Opposizione di terzo all’esecuzione

Lorenzo Balestra
13 Giugno 2016

Strumento di tutela per quei soggetti che vantino diritti reali su di uno o più beni soggetti ad esecuzione.
Inquadramento

L'opposizione di terzo all'esecuzione è uno strumento di tutela per quei soggetti che vantino diritti reali su di uno o più beni soggetti ad esecuzione. Infatti i terzi, non essendo coinvolti nel processo di esecuzione, si troverebbero sforniti di tutela nel caso in cui, anche per errore, fossero colpiti beni non appartenenti al debitore esecutato.

L'opposizione in questione dà luogo ad un ordinario processo di cognizione, volto ad accertare la proprietà o altro diritto reale dell'opponente sui beni pignorati (Cass. civ., sez. III, 16 febbraio 1998, n. 1627, in Mass. Giur. It., 1998).

L'operare del rimedio risente anche della natura dei beni sottoposti ad esecuzione. Infatti, se per i beni non soggetti a forme di pubblicità, dopo la vendita, il terzo potrà pretendere ragione solo sulla somma ricavata dalla vendita stessa, per i beni immobili potrà non solo proporre l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. durante il giudizio di esecuzione, ma anche rivendicare il bene nei confronti dell'aggiudicatario, dopo la vendita e l'aggiudicazione (Cass. civ., sez. III, 13 novembre 2012, n. 19761, in CED Cassazione, 2012).

Non si tratta, quindi, di una vera e propria opposizione sul merito dell'esecuzione; non si discute intorno al rapporto, bensì intorno all'oggetto dell'esecuzione medesima.

L'oggetto del giudizio

L'oggetto del giudizio di opposizione è limitato all'accertamento del diritto preteso dal terzo sul bene pignorato ma non fa stato in ordine al diritto vantato dal ricorrente. Il giudice, pertanto, procederà ad un mero accertamento incidentale del diritto avanzato dal terzo, essendo tale attività volta unicamente a impedire l'aggressione esecutiva sul bene, restando così impregiudicata la questione della sua titolarità, che potrà essere riproposta al di fuori del processo esecutivo (Cass. civ., sez. III, 21 luglio 2009, n. 16921, in Mass. Giur. It., 2009).

Quest'indirizzo non è tuttavia condiviso da una parte della dottrina che sostiene che la sentenza resa sull'opposizione proposta dal terzo decida con efficacia di giudicato non solo la questione relativa alla legittimità dell'attività esecutiva condotta dal creditore sui beni pignorati, ma anche l'esistenza in capo all'opponente del diritto reale (o prevalente) sul bene pignorato (Miccolis, L'opposizione di terzo all'esecuzione, in REF, 2000, 224).

Nel caso di estinzione del processo esecutivo, la scelta fra le due concezioni non è priva di conseguenze sulla sorte del procedimento di opposizione di terzo. Qualora si ritenga infatti che oggetto dell'opposizione sia anche quello dell'accertamento nel merito del diritto reale vantato, l'estinzione del processo esecutivo non farà cessare la materia del contendere; al contrario questa cesserà se sarà seguita l'interpretazione opposta.

La scelta, per l'una o l'altra opzione interpretativa, non ha solo rilevanza teorica, ma è destinata ad avere notevoli ripercussioni pratiche. Una di queste concerne la sorte dell'opposizione di terzo nel caso di estinzione del processo esecutivo. La giurisprudenza, che aderisce all'impostazione più restrittiva, che configura l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. quale giudizio volto all'accertamento della illegittimità dell'azione esecutiva sui beni pignorati, ha affermato che l'estinzione del processo esecutivo comporta la cessazione della materia del contendere del giudizio di opposizione (Cass. civ., sez. III, 7 aprile 2009, n. 8397, in CED Cassazione, 2009).

Il carattere generale di tale istituto ne consente l'applicazione anche alle esecuzioni in forma specifica; in particolare, non può ritenersi decisivo l'argomento letterale, secondo cui gli artt. 619 e ss. c.p.c., formulati con riguardo alla sola espropriazione, non possano trovare applicazione, ad esempio, anche nell'esecuzione per consegna o rilascio sul bene di proprietà del terzo (Cass. civ., sez. III, 2 aprile 1997, n. 2869, in Foro It., 1997, I).

L'opposizione di terzo nell'esecuzione e l'opposizione all'esecuzione

Il rimedio di cui all'art. 615 c.p.c. si riferisce al caso in cui il soggetto sottoposto ad esecuzione contesti la sua qualità di debitore in base ad un valido titolo; al contrario con l'esecuzione di terzo si contestano solo le modalità dell'esecuzione stessa che si rivolge ad un bene sul quale il soggetto terzo vanta diritti reali senza però identificarlo con il debitore (Cass. civ., sez. III, 4 febbraio 2005, n. 2279, in Guida al Diritto, 2005, 11, 73).

CASISTICA

Nell'esecuzione forzata diretta non è ammessa l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., sicché il terzo detentore dell'immobile sottoposto a rilascio deve ritenersi legittimato a proporre opposizione all'esecuzione ove voglia porre in discussione il diritto del creditore di esperire l'azione esecutiva in pregiudizio del suo anteriore diritto di godimento sul bene (nella specie l'opponente aveva dedotto in giudizio la prevalenza del contratto di locazione sul provvedimento presidenziale di assegnazione della casa familiare, intervenuto successivamente alla stipulazione del contratto di locazione e dopo che entrambi i coniugi avevano trasferito altrove la propria abitazione a causa dell'intervenuta frattura del rapporto coniugale) (Cass. civ., sez. I, 17 settembre 2003, n. 13664, in Arch. Civ., 2004, 921).

Esecuzione forzata diretta

Il debitore esecutato non può far valere, quale motivo di opposizione, l'altruità dei beni sottoposti all'esecuzione, in quanto tale motivo di opposizione è pacificamente riservato, ex art. 619 c.p.c., al terzo che pretende di avere la proprietà o altro diritto reale su quel determinato bene. Nei termini di cui innanzi sussiste, pertanto, il difetto di legittimazione attiva del debitore esecutato che, attraverso il rimedio dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., deduca l'altruità dei beni pignoranti (Trib. Vicenza, 4 giugno 2012).

Debitore esecutato

La legittimazione ad agire

Legittimato ad avvalersi del rimedio in esame è il terzo, il quale, non menzionato quale debitore nel titolo esecutivo, né destinatario del precetto e neppure dell'atto di pignoramento, subisce illegittimamente l'espropriazione di un bene sul quale egli è titolare di un diritto reale. Ne consegue che il terzo che affermi la titolarità non di un diritto reale, ma di un diritto relativo, non potrà agire con questa tutela.

Tuttavia, poiché il riferimento della legge ai diritti reali ha una portata meramente esemplificativa, l'opposizione di terzo potrà essere utilizzata anche per la tutela di diritti di credito purché prevalenti su quello del creditore pignorante (Cass. civ., sez. III, 9 agosto 1997, n. 7413, in Mass. Giur. It., 1997).

Al contrario, non potrà agire ai sensi dell'art. 619 c.p.c. chi, pur non essendo stato parte passiva né del rapporto obbligatorio, né del titolo esecutivo, è divenuto comunque destinatario del pignoramento (e dei successivi atti esecutivi). Costui, infatti, in quanto destinatario degli atti espropriativi, acquista di fatto la qualità di parte passiva dell'esecuzione: ad esso, in quanto terzo illegittimamente assoggettato all'esecuzione, deve essere riconosciuto il rimedio dell'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c. .

Parimenti, non può ritenersi legittimato a proporre opposizione di terzo all'esecuzione il terzo proprietario terzo datore di ipoteca contemplato dall'art. 602 c.p.c..

Egli, infatti, è responsabile per un debito altrui e, come tale, sarà legittimato a proporre le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi essendo parte del processo esecutivo.

Anche il terzo pignorato nell'espropriazione presso terzi non sarà legittimato a proporre l'opposizione di terzo all'esecuzione; infatti mediante il pignoramento presso terzi il creditore non procede all'espropriazione dei beni del terzo, ma si limita semplicemente a chiedere che il terzo adempia nei confronti del creditore pignorante (Cass. civ., sez. lavoro, 29 aprile 2003, n. 6667, in Gius, 2003, 18, 1979).

Segue: Casistica

CASISTICA

Il terzo che, in pendenza dell'esecuzione forzata e dopo la trascrizione del pignoramento di immobile, abbia acquistato a titolo particolare il bene pignorato, soggiace alla disposizione di cui all'art. 2913 c.c., la quale - sancendo l'inefficacia verso il creditore procedente ed i creditori intervenuti delle alienazioni del bene pignorato successive al pignoramento - nega a tale terzo la possibilità di svolgere le attività processuali inerenti ad un suo subingresso nella qualità di soggetto passivo dell'esecuzione; benché lo stesso non è legittimato nemmeno a proporre opposizione agli atti esecutivi (Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2009, n. 1703, in Riv. Esec. Forzata, 2009, 1).


Bene acquistato a titolo particolare

Il terzo acquirente di un bene pignorato è legittimato a proporre in proprio, e non in via surrogatoria rispetto all'alienante, l'opposizione all'esecuzione a norma dell'art. 615 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 14 aprile 2000, n. 4856, in Mass. Giur. It., 2000).

Terzo acquirente di un bene pignorato

Nel caso di acquisto di un immobile successivamente alla trascrizione sullo stesso del pignoramento - quindi con atto inopponibile ai creditori pignoranti ed intervenuti - l'acquirente non può intervenire neppure in via adesiva nell'espropriazione forzata, né è legittimato a proporre opposizione agli atti esecutivi, ma è legittimato soltanto a proporre opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. , allo scopo di far valere l'eventuale inesistenza o la nullità della trascrizione, per sottrarre il bene all'espropriazione, e, inoltre, può partecipare alla distribuzione del prezzo ricavato dalla vendita forzata, eventualmente residuato dopo che siano stati soddisfatti il creditore procedente ed i creditori intervenuti nell'espropriazione (Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2010, n. 15400, in Mass. Giur It., 2010).

Acquisto di un immobile successivamente alla trascrizione sullo stesso del pignoramento

È ammissibile la proposizione di una opposizione di terzo nel corso dell'esecuzione che si svolga con le forme del pignoramento presso terzi, ed è parimenti ammissibile la proposizione della detta opposizione in epoca successiva alla emanazione di un'ordinanza di assegnazione da parte del giudice dell'esecuzione (Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2012, n. 10878, in CED Cassazione, 2012).

Opposizione di terzo nel corso dell'esecuzione con le forme del pignoramento presso terzi

In ipotesi di esecuzione forzata per rilascio in virtù di sentenza di condanna conseguente a risoluzione di un contratto di comodato, il terzo detentore dell'immobile da rilasciare - nei cui confronti il titolo può essere eseguito - è legittimato a proporre opposizione all'esecuzione, qualora sostenga di possedere il bene in forza di un titolo autonomo non pregiudicato dalla sentenza azionata. (Nella specie, il terzo occupante aveva spiegato opposizione, deducendo di aver acquistato la proprietà del bene per usucapione) (Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 2015, n. 2855, in CED Cassazione, 2015).

Esecuzione forzata per rilascio

Il terzo legittimato all'opposizione ordinaria ai sensi dell'art. 404, comma 1, c.p.c., non può, ancorché litisconsorte necessario pretermesso, proporre opposizione all'esecuzione promossa sulla base di un titolo giudiziale formatosi "inter alios", salvo che sostenga che quanto stabilito dal predetto titolo sia stato soddisfatto oppure sia stato modificato da vicende successive, sicché non vi è più nulla da eseguire, nel qual caso deve ritenersi legittimato ai sensi dell'art. 615 c.p.c. Ove, inoltre, l'esecuzione del titolo formatosi "inter alios" si estenda al di fuori dell'oggetto previsto nella statuizione giudiziale, sicché l'esecuzione non è sorretta dal titolo, il terzo può opporsi, nelle forme dell'art. 619 c.p.c., quale soggetto la cui posizione è effettivamente incisa dalla esecuzione, ancorché formalmente terzo rispetto ad essa (Cass. civ., sez. un., 23 gennaio 2015, n. 1238, in Riv. Dir. Proc., 2015, 6, 1569).

Terzo legittimato all'opposizione ordinaria ex art. 404, comma 1, c.p.c.

La legittimazione passiva

Legittimati passivamente sono il debitore esecutato e il creditore procedente, quali litisconsorti necessari (Cass. civ., sez. lav., 21 luglio 2000, n. 9645, in Mass. Giur. It., 2000).

Si discute, invece, se anche i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo siano litisconsorti necessari.

In mancanza di una espressa presa di posizione delle giurisprudenza sul punto, a favore della soluzione positiva milita chi afferma che il fatto che all'accoglimento dell'opposizione consegua l'invalidazione, totale o parziale, degli atti esecutivi, fa ritenere che tutti i creditori siano coinvolti nella controversia. Al contrario altri affermano che gli interventori muniti di titolo debbano essere chiamati a partecipare al processo quali litisconsorti solo nell'ipotesi in cui abbiano colpito i medesimi beni con un pignoramento successivo (Capponi, Lineamenti del processo esecutivo, Bologna, 2008, 359).

La competenza

Competente per territorio è sempre il giudice del luogo dell'esecuzione che sarà facilmente identificabile in quanto l'opposizione di terzo verrà esperita sempre a seguito del pignoramento (ed alla iscrizione a ruolo dello stesso).

Il procedimento

La domanda di opposizione riveste la forma del ricorso e ciò anche in considerazione del fatto che si tratta di opposizione esperita sempre ad esecuzione iniziato con il pignoramento, ove il giudice dell'esecuzione è già identificato.

La domanda dà luogo ad un autonomo giudizio di cognizione, al quale si applicano le norme di cui al libro II del codice di rito (Cass. civ., sez. I, 16 agosto 1996, n. 7586, in Mass. Giur. It., 1996).

A seguito del deposito del ricorso il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti innanzi a sé ed il termine, perentorio, per la notifica del ricorso e del decreto.

All'udienza di comparizione il giudice dell'esecuzione deve in primo luogo verificare se le parti abbiano o meno raggiunto un accordo in ordine all'esistenza o meno del diritto del creditore di procedere in via di esecuzione forzata sui beni pignorati.

Il comma 3 dell'art. 619 c.p.c. disciplina espressamente le conseguenze derivanti dall'accordo tra le parti, prevedendo che se le stesse raggiungono un accordo, il giudice ne dà atto con ordinanza, contenente anche le idonee statuizioni per la prosecuzione o l'estinzione del processo esecutivo (e in quest'ultimo caso provvederà anche sulle spese).

All'accordo eventualmente raggiunto dovranno partecipare tutte le parti del processo di opposizione e, quindi, il terzo opponente, il creditore procedente, il debitore e gli eventuali creditori intervenuti nell'esecuzione.

Nel silenzio della norma, deve ritenersi che detta ordinanza, qualora disponga l'estinzione del processo, sia impugnabile con il reclamo ex art. 630, comma 3, c.p.c. ed appellabile ai sensi dell'art. 130, disp. att. c.p.c..

In assenza di qualunque indicazione normativa, può ritenersi che, avvenuta la conciliazione, il giudizio si concluda senza necessità di alcuna ulteriore pronuncia, essendo a tal fine sufficiente l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione dà atto dell'accordo intervenuto.

Qualora il tentativo di conciliazione tra le parti abbia invece esito negativo, il G.E. sarà tenuto a pronunciarsi sull'eventuale istanza di sospensione dell'esecuzione ex art. 624 c.p.c., provvedendo secondo le regole fissate dal novellato art. 616 c.p.c. , richiamato dall'art. 619 c.p.c., per l'instaurazione della fase del giudizio di opposizione a cognizione piena.

Al termine del procedimento di merito, le sentenze conclusive del primo grado saranno appellabili e ricorribili per Cassazione.

La giurisprudenza è concorde nel ritenere che non si applica ai procedimenti di opposizione di terzo all'esecuzione la sospensione feriale dei termini processuali (Cass. civ., sez. VI – 3, Ord., 15 ottobre 2013, n. 2341, in CED Cassazione, 2013).

Il tempo dell'azione

Data la lettera dell'art. 619 c.p.c., che parla di opposizione del terzo per beni già pignorati, ci si chiede se lo stesso terzo possa esperire il rimedio anche anteriormente al pignoramento di quei beni sui quali egli vanta un diritto reale.

A questa domanda sembra prevalere la risposta negativa. Infatti il terzo, prima del pignoramento con il quale si individua esattamente il bene da assoggettarsi ad espropriazione, non avrebbe alcun interesse concreto.

Il termine ultimo entro il quale il terzo ha interesse a proporre l'opposizione è dato dalla vendita forzata, infatti con l'assegnazione il bene sarà entrato a far parte del patrimonio dell'aggiudicatario, pertanto si potrà esperire l'azione tardiva, limitando il diritto del terzo che esperisca vittoriosamente l'opposizione dell'art. 619 c.p.c. sulla sola somma ricavata.

Per questo motivo si distingue fra opposizione tempestiva e opposizione tardiva a seconda che sia effettuata prima o dopo la vendita forzata.

Qualora, poi, si sia proceduto anche alla distribuzione del ricavato non sarà più ammissibile l'opposizione in questione. In tale caso, infatti, non solo risulta precluso ogni intervento sul procedimento (ormai terminato) di assegnazione dell'immobile, ma anche ogni statuizione sull'assegnazione del residuo del ricavato di spettanza del debitore.

Segue: casistica

CASISTICA

In materia di esecuzione forzata, è inammissibile l'opposizione di terzo proposta quando la procedura esecutiva immobiliare sia integralmente esaurita e terminata con il decreto di trasferimento e la distribuzione del ricavato. In tale caso, infatti, non solo risulta precluso ogni intervento sul procedimento (ormai terminato) di assegnazione dell'immobile, ma anche ogni statuizione sull'assegnazione del residuo del ricavato di spettanza del debitore, giacché il meccanismo "residuale" di cui all'art. 620 c.p.c. può operare fintanto che, dovendosi ancora distribuire la somma, sia possibile per il Giudice dell'Esecuzione utilizzare il meccanismo dell'art. 512, comma 2, c.p.c. di sospensione parziale della distribuzione. Venuta meno anche tale possibilità, è da ritenere che il terzo non possa avvalersi dello strumento dell'opposizione, ma possa, semmai, agire per il risarcimento dei danni contro il creditore procedente in mala fede o contro il terzo cessionario anch'egli in mala fede (Trib. Monza, sez. III, 11 febbraio 2008).

Procedura esecutiva immobiliare integralmente esaurita

L'opposizione del terzo che pretende avere la proprietà sui beni pignorati è proponibile, a norma degli artt. 619 e 620 c.p.c. prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione dei beni e, se in seguito all'opposizione il giudice non sospende la vendita dei beni mobili o se l'opposizione é proposta dopo la vendita stessa, i diritti del terzo si fanno valere sulla somma ricavata; ne consegue che, ai fini dell'ammissibilità dell'opposizione, deve aversi riguardo alla data della sua proposizione, restando irrilevante la circostanza che alla data di prima comparizione della causa la procedura esecutiva sia ormai estinta. (Nella specie, in cui l'opposizione era stata proposta con ricorso depositato lo stesso giorno in cui era stata disposta la vendita, la S.C. ha ritenuto che correttamente il giudice del merito aveva condannato il creditore procedente al pagamento in favore del terzo della somma ricavata dalla vendita dei beni) (Cass. civ., sez. III, 8 febbraio 2008, n. 3136, in Mass. Giur. It., 2008).

Prima della disposizione della vendita

È ammissibile la proposizione di una opposizione di terzo nel corso dell'esecuzione che si svolga con le forme del pignoramento presso terzi, ed è parimenti ammissibile la proposizione della detta opposizione in epoca successiva alla emanazione di un'ordinanza di assegnazione da parte del giudice dell'esecuzione (Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2012, n. 10878, in CED Cassazione, 2012).

Nelle forme del pignoramento presso terzi

Nel procedimento espropriativo presso terzi, il provvedimento con il quale il giudice dichiara l'estinzione del processo esecutivo, per cause diverse da quelle tipiche, conserva la natura sostanziale di atto del processo esecutivo, con la conseguenza che è impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi. Il rimedio disciplinato dall'art. 617 c.p.c., infatti, è il rimedio previsto per tali atti, non essendo essi reclamabili ai sensi dell'art. 620 c.p.c. per essere il reclamo il rimedio previsto per la dichiarazione di estinzione atipica (App. Lecce Taranto, 7 gennaio 2013).

Opposizione agli atti esecutivi

L'art. 620 c.p.c., che prevede l'opposizione tardiva, si riferisce ai soli beni mobili, poiché, per effetto del combinato disposto degli artt. 620 c.p.c. e 2920 c.c., con la vendita forzata dei mobili il diritto del terzo si estingue qualora l'aggiudicatario abbia acquistato la cosa in buona fede; per tale motivo il terzo potrà rivolgersi solamente al ricavato della vendita.

Per quanto riguarda i beni immobili, invece, si applica il meccanismo della natura derivativa dell'acquisto in vendita forzata di cui all'art. 2919 c.c. In tale caso, dunque, secondo alcuni, l'opposizione tardiva non sarà proponibile, potendo il terzo tutelare il suo diritto con un'autonoma azione di rivendicazione. Secondo altri, al contrario, poiché il terzo proprietario del bene potrebbe accontentarsi del valore del bene, piuttosto che della cosa in natura, non può negarsi l'interesse del terzo a proporre, anche in tale ipotesi, opposizione tardiva al fine di consentirgli, appunto, di soddisfarsi sul ricavato della vendita. La giurisprudenza, dal canto suo, sembra aderire alla prima posizione, per cui l'opposizione tardiva, proposta successivamente all'ordinanza di aggiudicazione, ma prima del decreto di trasferimento, sarebbe ammissibile solo con riguardo ai beni mobili mentre per gli immobili sarebbe improcedibile (Trib. Catania, 28 gennaio 1991, in Giust. Civ., 1992, I, 1605). Ci si chiede anche se l'opposizione tardiva possa essere esperita nel caso di assegnazione del bene oggetto di esecuzione.Per alcuni sarebbe inammissibile in quanto, nell'assegnazione, non vi sarebbe una fase di distribuzione delle somme ricavate, pertanto si potrebbe applicare, in tali casi, il solo rimedio di cui all'art. 2926 c.c. Dal canto suo la giurisprudenza ha avuto modo di affermare, invece, l'esperibilità dell'opposizione tardiva anche nel caso di assegnazione (Cass. civ., sez. III, 9 agosto 1997, n. 7413, in Mass. Giur. It., 1997).

La prova

L'art. 621 c.p.c. limita l'utilizzo della prova testimoniale in riferimento ai beni mobili pignorati nella casa o nell'azienda del debitore, tranne che l'esistenza del diritto vantato dal terzo sia reso verosimile dalla professione o dal commercio esercitato dal terzo o dal debitore.

Vi è, infatti, una presunzione di appartenenza, che si evince dall'art. 621 c.p.c., dei beni mobili rinvenuti nella casa o nell'azienda del debitore (art. 513 c.p.c.).

La limitazione della prova, infatti, tende ad evitare comportamenti collusivi fra il debitore ed il terzo, tesi a sottrarre i beni del debitore ad esecuzione forzata.

CASISTICA

Nell'opposizione di terzo all'esecuzione, l'art. 621 c.p.c. nega al terzo opponente, (e tale ultima veste può essere assunta anche dal coniuge, in quanto la diversa disposizione contenuta nell'art. 622 c.p.c. è stata dichiarata incostituzionale da C. Cost. n. 143 del 1967), la possibilità di provare con testimoni il diritto vantato sui beni pignorati nella casa in cui conviva o coabiti non occasionalmente con il debitore pignorato, ovvero in altri luoghi a quest'ultimo appartenenti, giacché la presenza di beni pignorati nella casa o nell'azienda del debitore crea la presunzione di appartenenza di essi al debitore medesimo (Cass. civ., sez. III, 16 aprile 2003, n. 6097, in Arch. Civ., 2004, 242).

Presunzione di appartenenza al debitore

L'art. 513, comma 1, c.p.c., nella parte in cui autorizza l'ufficiale giudiziario munito del titolo esecutivo e del precetto a ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti, pone una presunzione iuris tantum di appartenenza al debitore dei beni rinvenuti nei detti luoghi. Il terzo, per superare la presunzione de qua deve provare documentalmente, con atto di data certa, non solo di avere acquistato il diritto sul bene pignorato del quale si affermi titolare, in epoca anteriore al pignoramento, ma anche di avere affidato il bene stesso al debitore per un titolo non comportante il trasferimento della proprietà, tranne che il suo diritto sui beni pignorati sia reso verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal medesimo o dal debitore (Cass. civ., sez. III, 16 giugno 2003, n. 9627, in Guida al Diritto, 2003, 31, 51).

Presunzione iuris tantum di appartenenza al debitore

Il terzo che si oppone all'esecuzione mobiliare ha l'onere di provare documentalmente non soltanto l'affidamento dei beni al debitore in data certa, anteriore al pignoramento, ma altresì il suo diritto di proprietà su di essi e a questo fine il contratto di comodato è inidoneo (Cass. civ., sez. III, 24 aprile 1998, n. 4222, in Mass. Giur. It., 1998).

Onere di prova documentale

Il principio secondo cui il contratto di comodato dei beni pignorati nell'abitazione del debitore non è sufficiente a vincere la presunzione di appartenenza di detti beni al debitore medesimo presuppone che il terzo opponente intenda provare la proprietà dei beni pignorati sulla base della semplice concessione in comodato dei beni stessi al debitore (o a persona con lui convivente) e non è, pertanto, applicabile nel caso in cui l'opponente, attraverso il contratto di comodato, miri invece a dimostrare non la proprietà dei mobili pignorati, già provata mediante la produzione di un titolo diverso ed idoneo, ma l'affidamento dei mobili al debitore (o ad un suo congiunto), al fine di giustificare la loro permanenza nella casa dell'esecutato e comprovare, nel contempo, l'insussistenza, nel debitore, di un possesso idoneo a fargliene acquistare la proprietà (Cass. civ., sez. III, 3 maggio 1980, n. 2916, in Mass. Giur. It., 1980).

Comodato dei beni pignorati nell'abitazione del debitore

In tema di opposizione di terzo all'esecuzione ai sensi dell'art. 619 c.p.c., la dimostrazione della proprietà da parte del terzo rivendicante può essere fornita anche con le fatture relative all'acquisto dei beni successivamente pignorati, purché, a termini degli artt. 2702 e 2704 c.c., esse risultino sottoscritte dal venditore, accettate dall'acquirente, ed abbiano data certa anteriore al pignoramento. A tal fine è compito del giudice di merito stabilire a quali fatti possa legittimamente attribuirsi efficacia probatoria analoga a quella riservata, dalla norma di cui all'art. 2704, comma 1, c.c., ai fatti ivi espressamente elencati, la enunciazione dei quali non ha carattere tassativo, e il relativo accertamento, se adeguatamente motivato sotto il profilo della assenza di vizi logico - giuridici, si sottrae al controllo di legittimità della corte di cassazione (Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 2006, n. 3999, in Mass. Giur It., 2006).

Fatture relative all'acquisto dei beni successivamente pignorati

L'opposizione del terzo all'esecuzione sui beni mobili pignorati presso la casa o l'azienda del debitore non può essere fondata su un suo diritto di proprietà sugli stessi seguente la trascrizione dei beni a suo favore - nella specie l'iscrizione nel P.R.A.- perché tale formalità, ai sensi degli artt. 2683 e 2684 c.c., non è costitutiva del trasferimento del diritto di proprietà - bensì ha la diversa finalità di risolvere il conflitto tra più acquirenti del medesimo bene dallo stesso venditore (c.d. pubblicità dichiarativa), e quindi non costituisce prova sufficientemente idonea a superare la presunzione legale stabilita dall' art. 621 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 11 agosto 2004, n. 15569).

Beni mobili pignorati

La limitazione della prova, è bene precisarlo, non opera se il pignoramento dei beni mobili del debitore sia avvenuto al di fuori della casa o dell'azienda del debitore stesso (Cass. civ., sez. III, 12 marzo 2005, n. 5467, in Giur. It., 2005, 2117).

Per «casa del debitore» si intende, secondo un orientamento ormai consolidato, la casa in cui il debitore abita, anche se non è proprietario dell'immobile, né titolare di un diritto di godimento su di esso (Cass. civ., sez. III, 30 aprile 2005, n. 9008, in Guida al Diritto, 2005, 24, 64). Analoghi principi valgono per l'azienda del debitore, quale espressione da intendersi in senso ampio (Cass. civ., 16 aprile 1984, n. 2459, in Giur. It., 1985, I,1, 971).

Ancora, è bene precisare che la limitazione probatoria riguarda unicamente l'espropriazione mobiliare, tornando ad applicarsi le normali regole in tema di onere della prova nel caso in cui oggetto di pignoramento siano beni immobili.

Riferimenti

BALESTRA, Sugli effetti della trascrizione del contratto preliminare con particolare riferimento alla trascrizione di pignoramenti, in CeI, 1998, 1004-1006;

COMOGLIO, Ferri, Taruffo, Lezioni sul processo civile, II, 4ª ed., Bologna, 2006, 319;

CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, I, Le tutele, 4ª ed., Bologna, 2000, 328;

DENTI, L'esecuzione forzata in forma specifica, Milano, 1953, 268;

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