Opposizione di terzoFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 404
04 Maggio 2016
Inquadramento
L'opposizione di terzo - che si distingue in ordinaria (art. 404, comma 1) e revocatoria (art. 404, comma 2) - è un mezzo di impugnazione straordinario, perché la sua proposizione non è impedita dal passaggio in giudicato della sentenza che si impugna. L'opposizione di terzo ordinaria è un mezzo di impugnazione riservato ai terzi i cui diritti sono pregiudicati dalla sentenza pronunciata tra altre persone. Il pregiudizio che legittima il terzo alla proposizione di siffatto mezzo di impugnazione è unicamente quello che derivi dalla titolarità di una situazione autonoma ed incompatibile con quella accertata o eventualmente costituita dalla sentenza impugnata (Cass.civ., sez. I, 10 aprile 2015, n. 7306). L'opposizione di terzo revocatoria costituisce, invece, il mezzo di tutela riconosciuto ai creditori e agli aventi causa che intendano sottrarsi all'efficacia della sentenza altrui, allegando il dolo o la collusione a loro danno.
L'opposizione di terzo ordinaria è un mezzo di impugnazione riservato ai terzi i cui diritti sono pregiudicati dalla sentenza pronunciata tra altre persone. La legittimazione ad impugnare la sentenza con l'opposizione di terzo ordinaria viene riconosciuta al litisconsorte necessario pretermesso, al terzo titolare di diritto autonomo e incompatibile, al falsamente rappresentato ed al titolare di "status" incompatibile con quello accertato tra altre parti. Il litisconsorte necessario pretermesso che sia intervenuto nel processo assume la posizione di terzo rispetto alla sentenza pronunziata nei confronti delle altre parti in causa, ed è, pertanto, legittimato a proporre la domanda di opposizione ex art. 404 c.p.c., qualora il giudice di merito abbia omesso di pronunciarsi, con la predetta sentenza, in ordine alla sua posizione, e tale vizio di omessa pronuncia non sia stato dedotto mediante impugnazione, né il litisconsorte stesso abbia partecipato ai successivi gradi del giudizio (cfr. Cass. civ., sez. III, 9 febbraio 2000, n. 1438). Il litisconsorte necessario pretermesso può anche proporre una azione di accertamento autonoma della sua posizione, ma, sino al passaggio in giudicato della sentenza che riconosca la situazione come da lui dedotta, gli è preclusa ogni tutela, anche cautelare, avverso l'efficacia esecutiva o gli affetti esecutivi o accertativi derivanti dalla sentenza inter alios non opposta (Cass. civ., S.U., 23 gennaio 2015, n. 1238). La legittimazione a proporre l'opposizione di terzo ordinaria è poi riconosciuta al titolare di un diritto autonomo e incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla decisione resa tra altre parti (Cass. civ., S.U., 24 settembre 1993, n. 9674). In passato la giurisprudenza aveva escluso dal rimedio impugnatorio in oggetto il falsamente rappresentato (Cass. civ.,sez. III, 27 luglio 2012, n. 13374). Recentemente, invece, le S.U. – seguendo l'impostazione della dottrina maggioritaria – hanno ritenuto che il rimedio dell'opposizione di terzo ordinaria possa essere utilizzato anche da parte del soggetto rappresentato in giudizio da un falsus procurator. I giudici di legittimità hanno invero rimarcato che la posizione del soggetto falsamente rappresentato è autonoma ed incompatibile con quella accertata dalla sentenza in cui è stato parte il falsus procurator, perché la prospettazione della falsità della rappresentanza rende autonoma la posizione fatta valere dall'opponente e, comportando che la regolamentazione data al rapporto debba cedere di fronte a detta falsità, risulta all'evidenza con essa incompatibile, trattandosi di dar luogo alla nuova regolamentazione con il contraddittorio del falsamente rappresentato (Cass. civ., S.U., 23 gennaio 2015, n. 1238). Una ulteriore ipotesi di terzo legittimato all'opposizione ordinaria, che viene ormai considerata specificamente, è quella in cui la sentenza inter alios abbia riconosciuto a taluno uno status e il terzo rivendichi lo stesso status o uno status incompatibile con quello riconosciuto dalla sentenza, o come tale o come presupposto da cui nascerebbe un suo diritto, intendendosi per status un'ampia categoria che comprende il diritto al nome, la relazione di filiazione, quella di coniugio, il diritto di cittadinanza, e simili. Si ammette, difatti, che colui che non abbia partecipato al giudizio in cui lo status è stato accertato e assuma di essere titolare di uno status incompatibile, presenti esso la stessa struttura oppure no, con quello riconosciuto dalla sentenza, possa proporre l'opposizione ai sensi dell'art. 404 c.p.c., comma 1 (Cass. civ., S.U., 23 gennaio 2015, n. 1238). L'opposizione di terzo revocatoria si configura come mezzo di impugnazione straordinaria presupponendo il passaggio in giudicato di un provvedimento giudiziario che risulti frutto di dolo di una delle parti o di collusione fra le stesse e che sia inoltre pregiudizievole per i creditori o gli aventi causa di una di esse. Per creditore, ai fini dell'impugnazione in questione, deve intendersi chi rivesta tale qualità - pur se sottoposta a termine o a condizione - al momento della proposizione di essa. La giurisprudenza ha invero rimarcato che l'eccezionalità del mezzo di impugnazione in esame, lo stretto termine per proporlo e le finalità ad esso riconducibili, individuando una netta diversità del rimedio rispetto all'azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.), inducono a ritenere che la nozione di "creditori di una delle parti", richiamata dall'art. 404, comma 2, c.p.c., vada interpretata in senso più restrittivo dell'analoga nozione richiamata ai fini della legittimazione all'azione revocatoria ordinaria, per la quale rileva anche la titolarità di un credito eventuale (cfr. Cass. civ.,sez. I, 23 maggio 2006, n. 12144). Gli aventi causa, presi in considerazione dall'art. 404 c.p.c., sono solo i successori a titolo particolare di una delle parti e non anche gli eredi (cfr. Cass. civ., sez. II, 10 marzo 1994, n. 2323). L'erede non può esperire opposizione revocatoria in quanto non può vedersi alcun diritto pregiudicato dalla sentenza subentrando nella medesima posizione del de cuius. Il dolo e la collusione considerati dal legislatore sono concetti distinti: mentre il primo, che non si esaurisce nella preordinazione di atti positivi volti a danneggiare il terzo ma può estrinsecarsi anche in omissioni, può provenire anche da una sola delle parti, la collusione consiste, invece, in un accordo, fra queste e a danno del terzo, che può essere anche tacito ed aver luogo sia prima che nel corso della lite (cfr. Cass. civ., sez. II, 17 maggio 1980, n. 3243). Sono a carico del terzo opponente sia la prova della sussistenza del dolo o della collusione sia del nesso di causalità tra essi e il contenuto della decisione (Cass. civ., sez.I, 14 maggio 1990, n. 4123). Forma della domanda e procedimento
L'opposizione di terzo ordinaria non è soggetta ad alcun termine: il termine per proporre opposizione di terzo stabilito dall'art. 325, primo comma, c.p.c. si riferisce, difatti, esclusivamente all'opposizione di terzo revocatoria (cfr. Cass. civ., sez. II, 13 gennaio 2014, n. 466). Il termine di trenta giorni decorre dalla scoperta del dolo o della collusione: per tale ragione il terzo ha l'onere di indicare specificamente, nell'atto di citazione in opposizione, la data della conoscenza del dolo o della collusione e della relativa prova, così come prescritto dall'art. 405, comma 2, c.p.c., con la conseguenza che l'omissione di tali indicazioni è causa di nullità dell'atto di citazione, ai sensi dell'art. 156, comma 2, c.p.c. atteso il difetto, nell'atto, di uno dei requisiti formali indispensabili al raggiungimento del suo scopo, costituito, nel caso di specie, dall'esigenza di porre immediatamente il giudice e la controparte in condizione di rilevare la tempestività dell'opposizione (cfr. Cass. civ.,sez. III, 15 ottobre 1997, n. 10116). Per quanto invece attiene all'opposizione di terzo ordinaria, poiché la stessa costituisce un mezzo straordinario di impugnazione della sentenza contro la quale è proposta per cui, non diversamente dagli altri mezzi di impugnazione, non può articolarsi nella sola domanda diretta ad accertare la sussistenza del vizio (introducendo la c.d. fase rescindente) ma deve altresì contenere l'esposizione delle doglianze che afferiscono al merito della questione, ossia alla dimostrazione che quella sentenza è pregiudizievole rispetto alla sua posizione giuridica sostanziale, proprio come avrebbe potuto fare se fosse stato ritualmente convenuto nel processo (c.d. fase rescissoria). Il rimedio di cui all'art. 404, comma 1, c.p.c. consente difatti di superare, in via eccezionale, le preclusioni del giudicato al solo fine di rimuovere il pregiudizio ad un diritto autonomo del terzo, che questi non sia stato messo in grado di far valere nei confronti delle (o di una delle) parti in lite, ma che egli avrebbe potuto a quel momento - ossia nel medesimo contesto, fattuale e normativo, preso in considerazione e cristallizzato dalla sentenza opponendo - viceversa far valere, ove avesse preso parte al giudizio (cfr. Cass. civ.,sez. I, 13 giugno 2003, n. 9500). La giurisprudenza, per tali ragioni, reputa inammissibile per carenza di interesse ad agire l'opposizione di terzo tesa a rimuovere la decisione per un vizio processuale senza dedurre al contempo una situazione incompatibile in concreto con quella accertata nella sentenza denunciata e contenere, altresì, richiesta al giudice di riesame della questione di merito (cfr. Cass. civ., sez. II, 25 marzo 2013, n. 7477). La competenza per la trattazione del giudizio di opposizione di terzo spetta allo stesso ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. Trattasi di competenza funzionale ed inderogabile (cfr. Cass. civ., sez. III, 2 maggio 1991, n. 4798). Costituisce opinione pacifica che il rito da seguire sia lo stesso adottato per il processo concluso con la sentenza che si impugna. Ai sensi dell'art. 406 c.p.c. l'opposizione di terzo si svolge secondo le regole stabilite per il giudizio innanzi al giudice competente. L'opposizione di terzo non produce un effetto sospensivo della sentenza impugnata, ma il terzo può chiedere nell'atto introduttivo la sospensione dell'esecuzione. L'istanza di sospensione della sentenza impugnata e la pronuncia su di essa sono regolate analogamente a quella proposta in occasione del ricorso per cassazione, in quanto l'art. 407 c.p.c. richiama il procedimento previsto dall'art. 373 c.p.c. La competenza spetta al giudice investito dell'opposizione, poiché il riferimento operato all'art. 373 c.p.c. attiene unicamente alla natura del provvedimento da adottare ed al relativo procedimento e non al giudice competente ad emettere il provvedimento (cfr. Cass. civ., sez. III, 14 novembre 1989, n. 4831). La pronuncia sull'opposizione di terzo avviene con una sentenza che decide insieme il rescindente e il rescissorio. In caso di inammissibilità, improcedibilità o di rigetto dell'opposizione di terzo, il giudice deve condannare l'opponente al pagamento di una pena pecuniaria (art. 408 c.p.c.). In caso di accoglimento dell'opposizione, la pronuncia assumerà un diverso contenuto a seconda del motivo posto a base di essa. Se l'opposizione è proposta dal litisconsorte pretermesso, il giudice adito, una volta riscontrato il vizio, annullerà la decisione impugnata e, se richiesto, emetterà la pronuncia sostitutiva (cfr. Cass. civ., sez. III, 16 luglio 1983, n. 4896). Qualora l'opposizione sia proposta davanti al giudice d'appello questi, dichiarata la nullità della sentenza impugnata, rimetterà la causa al giudice di primo grado in applicazione dell'art. 354 (cfr. Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 1997, n. 9878). Se l'opposizione è proposta dal titolare di una situazione autonoma e incompatibile, l'accoglimento comporta l'inopponibilità al terzo della sentenza impugnata, non producendo di regola effetti sulle statuizioni con essa adottata nei confronti delle parti originarie del giudizio ad eccezione dell'ipotesi in cui accerti un rapporto incompatibile con quello riconosciuto dalla sentenza gravata di opposizione (cfr. Cass. civ., sez. III, 14 novembre 1989, n. 4831). La sentenza che accoglie l'opposizione di terzo revocatoria non comporta soltanto l'inefficacia del provvedimento impugnato nei confronti del terzo opponente, mantenendolo invece fermo nel rapporto tra le parti originarie, ma la sua totale eliminazione nei confronti delle parti del processo originario, con effetto riflesso e consequenziale nei confronti del terzo opponente (cfr. Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 24631). La sentenza che decide sull'opposizione di terzo è soggetta alle medesime impugnazioni che sarebbero ammissibili contro la sentenza opposta (cfr. Cass. civ., sez. III, 17 luglio 2009, n. 16729). Casistica
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