Ordinanza di convalida
28 Settembre 2016
La cessazione del rapporto di locazione
«La locazione è il contratto con il quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo» (art. 1571 c.c.). Il rapporto si conclude (fisiologicamente) per finita locazione, cioè alla «scadenza» della durata pattuita (che, per quanto riguarda gli immobili, è stabilita da normativa speciale a seconda delle differenti tipologie); può concludersi prima della scadenza per inadempimento, cioè «quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni» e l'altra parte opta per tale soluzione piuttosto che per l'adempimento (art. 1453 c.c.). Per quanto interessa, si ha riguardo all'inadempimento del conduttore, cioè alla sua morosità nel corrispondere il corrispettivo (il canone o gli oneri accessori che gravano su di lui). Il procedimento per convalida di licenza o di sfratto
Può, in estrema sintesi, rammentarsi che una antica concezione «proprietaria» appare costituire la ratio del procedimento per l'anticipata formazione di un titolo esecutivo di rilascio, introdotto dalla l. 24 dicembre 1806 n. 547 per la quale «nel termine stabilito dalla legge, dalla consuetudine locale o dal contratto, il locatore potrà far notificare al conduttore, mezzaiuolo, mezzadro o colono di beni immobili la licenza per finita locazione, contenente la citazione per la convalidazione della detta licenza». «Qualora nel termine il citato non comparisca, o comparendo, non si opponga, se ne farà constatazione nel verbale di udienza, ed in tali casi la licenza avrà forza di titolo esecutivo. A tale uopo il conciliatore od il pretore ordinerà al cancelliere, con ordinanza stesa in calce alla citazione, che sulla stessa si apponga la formula esecutiva. Nel caso di nullità della citazione, non sanata dalla comparizione del citato, competerà a quest'ultimo il rimedio dell'opposizione e dell'appello. Nel caso di comparizione del convenuto e di sua opposizione, la competenza del giudizio sulla detta opposizione sarà regolata dal codice di procedura civile» (art. 4). Il procedimento venne ampliato dal successivo r.d. 7 agosto 1936, n. 1531 il quale lo rese applicabile anche ai casi di formazione del titolo esecutivo successivamente alla avvenuta cessazione del rapporto locatizio, operando talune specificazioni accolte poi nell'attuale disciplina come delineata agli artt. 657-669 c.p.c.. In particolare, il legislatore del 1940, nell'ambito dei procedimenti speciali (disciplinati nel libro IV del codice di rito) ha dedicato il capo II al «procedimento per convalida di sfratto» il quale, a differenza del «procedimento d'ingiunzione» (considerato nel capo I), non costituisce un procedimento a contraddittorio eventuale (cioè solo in caso di opposizione dell'intimato avverso il provvedimento monitorio emesso inaudita altera parte) bensì mette subito l'intimato in condizioni di costituirsi e fare valere le sue ragioni prima che il giudice si pronunci, realizzandosi così l'osservanza del principio del contraddittorio garantito dalla Costituzione. Pertanto, «il locatore o il concedente può intimare al conduttore, all'affittuario coltivatore diretto, al mezzadro o al colono licenza per finita locazione prima della scadenza del contratto […]» oppure lo sfratto […] dopo la scadenza del contratto se […] è esclusa la tacita riconduzione » (art. 657 c.p.c.). Può intimare, ancora, «lo sfratto per morosità […] in caso di mancato pagamento del canone di affitto alle scadenze […]» (art. 658 c.p.c.). In tal caso può chiedere – con lo stesso atto – l'ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti In tutti i casi il locatore deve contestualmente citare il conduttore in giudizio per la convalida dell'intimazione. Citazione che, in considerazione delle conseguenze collegate alla mancata comparizione e alla mancata opposizione dell'intimato, «deve contenere, con l'invito a comparire nell'udienza indicata, l'avvertimento che se non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto […]» (art. 660, comma 3, c.p.c.). Le due fasi del procedimento
Il procedimento si articola in un momento sommario e può dar luogo a un provvedimento che lo conclude immediatamente in maniera definitiva (ordinanza di convalida) oppure – nel caso di opposizione dell'intimato – prosegue nelle forme nel rito del lavoro, con i previsti adattamenti stabiliti dall'art. 447-bis c.p.c., «previa ordinanza di mutamento di rito» (art. 667 c.p.c.).
La competenza per territorio
«La citazione a comparire deve farsi inderogabilmente davanti al tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata» (art. 661 c.p.c.). Come si trae dalla stessa norma, tale competenza ha natura inderogabile, con la conseguente invalidità, rilevabile d'ufficio, di una eventuale clausola difforme (Cass. civ., sez. VI-3, 16 ottobre 2014, n. 21908).
La competenza in discorso resta ferma, alla luce anche della nuova formulazione dell'art. 661 c.p.c. introdotta dal d.lg. n. 51 del 1998, per i procedimenti di convalida che vedono coinvolta come parte una pubblica Amministrazione in quanto il richiamo posto dall'art. 7 r.d. n. 1611 del 1933 ai «giudizi innanzi ai pretori» per il quale le norme ordinarie di competenza trovano applicazione, anche quando sia in causa un'Amministrazione dello Stato, si deve intendere riferito, a seguito dell'entrata in vigore del d.lg. n. 51 del 1998 (istitutivo del giudice unico di primo grado) ai giudizi innanzi ai tribunali in composizione monocratica già attribuiti alla competenza dei pretori (Cass. civ., sez. III, 8 giugno 2005, n. 11967). «Se l'intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto e dispone con ordinanza in calce alla citazione l'apposizione su di essa della formula esecutiva» (art. 663, comma 1, c.p.c.). Nel caso di sfratto per morosità, «la convalida è subordinata all'attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste» (art. 663, comma 3, c.p.c.).
Poteri di cognizione del giudice del sommario
Il disinteresse dell'intimato (che non compaia o, pur presente, non si opponga) non è di per sé sufficiente perché il giudice emetta il provvedimento di convalida (come, invece, antica dottrina, sulla base dell'originaria formulazione della norma, reputava, conferendo alla convalida mera natura di comando finalizzato al rilascio del bene, con esclusione del carattere giurisdizionale del procedimento), dovendo, invece, controllare i presupposti generali, la carenza dei quali sia rilevabile d'ufficio (competenza, rappresentanza processuale dell'intimante. ecc.) e disporre la rinnovazione della citazione anche se «appare probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza della citazione […] o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore» (art. 663, comma 1, c.p.c.). Constatata la regolarità della costituzione del rapporto processuale, il giudice dovrà ancora considerare la rispondenza della fattispecie dedotta nell'atto di intimazione a quella prevista dagli artt. 657-659 c.p.c.. In difetto delle condizioni formali e/o sostanziali del particolare procedimento, il giudice lo concluderà nella stessa fase «sommaria» rigettando (con ordinanza) la domanda convalida non apparendo consentita la prosecuzione del processo in via ordinaria, prevista solo in presenza dell'opposizione dell'intimato. Accertate le regolarità rituali e sostanziali delle quali si è detto e prendendo atto dell'assenza o della non opposizione dell'intimato, il giudice della fase sommaria «convalida» l'intimazione, così come formulata e la rende «esecutiva» disponendo della relativa formula sullo stesso atto della parte (« in calce alla citazione »). Considerazioni operative hanno suggerito, nella particolare situazione della licenza per finita locazione quando l'intimato presente contesti la data di scadenza del contratto in relazione a differente tipologia (ad esempio, non tre ma quattro anni per locazione abitativa), la possibilità per il giudice di pronunciare la convalida per la nuova data, senza che la rettifica operata al riguardo configuri un caso di extra o ultrapetizione, essendo la causa petendi dell'azione di licenza per finita locazione costituita dalla risoluzione del contratto alla scadenza naturale, che è onere del giudice accertare in base alla normativa (alternativamente contrattuale o legale) che disciplina il rapporto, ed a prescindere dalle indicazioni (eventualmente erronee) delle parti (Cass. civ., sez. III, 17 settembre 2013, n. 21153; Cass. civ., sez. III, 9 ottobre 1998, n. 10030). Il provvedimento deve essere redatto in calce all'originale dell'atto di citazione e con riferimento ad esso (e non contenuto e dalle formalità del verbale di udienza) va constata la regolarità formale dell'ordinanza di convalida (Cass. civ., sez. III. 11 aprile 1975, n. 1384). Contestualmente il giudice deve disporre l'apposizione della formula esecutiva (che sarà effettuata dal cancelliere a norma dell'art. 475 c.p.c.) sull'atto di intimazione che, tuttavia, qualora l'intimato non sia comparso, avrà efficacia dal trentesimo giorno successivo all'apposizione della formula (art. 663, comma 1, c.p.c.).
Qualora l'intimato non sia comparso la possibilità di convalidare l'intimazione dello sfratto per morosità è subordinata all'attestazione che l'intimante deve fare circa la persistenza dell'inadempimento al momento dell'udienza (art. 663, comma 3, c.p.c.), attestazione che, invece, deve reputarsi non necessaria qualora l'intimato sia comparso senza muovere contestazioni sul punto. Con riguardo alle locazioni per uso abitativo, peraltro, l'art. 55 l. n. 392 del 1978 consente anche un adempimento tardivo (in evidente deroga all'art. 1453 c.c.) alla stessa udienza di comparizione. A maggior ragione è da credere che il conduttore possa purgare la mora anche prima di tale udienza, anche se dopo la ricezione dell'atto di intimazione. In tali evenienze si conclude l'intero procedimento (e non solo la fase sommaria di esso). Ma vi è di più, nel senso che la sanatoria può essere spostata ancora più in avanti attraverso la concessione del c.d. termine di grazia: «il giudice, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, può assegnare un termine non superiore a giorni novanta », rinviando a dopo la scadenza di esso l'udienza, nella quale constatare l'avvenuto (o non avvenuto) tardivo adempimento. Per le locazioni non abitative, escluse da entrambe le possibilità in discorso, la purgazione della mora, successiva alla domanda di risoluzione insita nell'intimazione di sfratto per morosità, non è ostativa, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 1453 c.c., all'accertamento della gravità del pregresso inadempimento nell'ambito del giudizio ordinario che a tal fine prosegua successivamente al pagamento, da parte dell'intimato, dei canoni scaduti (Cass. civ., sez. III, 18 novembre 2005 n. 24460; Cass. civ., sez. III, 11 ottobre 2002, n. 14527).
Termine per il rilascio
«Con il provvedimento che dispone il rilascio, il giudice, previa motivazione che tenga conto anche delle condizioni del conduttore comparate a quelle del locatore nonché delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio stesso e, nei casi di finita locazione, del tempo trascorso dalla disdetta, fissa la data dell'esecuzione entro il termine massimo di sei mesi ovvero, in casi eccezionali, di dodici mesi dalla data del provvedimento» Qualora, concesso il termine di grazia, «il conduttore non provveda al pagamento nel termine assegnato, la data dell'esecuzione non può essere fissata oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine concesso per il pagamento» (art. 56 l. n. 392 del 1978 come sostituito dall'art. 7-bis l. n. 269 del 2004). Il regolamento delle spese di lite
Nessun diritto al rimborso compete all'intimante nel caso della licenza per finita locazione non trovando applicazione in tal caso, oltre al principio della soccombenza, nemmeno quello di causalità, poiché il provvedimento di convalida non può considerarsi pronunciato in dipendenza di un fatto del convenuto, che renda necessario il ricorso alla tutela giurisdizionale, bensì di un interesse esclusivo dell'attore, intimante alla costituzione in via preventiva di un titolo esecutivo, da far valere successivamente alla scadenza del contratto (Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2007, n. 2969)- Quando si tratta di sfratto per finita locazione, l'ordinanza pronunciata a norma dell'art. 663, comma 1, c.p.c. con la quale lo sfratto è convalidato, deve contenere la condanna dell'intimato al rimborso delle spese sostenute dal locatore per gli atti del procedimento (Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2007, n. 11197). La condanna alle spese del giudizio trova applicazione anche nello sfratto per morosità oltre che per il principio della soccombenza anche sulla base del disposto dell'art. 55 l. n. 392 del 1978 che, nel consentire la sanatoria della morosità banco iudicis, prevede che siano corrisposte « le spese processuali liquidate in tale sede dal giudice».
Dalla giurisdizionalità che caratterizza il relativo procedimento, l'ordinanza di convalida costituisce un provvedimento decisorio suscettibile di acquisire efficacia di giudicato sostanziale. Si pone, così, sullo stesso piano di una sentenza di condanna al rilascio del bene dedotto in controversia o, in caso di sfratto per morosità, di una sentenza costitutiva di risoluzione per inadempimento del contratto. In ogni caso il provvedimento va stato tra le parti sull'esistenza del contratto di locazione, della rispettiva qualità di locatore e di conduttore, sulla esistenza di una causa di cessazione o di risoluzione del rapporto, presupposti generali processuali e, contemporaneamente, condizioni dell'azione inerente allo speciale procedimento (Cass. civ., sez. III, 8 luglio 2008, n. 20067; Cass. civ., sez. III, 4 febbraio 2005, n. 2280). Il provvedimento di sfratto per morosità mentre acquista definitività sull'esistenza del credito per il pagamento dei canoni e sull'inesistenza di fatti impeditivi, modificativi od estintivi dell'uno o dell'altro che non siano stati dedotti nel corso del giudizio, non può, invece, fare stato sulla qualificazione del contratto, ed in particolare sulla sua assoggettabilità o meno alla disciplina di cui alla l.n. 392 del 1978, che non abbia formato oggetto di accertamento, nemmeno sommario, da parte del giudice (Cass. civ., sez. III, 2 aprile 2009, n. 8013). Le impugnazioni
L'ordinanza di convalida di licenza o di sfratto è certamente impugnabile con i mezzi straordinari dell'opposizione di terzo, ex art. 404 c.p.c. (C. cost., 5 giugno 1984, n. 167; C. cost. 11 ottobre 1985, n. 237; C. cost. 18 maggio 1995, n. 192) e della revocazione ex art.395 c.p.c. (C. cost. 12 dicembre 1989, n. 558; C. cost. 8 febbraio 1995, n. 51; Cass. civ., sez. III, 10 marzo 2005, n. 5329). È poi previsto espressamente lo speciale rimedio dell'opposizione tardiva (art. 668 c.p.c.) del quale si dirà più avanti. Il provvedimento non è invece soggetto agli ordinari rimedi impugnatori quando è stato pronunciato in presenza dei presupposti che ne legittimano l'emissione secondo il previsto schema normativo (Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2006, n. 11380; Cass. civ., sez. III, 10 novembre 1999, n. 12474). In senso speculare, è acquisito il principio per il quale l'ordinanza di convalida pronunciata al di fuori (o in violazione) delle regole processuali o sostanziali ad esso relative e che sorreggono la specialità del procedimento (come, ad esempio, la mancata attestazione della persistenza della morosità: Cass. civ., sez. VI-3, 3 settembre 2015, n. 17582), resta soggetta al normale rimedio dell'appello (Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2001, n. 14720), essendo, in tal caso, equiparabile, nella sostanza, ad una sentenza anche ai fini dell'impugnazione (Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2006, n. 1222) e restando irrilevante al riguardo il comportamento mantenuto dall'intimato che si sia limitato a comparire all'udienza(Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 2002, n. 17151). Sulla considerazione il mancato riconoscimento del diritto al rimborso delle spese si risolve in un vizio di omissione di pronunzia è stata affermata, in virtù del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, l'impugnabilità dell'ordinanza di convalida con il rimedio dell'appello (Cass. civ., sez. III, 20 settembre 2012, n. 15933; Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2007, n. 11197; Cass. civ., sez. III, 22 marzo 1999, n. 2675).
Il giudice dell'appello – al di fuori dalle ragioni di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c -- non si dovrà limitare all'accertamento della validità o meno dell'ordinanza di convalida (con eventuale rimessione al giudice di primo grado) ma dovrà -- in forza del principio devolutivo – esaminare il merito della controversia e pronunciare sulla domanda introdotta dal locatore con l'originario atto di intimazione.
Poiché la convalida dell'intimazione ha per presupposto (oltre al caso della mancata opposizione) la mancata comparsa dell'intimato, l'art. 668 c.p.c., immaginando che questa non sia dipesa da una colpevole inerzia, ma da accadimenti involontari che l'abbiano resa impossibile, prevede un rimedio particolare che. In taluni casi, consente all'intimato di proporre opposizione a una intimazione ritualmente convalidata in sua assenza. Il procedimento si articola in una prima fase rescindente, che, accertati i presupposti (« mancata tempestiva conoscenza dell'intimazione per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore ») e tempestività (oggi da credere dieci giorni dalla notifica dall'avviso dell'ufficiale giudiziario ex art. 608 c.p.c. apparendo, altrimenti, inutile una opposizione ad esecuzione avvenuta) dell'opposizione, fa venir meno l'opposta ordinanza di convalida e il procedimento entra nella fase rescissoria. In caso di rigetto o di inammissibilità il procedimento è destinato, in questa prima fase, a concludersi con una sentenza di mero rito, con conseguente passaggio in giudicato dell'ordinanza di convalida e l'automatica caducazione dell'eventuale provvedimento di sospensione che sia stato adottato. Qualora sia reputata ammissibile la fase rescissoria si ripropone, ricostruita la parità delle armi, una situazione analoga a quella conseguente alla proposizione dell'opposizione tempestiva, tanto che restano inapplicabile la sospensione dei termini processuali (Cass. civ., sez. III, 4 giugno 2009, n. 12880). In questa fase, ammessa l'opposizione (con provvedimento che ha carattere provvisorio e strumentale), le parti riacquistano l'originaria posizione processuale e, superata l'originaria convalida, si innesca il nuovo procedimento, nel quale il locatore assume la qualità di attore e il conduttore quella di convenuto. I particolari meccanismi del procedimento portano a reputare che il giudice della fase rescissoria possa, nello sfratto per morosità, concedere il termine di grazia come pure in tutti i casi, emettere l'ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. (qualora l'opposizione dell'intimato non sia fondata su prova scritta o non sussistano motivi in contrario) per avviare poi, una volta trasformato il rito, la fase del merito in esito alla quale pronuncerà la sentenza con la quale riconoscerà la fondatezza della pretesa dell'attore e pronunciare in conseguenza oppure rigetterà la domanda proposta
Riferimenti
AA.VV., Procedimenti alternativi al rito ordinario, Milano, Giuffrè, 2016; F. CARNELUTTI, Istituzioni del processo civile italiano, I, Roma, ed. Foro italiano, 1956; R. GIORDANO. Il procedimento per convalida di sfratto, Bologna, 2015; F. LAZZARO-R. PREDEN-M. VARRONE, Procedimento per convalida di sfratto, Milano, Giuffrè, 1978; F. TRIFONE-A. CARRATO, Il procedimento per convalida di sfratto, Milano, Giuffrè, 2013. |