1676/2015; Cass. 4456/1999); che la notifica personale alla parte non costituita è modalità prevista in modo tassativo e che non ammette equipollenti (Cass. 107/2002); che è nulla la notifica al procuratore domiciliatario in primo grado per la parte rimasta contumace in appello (Cass. Sezioni Unite 1364/2000; Cass. 633/2000).

Giudice avanti al quale il processo deve essere riassunto

Se era stata tenuta l'udienza di prima comparizione e se la causa deve essere riassunta davanti allo stesso giudice, le parti debbono essere citate a comparire in una udienza di istruzione; se la persona fisica del giudice è mutata, la parte interessata deve preliminarmente chiedere al presidente del tribunale la sostituzione. Per Cass. 9906/2000, è nullo, perché inidoneo a raggiungere lo scopo, l'atto di riassunzione a comparire dinanzi a un giudice istruttore diverso da quello, facente ancora parte dell'ufficio, cui risultava assegnato il processo precedente (cancellato dal ruolo). Per contro, non è affetto da nullità l'atto che cita a comparire davanti al giudice istruttore anziché davanti al collegio, quando la cancellazione della causa dal ruolo era stata disposta dal collegio (Cass. 8684/1999: derivandone solo la necessità della rimessione al collegio).

Fattispecie sottoposte a disciplina specifica

L'art. 125 disp. att. fa salvi i casi per i quali la legge dispone regole diverse. Ne ricordiamo i principali.

Riassunzione presso il giudice munito di giurisdizione. A norma dell'art. 59 L. 18 giugno 2009, n. 69, la riassunzione va effettuata riproponendo la domanda (entro tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia dichiarativa del difetto di giurisdizione) al giudice nazionale indicato come munito di giurisdizione; si osservano le forme previste per il giudizio che deve svolgersi davanti al giudice adito con la riassunzione, in relazione al rito applicabile. La disposizione è chiara nel far intendere che occorre l'atto di citazione oppure il ricorso, il giudizio ordinario o quello speciale, a seconda della materia del decidere e della natura del procedimento. Tuttavia, la giurisprudenza ammette che possa essere adoperata la comparsa cui fa riferimento l'art. 125, al quale attribuisce valore di norma generale (Cass. 5021/1995; Cass. Sezioni Unite, 9130/2011). Restano ferme le preclusioni e le decadenze: il processo non inizia ex novo, ma riprende da dove si era arrestato. La riassunzione vincola le parti all'indicazione del giudice munito di giurisdizione. Non resta vincolato il giudice adito, se la pronuncia che lo individua non proviene dalla Corte di cassazione; egli può sollevare il conflitto.

Riassunzione del processo interrotto. L'art. 303 c.p.c. dispone, nel primo comma, che, se non avviene la prosecuzione del processo ad opera di chi è tenuto a ripristinare il contraddittorio, l'altra parte può chiedere la fissazione dell'udienza e notificare poi il ricorso e il decreto del giudice a coloro che dovevano costituirsi in prosecuzione. Il secondo comma specifica che, in caso di morte della parte, il ricorso deve contenere gli estremi della domanda. Si ricava dal testo complessivo della norma che, nei casi in cui non è necessaria la notificazione agli eredi, l'atto può avere il solo contenuto della richiesta al giudice della causa già pendente di fissare l'udienza di ripresa delle attività processuali. Il processo, in tal caso, può proseguire nel suo svolgimento senza l'occorrenza di un atto che riproponga formalmente la domanda. La giurisprudenza, comunque, ammette libertà di forme: la riassunzione può avvenire con la richiesta di fissazione dell'udienza, con citazione o con comparsa (Cass. Sezioni unite, 27183/2007; Cass. 4394/1996). Se la riassunzione è effettuata secondo il disposto dell'art. 303, nel decreto che fissa l'udienza deve essere stabilito il termine entro il quale notificare il ricorso e il decreto (Cass. 5736/1999; Cass. 5548/1994). Se per la riassunzione è stabilito un termine, il ricorso è tempestivo se è depositato prima della sua scadenza, onde evitare l'estinzione del processo (Cass. 37/2001).

Giudizio di rinvio. Un fattispecie a sé di riassunzione del processo è disciplinata dagli artt. 392 e 393 c.p.c. Essa assume un aspetto tipico di questo istituto, di atto che deve essere effettuato entro un termine stabilito, pena l'estinzione del processo; ma si diversifica dallo schema disegnato dall'art. 125 disp. att. in quanto deve essere effettuata con un atto di citazione e non già con una semplice comparsa. Questa diversità si spiega con la natura peculiare del giudizio di rinvio, che costituisce la prosecuzione temporale del processo ma che può non avere più ad oggetto la materia del decidere proposta con la domanda originaria. La citazione descrive il contenuto della cognizione demandata al giudice, nei limiti del principio di diritto e del giudicato interno. Il giudizio di rinvio non è, in realtà, il proseguimento di quello giunto sino a tale fase di svolgimento ma è un giudizio nuovo: la Corte di cassazione afferma che: “...non è configurabile quale continuazione di quello in esito al quale è stata emessa la decisione impugnata, ma è una nuova, autonoma fase del giudizio...” (Cass. 15489/2000). Occorre, dunque, una nuova costituzione delle parti; le quali poi conservano la stessa posizione processuale che aveano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza annullata (Cass. 2309/2007).

Riassunzione dell'esecuzione forzata dopo la sospensione. L'art. 627 c.p.c. dispone che il processo esecutivo sospeso deve essere riassunto con ricorso: da depositarsi, a pena di estinzione, entro il termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione e, in ogni caso, non più tardi di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza di appello che ha rigettato l'opposizione. La riassunzione con ricorso costituisce una modalità tutta specifica al tipo di processo esecutivo, soggetto al principio di impulso officioso ed al quale è sufficiente l'istanza al giudice della parte interessata a comunicare che è cessata la causa impeditiva della prosecuzione delle attività. Il termine di sei mesi prevale su quello più lungo eventualmente fissato dal giudice (Cass. 13571/2004). Il termine che ha inizio dalla comunicazione della sentenza di primo grado non decorre se è proposto appello; si considera, allora, quello che inizia dalla comunicazione della sentenza di appello (Cass. 24447/2011).

Guida all'approfondimento
  • A. Saletti, La riassunzione del processo civile, Milano, 1981;
  • Niccolini, Regolamento di competenza e riassunzione del processo, in Foro it., 2015, 12, 3883;
  • Russo, La translatio judicii e l'obbligo di indicare nella sentenza dichiarativa della giurisdizione il termine per la riassunzione del processo, nota a sent. in Giur. Merito, 2009, 3, 81;
  • G. Finocchiaro, Necessario un intervento del legislatore per chiarire le modalità di riassunzione, nota sent, in Guida al diritto, 2007, 13, 10.
Sommario